Mario Luzi (Sesto Fiorentino, 20 ottobre 1914 – Firenze, 28 febbraio 2005) è stato un poeta, critico letterario, drammaturgo, traduttore e critico cinematografico italiano. In occasione del suo novantesimo compleanno, fu nominato senatore a vita della Repubblica Italiana.
Nato a Castello (Firenze), allora frazione di Sesto Fiorentino, secondogenito di Ciro (1882-1965), locale funzionario delle ferrovie, e di Margherita Papini (1882-1959). La famiglia paterna era di origini marchigiane, di Montemaggiore al Metauro (in provincia di Pesaro-Urbino), il nonno, Giuseppe Luzi (1851-1930), si era trasferito a Semproniano nella zona del Monte Amiata in provincia di Grosseto dalle Marche, dove erano nati e vissuti entrambi i genitori. Dopo una prima parentesi nel senese, Mario trascorre l'infanzia a Castello, frequentando qui i primi anni di scuola. Nel 1926, in seguito al trasferimento del padre a Rapolano Terme in provincia di Siena, si trasferisce a casa dello zio Alberto a Milano dove rimane per solo un anno; nel 1927 ritorna a Rapolano Terme dalla famiglia per poi, nel 1929, ritornare nella sua città natale e terminare a Firenze gli studi presso il Liceo Ginnasio Galileo.
Sempre a Firenze, nella seconda metà degli anni Trenta, si laurea in Letteratura francese con una tesi su François Mauriac, relatore Luigi Foscolo Benedetto. Nel 1942 sposa a Firenze Elena Monaci e nel 1943 nasce il figlio Gianni.
Sono anni, questi, importanti per l'esordio poetico del giovane Luzi, che a Firenze stringe amicizie con giovani impegnati nella cultura ermetica, come Piero Bigongiari, Alessandro Parronchi, Carlo Bo, Leone Traverso e la poetessa e scrittrice Cristina Campo, nonché l'importante e instancabile critico Oreste Macrì. Ebbe un'intensa amicizia in particolare con la Campo (pseudonimo di Vittoria Guerrini), che gli dedicò la raccolta Moriremo lontani; lei, cattolica tradizionale, viveva senza essere sposata con Elémire Zolla, ma Luzi era all'epoca sposato con Elena da cui si separerà in seguito. Secondo Margherita Dalmati, Luzi fu per la scrittrice, morta prematuramente nel 1977, «il grande amore, e l'unico della sua vita ( [...] ) un amore impossibile poiché la persona amata aveva tutte le virtù cantate dai poeti; inoltre lei era libera, lui no».
Luzi collaborò alle riviste d'avanguardia come Il Frontespizio, Campo di Marte, Paragone e Letteratura.
Esce nel 1935 la sua prima raccolta poetica La barca. Nel 1938 inizia l'insegnamento alle scuole superiori che lo porterà a Parma, a San Miniato e infine a Roma dove lavorerà alla Sovrintendenza bibliografica.
Pubblica nel frattempo Avvento notturno (1940). Nel 1945 ritorna a Firenze e in questa città insegna al liceo scientifico "Leonardo da Vinci". Sono di questo periodo alcune importanti raccolte poetiche: nel 1946 Un brindisi e Quaderno gotico, nel n. 1 di Inventario, nel 1952 Onore del vero, Primizie del deserto e Studio su Mallarmé. Nel 1955 gli viene assegnata la cattedra di Letteratura francese alla Facoltà di Scienze Politiche ''Cesare Alfieri'' dell'Università degli Studi di Firenze.
Nel 1963 pubblica Nel magma, nel 1965 Dal fondo delle campagne e nel 1971 Su fondamenti invisibili ai quali fa seguito Al fuoco della controversia nel 1978, Semiserie nel 1979, Reportage, un poemetto seguito dal Taccuino di viaggio in Cina nel 1985 e nello stesso anno Per il battesimo dei nostri frammenti.
Nel 1978, per l'opera Al fuoco della controversia, gli è stato assegnato il Premio Viareggio. Il 1983 vede la pubblicazione de La cordigliera delle Ande e altri versi tradotti. È inoltre autore di importanti saggi e curatore di numerose antologie (tra cui L'idea simbolista). Fu anche un critico cinematografico nei primi anni '50: curò le recensioni di quasi 80 pellicole (tra le quali citiamo Roma ore 11 di Giuseppe De Santis e Signori, in carrozza! di Luigi Zampa) che nel 1997 furono raccolte in un libro. Luzi era noto anche come un conoscitore delle filosofie e religioni orientali e delle tecniche di meditazione.
Per molti anni, dal 1979 in poi, fu considerato spesso vicino a vincere il Premio Nobel per la Letteratura, ma nel 1997 gli fu preferito un altro italiano, Dario Fo, suscitando il disappunto di Luzi che definì questa decisione "un'intenzione anti-letteraria contro di lui".
