mercoledì 9 luglio 2025

REBORA Clemente (1885 - 1957)

 


Clemente Luigi Antonio Rèbora (Milano, 6 gennaio 1885 – Stresa, 1º novembre 1957) è stato un presbitero e poeta italiano.
Fu insegnante di lettere e collaborò a diverse riviste, tra cui La Voce. Le sue prime poesie rivelavano un profondo interesse per problematiche morali, portandolo a una crisi spirituale. Ordinato sacerdote nel 1936, continuò a scrivere poesie che riflettono il suo costante colloquio con Dio. Fu anche traduttore di autori russi tra cui Tolstoj e Gogol'.
Quinto dei sette figli del garibaldino Enrico Rebora, di origini liguri, e di Teresa Rinaldi, inizia nel 1903 gli studi di Medicina a Pavia, interrompendoli però poco dopo per seguire i corsi universitari di lettere presso l'Accademia Scientifico-letteraria di Milano; nel frattempo si avvicina alla musica.
Nel 1907 Rebora presta il servizio militare a Milano e nel 1910 si laurea in lettere con percorso storico-contemporaneo, discutendo una tesi sul pensiero di Gian Domenico Romagnosi dal titolo "Gian Domenico Romagnosi nel pensiero del Risorgimento". Il relatore era il professore Gioacchino Volpe.
Negli anni dieci in cui il giovane Rebora si sente "professoruccio filantropo" insegna in diversi Istituti tecnici e alle scuole serali (prima a Milano poi a Treviglio, a Novara - prima della chiamata in guerra - e a Como) e collabora a La Voce, alla Rivista d'Italia e a Diana.
Nel 1913 vengono pubblicati i Frammenti lirici presso le edizioni de La Voce dirette da Giuseppe Prezzolini con la dedica «ai primi dieci anni del secolo ventesimo» e collabora alla Riviera ligure e altre riviste letterarie.
Nel 1914 conosce Lydia Natus, pianista russa, e vive con lei a Milano (in via Tadino 3) fino a quando la loro relazione si interrompe, dopo la guerra. Allo scoppio della prima guerra mondiale, viene richiamato alle armi con il grado di sottotenente nel 72º reggimento di fanteria e in dicembre dello stesso anno combatte sul Podgora. Subisce un forte trauma cranico a causa di un'esplosione e rimane in stato di shock. Viene ricoverato e tra il 1916 e il 1919 passa da un ospedale militare all'altro finché, nel 1919, viene riformato con la diagnosi di infermità mentale.
Questo non gli impedisce di continuare il lavoro d'insegnante e di portare avanti varie attività. Tra il 1919 e il 1928 insegna in vari istituti privati, dirige la collezione "Maestri di Vita" per l'editore Paravia e tiene numerose conferenze. Nel 1922 pubblica i Canti anonimi raccolti da C. Rebora nelle edizioni Il Convegno di Milano.
Nel 1928, durante una conferenza al Lyceum milanese sulle discipline religiose, mentre legge gli Acta Martyrum, ha una crisi religiosa che lo avvicinerà alla fede cattolica. Nel 1929, infatti, prende i sacramenti e nel 1930, dopo aver distrutto tutti i libri e le carte, entra come novizio nel Collegio Rosmini. Rimane come novizio per tre anni all'Istituto della Carità al Monte Calvario di Domodossola e per due anni è aiuto infermiere.
Entrato nell'Istituto della carità, pronuncia i voti perpetui nel 1936 e viene ordinato sacerdote a Domodossola, dove celebra la sua prima Santa Messa. Negli anni successivi esercita varie funzioni negli istituti rosminiani di Domodossola, Torino, Rovereto e Stresa. Continua a scrivere poesie a carattere religioso che vennero pubblicate in gran parte postume.
A Stresa, a causa di una grave e dolorosa infermità, è costretto a rimanere immobile a letto e il 1º novembre del 1957 lo coglie la morte. Il suo corpo è oggi inumato in un sarcofago presso il Santuario SS. Sacramento a Stresa.
La formazione familiare di Rebora avvenne nei valori della tradizione laica del Risorgimento e legata allo spirito dell'umanesimo mazziniano come voleva il padre, garibaldino a Mentana nel 1867.
Il padre, massone, era un ardente ammiratore di Carlo Cattaneo e dello storico Edgar Quinet, di cui tradusse l'Esprit nouveau, e fu amico del repubblicano Arcangelo Ghisleri. La madre, di Codogno, pur dovendo allevare ben sette figli, fu geniale scrittrice di versi che rivelano una felice e spontanea vena poetica.
Oltre all'educazione lombarda a fondo moralistico progressista, lo spirito gagliardo della fede garibaldina e mazziniana diede senza dubbio a Rebora una buona base di partenza, ma quello stesso spirito eccessivamente liberale e razionalista, unito all'assenza di una formazione religiosa confessionale, contribuirono ad aggravare lo stato di disagio del suo animo, sempre alla ricerca di una disciplina spirituale più idealistica.
Tutta l'opera di Rebora sarà segnata da un tesissimo sforzo per liberarsi dalla problematica eredità spirituale paterna, che condizionò la sua vita e la sua poesia. Il fratello Piero parla infatti di due sentimenti profondi che gli derivarono dall'educazione familiare: l'attaccamento alla patria italiana e l'amore per gli umili, sentimenti che si ritroveranno in tutte le sue opere.
Si possono distinguere, nella sua formazione, tre fasi di vita che poi corrispondono alla variazione della sua opera poetica: una prima fase esistenzialistica-letteraria, una seconda fase che si può definire umanitario-sincretistica dal carattere filosofico-religioso, una terza fase decisamente cattolica.
Dall'epistolario e dalla testimonianza degli amici si delinea la figura di un giovane dai saldi principi morali, fortemente impegnato sul piano intellettuale, che credeva nell'amicizia e nella solidarietà del gruppo, schivo dei successi professionali e mondani.
La sua prima crisi, che lo portò a tentare il suicidio e gli fece comprendere di dover rompere con il sistema di pensiero e di valori ereditati dal padre, avvenne mentre stava redigendo la tesi di laurea.
Non ebbe grandi contatti con l'ambiente fiorentino della rivista La Voce, a parte il rapporto personale con Prezzolini; costante invece fu l'amicizia con Giovanni Boine dal 1909 alla morte dello scrittore ligure.

