foto di Paolo Monti, 1957
Vincenzo Cardarelli, il cui vero nome era Nazareno Caldarelli, nacque a Corneto Tarquinia (Viterbo), attuale Tarquinia, dove suo padre Antonio Romagnoli, d'origine marchigiana, gestiva il buffet della stazione ferroviaria; qui trascorse la sua infanzia e la sua adolescenza. Figlio illegittimo, ebbe un'infanzia travagliata, privata sin dall'inizio della presenza materna (Giovanna Caldarelli abbandonò la famiglia quando Vincenzo era piccolo), caratterizzata da una menomazione al braccio sinistro e dalla solitudine. Compì studi irregolari, formandosi prevalentemente da autodidatta. All'età di diciassette anni fuggì di casa e approdò a Roma dove, per vivere, fece i più svariati mestieri, fra i quali il correttore di bozze presso il quotidiano Avanti!. Sull'Avanti!, del quale divenne redattore, ebbe inizio, nel 1909, la sua carriera giornalistica. Collaborò a Il Marzocco, La Voce, alla rivista Lirica e al quotidiano Resto del Carlino. Frequentò assiduamente la Biblioteca nazionale, luogo dove avvenne la sua formazione poetica.
Inabile alle armi, nel settembre del 1915 fu a Firenze, dove frequentò l'ambiente vociano, legandosi in particolare ad Ardengo Soffici e a Giuseppe De Robertis. L'anno dopo pubblicò la sua prima raccolta di poesie, Prologhi. Nel 1918 prese a collaborare al quotidiano romano Il Tempo. Nella sede del giornale strinse amicizia con Giovanni Papini, che lo presentò all'editore Vallecchi, che accettò di curare la pubblicazione delle sue nuove liriche. Nell'aprile del 1919 nacque La Ronda. Cardarelli interruppe la collaborazione col Tempo per occuparsi personalmente della redazione della rivista (ne fu anche co-direttore), che avrebbe incarnato un nuovo movimento letterario, da essa detto «rondismo». Nel febbraio del 1920 uscì per Vallecchi Viaggi nel tempo, con le poesie raccolte negli anni 1916-17. Terminata alla fine del 1922 l'esperienza rondista, nel 1925 Cardarelli iniziò a collaborare al nuovo quotidiano Il Tevere di Telesio Interlandi, inizialmente come critico teatrale, in seguito occupandosi di letteratura. Tra settembre e dicembre pubblicò sul medesimo giornale diverse prose liriche (confluite in seguito nel Sole a picco). Dall'agosto del 1926 scrisse frequentemente sul Corriere Padano di Ferrara; nell'autunno dello stesso anno avviò, assieme al giovane Giuseppe Raimondi, la collaborazione a L'Italiano, diretto dall'altrettanto giovane Leo Longanesi. Nel 1928 si recò in Russia, inviato del Tevere: le sue corrispondenze russe trovarono spazio nel quotidiano romano dal novembre sino all'aprile del 1929. Nel 1930, di ritorno dalla Russia, scrisse su Il Bargello di Firenze.
Il quadro Amici al caffè di Amerigo Bartoli, in cui compare Cardarelli, vinse il premio di composizione alla XVII Biennale di Venezia. In esso è immortalato uno dei tanti incontri al Caffè Aragno di Roma, ai quali Cardarelli era solito prendere parte insieme agli amici Ardengo Soffici, Emilio Cecchi, Antonio Baldini, Giuseppe Ungaretti e Amerigo Bartoli.
Nel 1931 uscirono tre volumi: la ristampa, con alcune variazioni, di Prologhi. Viaggi. Favole e i due testi critici Parole all'orecchio e Parliamo dell'Italia, che contiene pagine di consenso al regime fascista. Aderì infatti al fascismo durante il Ventennio, pur senza svolgere attività politiche.
