Barone Lucio Carlo Francesco Piccolo di Calanovella (Palermo, 27 ottobre 1901 – Capo d'Orlando, 26 maggio 1969) è stato un poeta, esoterista e musicologo italiano, che visse quasi sempre appartato: fino al 1932 a Palermo, quindi a Villa Piccolo, a Capo d'Orlando, dove si trasferì insieme alla madre e ai fratelli, alieno da ogni forma di mondanità. Talvolta si recava anche a Sinagra, dove possedeva una proprietà.
Di famiglia aristocratica, era figlio terzogenito del barone Giuseppe Piccolo di Calanovella e della duchessa Teresa Mastrogiovanni Tasca Filangeri di Cutò, di antica ascendenza principesca, risalente ai Normanni del XII secolo.
Frequentò il liceo classico a Palermo, dove nel 1920 conseguì la licenza liceale. Proseguì gli studi da autodidatta approfondendo le conoscenze linguistiche di greco, spagnolo, inglese e francese.
Scoprì in anticipo di anni sul resto della cultura italiana i grandi autori europei contemporanei del calibro di William Butler Yeats, Marcel Proust e Rainer Maria Rilke. Inoltre si è interessato di esoterismo e di musica. Presentato da Eugenio Montale, cui inviò nel 1954 una silloge di 9 liriche, al convegno di S. Pellegrino nello stesso anno, ha esordito come poeta nel 1956 con Canti barocchi e altre liriche, cui è seguito nel 1960 Gioco a nascondere e nel 1967 Plumelia.
Alla morte di Lucio, suo fratello il barone Casimiro Piccolo e sua sorella baronessa Agata Giovanna decisero di istituire a villa Piccolo la fondazione famiglia Piccolo di Calanovella, con il fine di salvaguardare il grande patrimonio culturale e storico della famiglia. I beni dei Piccolo vennero così suddivisi in tre parti uguali: due terzi furono conferiti nella Fondazione e un terzo (la parte di Lucio) finì all'unico figlio Giuseppe, che all'epoca aveva 6 anni e che il poeta aveva avuto con una donna che lavorava nei fondi dei Piccolo.
La sua poesia, decisamente isolata nel panorama letterario degli anni Cinquanta - Sessanta, in cui si scontravano l'ultimo neorealismo e la prima neoavanguardia, è caratterizzata da elencazioni e proliferazioni tipicamente barocche costituite da immagini dense e oniriche, dall'oscurità e dal simbolismo talora molto spinto, che sono tuttavia originalmente radicate nella realtà quotidiana attraverso un oggettivismo surreale e quasi crepuscolare. Il mondo siciliano, il suo mondo, è tuttavia quasi completamente assente dalla sua produzione letteraria e lo stesso lessico adottato è scevro di qualsiasi influsso dialettale.
Sotto l'aspetto formale tutta la produzione piccoliana è caratterizzata da una fortissima consapevolezza ritmica e fonica, nonché da ricorrenti stilemi, come la spezzatura mediante enjambement di elencazioni operata in modo da disorientare il lettore, lasciando a cavallo di due versi un sintagma più complesso degli altri cui è accostato. Tipiche della sua forma sono anche forme lessicali rare e musicali, come per esempio le preposizioni articolate spezzate, o termini aulici e tecnici. Quest'ultimo aspetto è stato da più parti accomunato all'intenzione campaniana di costituire una "poesia europea musicale e colorita".
Alle prime due raccolte, per lo più unitarie sia sotto l'aspetto formale (per la presenza di studiati poemetti che spesso superano i cento versi) si contrappone Plumelia, che sviluppa una tendenza lirica più condensata (già comunque presente nelle prime due sillogi) e un simbolismo più spinto ed oscuro.
Nel novembre del 2013, è stata divulgata dall'erede[2], una sua poesia inedita del periodo giovanile, intitolata A Casimiro Piccolo, dedicata proprio al fratello Casimiro Piccolo e fino ad ora mai pubblicata.
(da Wikipedia)
Opere
9 liriche, Sant'Agata di Militello, 1954
Canti barocchi e altre liriche, prefazione di Eugenio Montale, Mondadori, Milano, 1956
Gioco a nascondere. Canti barocchi e altre liriche, Mondadori, Milano, 1960
Plumelia, All'insegna del pesce d'oro, Milano, 1967
La seta e altre poesie inedite e sparse, a cura di Giovanna Musolino e Giovanni Gaglio, All'insegna del pesce d'oro, Milano, 1984
Il raggio verde e altre poesie inedite, a cura di Giovanna Musolino, All'insegna del pesce d'oro, Milano, 1993
Le esequie della luna e alcune poesie inedite, a cura di Giovanna Musolino, All'insegna del pesce d'oro, Milano, 1996
Antologia poetica, a cura di Giuseppe Celona, All'insegna del pesce d'oro, Milano, 1999
Canti barocchi e Gioco a nascondere, Scheiwiller, Milano, 2001
Plumelia. La seta. Il raggio verde e altre poesie, prefazione di Pietro Gibellini, Scheiwiller, Milano, 2001
L'oboe e il clarino, Scheiwiller, Milano 2002
9 liriche, ex Museo Lucio Piccolo, Ficarra, 2010
Non fu come credevi
Non fu come credevi per lo scatto
del giorno innanzi che aveva turbato
la pianta gracile troppo sensitiva.
