Durs Grünbein (Dresda, 9 ottobre 1962) è
un poeta, saggista e traduttore tedesco, una
delle più importanti voci della poesia tedesca ed europea
contemporanea. Cresce a Hellerau, un sobborgo periferico di una
città, Dresda, del cui splendore barocco erano rimaste solo le
macerie. I genitori non sono iscritti al partito. La madre ha
studiato chimica, il padre ingegneria aeronautica. I precoci
interessi scientifici, favoriti dall’ambiente familiare, entrano in
un fecondo rapporto di osmosi con quelli per la poesia, accesi dalla
lettura di Novalis, Hölderlin, Pound.
Inizia a scrivere poesie giovanissimo. Abbandona l’idea di diventare veterinario. Si trasferisce a Berlino Est nel 1985, dopo avere assolto il servizio militare nella Nationale Volksarmee. Avendo rifiutato il servizio nella pattuglia armata di sorveglianza dei confini che aveva l’obbligo di sparare su chi tentava la fuga, non gli è concesso di iscriversi a Germanistik. Studia teatro ma interrompe gli studi alla Humboldt-Universität di Berlino dopo quattro semestri, deluso di non potere studiare ciò che vorrebbe. Si avvicina ai collettivi artistici dell’Accademia di Belle Arti di Dresda, lavora per le riviste, per il teatro e come aiuto nel padiglione fisico-matematico dello Zwinger.
Viene scoperto da Heiner Müller: «l’unica istanza nella letteratura della Germania orientale che potessi prendere sul serio – colui che aveva l’orizzonte di pensiero più ampio» come Durs Grünbein dichiara nella sua intervista a Die Zeit del 24 ottobre 2013, poco dopo il suo trasferimento a Roma. Heiner Müller gli procura l’invito per la fiera del libro di Francoforte dove Durs Grünbein presenta Grauzone morgens, il volume di liriche che lo fa conoscere internazionalmente, e tiene la sua laudatio quando nel 1995 gli viene conferito, a soli 33 anni, il massimo premio letterario tedesco, il Büchner-Preis. Subito dopo la caduta del muro, «dal decisivo anno 1989», Durs Grünbein intraprende una densissima serie di viaggi.
Berlino diventa «lo spazio di transito»: «sarebbe uguale se fosse New York». Viaggia in Europa, nell’Asia sudorientale e negli Stati Uniti, dove è ospite dei German Departments della New York University, del Dartmouth College e della Villa Aurora a Los Angeles. Nel 1994, nella zona degli scavi di Pompei ed Ercolano, ha l’esperienza epifanica descritta in Vulkan und Gedicht (Vulcano e poesia). Membro, fra l’altro, dell’Akademie der Künste di Berlino, della Deutsche Akademie für Sprache und Dichtung e della Sächsische Akademie der Künste, Durs Grünbein è dal 2005 professore di poetica presso la Kunstakademie di Düsseldorf alla cui università è Guest Professor nel 2007-2008. Nel 2008 riceve un altro riconoscimento altissimo, l’ordine Pour le mérite per la Scienza e le Arti a Berlino: tiene la sua laudatio l’8 giugno 2009 Hans Magnus Enzensberger. Nel 2009 trascorre un anno a Roma come borsista di Villa Massimo.
Le lezioni di poetica tenute a Francoforte (Frankfurter Poetikvorlesung 2009) sono pubblicate con il titolo Vom Stellenwert der Worte (La valenza delle parole). Nel 2013 il volume Durs Grünbein. A Companion, nella serie Companions to Contemporary German Culture, lo definisce «Germany’s most prolific, versatile, succesfull and internationally renowned contemporary poet and essayist». Durs Grünbein da parte sua si dichiara semplicemente «poeta in lingua tedesca»: «poeta», «Dichter», nel senso forte del termine, comprensivo della scrittura in versi e in prosa come pure di un’attività di traduttore che, come scriveva Novalis, vuole «rendere noto l’ignoto – ignoto il noto». Autodidatta di sterminate letture, Grünbein vede la poesia come «capacità di connettere nel modo più rapido possibile ciò che di per sé è distante». Non stupisce che passi dalle traduzioni di Eschilo e Seneca ai «diari di viaggio in haiku», «forma breve-brevissima», mediatagli da Ezra Pound, Lafcadio Hearn e Jun’ichirō Tanizaki.
