domenica 10 agosto 2025

#biblioteca / Rosanna Cracco - ACCENDERE L'INVISIBILE - Samuele

 
Rosanna Cracco
ACCENDERE L'INVISIBILE
prefazione di Daniela Cecchini
Samuele editore
collana Callisto
luglio 2025
pp. 150, euro 15
ISBN 9791281825246


La poetessa offre di sovente articolate osservazioni sulla condizione umana, sulla natura del linguaggio e sul rapporto degli individui con il tempo, recepito come spazio temporale di comunicazione, creazione e conoscenza e, da autentica cultrice della parola, rivolge un precipuo invito a riflettere sulla sua natura fuggevole e al tempo stesso perenne, seguendo una logica sospesa tra il suo aspetto quantitativo, ossia chronos e quello qualitativo, ossia kairos. L’immagine allegorica dell’argine, che delimita e contiene il fluire impetuoso del fiume, si presta agevolmente a una duplice interpretazione, rappresentando le costrizioni e i limiti imposti alla creatività dall’esigenza di comunicare un messaggio eloquente e definito, ma simboleggiando anche la necessità di trovare un equilibrio tra l’impulso verso l’infinito e l’ancoraggio alla dimensione terrena.
Le parole intense raccolte nella strettoia “Parole nuove” – vengono paragonate a semi che, una volta sparsi, danno vita ad un nuovo linguaggio, un nuovo modo di pensare e di vedere il mondo, tuttavia la Nostra è consapevole che anche le parole più belle e significative siano destinate a invecchiare e a perdere il loro originario splendore e, per questa ragione, di tanto in tanto il suo afflato poetico si fa mesto e nostalgico.
L’interminabile ricerca di una parola – che sia eterna “Parole nuove” – è un’illusione, un desiderio impossibile da realizzare. L’attesa, personificata come una – grande signora “Parole nuove” – rappresenta l’implacabile scorrere del tempo e il suo rapporto con l’individuo.
È vero che l’attesa ci tiene ancorati alla vita, spingendo ognuno a guardare al futuro con fiducia ed aspettative, ma è altrettanto vero che essa ricorda la nostra precarietà. Sulla base di tali considerazioni, la poetessa ci propone di riconsiderare il concetto di eternità, che non è certo da intendersi come una condizione stabile ed immutabile, piuttosto come un flusso continuo e interminabile.
Daniela Cecchini
 
 
 
 
Progetti
 
Sì, qualcosa sempre mi chiama
come sulla strada
dell’Annunciazione
Apro il ventaglio dei pensieri
al vento che gonfia le vele
e una corrente benefica
di possibili frammenti
mi attraversa la pelle
Ecco chi sono, ecco cosa fare
La vita, tiepida cova
dentro compenetra
il traslato della creatività
chiamandomi al calore dell’altro
Una lente d’ingrandimento
dietro l’apparenza
a sostegno dell’etica
così infangata dal nulla
Un viaggio di conversione
dentro l’esilio dell’anima
che attraversa le colonne
d’Ercole del meditare
Tessere a mosaico
che affinano il sentire
con la porta del tempo
che un po’ si dischiude
 
 
 
 
Appartenenza
 
A chi appartengo?
A quella tela dipinta
strato su strato con i diversi
colori della vita
Sapori in agrodolce
tra possibili figurazioni di realtà
cesure di tempo e di spazio
spesso senza denominazione
È faticoso il cammino:
tetti abbandonati
labbra di metallo
ma anche vele al vento
e sogni che premono
 
Se graffio il sovrapporsi
delle pennellate
ritrovo “quel me”
insieme istinto primitivo
e coscienza collettiva
In cerca dei nuovi linguaggi
dell’anima
inseguo un mondo
ebbro di poesia
senza cedere ai ricatti
Anche nell’odierno
naufragio di cellule,
vita che sono
e che ancora non so,
non voglio lasciare
la voce dell’amore
Amore… amore… amore
ancora tanto ne berrei
 
