Bianca Tarozzi (Bologna, 1941) è una poetessa e scrittrice italiana. Figlia di Leonildo Tarozzi, studia a Bologna e poi a Venezia, dove si laurea in letteratura anglo-americana con una tesi sul poeta Robert Lowell. Ha insegnato Letterature Angloamericane all'Università di Verona.
Definita da Alfonso Berardinelli come una delle più originali voci poetiche contemporanee, Bianca Tarozzi esordisce con una raccolta di racconti in versi, Nessuno vince il Leone (1988). In essa si sente l'influenza della tradizione poetica americana, soprattutto di Robert Lowell, Elizabeth Bishop, James Merrill. In ambito italiano gli autori a lei più congeniali sembrano essere Giovanni Pascoli, Umberto Saba, Guido Gozzano, la tradizione più lontana dalla linea della lirica pura novecentesca. La raccolta è costituita da una galleria di ritratti femminili che seguono un filo cronologico, a partire dal primo, nel quale è messo in scena un monologo di Arianna, lasciata da Teseo: dal passato mitico si risale fino ai giorni nostri, attraverso una sezione seicentesca e una ottocentesca che contiene un omaggio a Emily Dickinson.
La raccolta successiva, La buranella, prosegue l'originale lavoro di recupero di forme della narratività in poesia, con l'adozione stavolta di una dizione in prima persona e di temi biografici. Caratteristiche di Bianca Tarozzi sono l'utilizzo di un lessico colloquiale e di una discorsività mossa, vicina ai modi della lingua viva, così come la creazione di personaggi, soprattutto femminili, rappresentati a tutto tondo. Una grande varietà di modulazioni, dall'ironia al pathos, dal distacco alla contemplazione, movimentano la struttura lunga di cui si serve.
Nella sua terza raccolta, Prima e dopo, si conferma la tendenza della Tarozzi a costruire i suoi volumi come veri e propri macrotesti poetici, libri dotati di una struttura organizzativa molto forte, nel quale ogni testo ha un posto ben preciso e significativo.
Una dei motivi di originalità della poesia della Tarozzi è la metrica: costruisce un endecasillabo flessibile, che si adatta alle esigenze di una sintassi piana e colloquiale (ricorda in questo il verso di Saba), capace di organizzare la materia narrativa senza appesantirla. Normale nelle sue raccolte è l'uso di endecasillabi sciolti o di un'alternanza di endecasillabi e settenari; talvolta l'endecasillabo è spezzato in due versi sulla cesura (quinario e senario o quinario e settenario). Frequente è anche l'uso della rima, in particolare della rima baciata, e non inusuale l'uso della rima facile (ancora secondo l'esempio di Saba).
Opere di Poesia
Nessuno vince il Leone (Arsenale, Verona, 1988)
La buranella (Marsilio, Venezia, 1996)
Anch'io vissi in Arcadia. Storie molto brevi (Supernova, Venezia, 1996)
Smemorata (Flussi, Lecco, 1998)
Prima e dopo (Milano, Libreria delle Donne, Quaderni di Via Dogana, 2000)
La casa di carta, con foto di Nijole Kudirka (Venezia, Fondazione Querini Stampalia, 2006)
Il teatro vivente (Scheiwiller, 2007)
RITORNI
Questa vita m’inonda
di barattoli vuoti,
recipienti inservibili, frammenti
di specchi, vetri rotti,
manici senza bricchi,
cartoline, brogliacci
minutamente scritti.
Che farne? Ed egualmente
a pezzi, o rabberciati,
innumeri frammenti
del passato, insensati
momenti.
a pezzi, o rabberciati,
innumeri frammenti
del passato, insensati
momenti.
Illeggibile saga in movimento!
Tutto scompare dentro
il presente inspiegabile, il suo punto
di fuga vorticoso, punto vuoto.
Tutto scompare dentro
il presente inspiegabile, il suo punto
di fuga vorticoso, punto vuoto.
Pure la mente mi presenta, a
tratti,
prima che si inabissino nel fondo,
le nebulose istantanee di famiglia,
i frammenti di vita inesplorati,
i parenti perduti:
lo zio prestigiatore, l’altro zio
autore di disegni per ricami,
la zia ricamatrice ha tra le mani
le stoffe luccicanti di lustrini
nell’atelier che è quasi una soffitta:
la stanza bassa,
con le ragazze al tombolo, al telaio;
il lucernario in alto,
i fili sui rocchetti
e per terra pezzetti
colorati di stoffe variopinte:
rasi, velluti, tulle.
prima che si inabissino nel fondo,
le nebulose istantanee di famiglia,
i frammenti di vita inesplorati,
i parenti perduti:
lo zio prestigiatore, l’altro zio
autore di disegni per ricami,
la zia ricamatrice ha tra le mani
le stoffe luccicanti di lustrini
nell’atelier che è quasi una soffitta:
la stanza bassa,
con le ragazze al tombolo, al telaio;
il lucernario in alto,
i fili sui rocchetti
e per terra pezzetti
colorati di stoffe variopinte:
rasi, velluti, tulle.