Un poeta doctus? Grünbein ha sempre rifiutato questa classificazione che misconosce il senso della sua professione di fede nella letteratura antica, «l’humus etimologico della nostra lingua»
La critica gli riserva lodi somme e attacchi feroci, dovuti anche all’imprevedibilità delle sue scelte. Nel suo complesso itinerario declina su molti versanti alcune costanti: la messa in guardia dai rischi della specializzazione disciplinare, una “poetica fisiologica” (accostabile in ambito italiano a quella di Valerio Magrelli), il confronto con gli esiti della neurofisiologia e dei concetti e linguaggi delle hard sciences, dalla fisica quantistica alla zoologia. La sua ricchissima produzione rivela fra l’altro la profondità del suo legame con l’Italia e una personalissima idea di letteratura mondiale che lo qualifica come autenticamente cosmopolita, animato da un genuino ethos civile emerso con esemplare chiarezza nel febbraio 2015 di fronte alle dimostrazioni della Pegida.
Come si legge nel «Times Literary Supplement» del 18 febbraio 2000, «Grünbein is a truly cosmopolitan poet». Il punto di partenza e di approdo è la fiducia incrollabile nella parola della «poesia». È questa la motivazione con cui nel 2006 gli è stato conferito il Premio Pasolini. Nel 2018 è apparsa la traduzione di una scelta autografa della sua saggistica per il pubblico italiano, I bar di Atlantide e altri saggi, presentata su «Il Sole 24 Ore» del 27 gennaio 2019 con il significativo titolo La poesia, prima esperienza di libertà.
Inizia a scrivere poesie giovanissimo. Abbandona l’idea di diventare veterinario. Si trasferisce a Berlino Est nel 1985, dopo avere assolto il servizio militare nella Nationale Volksarmee. Avendo rifiutato il servizio nella pattuglia armata di sorveglianza dei confini che aveva l’obbligo di sparare su chi tentava la fuga, non gli è concesso di iscriversi a Germanistik. Studia teatro ma interrompe gli studi alla Humboldt-Universität di Berlino dopo quattro semestri, deluso di non potere studiare ciò che vorrebbe. Si avvicina ai collettivi artistici dell’Accademia di Belle Arti di Dresda, lavora per le riviste, per il teatro e come aiuto nel padiglione fisico-matematico dello Zwinger.
Viene scoperto da Heiner Müller: «l’unica istanza nella letteratura della Germania orientale che potessi prendere sul serio – colui che aveva l’orizzonte di pensiero più ampio» come Durs Grünbein dichiara nella sua intervista a Die Zeit del 24 ottobre 2013, poco dopo il suo trasferimento a Roma. Heiner Müller gli procura l’invito per la fiera del libro di Francoforte dove Durs Grünbein presenta Grauzone morgens, il volume di liriche che lo fa conoscere internazionalmente, e tiene la sua laudatio quando nel 1995 gli viene conferito, a soli 33 anni, il massimo premio letterario tedesco, il Büchner-Preis. Subito dopo la caduta del muro, «dal decisivo anno 1989», Durs Grünbein intraprende una densissima serie di viaggi.
Berlino diventa «lo spazio di transito»: «sarebbe uguale se fosse New York». Viaggia in Europa, nell’Asia sudorientale e negli Stati Uniti, dove è ospite dei German Departments della New York University, del Dartmouth College e della Villa Aurora a Los Angeles. Nel 1994, nella zona degli scavi di Pompei ed Ercolano, ha l’esperienza epifanica descritta in Vulkan und Gedicht (Vulcano e poesia). Membro, fra l’altro, dell’Akademie der Künste di Berlino, della Deutsche Akademie für Sprache und Dichtung e della Sächsische Akademie der Künste, Durs Grünbein è dal 2005 professore di poetica presso la Kunstakademie di Düsseldorf alla cui università è Guest Professor nel 2007-2008. Nel 2008 riceve un altro riconoscimento altissimo, l’ordine Pour le mérite per la Scienza e le Arti a Berlino: tiene la sua laudatio l’8 giugno 2009 Hans Magnus Enzensberger. Nel 2009 trascorre un anno a Roma come borsista di Villa Massimo.
