venerdì 4 luglio 2025

QUASIMODO Salvatore (1901 - 1958)


Salvatore Quasimodo (Modica, 20 agosto 1901 – Napoli, 14 giugno 1968) è stato un poeta e traduttore italiano, esponente di rilievo dell'ermetismo.
È considerato uno dei più grandi poeti italiani del XX secolo. Ha contribuito alla traduzione di vari componimenti dell'età classica, tra cui opere liriche greche, ma anche di opere teatrali di Molière e William Shakespeare. È stato vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 1959.
La fase più creativa dell'opera poetica di Quasimodo si può far risalire ad Acque e terre (1930), Oboe sommerso (1932), e a Ed è subito sera (1930). In tali raccolte vengono rievocate l'infanzia in Sicilia e le figure dei cari lontani; in esse si avverte lo sradicamento della vita nella corrotta civiltà del nord post-industriale. Nel 1940 viene pubblicata la sua celebre traduzione dei lirici greci, segnata dallo stesso sentimento di doloroso distacco.
Salvatore Giuseppe Virginio Francesco Paolo nacque il 20 agosto 1901 da Gaetano Quasimodo (1867-1960, figlio di Vincenzo Quasimodo e di Rosa Papandrea) e Clotilde Angela Ragusa (1877-1950, figlia di Salvatore Ragusa e di Teresa Guarneri) a Modica, dove il padre era stato assegnato come capostazione. Vincenzo Quasimodo, partì da Roccalumera, in provincia di Messina, luogo d’origine della famiglia, pochi giorni dopo la nascita, per portare con sé il piccolo con la madre e l'altro figlio Vincenzo (1899-1949) nella cittadina di origine della famiglia.
Il padre Gaetano, in servizio a Modica alla data della nascita di Salvatore Quasimodo, non poté abbandonare il luogo di lavoro per seguire la moglie, il primogenito Vincenzo e il neonato Salvatore. Solo successivamente, in seguito al suo trasferimento come Capostazione, alla stazione di Gela, la famiglia tornò a riunirsi, prendendo dimora a Gela, fino ai primi di gennaio del 1909.
Nacquero poi un altro fratello, Ettore Enrico Eduardo (1903-1968) ed una sorella, Rosa Maria Teresa (1905-1998), futura moglie di Elio Vittorini. Benché sia stata diffusa dallo stesso Quasimodo la voce per cui la nonna paterna, Rosa Papandrea (1850-1950), fosse figlia di oriundi greci di Patrasso, questa risulta essere nata a Roccalumera da Santo Papandrea (nato a Pagliara nel 1822 circa da Francesco Papandrea e Rosa D'Angelo e morto a Roccalumera nel 1889) e Rosaria Briguglio (nata a Roccalumera nel 1824 da Natale Briguglio e Domenica Caminiti e morta presumibilmente a Roccalumera in data ignota).
Salvatore Quasimodo fu battezzato a Roccalumera, nella Chiesa della Madonna Bambina da Mons. Francesco Maria Di Francia, l'11 settembre 1901. A Roccalumera il poeta trascorse tutta la sua infanzia e giovinezza e ci ritornò da adulto, per trovare i genitori e la famiglia (dopo il conferimento del Premio Nobel fece ritorno a Roccalumera per consegnare l’ambito premio al padre novantenne).
Nel 1907 a Gela, compiuti i 6 anni di età, iniziò a frequentare il primo anno delle scuole elementari. Nel gennaio del 1909 il padre venne incaricato della riorganizzazione del traffico ferroviario nella stazione di Messina colpita da un disastroso terremoto e successivo maremoto, il 28 dicembre 1908. In quel periodo vissero in un carro merci parcheggiato su un binario morto della stazione. Quegli anni restarono impressi nella memoria del poeta, che li evocò nella poesia Al Padre, inserita nella raccolta La terra impareggiabile, scritta in occasione dei 90 anni del padre e dei 50 anni dal disastroso terremoto di Messina.
Nel 1916 si iscrisse all'Istituto Tecnico Matematico-Fisico di Palermo per poi trasferirsi a Messina nel 1917 e continuare gli studi presso l'Istituto "A.M. Jaci", dove conseguì il diploma nel 1919. Durante la permanenza in questa città conobbe il giurista Salvatore Pugliatti e il futuro sindaco di Firenze Giorgio La Pira, con i quali strinse un'amicizia destinata a durare negli anni. Insieme ad essi fondò, nel 1917, il «Nuovo Giornale Letterario», mensile sul quale pubblicò le sue prime poesie. Intrattenne una corrispondenza con il poeta e saggista Nino Ferraù. La tabaccheria di uno zio di La Pira, unico rivenditore della rivista, divenne luogo di ritrovo per giovani letterati.