 
 
 
Ricami di bisso
 
Soprattutto ora
che il fuoco lascia al vento
le sue ceneri
mi piace credere
che l’anima immortale
sposi il divino
aprendo le porte all’eternità
Vorrei toccare quel Dio
dalle chiome d’oro
e godere per un attimo
del trionfo divino
ma troppo buio se guardo oltre
buio che chiama altro buio
 
Così mi tolgo le ali di cera
e mi riprendo chi sono ora
e cosa posso
Anche tra vicoli stretti
posso ricordare inventare creare
Nella gerarchia dei sentimenti
raccolgo, proteggo
e molto lascio andare
ma tengo stretto tra le mani
il prezioso filamento
secreto dal mare
 


#biblioteca / Laura Morandi - CONFIDENZE AGLI SCONOSCIUTI - Samuele

 
Laura Morandi
CONFIDENZE AGLI SCONOSCIUTI
Samuele editore
collana Callisto
luglio 2025
pp. 66, euro 15
ISBN 9791281825260
 

Un libro di poesie che inizia con una prosa. Non è un paradosso, non in una contemporaneità che insiste nel mettere in discussione i confini tra le scritture in versi e in prosa, ricavandone poco e incartandosi molto. La differenza, qui, sta nel fatto che la prosa iniziale è bellissima. Un breve programma di lettura a fuoco, calibrato; un piccolo manifesto.
A questa osservazione bisogna aggiungere che anche il titolo della raccolta, Confidenze agli sconosciuti, è azzeccato ed efficace, molto poco da libro di poesie e quindi molto sincero e immediato. Perché confidarsi davanti a sconosciuti, che in molti casi neppure si possono vedere perché nascosti dall’altra parte del testo, che cos’è se non una delle possibili definizioni di poesia?
Con la sua raccolta di esordio, Laura Morandi si inserisce nel solco di una tradizione confessionale e diaristica della scrittura in versi, ma aggiornandola con il punto di vista, le parole e le urgenze di una giovane donna che ha attraversato questo primo quarto di secolo e si è ritrovata, come molti di noi, a stemperare l’entusiasmo per i prossimi quarti che dovranno venire – se tutto va bene. C’è, infatti, un’atmosfera generazionale in Confidenze agli sconosciuti o, meglio, ci sono molte delle inquietudini legate a una certa fase della vita, quella in cui il mondo cerca di far prendere una piega, ma non sempre il materiale di cui si è fatti collabora o è duttile abbastanza. Ed è lì – forse da sempre, ma di sicuro dalla fine delle illusioni dei trenta gloriosi (ma diciamo pure quaranta) – che si situa la crisi che uno spirito creativo non può fare a meno di registrare.
Qualcuno le definirebbe inquietudini giovanili, ma forse uno dei meriti di Confidenze agli sconosciuti è di registrare in forma di poesia il fenomeno di una giovinezza trascinata ben oltre i suoi confini anagrafici tradizionali (e di buon senso, verrebbe da dire), ma non per immaturità dei nuovi adulti, bensì per condizioni che reprimono la crescita e il passaggio ad altro stato, un po’ come accade ai bonsai in bottiglia. D’altronde la giovinezza è l’arma più terribile nelle mani degli adulti, perché chi è giovane – a meno che non sia straordinario, che di solito significa campione dei valori dominanti – non va preso sul serio fino in fondo. E allora, più che di inquietudini giovanili, si dovrà parlare di malessere dell’epoca.
da Tristiefelici nello stesso momento: Laura Morandi
tra inquietudine e salvezze minime
di Marco Bini

 
 
21 novembre 2021
 
Mi piace che sia buio e sia ancora giorno. Mi fa pensare che è così che va in fondo: che in quello che vedi c’è del margine, che quello che vedi ti frega, a volte. Cammino nel giorno buio e scivolo in una dimensione intima che non si manifesta come scatola o cameretta, ma come spazio aperto, con le vetrine dei negozi che emanano luce da lanterna. Come se potessi confessarmi con tutti. Come se tutti lo volessero. Gli alberi dei viali. I commercianti. Sono talmente piena di confidenze che mi servirebbe uno sconosciuto, di quelli che incontri sui treni, per svuotarmi. È probabile che se aggiungessi qualche sottrazione alla ghiaia che si sfrega (oggi sono giardino o aiuola) e me ne levassi un po’, di sassi, sarebbe più morbido – coesistere.
 