Poesia
I Frammenti lirici, Libreria della "Voce", Firenze 1913; nuova edizione commentata, a cura di Gianni Mussini e Matteo Giancotti, Interlinea, Novara 2008
Canti anonimi raccolti da C.R., Il Convegno editoriale, Milano 1922
Le poesie 1913-1947, a cura di P. Rebora, Vallecchi, Firenze 1947
Via Crucis Scheiwiller, Milano 1955
Curriculum vitae, Scheiwiller, Milano 1955; nuova edizione commentata, a cura di Roberto Cicala e Gianni Mussini, Interlinea, 2001
Canti dell'infermità, Scheiwiller, Milano 1956 (ristampa brani già usciti in plaquettes o su rivista; ed. accresciuta, Scheiwiller, Milano 1957)
Gesù il fedele. Il Natale, Scheiwiller, Milano 1956
Iconografia (poesie e prose inedite) a cura di V. Scheiwiller, Scheiwiller, Milano 1959
Aspirazioni e preghiere, Scheiwiller, Milano 1963
Ecco del cielo più grande, Scheiwiller, Milano 1965
Le poesie (1913-1957), Garzanti, Milano 1961 (nuova ed. accresciuta, Scheiwiller, Milano 1994)
Il tuo Natale, Interlinea, Novara 2005.
Tra melma e sangue. Lettere e poesie di guerra, Interlinea, Novara 2008.
Passione e poesia. Lettere (1954-1657), a cura di Gianni Mussini, Interlinea, Novara 2012
Il tuo Natale di fuoco. Poesie. lettere, pagine di diario, postille e inediti, a cura di Roberto Cicala, Valerio Rossi, Interlinea, Novara 2016


Tempo

Apro finestre e porte –
Ma nulla non esce,
Non entra nessuno:
Inerte dentro,
Fuori l’aria è la pioggia.
Gocciole da un filo teso
Cadono tutte, a una scossa.
Apro l’anima e gli occhi –
Ma sguardo non esce,
Non entra pensiero:
Inerte dentro,
Fuori la vita è la morte.
Lacrime da un nervo teso
Cadono tutte, a una scossa.
Quello che fu non è più,
Ciò che verrà se n’andrà,
Ma non esce non entra
Sempre teso il presente –
Gocciole lacrime
A una scossa del tempo.


La speranza

Speravo in me stesso: ma il nulla mi afferra.
Speravo nel tempo, ma passa, trapassa;
In cosa creata: non basta, e ci lascia.
Speravo nel ben che verrà, sulla terra:
Ma tutto finisce, travolto, in ambascia.
Ho peccato, ho sofferto, cercato, ascoltato
La Voce d’Amore che chiama e non langue:
Ed ecco la certa speranza: la Croce.
Ho trovato Chi prima mi ha amato
E mi ama e mi lava, nel Sangue che è fuoco,
Gesù, l’Ognibene, l’Amore infinito,
L’Amore che dona l’Amore,
L’Amore che vive ben dentro nel cuore.
Amore di Cristo che già qui nel mondo
Comincia ed insegna il viver più buono:
Felice amore di Spirito Santo
Che trasfigura in grazia e morte e pianto,
D’anima e corpo la miseria buia:
Eterna Trinità, dove alfin belli
– Finendo il mondo – saran corpi e cuori
In seno al Padre con la dolce Madre
Per sempre in Cristo amandosi fratelli, Alleluia.


Il pioppo

Vibra nel vento con tutte le sue foglie
il pioppo severo;
spasima l’aria in tutte le sue doglie
nell’ansia del pensiero:
dal tronco in rami per fronde si esprime
tutte al ciel tese con raccolte cime:
fermo rimane il tronco del mistero,
e il tronco s’inabissa ov’è più vero.

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