Nel 1920 si trasferì a Roma, dove pensava di terminare gli studi universitari di matematica e fisica ma, subentrate precarie condizioni economiche, dovette abbandonarli, per impiegarsi in più umili attività: disegnatore tecnico presso un'impresa edile e, in seguito, impiegato presso un grande magazzino. Nel frattempo collaborò ad alcuni periodici e iniziò lo studio del greco e del latino con la guida di monsignor Mariano Rampolla del Tindaro, pronipote omonimo del più famoso cardinale Rampolla del Tindaro, Segretario di Stato di Papa Leone XIII. Molti anni dopo il poeta emigrato si raffigurò con questi versi:
«… quel ragazzo che fuggì di notte con un mantello corto
e alcuni versi in tasca. …
»
(Salvatore Quasimodo, Lettera alla madre)
Le precarie condizioni economiche del periodo romano terminarono nel 1926, quando venne assunto dal Ministero dei lavori pubblici e assegnato, come geometra, al Genio civile di Reggio Calabria. Qui strinse amicizia con i fratelli Enzo e Bruno Misefari, entrambi esponenti (il primo comunista, il secondo anarchico) del movimento antifascista di Reggio Calabria. Nello stesso anno sposò Bice Donetti, di 8 anni più anziana, con la quale aveva precedentemente convissuto e a cui dedicò una poesia, dopo la sua morte, avvenuta nel 1946:
«Con gli occhi alla pioggia e agli elfi della notte,
è là, nel campo quindici a Musocco,
la donna emiliana da me amata
nel tempo triste della giovinezza. …
»
(Salvatore Quasimodo, Epitaffio per Bice Donetti)
Nel periodo di Reggio Calabria nacque la nota lirica Vento a Tindari, dedicata alla storica località presso Patti:
«Tindari, mite ti so
fra larghi colli pensile sull'acque
dell'isole dolci del dio,
oggi m'assali
e ti chini in cuore. …
»
(Salvatore Quasimodo, Vento a Tindari)
Il padre andò in pensione nel 1927 e, dopo una breve permanenza a Firenze, si ritirò definitivamente nella sua casa di Roccalumera, dove visse con due sorelle non sposate.
Risolti i problemi economici, poté dedicarsi più assiduamente all'opera letteraria. Fu invitato a Firenze, dallo scrittore Elio Vittorini che, nel 1927, aveva sposato la sorella Rosa; egli lo introdusse nei locali ambienti letterari, permettendogli di conoscere Eugenio Montale, Arturo Loria, Gianna Manzini e Alessandro Bonsanti. Bonsanti in quel tempo dirigeva la rivista Solaria; pubblicò, nel 1930, tre poesie di Quasimodo (Albero, Prima volta, Angeli), che maturò e affinò il gusto per lo stile ermetico, cominciando a dare consistenza alla sua prima raccolta Acque e terre che, lo stesso anno, pubblicò per le edizioni Solaria.
Nel 1931 venne trasferito presso il Genio Civile di Imperia, in seguito presso quello di Genova. In questa città conobbe Camillo Sbarbaro e le personalità di spicco che gravitavano intorno alla rivista Circoli, con la quale il poeta iniziò una proficua collaborazione pubblicando, nel 1932, per le edizioni della stessa, la sua seconda raccolta Oboe sommerso nella quale sono raccolte tutte le poesie scritte tra il 1931 e il 1932 e dove comincia a delinearsi con maggior chiarezza la sua adesione all'ermetismo. Ad Imperia conobbe invece Amelia Spezialetti, donna sposata con cui intrattenne una relazione e da cui nacque nel 1935 la figlia Orietta Quasimodo.
Quasimodo, proprio con Oboe sommerso, partecipò all'assegnazione del premio di poesia Il Gondoliere che fu assegnato a Venezia nel luglio 1932. A quella edizione del premio Il Gondoliere parteciparono poeti del calibro di Diego Valeri, Giuseppe Ungaretti e Vincenzo Cardarelli. Quasimodo, sostenuto da Adriano Grande (il direttore della rivista «Circoli») non arrivò neppure fra i finalisti del premio, alla fine assegnato ad Ungaretti fra accesissime polemiche.