 
(NdA. Ogni esistenza è una coesistenza)
 
 
 
 
 
Non sono densa
– dappertutto
allo stesso modo.
 
Ho il numero d’anime
giusto
per concimarci
i vigneti
che vedo pendere – obliqui
sui colli.
 
Metti uno sparo nel petto
nel lato giusto, quello col
ritmo
e sicuro ti esplodo in
coriandoli
 
che sono – cartacce
importanti
(come le lettere e i
progetti).
 
 
 
 
 
La capacità dell’aglio
di crescere nell’abbandono
di fare del vuoto
germoglio, e fregarsene
del resto, che non sta nel
bello
ma in un frigo grigio
scarno, è la stessa che vorrei
io:
 
nonostante tutto
trovare alimento.
 
 
 
 
 
Tutte quelle luci, gli sbadigli e il pangrattato dato
agli uccelli; i quadri appesi senza cornici
che pendono dagli occhi coi ganci;
sui sentieri del fegato incontri
l’aria alcolica dei manifesti
elettorali che si lasciano marcire
dalla pioggia.
È lo stesso culto, al muro, dei film
sulle locandine: farsi sciupare senza prendersela.
 
che se vuoi scrostarli e poi liberarli serve
grattarci sotto col coltello. A farlo sembra
di forzare una frattura
illegale, ne senti il male inanimato tracciato
dall’archeologia dei graffi. Son quelli,
i graffi di quel modo, di cui m’appunto la lezione
da usare a poco a poco per scollare
te – me, farci avanzo
dello scheletro in ferro
che mi sfiorisce ruggine all’altezza del
petto.
 
 
 


#biblioteca / José Antonio Muñoz Rojas - CANTI A ROSA E ALTRE POESIE - Algra

 
José Antonio Muñoz Rojas
CANTI A ROSA 
E ALTRE POESIE
Antologia poetica

(titolo originale Cantos a Rosa, 1954)
a cura di Rosario Trovato
con testo a fronte
Algra Editore
collana L'Albatros
aprile 2025
pp. 260, euro 18
ISBN 9788893418478

 
Muñoz Rojas, pur avendo assistito a tutte le correnti, le innovazioni ed evoluzioni artistiche di cui il XX secolo era stato fecondo, fu una figura isolata di poeta discreto e riservato e la sua poesia è assolutamente originale e indipendente dalle varie tendenze dell’epoca. Sensibile osservatore della vita contadina e della campagna, amorevolmente attaccato alla sua terra andalusa e a tutto il mondo agreste, ha saputo trasmetterci i gratificanti momenti e le dolci sensazioni che nascono dinanzi alla bellezza della natura nel suo continuo rinnovarsi. Tuttavia, il tema dell’amore è palesemente quello dominante, non solo nei Cantos a Rosa, l’opera più strettamente personale, che riproduciamo integralmente, ma anche in tutti gli altri suoi libri – poesie, racconti, teatro – che le nuove generazioni hanno già cominciato a scoprire e apprezzare.
 
