Sandro Penna (Perugia, 12
giugno 1906 – Roma, 21 gennaio 1977) è
stato un poeta italiano.
Inizia a scrivere poesia sul finire degli anni Venti del Novecento e nel 1929 conosce Umberto Saba a Roma e poi negli anni molti altri intellettuali come Carlo Emilio Gadda, Cesare Pavese e Pier Paolo Pasolini. Nel 1939 pubblica la sua prima raccolta di versi e nel 1957 vince il Premio Viareggio per la raccolta Poesie, pubblicata nel 1956. Con Stranezze, nel 1977, vince il Premio Bagutta.
Nato in una famiglia borghese, da Armando, umbro, e Angela Antonione Satta, laziale, ha due fratelli minori, Beniamino ed Elda. Nell'infanzia soffre spesso di bronchiti e allergie. Quando il padre torna dalla guerra malato di sifilide, la madre decide di lasciarlo e si trasferisce a Pesaro con la figlia, lasciando i due maschi col padre. Nel 1922 la madre si trasferisce a Roma, dove lui raramente riesce a raggiungerla. Nel 1925 si diploma in ragioneria, ma legge molta letteratura, soprattutto Leopardi, D'Annunzio, Hölderlin, Wilde, Rimbaud, Baudelaire e Crevel.
La scelta di scrivere poesia viene intorno al 1928, quando la propria sensibilità cerca un territorio per diventare espressione. Ora legge Alvaro, Cardarelli, Govoni, Gide, Ungaretti, Saba e Montale. Frequenta con regolarità l'amico Acruto Vitali, anch'egli poeta. L'estate, a Porto San Giorgio sperimenta altri primi difficili innamoramenti, sempre omosessuali. Tra questi, in particolare lo colpisce un ragazzo di Trastevere, Ernesto, per il quale decide di trasferirsi a Roma, anche perché i rapporti con il padre peggiorano, la città umbra gli sembra chiusa e cerca di riavvicinarsi alla madre.
Lavora tra Perugia e Roma in modo saltuario, facendo diversi mestieri: il contabile (presso una zia materna e poi in un'azienda edile che chiude nel 1932), l'allibratore di corse ippiche, il commesso di libreria, poi il correttore di bozze e il mercante d'arte, e volentieri rimane anonimo in lunghe passeggiate tra la gente, soprattutto di sera. Ha modo di entrare in contatto con il mondo dei letterati in seguito alla conoscenza di Umberto Saba nel 1929 (al quale manda un fascio di versi con lo pseudonimo Bino Satta) e all'incontro con gli artisti fiorentini che frequentano il "Caffè Le Giubbe Rosse" di Firenze.
Intanto a Roma, frequenta Carlo Emilio Gadda, Gabriele Baldini, Alfonso Gatto, Enrico Falqui e Alfredo Gargiulo. Dal 1937 vive due anni a Milano lavorando come correttore di bozze presso Valentino Bompiani, e come commesso alla Hoepli. Qui frequenta Sergio Solmi, Leonardo Sinisgalli, Giovanni Titta Rosa e altri.
Nel 1939, grazie all'interessamento di Giansiro Ferrata e Sergio Solmi, pubblica la prima raccolta di versi il cui successo lo introduce, come collaboratore, in alcune importanti riviste dell'epoca, come Corrente, Letteratura, Il Frontespizio, Il Mondo su cui appaiono negli anni quaranta alcune prose più tardi, 1973, raccolte nel volume Un po' di febbre.
Mentre si reca a Catania per cercare di intraprendere un'attività di commercio in libri rari, sente la dichiarazione di guerra alla radio. Nel 1943 muore il padre (ora viveva anch'egli a Roma, ma non si incontravano quasi mai). Per aiutarlo Roberto Bazlen gli commissiona una traduzione di Paul Claudel, Cesare Pavese e Carlo Muscetta, una di quattro novelle di Prosper Mérimée; diversi amici pittori gli regalano (o vendono a basso prezzo) delle opere che lui cerca di piazzare a collezionisti e gallerie.
