Francesco Tentori Montalto (Roma, 18 marzo 1924 – Roma, 15 marzo 1995) è stato un ispanista e traduttore italiano. Nacque a Roma ma si formò a Firenze negli anni 1950 grazie all'amicizia con Mario Luzi del quale frequentava la casa, definendosi "fiorentino abusivo", titolo che diede a una sua raccolta di poesie dedicata alla città medicea.
Discusse la sua tesi sulla poesia spagnola del Novecento nel 1946 e nello stesso anno della laurea si recò in viaggio in Andalusia, quindi nella Galizia. Nel 1947 ottenne una borsa di studio dal Ministero spagnolo degli Affari Esteri che gli consentì di recarsi nuovamente in Spagna dove rimase fino al 1948 e dove conobbe poeti e scrittori spagnoli tra i quali Vicente Aleixandre e José María Valverde.
Pubblicò diverse sue raccolte di poesie nell'arco di circa trent'anni - firmandosi Francesco Tentori - e alcuni saggi.
Fin dai primi anni cinquanta iniziò l'attività di traduttore di poesie ispano-americane su riviste, tra le quali La Fiera Letteraria e Quaderni ibero americani. Svolse l'incarico di traduttore presso svariate case editrici (tra cui Bompiani, Einaudi e Feltrinelli); fu il primo traduttore de L'Aleph di Borges, pubblicato in Italia nel 1959, col quale ebbe corrispondenze epistolari; lo scrittore argentino fu centrale nell'attività di Tentori che ne tradusse e curò un'ottantina di edizioni italiane.
Per le traduzioni contenute nell'antologia Poeti ispano-americani del Novecento vinse il XVIII Premio Monselice per la traduzione letteraria.
Nel corso degli anni ampliò i suoi interessi e le sue attività professionali avvicinandosi anche agli ambiti della saggistica, della critica letteraria e del giornalismo.
Fu vincitore del Premio Ceppo Pistoia sezione racconti e poesie nel 1970. Nel 1985 ricevette il Premio Nazionale Rhegium Julii, sezione Poesia, per Animale d'ombra. Nel 1989 il suo Dialogo con l'assente gli valse il Premio Nazionale di Poesia Frascati.
Morì a Roma nel 1995. La sua ultima opera - uscita postuma nel 1997 - è Lirica spagnola del Novecento, un'antologia collettiva che raccoglie le migliori poesie dei più grandi poeti spagnoli del XX secolo. Era padre di Antonio Tentori.
Il fondo Francesco Tentori Montalto fu donato dai suoi eredi, i figli Lina e Antonio e la moglie Vilna, all'Archivio Contemporaneo del Gabinetto Vieusseux: ne è disponibile un inventario dattiloscritto. Contiene corrispondenze epistolari con Attilio Bertolucci, Carlo Betocchi, Ercole Ugo D'Andrea, Mario Luzi, Oreste Macrí, Roberto Paoli, Jorge Luís Borges, Jorge Guillén e molti altri ancora; fotografie, articoli di giornale, bozze di libri.
Opere di Poesia
Il canzoniere domestico e altre poesie, Roma, De Luca, 1958
Lettere a Vilna, Firenze, Vallecchi, 1960
Nulla è reale, Firenze, Vallecchi, 1964
Poesie, Bologna, Centro d'Arte e Cultura, 1967
Lo stormire notturno, Milano, De Luca, 1968
Trittico toscano, Milano, De Luca, 1970
Corrispondenze in una stanza: 1968-1973, Mandura, Lacaita, 1974
Viaggio in uno specchio, Milano, Guanda, 1978
Tre miraggi, Firenze, Vallecchi, 1980
Animale d'ombra: 1976-1981, Firenze, Vallecchi, 1984
Dialogo con l'assente, Biblioteca Cominiana, 1989
Migrazioni, Firenze, Passigli, 1997
Il segreto degli specchi - Poesie 1949-1994, Gruppo editoriale Domina, 2005 (postumo)
MASCHERA
Lo spazio in cui respiro è la mia tomba.
Prigioniero di fili, inaridisco
la pena e non sciolgo in lamenti il metallo
dove un colore finge la mia vita.
Neppure una voce conforta la notte:
l’usignolo se canta o il dolce merlo
non possono, piangendo, attraversare il mondo
fino a questo deserto dove muoio.
Qui non foglie, tenere acque, venti,
o la zampogna delle stagioni per variare
nell’anima oscurata, col suono alterno,
l’orribile fuga del tempo: accecato,
sento l’ala mortale che mi sfiora
mentre, impietrito e muto, non ho difesa.
Come divenni un dolore dipinto?
Voi guardate le linee lacerate
dietro le quali anche il dolore è un nome;
toccate sgomenti il mio sguardo svuotato
e vi prende pietà di voi stessi, vedendo
entro un disegno smorta la mia vita.
Ma di me non abbiate pietà: io soltanto
decisi il delirante labirinto
da cui giunsi distrutto a questa forma.
Ricordo ancora giorni in cui il mio cuore
intrecciava coi sogni i disincanti
e com’edera andava dal cielo alla terra.
Ma la mente contratta da ambizioni
s’indurì contro il cielo, finché il cuore
e la vita derisi e in preda a un gioco
affievolirono i battiti – e io venni
a questa angoscia di fili di sangue.
A MARIO LUZI
Movendo su macerie, su rottami,
la memoria disegna oggi la sagoma
della citta, più cara ove finisce
tra case nuove, prato, riva di fiume.
La polvere là, il disordine, intridono l’aria,
fanno uno squallido scenario. Vi s’aggira
attonita la mente, tocca incerta
l’ombra, gli oggetti; ecco, già non esita,
già fa suo il paesaggio maltrattato,
ritrova i luoghi, dolci all’abitudine.
È il conforto, nel sogno e per enigmi,
Luzi; viaggio precario il nostro
nelle tenebre, ma dobbiamo compierlo.
Viaggio al profondo, che non ha risposta
e non offre salvezza; traccia simboli, o forse
nemmeno questi, ma una via al rimpianto,
una trama di ricordi, un intreccio di segni
che aiutino la vita, la decifrino
col loro paziente alfabeto.
IN RISPOSTA A UNA CARTOLINA
Il tuo saluto mi ha sorpreso in dubbio
tra l’oggi e l’ieri, tra il ricordo e l’esistere:
ambiguità apparente, ché chi oblia
si perde, chi smarrisce
nella memoria il suo presente è un’ombra,
ma il cuore unico si abbevera al tempo
indiviso, che mesce oblio e ricordo,
presenza e assenza. La vita si nutre
così di corpi e di fantasmi, accoglie
ciò che palpita o è fumo, nel suo scorrere.
E i giomi spenti di una primavera possono
riaccendersi in un tempo freddo, in quest’aria
di tormenta, d’inverno già alle porte.
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