Ricordo un mio cugino molto
amato −
Walter − tornato
della Francia: scriveva
poesie solo in francese, su foglietti
sparsi, svaniti
nel nulla, dedicava qualche rima
per gioco a me bambina.
Walter − tornato
della Francia: scriveva
poesie solo in francese, su foglietti
sparsi, svaniti
nel nulla, dedicava qualche rima
per gioco a me bambina.
I miei parenti artisti! Gli
inventori
di fantasiose vite, i sedentari
esploratori delle notte, i vari
eccentrici e gli amanti dei motori.
di fantasiose vite, i sedentari
esploratori delle notte, i vari
eccentrici e gli amanti dei motori.
Savie le
donne, molto più di loro,
pazienti curatrici di giardini,
ricamatrici, madri innamorate
di imprevisti bambini.
pazienti curatrici di giardini,
ricamatrici, madri innamorate
di imprevisti bambini.
Immagini sepolte nel passato,
vecchie fotografie, grigi ricordi,
gli amori leggendari e i tacitati,
i trascorsi narrati
a voce bassa, dolorosamente:
le storie di famiglia, ricomposte
come un puzzle di cui si è perso il pezzo
centrale, un vuoto in mezzo.
vecchie fotografie, grigi ricordi,
gli amori leggendari e i tacitati,
i trascorsi narrati
a voce bassa, dolorosamente:
le storie di famiglia, ricomposte
come un puzzle di cui si è perso il pezzo
centrale, un vuoto in mezzo.
Nascite misteriose,
matrimoni
rimandati, romanzi
incompiuti, interrotti.
E strani personaggi: Natalina,
ieratica infermiera, grande amica
dalle mie zie, confabulante spesso
con loro, rievocava
non so quale avventura, personaggi
strani o mostruosi, eccezioni di natura:
la signora Moreau priva di mestruo
per tutta la sua vita, per esempio.
O esemplari destini solitari,
come nonna Maria, che aveva detto
al marito, in dialetto:
“Quella è la porta, potete andare via.”
Ma la casa era sua?
Memoria delle donne! Un’altra cosa
dai ricordi degli uomini: la guerra.
“Son corso al fiume”, “Mi buttai per terra”,
“Ho sparato: era lui o ero io”.
rimandati, romanzi
incompiuti, interrotti.
E strani personaggi: Natalina,
ieratica infermiera, grande amica
dalle mie zie, confabulante spesso
con loro, rievocava
non so quale avventura, personaggi
strani o mostruosi, eccezioni di natura:
la signora Moreau priva di mestruo
per tutta la sua vita, per esempio.
O esemplari destini solitari,
come nonna Maria, che aveva detto
al marito, in dialetto:
“Quella è la porta, potete andare via.”
Ma la casa era sua?
Memoria delle donne! Un’altra cosa
dai ricordi degli uomini: la guerra.
“Son corso al fiume”, “Mi buttai per terra”,
“Ho sparato: era lui o ero io”.
Racconti: veritieri o
reticenti,
accenni, enigmi,
inspiegate vicende. E perché mai
Walter, lasciata
in Francia la Suzanne, volle tornare
qui nel Quaranta?
“Un errore, un errore”
sentenziava mia madre,
“un errore marchiano!”
Pure Walter tornò, fu partigiano,
conobbe Lidia
e furono felici per quel poco
che è consentito a sposi innamorati.
accenni, enigmi,
inspiegate vicende. E perché mai
Walter, lasciata
in Francia la Suzanne, volle tornare
qui nel Quaranta?
“Un errore, un errore”
sentenziava mia madre,
“un errore marchiano!”
Pure Walter tornò, fu partigiano,
conobbe Lidia
e furono felici per quel poco
che è consentito a sposi innamorati.
Le immagini sepolte nel passato
poi risorgono in sogno, trasformate,
nitide, misteriose,
e luminose, tanto
che il giorno sembra tetro nel confronto.
poi risorgono in sogno, trasformate,
nitide, misteriose,
e luminose, tanto
che il giorno sembra tetro nel confronto.
Così ti ho contemplato,
silenzioso cugino,
giovane come un tempo e innamorato
di Lidia e dalla luce
trasfigurato; e mi dicevi: “Sì,
l’amore noi a noi stessi ha svelato.”
silenzioso cugino,
giovane come un tempo e innamorato
di Lidia e dalla luce
trasfigurato; e mi dicevi: “Sì,
l’amore noi a noi stessi ha svelato.”
© Bianca Tarozzi, Ritorni, in Il teatro vivente poesie e racconti in versi 1985-2007, Milano, Scheiwiller, 2007.
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