Nel 1950 venne pubblicato il suo secondo libro di versi uscito nelle edizioni della Meridiana con il titolo di Appunti. Nel 1955 pubblicò il racconto Arrivo al mare e nei due anni seguenti due opere importanti che definiranno meglio la sua personalità e lo stile della sua poesia: Una strana gioia di vivere, edito da Scheiwiller nel 1956 (che trova Pasolini entusiasta) e la raccolta completa delle sue Poesie (su interessamento dello stesso) edita da Garzanti che gli fa ottenere, nel 1957, sia pure con qualche scandalo, il premio Viareggio.
Il libro ottiene molte recensioni, ne scrivono Pietro Citati, Giorgio Caproni, Elémire Zolla, Alfredo Giuliani e altri. Nel 1958 pubblicò Croce e delizia con la casa editrice Longanesi e solamente nel 1970 apparve presso l'editore Garzanti il suo libro Tutte le poesie che comprendeva le poesie precedenti e molti inediti. In quello stesso anno fu assegnato a Penna il premio Fiuggi. Le sue poesie vengono anche tradotte e inserite in diverse antologie all'estero.
Intanto nel 1964 muore la madre, e il poeta, che ha sempre vissuto in semi-povertà, va a vivere a casa di lei. Ora gira in automobile e con un cane lupo nelle borgate e per Ostia. Accetta che vengano raccolte alcune prose e appunti di viaggio in un nuovo libro presso Garzanti, Un po' di febbre. Vive una vecchiaia precoce. Perde i denti per una piorrea, ma rifiuta di indossare protesi, per dormire usa molti sonniferi, esce poco e quasi mai di giorno.
Nel 1976 viene pubblicata sull'"Almanacco dello Specchio" una scelta di sue poesie e, alla fine di quell'anno, il volume Stranezze[12] per il quale, nel gennaio del 1977, pochi giorni prima della morte avvenuta il 21, gli viene assegnato il premio Bagutta, che le condizioni di salute non gli permettono di ritirare. Dopo la morte viene sepolto nel cimitero Flaminio di Roma, ed escono diversi inediti, e la sua pudica omosessualità non è più considerata scandalosa. A Perugia, sua città natale, gli è stata intitolata la Biblioteca Sandro Penna. A Perugia e a Roma sono intitolate due strade a Sandro Penna.
Inizia a scrivere poesia sul finire degli anni Venti del Novecento e nel 1929 conosce Umberto Saba a Roma e poi negli anni molti altri intellettuali come Carlo Emilio Gadda, Cesare Pavese e Pier Paolo Pasolini. Nel 1939 pubblica la sua prima raccolta di versi e nel 1957 vince il Premio Viareggio per la raccolta Poesie, pubblicata nel 1956. Con Stranezze, nel 1977, vince il Premio Bagutta.
Nato in una famiglia borghese, da Armando, umbro, e Angela Antonione Satta, laziale, ha due fratelli minori, Beniamino ed Elda. Nell'infanzia soffre spesso di bronchiti e allergie. Quando il padre torna dalla guerra malato di sifilide, la madre decide di lasciarlo e si trasferisce a Pesaro con la figlia, lasciando i due maschi col padre. Nel 1922 la madre si trasferisce a Roma, dove lui raramente riesce a raggiungerla. Nel 1925 si diploma in ragioneria, ma legge molta letteratura, soprattutto Leopardi, D'Annunzio, Hölderlin, Wilde, Rimbaud, Baudelaire e Crevel.
La scelta di scrivere poesia viene intorno al 1928, quando la propria sensibilità cerca un territorio per diventare espressione. Ora legge Alvaro, Cardarelli, Govoni, Gide, Ungaretti, Saba e Montale. Frequenta con regolarità l'amico Acruto Vitali, anch'egli poeta. L'estate, a Porto San Giorgio sperimenta altri primi difficili innamoramenti, sempre omosessuali. Tra questi, in particolare lo colpisce un ragazzo di Trastevere, Ernesto, per il quale decide di trasferirsi a Roma, anche perché i rapporti con il padre peggiorano, la città umbra gli sembra chiusa e cerca di riavvicinarsi alla madre.