Nel gennaio del 1934 uscì la prima edizione di sole poesie, Giorni in piena. Nel 1939 uscì Il cielo sulla città presso Bompiani. Progettò nel frattempo la silloge critica Solitario in Arcadia. Nel 1942 si dedicò alla sistemazione delle Poesie, in vista di una pubblicazione presso Bompiani, che avvenne nello stesso anno, con prefazione di Giansiro Ferrata, dando inizio alla collezione poetica Lo Specchio. Il 21 aprile ricevette il Premio Poesia 1942. XX, dell'Accademia d'Italia.
La sua fama resta legata alle numerose poesie e prose autobiografiche di costume e di viaggio, raccolte in Prologhi (1916), Viaggi nel tempo (1920), Favole e memorie (1925), Il sole a picco (1929), versi e prose con illustrazioni del pittore bolognese Giorgio Morandi, opera vincitrice quell'anno del Premio Bagutta, che lo consacrò alla fama), Il cielo sulle città (1939), altre prose, sul tema del vagabondaggio lirico fra natura e arte d'Italia, in parte già comparse su Il Tevere, Lettere non spedite (1946), Villa Tarantola (1948, Premio Strega[4]). Fu direttore, dal 1949, della Fiera letteraria insieme al drammaturgo forlivese Diego Fabbri. Nel 1954, con Viaggio d'un poeta in Russia, vinse la prima edizione del Premio Napoli.
Fu un conversatore brillante ed un letterato polemico e severo, avendo vissuto una vita vagabonda, solitaria (tranne una breve convivenza giovanile con la scrittrice Sibilla Aleramo) e di austera e scontrosa dignità. Suoi maestri sono stati Baudelaire, Nietzsche, Leopardi, Pascal, che lo hanno portato ad esprimere le proprie passioni con un senso razionale, senza troppe esaltazioni spirituali, anche se fu apertamente cattolico.
Per tutta la vita Vincenzo Cardarelli visse appartato: spesso, per affinità poetiche, caratteriali e fisiche, è stato paragonato a Giacomo Leopardi (Cardarelli soffriva della malattia di Pott, la probabile patologia del poeta di Recanati); Piero Buscaroli, in un'intervista apparsa su Il Giornale del 3 febbraio 2013, ha raccontato:
«Montale, che non gli fu amico, scrisse che era stato lo scopritore del vero Leopardi, quello dello Zibaldone e delle Operette morali. Ma quando lo conobbi, a Roma, negli anni '50 era un fagotto. Stava al primo caffè di via Veneto, aveva sempre freddo. Era nato naufrago, abbandonato dal padre. Longanesi l'aveva scaricato crudamente, e lui l'aveva capito. Una volta avrebbe dovuto portarselo dietro alla mostra che organizzava al Sistina, ma lo lasciò lì. Longanesi era capace di freddezze assolute. Quando Longanesi morì Cardarelli disse: 'È l'ultimo dispetto che potevi farmi'".»
Vincenzo Cardarelli morì a Roma il 18 giugno 1959 nell'Ospedale Policlinico, solo e povero, a 72 anni.
Episodi degli ultimi tempi di Cardarelli sono narrati da Ennio Flaiano ne La solitudine del satiro e da Andrea Camilleri (suo inquilino del piano di sopra nel periodo studentesco) in Esercizi di memoria.
Riposa nel cimitero di Tarquinia di fronte alla Civita etrusca, secondo la sua volontà espressa nel proprio testamento. La Civita etrusca, frequentemente evocata nelle sue poesie e nelle sue prose, aveva ai suoi occhi il valore di un simbolo morale, oltre che di tema autobiografico, in quanto era stata il faro che lo aveva guidato durante il suo periplo tra le difficoltà della vita.
Dopo la sua morte, in suo ricordo, la città di Tarquinia ha istituito il premio di pittura "Vincenzo Cardarelli", oltre a essergli intitolata una tomba nella necropoli dei Monterozzi.
Opere principali di narrativa e poesia
Prologhi, Milano, Studio Editoriale Lombardo, 1916; Genova, San Marco dei Giustiniani, 2004. ISBN 978-88-7494-1452.
Viaggi nel tempo, Firenze, Vallecchi, 1920.
Terra genitrice, con un disegno di C. E. Oppo, Roma, s.n., 1924.