Le lezioni di poetica tenute a Francoforte (Frankfurter Poetikvorlesung 2009) sono pubblicate con il titolo Vom Stellenwert der Worte (La valenza delle parole). Nel 2013 il volume Durs Grünbein. A Companion, nella serie Companions to Contemporary German Culture, lo definisce «Germany’s most prolific, versatile, succesfull and internationally renowned contemporary poet and essayist». Durs Grünbein da parte sua si dichiara semplicemente «poeta in lingua tedesca»: «poeta», «Dichter», nel senso forte del termine, comprensivo della scrittura in versi e in prosa come pure di un’attività di traduttore che, come scriveva Novalis, vuole «rendere noto l’ignoto – ignoto il noto». Autodidatta di sterminate letture, Grünbein vede la poesia come «capacità di connettere nel modo più rapido possibile ciò che di per sé è distante». Non stupisce che passi dalle traduzioni di Eschilo e Seneca ai «diari di viaggio in haiku», «forma breve-brevissima», mediatagli da Ezra Pound, Lafcadio Hearn e Jun’ichirō Tanizaki.
Un poeta doctus? Grünbein ha sempre rifiutato questa classificazione che misconosce il senso della sua professione di fede nella letteratura antica, «l’humus etimologico della nostra lingua»
La critica gli riserva lodi somme e attacchi feroci, dovuti anche all’imprevedibilità delle sue scelte. Nel suo complesso itinerario declina su molti versanti alcune costanti: la messa in guardia dai rischi della specializzazione disciplinare, una “poetica fisiologica” (accostabile in ambito italiano a quella di Valerio Magrelli), il confronto con gli esiti della neurofisiologia e dei concetti e linguaggi delle hard sciences, dalla fisica quantistica alla zoologia. La sua ricchissima produzione rivela fra l’altro la profondità del suo legame con l’Italia e una personalissima idea di letteratura mondiale che lo qualifica come autenticamente cosmopolita, animato da un genuino ethos civile emerso con esemplare chiarezza nel febbraio 2015 di fronte alle dimostrazioni della Pegida.
Come si legge nel «Times Literary Supplement» del 18 febbraio 2000, «Grünbein is a truly cosmopolitan poet». Il punto di partenza e di approdo è la fiducia incrollabile nella parola della «poesia». È questa la motivazione con cui nel 2006 gli è stato conferito il Premio Pasolini. Nel 2018 è apparsa la traduzione di una scelta autografa della sua saggistica per il pubblico italiano, I bar di Atlantide e altri saggi, presentata su «Il Sole 24 Ore» del 27 gennaio 2019 con il significativo titolo La poesia, prima esperienza di libertà.
Opere
Grauzone morgens. Gedichte. Suhrkamp, Frankfurt a.M. 1988
Schädelbasislektion. Gedichte. Suhrkamp, Frankfurt a.M. 1991
Falten und Fallen. Gedichte. Suhrkamp, Frankfurt a.M. 1994
Den Teuren Toten. 33 Epitaphe. Suhrkamp, Frankfurt a.M. 1994
Von der üblen Seite. Gedichte. Suhrkamp, Frankfurt a.M. 1994
Die Schweizer Korrektur. (con Brigitte Oleschinski e Peter Waterhouse). Urs Engeler Editor, Göttingen 1995
Den Körper zerbrechen. Rede zur Entgegennahme des Georg-Büchner-Preises. Suhrkamp, Frankfurt a.M. 1995