Lavora tra Perugia e Roma in modo saltuario, facendo diversi mestieri: il contabile (presso una zia materna e poi in un'azienda edile che chiude nel 1932), l'allibratore di corse ippiche, il commesso di libreria, poi il correttore di bozze e il mercante d'arte, e volentieri rimane anonimo in lunghe passeggiate tra la gente, soprattutto di sera. Ha modo di entrare in contatto con il mondo dei letterati in seguito alla conoscenza di Umberto Saba nel 1929 (al quale manda un fascio di versi con lo pseudonimo Bino Satta) e all'incontro con gli artisti fiorentini che frequentano il "Caffè Le Giubbe Rosse" di Firenze.
Intanto a Roma, frequenta Carlo Emilio Gadda, Gabriele Baldini, Alfonso Gatto, Enrico Falqui e Alfredo Gargiulo. Dal 1937 vive due anni a Milano lavorando come correttore di bozze presso Valentino Bompiani, e come commesso alla Hoepli. Qui frequenta Sergio Solmi, Leonardo Sinisgalli, Giovanni Titta Rosa e altri.
Nel 1939, grazie all'interessamento di Giansiro Ferrata e Sergio Solmi, pubblica la prima raccolta di versi il cui successo lo introduce, come collaboratore, in alcune importanti riviste dell'epoca, come Corrente, Letteratura, Il Frontespizio, Il Mondo su cui appaiono negli anni quaranta alcune prose più tardi, 1973, raccolte nel volume Un po' di febbre.
Mentre si reca a Catania per cercare di intraprendere un'attività di commercio in libri rari, sente la dichiarazione di guerra alla radio. Nel 1943 muore il padre (ora viveva anch'egli a Roma, ma non si incontravano quasi mai). Per aiutarlo Roberto Bazlen gli commissiona una traduzione di Paul Claudel, Cesare Pavese e Carlo Muscetta, una di quattro novelle di Prosper Mérimée; diversi amici pittori gli regalano (o vendono a basso prezzo) delle opere che lui cerca di piazzare a collezionisti e gallerie.
Nel 1950 venne pubblicato il suo secondo libro di versi uscito nelle edizioni della Meridiana con il titolo di Appunti. Nel 1955 pubblicò il racconto Arrivo al mare e nei due anni seguenti due opere importanti che definiranno meglio la sua personalità e lo stile della sua poesia: Una strana gioia di vivere, edito da Scheiwiller nel 1956 (che trova Pasolini entusiasta) e la raccolta completa delle sue Poesie (su interessamento dello stesso) edita da Garzanti che gli fa ottenere, nel 1957, sia pure con qualche scandalo, il premio Viareggio.
Il libro ottiene molte recensioni, ne scrivono Pietro Citati, Giorgio Caproni, Elémire Zolla, Alfredo Giuliani e altri. Nel 1958 pubblicò Croce e delizia con la casa editrice Longanesi e solamente nel 1970 apparve presso l'editore Garzanti il suo libro Tutte le poesie che comprendeva le poesie precedenti e molti inediti. In quello stesso anno fu assegnato a Penna il premio Fiuggi. Le sue poesie vengono anche tradotte e inserite in diverse antologie all'estero.
Intanto nel 1964 muore la madre, e il poeta, che ha sempre vissuto in semi-povertà, va a vivere a casa di lei. Ora gira in automobile e con un cane lupo nelle borgate e per Ostia. Accetta che vengano raccolte alcune prose e appunti di viaggio in un nuovo libro presso Garzanti, Un po' di febbre. Vive una vecchiaia precoce. Perde i denti per una piorrea, ma rifiuta di indossare protesi, per dormire usa molti sonniferi, esce poco e quasi mai di giorno.