José Antonio Muñoz Rojas (Antequera, 9 ottobre 1909 – Mollina, 29 settembre 2009) è stato un avvocato, scrittore e poeta spagnolo appartenente alla cosiddetta Generazione del '36.
Nato ad Antequera (Málaga) nel 1909; la vita letteraria di José Antonio Muñoz Rojas occupa ampiamente tre quarti di secolo, dal momento della formazione delle estetiche del ‘27 fino ad inoltrato XXI secolo. Nel corso di tutti questi anni, ha visto passare accanto a lui la febbre avanguardista degli anni ’20, la poesia “tra purezza e rivoluzione” degli anni ’30, l’opposizione tra il garcilasismo e il tremendismo degli anni ’40, il socialrealismo e le estetiche che si aprono verso metà secolo, i culturalismi ed esteticismi marginali, le poetiche del ’68, la poesia figurativa e la poesia minimalista a partire dagli anni ’80..., e così fino alla morte. Già nella sua produttiva vecchiaia, la sua opera (recuperata e pubblicata dalla casa editrice Pre-Textos) è uscita dalla visione antica per convertirsi ad una presenza piena di vita, alla quale molti giovani poeti si attengono per familiarizzare con alcune caratteristiche essenziali della poesia del secolo.
Muñoz Rojas studiò con i gesuiti di Malaga (Scuola San Estanislao de Kostka) e Madrid, e frequentò Diritto all’Università Centrale. In quell’epoca fondò—con José Antonio Maravall, Leopoldo Panero e José R. Santeiro— Nueva Revista (1929-1931). Con la pubblicazione del suo primo libro, Versos de retorno (1929), prese contatto con i direttori del Litoral (Emilio Prados e Manuel Altolaguirre) e José Luis Cano, oltretutto per conquistare l’amicizia di molti poeti del ’27, tra cui Vicente Alexandre. In questo contesto, collaborò con riviste come Mediodía, Isla, Los Cuatro Vientos, El Gallo Crisis, Caballo Verde para la Poesía, dirette da Pablo Neruda, o Cruz y Raya di José Bergamín...; anni dopo collaborò anche a pubblicazioni del postguerra come Escorial, Garcilaso, Ínsula, Arbor, Papeles de Son Armadans, ecc.
Nel 1932 concorse senza successo al corpo diplomatico, ed entrò a lavorare nella Scuola Internazionale fondata da José Castillejo. A Settembre del 1936, e grazie agli interventi dei suoi amici di Cambridge, i professori Bullock e Parker, si integrò al lettorato spagnolo della stessa Università, attraverso il quale poté iniziare un’investigazione sulle relazioni dei poeti metafisici inglesi con gli autori spagnoli del suo tempo.
Terminata la guerra civile, tornò a Malaga nel 1940, dove, tra le altre attività, fondò con Alfonso Canales, la collezione poetica A quien conmigo va. Stabilitosi a Madrid, nel 1952 entrò nella Banca Urquijo, della quale fu il segretario generale, e si occupò intensamente della sua Società di Studi e Pubblicazioni.
Versos de retorno ha posto un accento dentro la corrente neopopolare e machadiana, percettibile anche in libri posteriori come il Cancionero de la casería, mentre con Ardiente jinete sviluppa il tema amoroso con una certa sperimentazione avanguardista. A quel libro seguirono titoli come Canciones, Sonetos de amor por un autor indiferente, Abril del alma e, soprattutto, Cantos a Rosa, simbolo della bellezza e della fugacità del tempo, tutti i poemari riguardanti l’amore, la malinconia serena e l’armonia dell’anima con la natura, per mano di uno stile diretto e colloquiale che cerca un avvicinamento profondo all’essere. Con Las cosas del campo affronta la prosa poetica marcata da un certo stile horaciano, presente anche nella sua opera memoriale: Historias de familia, Las musarañas, Amigos y maestros, La gran musaraña o Dejado ir (soggiorni e viaggi).
Un aspetto più riflessivo fa strada alle preoccupazioni riguardanti il ricordo, la solitudine ed il tempo, sotto uno stile di rottura e ripetizioni che si possono rintracciare nei suoi libri di diverse epoche –in molti dei quali il tempo della scrittura non concorda con quello della pubblicazione-: Al dulce son de Dios, Consolaciones, Lugares del corazón en nueve sonetos que lo celebran, Salmo, Oscuridad adentro, Objetos perdidos, Entre otros olvidos, Rescoldos o La voz que me llama.
È anche autore di Saggi anglo-andalusi e di opere drammatiche (Hay que lamentar una víctima y Cuando llegue el otoño), e ha tradotto poeti inglesi come William Wordsworth, John Donne, Richard Crashaw, Gerard Manley Hopkins o T. S. Eliot.
Fu Premio Nazionale di Poesia nel 1998 grazie a Objetos perdidos, e nel 2002 ottenne il Premio Regina Sofia della Poesia Iberoamericana grazie alla sua opera. Il 12 Dicembre 2009 diresse alla sua città natale, Antequerra, il documentario 'El poeta sin tiempo', che si avvicina alla figura del poeta, tanto per la sua persona come per la sua opera.


