Alessandro Parronchi (Firenze, 26 dicembre 1914 – Firenze, 6 gennaio 2007) è stato un poeta, storico dell'arte e critico d'arte italiano. Nasce in una famiglia della borghesia fiorentina; il padre e il nonno sono noti e stimati notai. Denota fin da piccolo una predisposizione alla ricerca e allo studio dei classici, alimentata dalla ricca biblioteca in possesso della famiglia. La perdita prematura del padre, al quale era molto legato, lo porta a meditare sul senso della giovinezza dell'amore e della morte, interrogativi che saranno sempre presenti nelle sue poesie.
Supera con profitto gli studi secondari in un istituto classico, si iscrive all'Università degli Studi di Firenze e nel 1938 si laurea con una tesi in Storia dell'arte. Inizia a collaborare a giornali e riviste fiorentine, da Il Frontespizio a Campo di Marte, a Michelangelo, da Letteratura a La Chimera, a fianco di Carlo Bo, Oreste Macrì, Gianfranco Contini e al fiorentino d'adozione Eugenio Montale. In questa atmosfera culturale particolarmente fervida e produttiva conosce poeti, romanzieri e pittori tra cui Umberto Bellintani, Romano Bilenchi, Giorgio Caproni, Carlo Betocchi, Alfonso Gatto, Luigi Fallacara, Mario Luzi, Piero Bigongiari e Ottone Rosai; con alcuni, e in particolare con Vasco Pratolini, stringe durature e fraterne amicizie.
Nel 1941 pubblica il suo primo libro di poesie, I giorni sensibili; seguono poi la raccolta di poesie I visi (1943) e Un'attesa (1949). Il poeta dedica successivamente parte del suo tempo come professore universitario a studi importanti sulla pittura e la scultura del Rinascimento e in particolare su Michelangelo Buonarroti, con il suo saggio più celebre, Studi su la dolce prospettiva (1964), e alle traduzioni poetiche di Mallarmé, Nerval, e De Guérin.
Il 6 gennaio 2007 muore a Firenze.
Opere di Poesia
I giorni sensibili, Firenze, Vallecchi, 1941;
I visi, Firenze, Rivoluzione, 1943;
Un'attesa, Modena, Guanda, 1949;
L'incertezza amorosa, Milano, Schwarz, 1952;
Per strade di bosco e città, Firenze, Vallecchi, 1954;
Coraggio di vivere, Milano, Scheiwiller, 1956;
La noia della natura, Galatina, Quaderni del "Critone", 1958;
Coraggio di vivere, Milano, Garzanti, 1961;
L'apparenza non inganna, Milano, Scheiwiller, 1966;
Pietà dell'atmosfera, Milano, Garzanti, 1970;
Replay, Milano, Garzanti, 1980;
"Expertise" per Vittorio, Firenze, Pananti, 1984
Climax, Milano, Garzanti, 1990;
Per strade di bosco e di città, Firenze, Pilistampa, 1994;
Diadema. Antologia personale 1934-1997, Milano, Mondadori, 1998;
Poesie, Firenze, Polistampa, 2000;
«Quel che resta del giorno», Firenze, Le Càriti, 2001;
Esilio, Novara, con testi di Giovanna Ioli, Novara, Interlinea, 2003
da REPLAY
Un’altra piccola croce
La morte ha invaso la vita
-di Staglieno, del Père Lachaise, di Arlington
e del paesino della più remota campagna –
non c’è più posto nemmeno per la più piccola croce.
Lo stesso nel mio cuore. Quante volte la nenia
judicare saeculum per ignem
ho udito per l’uno o l’altro parente od amico.
Dapprima mi turbava, ora non più.
Ora, in italiano, ha un suono crudo,
non sveglia echi, risonanze profonde.
Sono stanco della morte.
Ma se vuoi, madre, che scriva qualcosa
per la bimba che è morta,
non dirò di no.
Come l’astronomo scopre un’altra piccola stella
tra le miriadi di cui non sa che farsi il cielo,
farò brillare a notte un altro lume
per lei tra le meteore.
Un gesto, una figura
Mi ritrovo in un gesto di mia madre
quel frugare la borsa affannoso
cercandovi qualcosa,
poi, svanito il sospetto, andare avanti.
E in quel gesto mia madre torna viva
mentre io verso la morte m’incammino.
Un gesto, una figura
una forma, una vita.
Il rivivere incerto intermittente
affidato alla nostra memoria
dà speranza che qualcosa non muoia.
-Tutto dal nulla rinascerà a un tratto.
-Chi l’ha detto? chi ha parlato?
Madre, se in qualche parte ancora sei,
prega per me, perché io sia tollerato,
stolto, dai miei fratelli che non credono.
Perché, forti, vedendomi più debole,
troppo non mi deridano,
ma la mia scarsa mente, i pensieri a brandelli
per loro filtrino l’alba
di un giorno felice.
La carne martoriata mandi raggi
nelle lacrime scendano le stelle
quando la terra abbandonata la sua orbita
i terremoti squassino le tombe.
La memoria non è l’ultimo porto,
il processo non s’arresta, nella sua
ciclicità tutto assorbe, anche la morte:
la morte appartiene alla vita.
Poesie (Polistampa, 2000)
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