Ada Negri (Lodi, 3 febbraio 1870 – Milano, 11 gennaio 1945) è stata una poetessa, scrittrice ed insegnante italiana. È ricordata anche per essere stata la prima e unica donna a essere ammessa all'Accademia d'Italia.
«Io non ho nome. – Io son la rozza figlia
Dell’umida stamberga;
Plebe triste e dannata è mia famiglia,
Ma un’indomita fiamma in me s’alberga.»
(Ada Negri, da Senza nome, Fatalità, 1892)
Nacque in una famiglia umile: il padre Giuseppe era vetturino e la madre, Vittoria Cornalba, tessitrice; passò l'infanzia nella portineria del palazzo dove la nonna, Giuseppina "Peppina" Panni, lavorava come custode presso la nobile famiglia Barni ed era legata al celebre mezzosoprano Giuditta Grisi, di cui era stata governante; sul rapporto tra la Grisi e la sua famiglia, Ada costruirà il mito della propria infanzia. In portineria Ada passava molto tempo sola, osservando il passaggio delle persone, come descritto nel romanzo autobiografico Stella Mattutina (1921).
Ad appena un anno dalla nascita rimase orfana del padre, alcolizzato e avvezzo al canto, considerato, dunque, un peso dalla madre: fu grazie ai sacrifici di questa, che riuscì ad ottenere un lavoro fisso in fabbrica, che Ada poté frequentare la Scuola Normale femminile di Lodi, ottenendo il diploma di insegnante elementare.
Il suo primo impiego fu al Collegio Femminile di Codogno, nel 1887. La vera esperienza d'insegnamento che segnò la sua vita e la produzione artistica, però, fu intrapresa a partire dal 1888 nella scuola elementare di Motta Visconti, comune nella provincia di Milano al confine con quella di Pavia, dove Ada passò il periodo più felice della sua vita. Al mestiere di maestra è legata e contemporanea l'attività di poetessa: fu in questo periodo che la Negri iniziò a pubblicare i suoi scritti su un periodico Treves, Margherita e su un giornale lodigiano, il Fanfulla da Lodi. In questo periodo compose le poesie poi pubblicate nel 1892 nella raccolta Fatalità che ebbe un grande successo, portando Ada ad acquistare grande fama, a tal punto che, su decreto del ministro Ferdinando Martini, le fu conferito il titolo di docente per chiara fama presso l'Istituto superiore "Gaetana Agnesi" di Milano. Così si trasferì con la madre nel capoluogo lombardo.
A Milano entrò in contatto con i membri del Partito socialista italiano, anche grazie agli apprezzamenti ricevuti da alcuni di essi per la propria produzione poetica, nella quale è molto sentita la questione sociale. Tra loro ebbe un ruolo fondamentale il giornalista Ettore Patrizi, col quale ebbe intense relazioni epistolari; conobbe poi Filippo Turati, Benito Mussolini e Anna Kuliscioff (della quale ebbe a dire di sentirsi sorella ideale).
Fu fortemente impegnata in attività sociali: fondò nel 1899, assieme a Ersilia Majno, l'Unione femminile nazionale e sostenne l'apertura nel 1904 dell'Asilo Mariuccia che definì "la prima pietra di un’opera di rigenerazione, ben lontana e diversa dalle antiche manifestazioni di carità superficiali". Scrisse negli anni dal 1903-1943 sul Corriere della sera molti articoli di tema sociale.
Nel 1894 vinse il Premio Giannina Milli per la poesia. L'anno successivo uscì la sua seconda raccolta di poesie, Tempeste, meno apprezzata di Fatalità, nonché vittima di una forte critica da parte di Luigi Pirandello. In questo periodo la sua lirica si concentrò soprattutto su temi sociali ed ebbe forti toni di denuncia, tanto da farla definire la poetessa del Quarto Stato.
Il 1896 fu l'anno del breve matrimonio con Giovanni Garlanda, industriale tessile di Biella, dal quale ebbe la figlia Bianca, ispiratrice di molte sue poesie, e un'altra bambina, Vittoria, morta dopo un mese di vita. Da questo periodo le sue vicende personali modificarono fortemente la sua poetica e le sue opere divennero fortemente introspettive e autobiografiche, come si vede in Maternità, pubblicata nel 1904, e Dal Profondo (1910).
La separazione da Garlanda avvenne nel 1913, anno in cui la Negri si trasferì a Zurigo, dove rimase fino all'inizio della prima guerra mondiale e dove strinse amicizia, tra gli altri, con Fulcieri Paulucci di Calboli; a Zurigo scrive Esilio, pubblicato nel 1914, opera con evidente riferimento autobiografico, e la raccolta di novelle Le solitarie, pubblicata nel 1917, opera moderna ed attenta alle molte sfaccettature della tematica femminile. L'anno seguente esce Orazioni, raccolta di odi alla patria: gli anni della guerra avevano trasformato la passione civile in patriottismo, accompagnato all'avvicinamento alle posizioni mussoliniane. Dal 1915 si ha traccia della sua presenza a Lodi attraverso la corrispondenza con l'attrice Paola Pezzaglia, interprete sulle scene della sua poesia.
La corda principale della sua poesia erano ormai i sentimenti e, avanzando gli anni, la memoria: nel 1919, lo stesso anno in cui morì la madre Vittoria, nacque una nuova raccolta di poesie basata su una nuova esperienza sentimentale, Il libro di Mara, raccolta inusuale per la società cattolica e conservatrice di quell'epoca. Due anni dopo, nel 1921, anno del matrimonio della figlia Bianca, è la volta di Stella mattutina, romanzo autobiografico di successo.