sabato 9 agosto 2025

#biblioteca / Marisa Bulgheroni - NEI SOBBORGHI DI UN SEGRETO - Il Saggiatore

 
Marisa Bulgheroni
NEI SOBBORGHI DI UN SEGRETO
Vita di Emily Dickinson

Il Saggiatore
maggio 2023
pp. 392, euro 25
ISBN 9788842832492


Nei sobborghi di un segreto è un viaggio, intimo e letterario, nella misteriosa e singolare vita di Emily Dickinson. 

«Vano è il tentativo di parlare di ciò che è stato. L’abisso non ha biografi» scriveva in una lettera, con profetica lucidità, Emily Dickinson. Vano infatti è il tentativo di racchiudere l’esistenza della più grande poetessa dell’Ottocento americano in una griglia di date ed eventi, lei che ancora giovane decise di sottrarsi per sempre al mondo, esiliandosi nelle stanze della casa paterna e nel silenzio delle sue poesie. 
Per cogliere il segreto di questa vita, per afferrarlo e raccontarlo compiutamente, Marisa Bulgheroni ha dovuto allora allontanarsi da ogni idea canonica di biografia. Ha dovuto muovere i suoi passi sul solco dei passi di Emily, visitare i luoghi nei quali è vissuta, inebriarsi dei medesimi odori e colori. Consultare, certo, archivi e manoscritti, diari e lettere, le memorie di amici e parenti, ma per poi allontanarsene, ritornare in quelle stanze e in quei giardini, ascoltare con la propria mente i pensieri dell’altra, sfiorare il mondo con le sue mani. 
Quella di Bulgheroni è una indagine in prima persona attorno alle grandi domande senza risposta sulla vita di Emily Dickinson: perché scelse di non pubblicare mai le sue poesie? Come mai scelse di isolarsi nella provincia degli Stati Uniti? Quanto la sua persona coincise con la sua opera? Chi amò? Un inseguimento impossibile attraverso i secoli per riuscire ad abitare con la propria anima l’abisso di un fantasma.

Marisa Bulgheroni, (Como, 1925) ha esordito scrivendo ritratti e storie di viaggio per Comunità e Il Mondo, collaborando poi a Paese Sera, l’Unità, Linea d’ombra, Lo Straniero. Docente universitaria, ha fatto conoscere in Italia la narrativa americana del dopoguerra (Il nuovo romanzo americano, 1960; e I beats, 1962). Autrice di numerosi saggi sui miti e le immagini del femminile, ha curato il Meridiano Tutte le poesie di Emily Dickinson (1997). Nel 1996 l’esordio come narratrice con i racconti Apprendista del sogno, seguiti dal romanzo Un saluto attraverso le stelle (2007). Per il Saggiatore ha pubblicato Chiamatemi Ismaele (2013) e Stella nera (2020).