Il 14 ottobre 2004, in occasione del suo novantesimo compleanno è stato nominato senatore a vita dal Presidente Carlo Azeglio Ciampi. Considerato un moderato antifascista e pacifista, dagli anni '90 si avvicinò alla sinistra, e si segnalò durante il breve periodo senatoriale per due interventi pubblici diretti contro la coalizione di centrodestra e l'allora premier Silvio Berlusconi.
Muore a Firenze pochi mesi dopo, il 28 febbraio 2005. Ai funerali solenni, il 2 marzo, ha partecipato lo stesso Carlo Azeglio Ciampi. Alla memoria di Luzi è stata posta una lapide nella basilica di Santa Croce di Firenze, tra le spoglie dei grandi della storia tra i quali Michelangelo Buonarroti, Vittorio Alfieri, Galileo Galilei e il cenotafio di Dante Alighieri. È sepolto nel cimitero di Castello (Firenze). La sua memoria è custodita dal poeta fiorentino Walter Rossi, amico e confidente di Luzi negli ultimi anni della sua vita.
Mario Luzi occupa un posto particolare nella famiglia dei cosiddetti ermetici e, insieme a Piero Bigongiari e a Alessandro Parronchi, si può dire che costituisca il culmine dell'ermetismo fiorentino.
La prima apparizione di Luzi avvenne alla Facoltà di Lettere dell'Università di Firenze dove scelse l'affiatato circolo di quel momento composto da alunni e professori che si ritrovavano per parlare e discutere senza che si avvertisse la questione degli anni o della educazione. Un clima serio e sereno al quale il giovane e timido Luzi partecipava. Luzi viveva a quei tempi in famiglia ed era arrivato alla letteratura che aveva avuto partita vinta sulla sua prima scelta universitaria, la Facoltà di Legge.
Il tema che domina nella poesia di Luzi è quello della celebrazione drammatica dell'autobiografia dove viene messo in risalto il drammatico conflitto tra un "Io" portato per le cose sublimi e le scene terrestri che gli vengono proposte.
Il primo momento della poesia di Luzi, quella più propriamente ermetica, va dagli esordi con La barca del 1935 fino, in modo approssimativo, a Quaderno gotico con al centro Avvento notturno.
In questo periodo l'ideologia del poeta è improntata sul cristianesimo rinforzata dal recente pensiero cristiano francese, mentre, sul piano letterario, prosegue la linea "orfica" appartenente alla lirica moderna che ha come archetipo Mallarmé e che retrocede fino a Coleridge e al suo visionario romanticismo, senza peraltro dimenticare, anzi recuperandola, la tradizione italiana più vicina, cioè quella di Arturo Onofri e di Dino Campana (Canti Orfici), e non estraneo alla lezione surrealista d'oltralpe di Paul Éluard.
In questi termini Avvento notturno (1940) è un libro che, anche se apparentemente sembra riportarci con il suo tono al nostro decadentismo liberty di inizio secolo, contiene in verità, nella forza dei suoi endecasillabi, un forte strumento che evidenzia l'influenza dei surrealisti.
Le immagini dei paesaggi lunari, delle città spettrali, dei marmi e delle pietre preziose, degli angeli lacrimanti e delle chimere che riempiono questi versi, niente o poco hanno realmente a che fare con le immagini liberty o con la mistica di Arturo Onofri, grazie all'uso di un lessico che, se pure impreziosito da suggestioni dannunziane, mantiene il nitore umanistico-toscano esaltandolo.
La tensione massima dei versi risulterà nella raccolta Un brindisi (1946), ma già nelle liriche datate 1940-'44 (Quaderno gotico) si sente una più matura esperienza di letture europee, come quelle derivate da Rilke e da George, quest'ultimo, tradotto da Leone Traverso, caro amico di Luzi.
Il secondo e centrale momento della poesia di Luzi comprende, grosso modo, le tre raccolte Primizie del deserto (1952), Onore del vero (1957), e Dal fondo delle campagne (1965) fino a Su fondamenti invisibili (1971) nelle quali il poeta raggiunge i suoi più alti risultati. La raccolta "Nel magma" (1963), inoltre, costituisce una tappa importantissima per l'intera poesia italiana, che si evolve verso una fase inclusiva, nella quale la realtà cittadina e del boom economico trovano definitivamente cittadinanza poetica. Oltre ad un rinnovamento di carattere tematico si assiste ad un rinnovamento anche formale e di impostazione strutturale: ad un discorso poetico in chiave monologica si sostituisce il modulo dialogico e conseguentemente si assiste ad un'intrusione sempre maggiore di strategie stilistiche tese alla mimesi del parlato. I dialoghi con l'altro, molto spesso figure femminili indistinte e sovrapposte al doppio dell'io lirico, costituiscono momenti di svolta, di autoprocesso e difesa dei valori fondativi della poesia, da Luzi strenuamente difesi contro un mondo (quello del dominio della città, del lavoro e della teleologia dell'utile) che sembra non prevedere più spazi per la poesia e per il poeta.