Galilei vermißt Dantes Hölle und bleibt an den Maßen hängen. Aufsätze 1989–1995. Suhrkamp, Frankfurt a.M. 1996
Nach den Satiren. Gedichte. Suhrkamp, Frankfurt a.M. 1999
Gehirn und Denken. Kosmos im Kopf. Hatje Cantz Verlag, Ostfildern 2000
Reise, Toter. Hörspiel mit Ulrike Haage. Sans Soleil, Bonn 2001
Das erste Jahr. Berliner Aufzeichnungen. Suhrkamp, Frankfurt a.M. 2001
Erklärte Nacht. Gedichte. Suhrkamp, Frankfurt a.M. 2002
Una Storia Vera. Ein Kinderalbum in Versen. Insel, Frankfurt a.M. 2002,
Warum schriftlos leben. Aufsätze. Suhrkamp, Frankfurt a.M. 2003
Vom Schnee oder Descartes in Deutschland. Suhrkamp, Frankfurt a.M. 2003
An Seneca. Postskriptum. Suhrkamp, Frankfurt a.M. 2004
Von ganzem Herzen. Nicolai Verlag, Berlin 2004
Berenice. Ein Libretto nach Edgar Allan Poe für eine Oper von Johannes Maria Staud, Suhrkamp, Frankfurt a.M. 2004
Antike Dispositionen. Aufsätze. Suhrkamp, Frankfurt a.M. 2005
Porzellan. Poem vom Untergang meiner Stadt. Suhrkamp, Frankfurt a.M. 2005
Der Misanthrop auf Capri. Historien und Gedichte. Suhrkamp, Frankfurt a.M. 2005
Strophen für übermorgen. Gedichte. Suhrkamp, Frankfurt a.M. 2007
Liebesgedichte. Gedichte. Insel, Frankfurt a.M. 2008
Der cartesische Taucher. Drei Meditationen. Suhrkamp, Frankfurt a.M. 2008
Lob des Taifuns. Reisetagebücher in Haikus. Insel, Frankfurt a.M. 2008
Die Bars von Atlantis. Eine Erkundigung in vierzehn Tauchgängen. Suhrkamp, Frankfurt a.M. 2009
Vom Stellenwert der Worte. Frankfurter Poetikvorlesung 2009. Suhrkamp, Berlin 2010
Aroma. Ein römisches Zeichenbuch. Suhrkamp, Berlin 2010
Koloß im Nebel. Gedichte. Suhrkamp, Berlin 2012
(con Aris Fioretos), Verabredungen. Gespräche und Gegensätze über Jahrzehnte, Suhrkamp, Berlin 2013
Cyrano oder Die Rückkehr vom Mond. Suhrkamp, Berlin 2014
Die Jahre im Zoo. Ein Kaleidoskop. Suhrkamp, Berlin 2015
Der Misanthrop auf Capri - Historien/Gedichte. Suhrkamp, Berlin 22016
Zündkerzen - Gedichte. Suhrkamp, Berlin 2017
Oper. Libretti. Suhrkamp Suhrkamp, Berlin 2018
Aus der Traum (Kartei). Aufsätze und Notate, Suhrkamp, Berlin 2019
Durs Grünbein, Il bosco bianco. Poesie e altri scritti, con testo tedesco a fronte, a cura di Rosalba Maletta, Sesto San Giovanni, Mimesis, 2020. ISBN 9788857572987.
Traduzioni in italiano
A metà partita: poesie 1988 - 1999, traduzione di Anna Maria Carpi, Einaudi, Torino 1999.
Il primo anno. Appunti berlinesi, traduzione di Franco Stelzer, Einaudi, Torino 2004.
Della neve ovvero Cartesio in Germania, traduzione di Anna Maria Carpi, Einaudi, Torino 2005.
Infanzia in diorama, traduzione di Silvia Ruzzenenti, in "Comunicare - Letterature Lingue" N. 7, 2007, Il Mulino, Bologna, pp. 241–249.
Strofe per dopodomani e altre poesie, a cura di Anna Maria Carpi, Einaudi, Torino 2011.
Il consiglio dei gamberi e altre passeggiate sott'acqua, traduzione di Silvia Ruzzenenti, in "Prosa saggistica di area tedesca", a cura di G. Cantarutti e W. Adam, Il Mulino, Collana "Scorciatoie", Bologna 2011, pp. 17–50.
La strada per Bornholm racconto presente in La notte in cui cadde il muro, a cura di Renatus Deckert, traduzione di Valentina Freschi, Scritturapura Editore, Collana Paprika, Asti 2009.