Dal marzo 1933 alla fine del 1934 lavorò come funzionario all'Ufficio del Genio Civile di Cagliari. Ottenuto il trasferimento a Milano, venne però destinato alla sede di Sondrio. Nel 1938 lasciò il Genio Civile per dedicarsi alla letteratura, iniziò a lavorare per Cesare Zavattini in un'impresa di editoria e, soprattutto, si dedicò alla collaborazione con Letteratura, una rivista vicina all'ermetismo. Nel 1938 pubblicò, a Milano, una raccolta antologica intitolata Poesie; nel 1939 iniziò la traduzione dei lirici greci e divenne il titolare del settimanale Omnibus. Nel 1941 venne nominato professore di Letteratura italiana presso il Conservatorio di musica "Giuseppe Verdi" di Milano, incarico che mantenne fino alla fine del 1968.
Nel 1942 entrò nella collana Lo specchio, della Arnoldo Mondadori Editore, l'opera Ed è subito sera, che inglobava anche le nuove poesie scritte tra il 1936 e il 1942.
Nel 1945 si iscrisse al PCI dove rimarrà per soli uno o due anni; l'anno seguente pubblicò la nuova raccolta dal titolo Con il piede straniero sopra il cuore, ristampata nel 1947, con il nuovo titolo Giorno dopo giorno, testimonianza dell'impegno morale e sociale dell'autore che continuò, in modo sempre più profondo, nelle successive raccolte, composte fra il 1949 e il 1958, come La vita non è sogno, Il falso e il vero verde e La terra impareggiabile, che si posero, con il loro tono epico, come esempio di limpida poesia civile.
Durante questi anni il poeta continuò a dedicarsi, con passione, all'opera di traduttore sia di autori classici che moderni, e svolse una continua attività giornalistica per periodici e quotidiani, dando il suo contributo soprattutto con articoli di critica teatrale.
Nel 1948, due anni dopo la morte della prima moglie, si risposò con la ballerina Maria Cumani, conosciuta nel giugno 1936, con cui aveva avuto il figlio Alessandro Quasimodo; a lei sono dedicate le poesie L'alto veliero, Elegos per la danzatrice Cumani e Delfica (Nuove poesie, in Ed è subito sera).
Nel 1950 ottenne il Premio San Babila; nel 1953 condivise il Premio Etna-Taormina con il poeta gallese Dylan Thomas; nel 1958 ebbe il premio Viareggio; nel 1959 gli fu assegnato il premio Nobel per la letteratura «per la sua poetica lirica, che con ardente classicità esprime le tragiche esperienze della vita dei nostri tempi» che gli fece raggiungere una definitiva fama. A esso seguirono le lauree honoris causa dalla Università di Messina nel 1960 e da quella di Oxford nel 1967
Il poeta trascorse gli ultimi anni di vita compiendo numerosi viaggi in Europa e in America, per tenere conferenze e letture pubbliche delle sue liriche che, nel frattempo, erano state tradotte in diverse lingue. Nel 1965 curò la pubblicazione di Calignarmata, opera di poesia dell'autore Luigi Berti, uscita un anno dopo la morte di quest'ultimo (1964). Del 1966 è la pubblicazione di Dare e avere, sua ultima opera.
Il 14 giugno 1968, mentre il poeta si trovava ad Amalfi, dove doveva presiedere un premio di poesia, venne colpito da un ictus (aveva avuto già un infarto mentre visitava l'Unione Sovietica), che lo condusse alla morte poche ore dopo: il cuore del poeta smise di battere sull'auto che lo stava trasportando all'ospedale di Napoli. Il suo corpo fu trasportato a Milano e tumulato nel Famedio del Cimitero monumentale. Il suo archivio è conservato presso il Centro per gli studi sulla tradizione manoscritta di autori moderni e contemporanei dell’Università di Pavia.
Quasimodo fu membro della Massoneria, iniziato il 31 marzo 1922 presso la Loggia "Arnaldo da Brescia" di Licata. La sua adesione alla massoneria è resa più manifesta nella poesia Uomo del mio tempo, una denuncia contro la barbarie nazifascista di una "scienza esatta persuasa allo sterminio, senza amore, senza Cristo", e un invito al ritorno alla vita dei figli senza memoria del sangue versato dai padri e speranza di vederli risorgere dalla cenere. La concezione simbolica della parola, il valore del nuovo non detto e del paraverbale furono influenzati dall'amicizia fraterna con La Pira e Pudetti.