Per altro fu il singhiozzo subito:
forse l’eco risorta
d’una storia dolente;
ma certo in me s’apriva
tremenda ed umile
la voce che da sempre dura
e che ci lega, ognuno
di noi, al dolore d’ognuno anche ignorato.
Poi viene calma, e il riposo
al tuo riparo. Su la rena
onda dopo onda la marina lontana
forse suona una notte
in cui riemergono dalle profondità
sull’errante pianura
le luci fuggitive dei tesori
che i navigli salpati alle speranze
dell’Isole Felici
dispersero sull’acque.
I giorni
I giorni della luce fragile, i giorni
che restarono presi ad uno scrollo
fresco di rami, a un incontro d’acque,
e la corrente li portò lontano,
di là dagli orizzonti, oltre il ricordo,
– la speranza era suono d’ogni voce,
e la cercammo
in dolci cavità di valli, in fonti –
oh non li richiamare, non li muovere,
anche il soffio più timido è violenza
che li fra storna, lascia
che posino nei limbi, è molto
se qualche falda d’oro ne traluce
o scende a un raggio su la trasparente
essenza che li tiene
ma d’improvviso nell’oblio, sul buio
fondo ove le nostre ore discendono
leggero e immenso un subito risveglio
trascorrerà di palpiti di sole
sui muschi, su zampilli
che il vento frange, e sono
oltre le strade, oltre i ritorni ancora
i giorni della luce fragile, i giorni…
Se noi siamo figure
Se noi siamo figure
di specchio che un soffio conduce
senza spessore né suono
pure il mondo dintorno
non è fermo ma scorrente parete
dipinta, ingannevole gioco,
equivoco d’ombre e barbagli,
di forme che chiamano e
negano un senso – simile all’interno
schermo, al turbinio che ci prende
se gli occhi chiudiamo, perenne
vorticare in frantumi
veloci, riflessi, barlumi
di vita o di sogno
– e noi trascorriamo inerti spoglie
d’attimo in attimo, di flutto in flutto
senza che ci fermi il giorno
che sale o la luce che squadra le cose.
Di famiglia aristocratica, era figlio terzogenito del barone Giuseppe Piccolo di Calanovella e della duchessa Teresa Mastrogiovanni Tasca Filangeri di Cutò, di antica ascendenza principesca, risalente ai Normanni del XII secolo.
Frequentò il liceo classico a Palermo, dove nel 1920 conseguì la licenza liceale. Proseguì gli studi da autodidatta approfondendo le conoscenze linguistiche di greco, spagnolo, inglese e francese.
Scoprì in anticipo di anni sul resto della cultura italiana i grandi autori europei contemporanei del calibro di William Butler Yeats, Marcel Proust e Rainer Maria Rilke. Inoltre si è interessato di esoterismo e di musica. Presentato da Eugenio Montale, cui inviò nel 1954 una silloge di 9 liriche, al convegno di S. Pellegrino nello stesso anno, ha esordito come poeta nel 1956 con Canti barocchi e altre liriche, cui è seguito nel 1960 Gioco a nascondere e nel 1967 Plumelia.
Alla morte di Lucio, suo fratello il barone Casimiro Piccolo e sua sorella baronessa Agata Giovanna decisero di istituire a villa Piccolo la fondazione famiglia Piccolo di Calanovella, con il fine di salvaguardare il grande patrimonio culturale e storico della famiglia. I beni dei Piccolo vennero così suddivisi in tre parti uguali: due terzi furono conferiti nella Fondazione e un terzo (la parte di Lucio) finì all'unico figlio Giuseppe, che all'epoca aveva 6 anni e che il poeta aveva avuto con una donna che lavorava nei fondi dei Piccolo.
La sua poesia, decisamente isolata nel panorama letterario degli anni Cinquanta - Sessanta, in cui si scontravano l'ultimo neorealismo e la prima neoavanguardia, è caratterizzata da elencazioni e proliferazioni tipicamente barocche costituite da immagini dense e oniriche, dall'oscurità e dal simbolismo talora molto spinto, che sono tuttavia originalmente radicate nella realtà quotidiana attraverso un oggettivismo surreale e quasi crepuscolare. Il mondo siciliano, il suo mondo, è tuttavia quasi completamente assente dalla sua produzione letteraria e lo stesso lessico adottato è scevro di qualsiasi influsso dialettale.