Quello che prima era soprattutto atteggiamento letterario, in questi componimenti diventa vera esperienza dell'esistenza e il verso, pur non perdendo nulla della sua sensualità, acquista in tristezza e inquietudine diventando un vero verso in movimento.
Questa inquietudine si legge nella descrizione del paesaggio (un paesaggio aspro e tetro, perennemente corroso dal vento e visitato raramente da vuote comparse umane) e nella ricerca assillante di un collegamento tra essere e divenire, mutamento e identità, nella speranza incerta che possa essere lenita la penosa insensatezza del vivere.
L'ultima poesia di Luzi presenta una modifica di stile più prosastico e i contenuti si sono maggiormente aperti ai ricordi dell'adolescenza, alla descrizione di ambienti quotidiani vicino a quella di paesaggi esotici.
Ed è proprio alla lettura di questa sua ultima poesia, dal Fuoco della controversia che ricevette il Premio Viareggio nel 1978 a Per il battesimo dei nostri frammenti (1985), che si comprende che la storia del poeta ha attraversato una profonda opera di identificazione che, partita dai momenti iniziali di assoluta partecipazione alle forme dell'individualismo spirituale, è riuscita a creare un aggancio reale a quelli della prima e seconda maturità.
Contemporaneamente alla 'produzione' lirica si affianca anche la drammaturgia. Mario Luzi è anche autore di testi teatrali. Dal primo che è "Pietra Oscura" (1946) all'ultimo "Il fiore del dolore" (2003) corrono quasi sessant'anni di teatro. Tra questi estremi ci sono i drammi "Il libro di Ipazia", "Rosales", "Hystrio", "Il Purgatorio la notte lava la mente", tutti compresi nell'edizione Garzanti. A questi testi seguono "Ceneri e ardori" e "Felicità turbate" del 1995 e 1997, del 1999 sono "Opus Florentinum" e "La passione. Via Crucis al Colosseo" (1999).
Mario Luzi ha sempre dato apertamente la sua disponibilità per interviste e dibattiti durante i quali ha sotteso ossequiosità al dialogo nonché apertura e confronto dialettico. Sono stati numerosi gli studenti ai quali ha concesso interviste durante gli ultimi anni della sua vita. Molti di questi studenti provenivano dalle più disparate zone d'Italia.
Poesia
La barca, Modena, Guanda, 1935.
Avvento notturno, Firenze, Vallecchi, 1940.
Biografia a Ebe, Firenze, Vallecchi, 1942. Prosa poetica
Un brindisi, Firenze, Sansoni, 1944.
Quaderno gotico, Firenze, Vallecchi, 1947.
Primizie del deserto, Milano, Schwarz, 1952.
Onore del vero, Venezia, Pozza, 1957.
Il giusto della vita, Milano, Garzanti, 1960. Tutte le poesie fino al 1960.
Nel magma, Milano, All'insegna del pesce d'oro, 1963; Milano, Garzanti, 1966.
Dal fondo delle campagne, Torino, Einaudi, 1965.
Su fondamenti invisibili, Milano, Rizzoli, 1971.
Al fuoco della controversia, Milano, Garzanti, 1978.
Semiserie, Salerno, Il Catalogo, 1979.
Reportage. Un poemetto; seguito dal Taccuino di viaggio in Cina. 1980, Milano, All'insegna del pesce d'oro, 1980.
La cordigliera delle Ande e altri versi tradotti, Torino, Einaudi, 1983.
Per il battesimo dei nostri frammenti, Milano, Garzanti, 1985.
Frasi e incisi di un canto salutare, Milano, Garzanti, 1990. ISBN 88-11-63473-3.
Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini, Milano, Garzanti, 1994. ISBN 88-11-63471-7
Sotto specie umana, Milano, Garzanti, 1999.
Parlate, Novara, Interlinea edizioni, 2003. ISBN 88-8212-452-5.
Tempi, con immagini di Samuele Gabai, Como, Edizioni Lythos, 2003.
Dottrina dell'estremo principiante, Milano, Garzanti, 2004. ISBN 88-11-63044-4.
Lasciami, non trattenermi. Poesie ultime, Milano, Garzanti, 2009. ISBN 978-88-11-63212-2.
Poesie ultime e ritrovate, Milano, Garzanti, 2014. ISBN 978-88-11-81072-8.