Favole e memorie, Milano, Bottega di poesia, 1925.
Parole all'orecchio, Lanciano, Carabba, 1929.
Il sole a picco, ventidue disegni di Giorgio Morandi, Bologna, L'Italiano, 1929; Milano, A. Mondadori, 1952.
Parliamo dell'Italia, Firenze, Vallecchi, 1931.
Prologhi, viaggi, favole, Lanciano, Carabba, 1931.
La fortuna di Leopardi, Firenze, Le Monnier, 1934.
Giorni in piena, Roma, Novissima, 1934.
L'Italia e l'Europa, Rocca S. Casciano, Cappelli, 1936.
Poesie, Roma, Edizioni di Novissima, 1936; Milano, Mondadori, 1942; 1954; 1958.
Il cielo sulle città, Milano, Bompiani, 1939; 1943.
Rimorsi, Roma, Urbinati, 1944.
Lettere non spedite, Roma, Astrolabio, 1946.
Poesie nuove, con una lettera del poeta e una nota di Giuseppe Marchiori, Venezia, Pozza, 1946.
Testamento letterario di Giacomo Leopardi, a cura di, Roma, Colombo, 1946.
Solitario in Arcadia, Milano, A. Mondadori, 1947.
Villa Tarantola, Milano, Edizioni della Meridiana, 1948.
Il viaggiatore insocievole, Bologna, Cappelli, 1953.
Viaggio d'un poeta in Russia, Milano, A. Mondadori, 1954.
Invettiva ed altre poesie disperse, Milano, 1964.
Autunno, sei vecchio, rassegnati. Liriche inedite e primi abbozzi, a cura di Clelia Martignoni, Lecce, Manni, 1988.
Opere complete, a cura di Giuseppe Raimondi, Milano, A. Mondadori, 1962.
Opere, a cura di Clelia Martignoni, Milano, Mondadori, 1981.
Bacchelli, Cardarelli, Korach. Lettere inedite 1919-1975; a cura di Carmine Di Biase; Salerno, EDISUD, 1990.
Autunno
Autunno. Già lo sentimmo venire
nel vento d’agosto,
nelle pioggie di settembre
torrenziali e piangenti,
e un brivido percorse la terra
che ora, nuda e triste,
accoglie un sole smarrito.
Ora passa e declina,
in quest’autunno che incede
con lentezza indicibile,
il miglior tempo della nostra vita
e lungamente ci dice addio.
Passato
I ricordi, queste ombre troppo lunghe
del nostro breve corpo,
questo strascico di morte
che noi lasciamo vivendo,
i lugubri e durevoli ricordi,
eccoli già apparire:
melanconici e muti
fantasmi agitati da un vento funebre.
E tu non sei più che un ricordo.
Sei trapassata nella mia memoria.
Ora sì, posso dire
che m’appartieni
e qualchecosa fra di noi è accaduto
irrevocabilmente.
Tutto finì, così rapito!
Precipitoso e lieve
il tempo ci raggiunse.
Di fuggevoli istanti ordì una storia
ben chiusa e triste.
Dovevamo saperlo che l’amore
brucia la vita e fa volare il tempo.
Gabbiani
Non so dove i gabbiani abbiano il nido,
ove trovino pace.
Io son come loro,
in perpetuo volo.
La vita la sfioro
com’essi l’acqua ad acciuffare il cibo.
E come forse anch’essi amo la quiete,
la gran quiete marina,
ma il mio destino è vivere
balenando in burrasca.
Partenza mattutina
Al mio paese non posso dormire.
Sempre mi leverò coi primi albori
e fuggirò insalutato.
Quanti mattini della mia infanzia
furon simili a questo,
libeccioso e festivo,
con la marina burrascosa in vista
e la terra bagnata.
Quante volte percorsi questa strada
ove oggi mi ritrovo e mi stupisco
d’essere ancora al mondo.
Sconosciuto, inatteso,
eccomi in via di nuovo
per quella stazioncina solitaria
in cui vissi bambino, a cui ritorno,
e tutto il mio passato
mi frana addosso.
Inorridisco al suono
della mia voce.
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