Agostino Richelmy (Torino, 25 marzo 1900 – Collegno, 27 febbraio 1991) è stato un poeta e traduttore italiano. Appartenente a una nobile famiglia torinese, nipote del cofondatore e primo rettore del Politecnico di Torino Prospero Richelmy, nacque a Torino dal conte Piero, noto avvocato, e da Giuseppina Pesce-Maineri. Il cardinale Agostino Richelmy era suo zio. Fu attivo negli ambienti letterari del capoluogo piemontese sin dagli anni '30. Tra i suoi lavori si ricordano soprattutto le traduzioni per l'Editore Einaudi: le Favole di Fedro, le Bucoliche e le Georgiche di Virgilio, e opere di Voltaire, Gustave Flaubert e Alfred de Musset.
Fu amico d'infanzia di Mario Soldati che scrisse l'introduzione al suo volume Proverbi piemontesi e lo associò, quale sceneggiatore, ad alcune pellicole da lui dirette. Tra queste si segnalano le seguenti: Piccolo mondo antico, nel 1942 Malombra, dal romanzo di Fogazzaro, e Fuga in Francia.
Collaborò intensamente con numerose riviste letterarie, tra le quali La Fiera Letteraria e Paragone. Pubblicò la raccolta di poesie intitolata L'arrotino appassionato (Einaudi, 1965).
Nel 1986 vinse il premio speciale Viareggio con la raccolta poetica La lettrice di Isasca (uscita presso Garzanti).
Ammalato di cuore negli ultimi 4 anni, costretto a rimanere chiuso nella sua villa settecentesca di Collegno, la sua vita finì tragicamente: si suicidò avvelenandosi con i tranquillanti nella sua camera da letto assieme alla moglie Iole Giachero (1914-1991), conosciuta in un rifugio di montagna e sposata negli anni '30. Lasciò una lettera di addio alla figlia Carla Olimpia, familiarmente chiamata Iti, e al nipote Pietro.
Postuma è uscita, con prefazione di Cesare Garboli, la raccolta delle sue poesie (Garzanti, 1992).
Opere
L'arrotino appassionato, Torino, Einaudi, 1965.
A. Richelmy - Mario Soldati, Proverbi piemontesi, Aldo Martello Editore, 1967.
La lettrice di Isasca, Torino, Garzanti, 1986.
Poesie, prefazione di Cesare Garboli, Milano, Garzanti, 1992.
Una passante
Un volgere del capo
mentre cammini,
un sorriso alla luce inseguitrice,
e dell’attimo in cima
tua bellezza non vista né saputa
da altri mai fuorché da questa rima;
poi sarai donna d’uno
o ruota della vita
lontana dalla vetta
della gioia terrestre,
reietta da ogni sguardo,
raccattata da Dio.
da L’ arrotino appassionato, Einaudi, 1965
Febbraio
Di scorcio nel
pendio
della collina pallida sul lago
non fronde non
verdezza.
Solo i nocciuoli
tra i fusticelli diramati
all’aria
hanno allungato i ciondoli giallini
e ingemmato il
rossore degli stimmi.
Forse così d’incerta pubescenza
trasparve
nella prima
età la primavera ermafrodita.
Più in là,
dimenticato
al margine dell’acqua,
è un rimasuglio delle
nevi. È un putto
addormentato che di giorno in giorno
al sole
deperisce.
«Ahi, inverno, tu muori!
(il plurimillenario mio
lamento
è d’amore) tu eri
così libero e
informe!».
da Poesie, Garzanti, 1992
A Lello
Non udite nei boschi
lo
stormire diverso
d'arie leggere? E tra il silenzio mite
i primi
trilli delle cince uscite
di nuovo dall'eternità nel tempo?
Non
denari, non lotte con gli uomini
vincenti o che si struggono per
vincere.
Lasciamoli.
Soltanto importa nella quiete udire
il
piccolo universo.
Vedere importa dietro i rami neri
Nel
groviglio invernale un gialleggiare
incerto eppure vero, uno
spiraglio
trascurato da tutti i concorrenti
alla inutilità
delle conquiste;
vedere i fiori
meschini miseri su i rami
duri
del córniolo selvatico, risorti
a Dio, che guarda quel
giallore: minimi
fugaci in mezzo al bosco ancora spoglio;
tra
poco altre gemme
proromperanno e foglie
a milioni, del sole
nidi e specchi.
Ma i primaticci fiori
del córniolo hai
veduti
anche tu, mio fratello, ch'eri vivo.
Nessun commento:
Posta un commento