Sotto l'aspetto formale tutta la produzione piccoliana è caratterizzata da una fortissima consapevolezza ritmica e fonica, nonché da ricorrenti stilemi, come la spezzatura mediante enjambement di elencazioni operata in modo da disorientare il lettore, lasciando a cavallo di due versi un sintagma più complesso degli altri cui è accostato. Tipiche della sua forma sono anche forme lessicali rare e musicali, come per esempio le preposizioni articolate spezzate, o termini aulici e tecnici. Quest'ultimo aspetto è stato da più parti accomunato all'intenzione campaniana di costituire una "poesia europea musicale e colorita".
Alle prime due raccolte, per lo più unitarie sia sotto l'aspetto formale (per la presenza di studiati poemetti che spesso superano i cento versi) si contrappone Plumelia, che sviluppa una tendenza lirica più condensata (già comunque presente nelle prime due sillogi) e un simbolismo più spinto ed oscuro.
Nel novembre del 2013, è stata divulgata dall'erede[2], una sua poesia inedita del periodo giovanile, intitolata A Casimiro Piccolo, dedicata proprio al fratello Casimiro Piccolo e fino ad ora mai pubblicata.
(da Wikipedia)
Opere
9 liriche, Sant'Agata di Militello, 1954
Canti barocchi e altre liriche, prefazione di Eugenio Montale, Mondadori, Milano, 1956
Gioco a nascondere. Canti barocchi e altre liriche, Mondadori, Milano, 1960
Plumelia, All'insegna del pesce d'oro, Milano, 1967
La seta e altre poesie inedite e sparse, a cura di Giovanna Musolino e Giovanni Gaglio, All'insegna del pesce d'oro, Milano, 1984
Il raggio verde e altre poesie inedite, a cura di Giovanna Musolino, All'insegna del pesce d'oro, Milano, 1993
Le esequie della luna e alcune poesie inedite, a cura di Giovanna Musolino, All'insegna del pesce d'oro, Milano, 1996
Antologia poetica, a cura di Giuseppe Celona, All'insegna del pesce d'oro, Milano, 1999
Canti barocchi e Gioco a nascondere, Scheiwiller, Milano, 2001
Plumelia. La seta. Il raggio verde e altre poesie, prefazione di Pietro Gibellini, Scheiwiller, Milano, 2001
L'oboe e il clarino, Scheiwiller, Milano 2002
9 liriche, ex Museo Lucio Piccolo, Ficarra, 2010
Non fu come credevi
Non fu come credevi per lo scatto
del giorno innanzi che aveva turbato
la pianta gracile troppo sensitiva.
Per altro fu il singhiozzo subito:
forse l’eco risorta
d’una storia dolente;
ma certo in me s’apriva
tremenda ed umile
la voce che da sempre dura
e che ci lega, ognuno
di noi, al dolore d’ognuno anche ignorato.
Poi viene calma, e il riposo
al tuo riparo. Su la rena
onda dopo onda la marina lontana
forse suona una notte
in cui riemergono dalle profondità
sull’errante pianura
le luci fuggitive dei tesori
che i navigli salpati alle speranze
dell’Isole Felici
dispersero sull’acque.
I giorni
I giorni della luce fragile, i giorni
che restarono presi ad uno scrollo
fresco di rami, a un incontro d’acque,
e la corrente li portò lontano,
di là dagli orizzonti, oltre il ricordo,
– la speranza era suono d’ogni voce,
e la cercammo
in dolci cavità di valli, in fonti –
oh non li richiamare, non li muovere,
anche il soffio più timido è violenza
che li fra storna, lascia
che posino nei limbi, è molto
se qualche falda d’oro ne traluce
o scende a un raggio su la trasparente
essenza che li tiene
ma d’improvviso nell’oblio, sul buio
fondo ove le nostre ore discendono
leggero e immenso un subito risveglio
trascorrerà di palpiti di sole
sui muschi, su zampilli
che il vento frange, e sono
oltre le strade, oltre i ritorni ancora
i giorni della luce fragile, i giorni…
Se noi siamo figure
Se noi siamo figure
di specchio che un soffio conduce
senza spessore né suono
pure il mondo dintorno
non è fermo ma scorrente parete
dipinta, ingannevole gioco,
equivoco d’ombre e barbagli,
di forme che chiamano e
negano un senso – simile all’interno
schermo, al turbinio che ci prende
se gli occhi chiudiamo, perenne
vorticare in frantumi
veloci, riflessi, barlumi
di vita o di sogno
– e noi trascorriamo inerti spoglie
d’attimo in attimo, di flutto in flutto
senza che ci fermi il giorno
che sale o la luce che squadra le cose.
Nessun commento:
Posta un commento