I russi alle porte di Dresda, L'orologio della scuola, traduzione di Sergio Garau, in "Atti impuri" n. 9 , 2016, Miraggi, Torino, pp. 52-67. Comprende anche Conversazione con Durs Grunbein, a cura di sparajurij, ivi, pp.44-51.
I bar di Atlantide e altri saggi, traduzione di Giulia Cantarutti e Silvia Ruzzenenti, Einaudi, Torino 2018
Psiche in moto
Vengono giorni in cui sola salvezza è
mescolarsi
al profluvio di gente che riempie le strade fino
all’orlo.
Camminare, camminare – avido di volti come sei,
aprire un varco nella densità del traffico.
La città: reparto psichiatria a porte aperte. In incognito
porti ciò che solo tu puoi portare, il carico
della tua psiche. Piacevole sensazione di vuoto.
Ci sei, non ci sei – tu, come chiunque altro.
La solitudine era materia condivisa
e dai tempi della scuola somma insidia: matematica.
L’esercizio di rendersi invisibile,
crudele addestramento che guariva ogni baldanza.
Il rimedio: camminare, camminare. Partiva dal cervello, dalla nuca,
il moto attraverso la città in gironi concentrici.
Camminare, camminare – avido di volti come sei,
aprire un varco nella densità del traffico.
La città: reparto psichiatria a porte aperte. In incognito
porti ciò che solo tu puoi portare, il carico
della tua psiche. Piacevole sensazione di vuoto.
Ci sei, non ci sei – tu, come chiunque altro.
La solitudine era materia condivisa
e dai tempi della scuola somma insidia: matematica.
L’esercizio di rendersi invisibile,
crudele addestramento che guariva ogni baldanza.
Il rimedio: camminare, camminare. Partiva dal cervello, dalla nuca,
il moto attraverso la città in gironi concentrici.
(traduzione di Valentina di Rosa)
LA TORRE DELLA CONTRAEREA
«… sta come un’isola nel mare.
I russi andati da tempo.»
E ancora resiste, assediata dal verde,
dai cespugli, più alta
del fitto degli alberi in mezzo
al mare di case: il bunker di Humboldt,
nessuna ferita, più, della memoria.
Intorno si rincorrono i bambini,
giocano a nascondino fra gli arbusti,
frusciano nel fogliame gli scoiattoli.
Una volta ci hanno trovato un cadavere.
La polizia aveva transennato l’area
un bel pezzo intorno, messa in sicurezza delle tracce.
«Omicidio nello Humboldthain!»
strillava il foglio locale –
uno di molti casi annui.
In cerca di avventura
c'è ancora chi si infila nel pozzo,
striscia nelle camere delle condutture.
Ci trovano siringhe, preservativi
nelle rovine del Terzo Reich.
Altri scalano le pareti.
Il mostro garantisce al contatto
la pelle d’oca. Il freddo umido del calcestruzzo
un sentimento nella punta delle dita.
Dal diario di un Flakhelfer,
fine aprile 45 (il Führer, tramite colpo in testa,
si è squagliato nel Valhalla,
l’aria piena di fumo, opaca, corrosiva):
«Nei cinque piani dappertutto morti.
... più nessun aiuto, il cambio non arriverà.»
(traduzione di Elena Grammann)
Spudoratezze
E se ti domandano di nuovo «che cos’è per lei felicità?» ‒
Le riviste con le foto a colori (lifestyle eccetera),
allora dici: aver voglia. Quattro sillabe. Infatti è raro
e prezioso quello stato che si sottrae alla morte.
Cosa c’è di più bello che buttarsi distesi sui lenzuoli?
O uomo o donna, pensate (e con attenzione), che cosa supera
la beatitudine di fare spudoratezze?
Quest’ansimare
col profumo che riarso aleggia. Lo scatenato
rotolarsi insieme, sorridendo come tanti satiri,
i brividi alla schiena. Il sudore s’imperla alle narici.
E chi lo sente più il tic tac degli orologi. Presto è finito
il caldo e il freddo. Prima che dopo l’atto si distacchino,
lascivia si chiama questo, follia, libidine. – Finché innervosito
dal gridio il vicino non bussa alla parete e grida: fuck!
(traduzione di Anna Maria Carpi)
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