Nel 1926 e nel 1927 Ada Negri fu candidata al Premio Nobel per la Letteratura assegnato poi a Grazia Deledda. In questo periodo era sua abitudine trascorrere diversi mesi all'anno a Pavia, città a cui rimase molto legata, spesso risiedendo a Palazzo Cornazzani, dove già avevano abitato Ugo Foscolo e Albert Einstein.
Nel 1931 l'autrice fu insignita del Premio Mussolini per la carriera; erano gli anni in cui Benito Mussolini ancora utilizzava i rapporti nati nel suo periodo socialista. Il premio consacrò Ada Negri come intellettuale di regime, tanto che nel 1940 diventò la prima donna membro della Reale Accademia d'Italia subentrando al poeta Cesare Pascarella, deceduto nel maggio di quell'anno. La sua vita era però ormai permeata da profondo pessimismo, chiusa in sé stessa e in una ritrovata religiosità che la portarono ad affondare in un progressivo oblio.
Morì l'11 gennaio 1945, poco meno di un mese prima di compiere 75 anni, e fu sepolta nel famedio di Milano. Il 3 aprile 1976 la sua tomba è stata traslata nell'antica Chiesa di San Francesco a Lodi.
Poesia
Fatalità, Milano, F.lli Treves, 1892
Tempeste ,
Milano, F.lli Treves, 1895
Maternità, Milano, F.lli
Treves, 1904
La danza della Neve, Milano, F.lli
Treves 1905
Dal Profondo, Milano, F.lli Treves, 1910
Esilio,
Milano, F.lli Treves, 1914
Orazioni, Milano, F.lli
Treves, 1918
Il libro di Mara, Milano, F.lli
Treves, 1919
(traduzione inglese da Maria A. Costantini: The
Book of Mara, New York, Italica Press, 2011)
I canti dell'isola,
Milano, Mondadori, 1924
(traduzione inglese da Maria A.
Costantini: Songs of the Island, New York, Italica Press,
2011)
Vespertina, Milano, Mondadori, 1930
Il dono,
Milano-Verona, A. Mondadori, 1936
Fons amoris,1939-1943,
Milano, A. Mondadori, 1946 (postumo)
Le cartoline della
nonna, Firenze, Giunti-Nardini, 1973 (postumo)
Poesie, a
cura e con introduzione di Silvio Raffo, Milano, Mondadori, 2002
(postumo)
Poesie e prose, a cura e con introduzione di Pietro
Sarzana, Milano, Mondadori, 2020 (postumo)
Pensiero d’autunno
Fammi uguale, Signore, a quelle
foglie
moribonde, che vedo oggi nel sole
tremar dell’olmo sul
piú alto ramo.
Tremano, sí, ma non di pena: è tanto
limpido
il sole, e dolce il distaccarsi
dal ramo, per congiungersi alla
terra.
S’accendono alla luce ultima, cuori
pronti
all’offerta; e l’agonia, per esse,
ha la clemenza d’un mite
aurora.
Fa ch’io mi stacchi dal piú alto ramo
di mia vita,
cosí, senza lamento,
penetrata di Te come del sole.
*
Il risveglio
Senza sonno la notte e senza pace
fu.
Pulsava alle tempie, ai polsi il sangue
torbido, in colpi sordi; e
mi parea
rispondesse al mugghiar cupo del mare.
E tra il
mugghio del mare e il martellìo
del sangue il mio dolor con le
memorie
più fonde in cuor si rinnovava, tutta
addentandomi
dentro: ero soltanto
quel dolor, quel dolore; e il resto nulla.
Ma
venne, a un tratto, verso l’alba, il sonno.
Breve esso fu, come
una morte breve;
e mi svegliai che il sol, già alto, in fasci
di
raggi entrava dal quadrato azzurro
della finestra. Vi balzai.
M’immersi
nella luce, non più vita pensante,
ma solo vita:
bevvi la freschezza
del mattino nel salso odor del mare,
mare e
cielo divenni, e immenso riso
senza memoria.
*
Orgoglio
Soffri in silenzio. Non chiamar
nessuno
a numerar le lacrime degli occhi
tuoi. Sia pur grave il
colpo che ti tocchi,
chieder coraggio ad altri è inopportuno.
Conta nel tuo segreto ad uno ad uno,
se
vuoi, curva e prostrata sui ginocchi,
i singhiozzi del cor—ma
non trabocchi
la piena mai, per la pietà d’alcuno.
È un’orribile cosa esser
compianti.
Conquista in te, con la tua forza sola
di volontà,
l’oblio del tuo cordoglio.
T’insegnerò,
per disseccare i pianti
fiacchi e cangiarli in riso entro la
gola,
un peccato magnifico: l’Orgoglio.
*
La folla
Fluttuo con te, nel tuo sordo
tumulto
perduta; e tu mi porti e tu mi spingi
e mi rigetti, e
d’ignorarmi fingi,
ma ben m’abbranca il tuo potere occulto.
Sai di sudore umano, e di
sporcizia
mascherata d’aromi, e del sentore
d’ogni
travaglio: ogni odio ed ogni amore
per oscuro fermento in te
s’inizia.
Mi piaci per l’enorme onda vitale
che
tutta mi ravvoltola, muggente
e rischiumante, carne e cuore e
mente
impregnando del tuo libero sale.
Ogni volto che a lampi appare e
spare
forse è il mio: chè mio corpo non è questo
solo ch’io
sento e curo e movo e vesto:
chi vi noma e vi scinde, onde del
mare?…
D’essere innumerevole è mia gloria
e
mia superbia; e multiforme, come
te, folla; e in preda a tutti i
venti, come
te, che a folate scardini la storia;
e, se fremito passi di
sommossa,
ingigantir con te, con te disvellere
i sassi e i
cuori, ed oscurar le stelle
col divampar della mia furia rossa.
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