Nel 1976 viene pubblicata sull'"Almanacco dello Specchio" una scelta di sue poesie e, alla fine di quell'anno, il volume Stranezze[12] per il quale, nel gennaio del 1977, pochi giorni prima della morte avvenuta il 21, gli viene assegnato il premio Bagutta, che le condizioni di salute non gli permettono di ritirare. Dopo la morte viene sepolto nel cimitero Flaminio di Roma, ed escono diversi inediti, e la sua pudica omosessualità non è più considerata scandalosa. A Perugia, sua città natale, gli è stata intitolata la Biblioteca Sandro Penna. A Perugia e a Roma sono intitolate due strade a Sandro Penna.
Poesia
Poesie, Firenze, Parenti, 1939.
Appunti, Milano, Edizioni della meridiana, 1950.
Una strana gioia di vivere, Milano, All'insegna del pesce d'oro, 1956.
Poesie, Milano, Garzanti, 1957.
Croce e delizia, Milano, Longanesi, 1958.
Tutte le poesie, Milano, Garzanti, 1970. (dal 1989 edito come Poesie con prefazione di Cesare Garboli)
L'ombra e la luna. Sette poesie, Milano, Vanni Scheiwiller, 1975. (con sette acqueforti di Cristiana Isoleri)
Stranezze (1957-1976), Milano, Garzanti, 1976.
Segreti, a cura di Enzo Giannelli, Roma, Don Chisciotte, 1977.
Il viaggiatore insonne, a cura di Natalia Ginzburg e Giovanni Raboni, Genova, Edizioni San Marco dei Giustiniani, 1977.
Sole senz’ombra su virili corpi
abbandonati. Tace ogni virtù.
Lenta l’anima affonda – con il mare –
entro un lucente sonno. D’improvviso
balzano – giovani isolotti – i sensi.
Ma il peccato non esiste più.
*
E’ forse detto che l’amore umano
vano non debba rimanere mai…
Se la vallata è così chiara, il sole
– ormai sul monte – con leggero amore
vi scherza. Nè si duole più la terra.
*
Piove sulla città. Piove sul campo
ove incontrai, nel sole, il lieto amico.
Ei, nell’età gentile, ha il cuore vago.
E a me certo non pensa. Ma innocenti
peccati in me la pioggia riaccende.
*
Nel fresco orinatoio alla stazione
sono disceso dalla collina ardente.
Sulla mia pelle polvere e sudore
m’inebbriano. Negli occhi ancora canta
il sole. Anima e corpo ora abbandono
fra la lucida bianca porcellana.
*
Leggera piomba sul bene e sul male
la loro dolce fretta di godere.
la loro dolce fretta di godere.
*
Dopo averti spiegato e rispiegato
fuggito con la noia il tuo mistero,
il tuo passo leggero e assennato
“chi sarà?” mi gridava. Ed io chi ero?
*
Un sogno di bellezza un dì mi prese.
Ero fra calda gente in un caldo paese.
*
Forse la lenta tua malinconia si perde
se nella notte ad un veloce
treno l’affidi.
*
Notte bella, riduci la mia pena.
Tormentami se vuoi, ma fammi forte.
*
Ecco, fanciullo, io ti ho portato a questo
luogo selvaggio, a notte, per che fare?
Non so.Non posso soffocare io questo
amore della vita. E sotto è il mare.
Lo varcherò. Conoscerò le genti
più disparate. Vedrò quanto è bella
la vita negli occhi di chi ha
quindici anni fanciullo, come te.
*
Andiamo, andiamo disperatamente
ancora insieme ne la notte fonda
e lieve e vellutata dell’estate.
*
Mio padre è morto.
Non era vecchio ma già
s’incamminava.
Era il mio vecchio
amico sì, da quando
io giovinetto,
scoprivo in lui un compagno
la sera, il lavoro finito.
Adesso, all’ombra bassa
fra gli alberi, sotto le stelle
sento la vita farsi
più lenta e malinconica.
Eppure è qui la stessa
delle mie sere accese.
E’ la stessa che corre
e torna in bei fanciulli.
Nessun commento:
Posta un commento