Alla vita
Amici ci aspetta una barca e dondola
nella luce ove il cielo s’inarca
e tocca il mare, volano creature pazze ad amare
il viso d’Iddio caldo di speranza
in alto in basso cercando
affetto in ogni occulta distanza
e piangono: noi siamo in terra
ma ci potremo un giorno librare
esilmente piegare sul seno divino
come rose dai muri nelle strade odorose
sul bimbo che le chiede senza voce.
Amici dalla barca si vede il mondo
e in lui una verità che procede
intrepida, un sospiro profondo
dalle foci alle sorgenti;
la Madonna dagli occhi trasparenti
scende adagio incontro ai morenti,
raccoglie il cumulo della vita, i dolori
le voglie segrete da anni sulla faccia inumidita.
Le ragazze alla finestra annerita
con lo sguardo verso i monti
non sanno finire d’aspettare l’avvenire.
Nelle stanze la voce materna
senza origine, senza profondità s’alterna
col silenzio della terra, è bella
e tutto par nato da quella.
(da La barca, 1935)
Notizie a Giuseppina dopo tanti anni
Che speri, che ti riprometti, amica,
se torni per così cupo viaggio
fin qua dove nel sole le burrasche
hanno una voce altissima abbrunata,
di gelsomino odorano e di frane?
Mi trovo qui a questa età che sai,
né giovane né vecchio, attendo, guardo
questa vicissitudine sospesa;
non so più quel che volli o mi fu imposto,
entri nei miei pensieri e n’esci illesa.
Tutto l’altro che deve essere è ancora,
il fiume scorre, la campagna varia,
grandina, spiove, qualche cane latra,
esce la luna, niente si riscuote,
niente dal lungo sonno avventuroso.
(da Primizie del deserto, 1952)
Nell’imminenza dei quarant’anni
Il pensiero m’insegue in questo borgo
cupo ove corre un vento d’altipiano
e il tuffo del rondone taglia il filo
sottile in lontananza dei monti.
Sono tra poco quarant’anni d’ansia,
d’uggia, d’ilarità improvvise, rapide
com’è rapida a marzo la ventata
che sparge luce e pioggia, son gli indugi,
lo strappo a mani tese dai miei cari,
dai miei luoghi, abitudini di anni
rotte a un tratto che devo ora comprendere.
L’albero di dolore scuote i rami…
Si sollevano gli anni alle mie spalle
a sciami. Non fu vano, è questa l’opera
che si compie ciascuno e tutti insieme
i vivi i morti, penetrare il mondo
opaco lungo vie chiare e cunicoli
fitti d’incontri effimeri e di perdite
o d’amore in amore o in uno solo
di padre in figlio fino a che sia limpido.
E detto questo posso incamminarmi
spedito tra l’eterna compresenza
del tutto nella vita nella morte,
sparire nella polvere o nel fuoco
se il fuoco oltre la fiamma dura ancora.
(da Onore del vero, 1957)
La notte lava la mente
La notte lava la mente.
Poco dopo si è qui come sai bene,
fila d’anime lungo la cornice,
chi pronto al balzo, chi quasi in catene.
Qualcuno sulla pagina del mare
Traccia un segno di vita, figge un punto.
Raramente qualche gabbiano appare.
(da Onore del vero, 1957)
Dalla torre
Questa terra grigia lisciata dal vento nei suoi dossi
nella sua ressa d’armento sotto i gioghi
e i contrafforti dell’interno, vista
nel capogiro degli spalti, fila
luce, fila anni luce misteriosi,
fila un solo destino in molte guise,
dice: ”guardami sono la tua stella”
e in quell’attimo punge più profonda
il cuore la spina della vita.
Questa terra toscana brulla e tersa
ove corre il pensiero di chi resta
o cresciuto da lei se ne allontana.
Tutti i miei più che quarant’anni sciamano
fuori del loro nido d’ape. Cercano
qui più che altrove il loro cibo, chiedono
di noi, di voi murati nella crosta
di questo corpo luminoso. E seguita,
seguita a pullulare morte e vita
tenera e ostile, chiara e inconoscibile.
Tanto afferra l’occhio da questa torre di vedetta.
(da Dal fondo delle campagne, 1965)
Vola alta, parola, cresci in profondità
Vola alta, parola, cresci in profondità,
tocca nadir e zenith della tua significazione,
giacché talvolta lo puoi – sogno che la cosa esclami
nel buio della mente –
però non separarti
da me, non arrivare,
ti prego, a quel celestiale appuntamento
da sola, senza il caldo di me
o almeno il mio ricordo sii
luce, non disabitata trasparenza…
La cosa e la sua anima? O la mia e la sua sofferenza?
(da Per il battesimo dei nostri frammenti, 1985)
Nessun commento:
Posta un commento