Raccolte di poesie
Acque e terre, Firenze, Edizioni di Solaria, 1930.
Oboe sommerso, Genova, Edizioni di Circoli, 1932.
Odore di eucalyptus ed altri versi, Firenze, R. Istituto di Firenze, 1933.
Erato e Apòllìon, Milano, Scheiwiller, 1936.
Poesie, Milano, Primi Piani, 1938.
Ed è subito sera, Milano-Verona, A. Mondadori, 1942.
Giorno dopo giorno, Milano, A. Mondadori, 1947
La vita non è sogno, Milano, A. Mondadori, 1949.
Il falso e vero verde, Milano, Schwarz, 1953; Milano, A. Mondadori, 1956.
La terra impareggiabile, Milano, A. Mondadori, 1958.
Dare e avere. 1959-1965, Milano, A. Mondadori, 1966.
Tutte le poesie, Mondadori, Milano, 2020.



Ed è subito sera

Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera

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Ora che sale il giorno

Finita è la notte e la luna
si scioglie lenta nel sereno,
tramonta nei canali.

È così vivo settembre in questa terra
di pianura, i prati sono verdi
come nelle valli del sud a primavera.
Ho lasciato i compagni,
ho nascosto il cuore dentro le vecchi mura,
per restare solo a ricordarti.

Come sei più lontana della luna,
ora che sale il giorno
e sulle pietre bette il piede dei cavalli!

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Già la pioggia è con noi

Già la pioggia è con noi,
scuote l’aria silenziosa.
Le rondini sfiorano le acque spente
presso i laghetti lombardi,
volano come gabbiani sui piccoli pesci;
il fieno odora oltre i recinti degli orti.

Ancora un anno è bruciato,
senza un lamento, senza un grido
levato a vincere d’improvviso un giorno.

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Fresche di fiumi in sonno

Ti trovo nei felici approdi,
della notte consorte,
ora dissepolta
quasi tepore d’una nuova gioia,
grazia amara del viver senza foce.

Vergini strade oscillano
fresche di fiumi in sonno:

E ancora sono il prodigo che ascolta
dal silenzio il suo nome
quando chiamano i morti.

Ed è morte
uno spazio nel cuore.

*****************

Imitazione della gioia

Dove gli alberi ancora
abbandonata più fanno la sera,
come indolente
è svanito l’ultimo tuo passo
che appare appena il fiore
sui tigli e insiste alla sua sorte.

Una ragione cerchi agli affetti,
provi il silenzio nella tua vita.

Altra ventura a me rivela
il tempo specchiato. Addolora
come la morte, bellezza ormai
in altri volti fulminea.
Perduto ho ogni cosa innocente,
anche in questa voce, superstite
a imitare la gioia.




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