#biblioteca / Emily Dickinson - BUSTE DI POESIA - Il Saggiatore

Emily Dickinson
BUSTE DI POESIA
edizione italiana a cura di Nadia Fusini
Il Saggiatore
settembre 2023
pp. 120, euro 20
ISBN 9788842833307


Per quasi tutta la sua vita il tramite tra Emily Dickinson e il mondo è stato la poesia. Chiusa nel silenzio della sua camera, leggendo poesie ne ha infatti accolto le forme, recitandole ne ha fatto risuonare i colori; scrivendo e riscrivendo poesie, soprattutto, ha liberato la propria voce. Insieme ai versi contenuti nei fascicles – i libri da lei rilegati e custoditi sugli scaffali – e a quelli delle lettere che mandava ad amici e conoscenti, c’è un altro filone di materiali su cui la calligrafia leggera ed elegante di Emily Dickinson ha composto parole poetiche: le buste postali. 
Buste di poesia raccoglie fotografie e trascrizioni di questi «ultimi» componimenti che Dickinson ha tracciato a matita sugli involucri delle sue missive: versi nei quali il gioco tra scrittura e supporto si sublima, in cui la cesellatura di ogni frammento è intimamente legata al suo esistere all’interno di una linguetta, attorno a un margine, su un triangolo di carta, rendendo la busta stessa un’opera d’arte quanto il suo contenuto; la magia di un oggetto muto che finalmente «parla». 
Questo volume rappresenta una testimonianza unica della sfida tra limite e creazione. Come ha riassunto Nadia Fusini nella sua prefazione, «in queste scritture Emily sembra giocare con il dentro e il fuori, con la custodia, il contenitore: non c’è niente in verità da nascondere, in ciò che sta nell’aperto della parola».



#biblioteca / Emily Dickinson - COME UN OSPITE CHE ARRIVA ALL'IMPROVVISO - Quodlibet

 
Emily Dickinson
COME UN OSPITE CHE ARRIVA ALL'IMPROVVISO
Ottantaquattro poesie nella libera versione di Renato Solmi

postfazione di Luca Lenzini
Quodlibet Storie
2023
pp. 112, euro 12
ISBN 9788822921123

 
Di Renato Solmi, saggista e traduttore di Adorno (Minima moralia, 1954), Benjamin (Angelus Novus, 1962), nonché di Marcuse, Anders, Lukács, finora non erano note traduzioni di poesia, con l’importante eccezione dell’Abicì della guerra di Brecht (1975). Nei suoi ultimi anni, tuttavia, egli si dedicò a lungo e intensamente ad autori particolarmente amati come Goethe e Hölderlin; e a Emily Dickinson, di cui tradusse l’intera opera poetica. Le versioni qui presentate sono una selezione d’autore da quel vasto corpus di testi, tra i vertici della lirica di ogni tempo. Omaggio e riconoscimento, “saggio” e insieme testimonianza di un incontro a distanza eppure ravvicinato, nel segno di una familiarità profonda, le personalissime traduzioni di Renato Solmi appartengono di diritto a una tradizione insigne che tra i suoi campioni più significativi non a caso annovera, insieme a Montale, Valeri e Caproni, il padre Sergio Solmi.

 
Mettimi per iscritto
quante sono le note che compongono
le variazioni estatiche
del nuovo pettirosso che si sgola
fra i rami stupefatti che lo attorniano,
tieni un computo esatto
dei viaggetti che fa la tartaruga
fra gli accidenti del terreno smosso,
e di tutti i bicchieri dondolanti
a cui si accosta l’ape, questa pazza
beona debosciata,
che sembra sempre brilla di rugiada.

 
Emily Dickinson (Amherst 1830-1886) ottenne una fama postuma con le sue 1775 brevi liriche. L’edizione completa è pubblicata nei «Meridiani» Mondadori a cura di Marisa Bulgheroni.


#biblioteca / Azzurra D'Agostino - COSMIC LATTE - Marcos y Marcos

 
Azzurra D'Agostino
COSMIC LATTE
Marcos y Marcos
collana Le Ali
illustratore Luca Mengoni
luglio 2025
pp. 168, € 18
ISBN 9788892942097


La prima cosa che colpisce e affascina, nella poesia di Azzurra D’Agostino, è la voce: mite e ferma, tersa e capace di accogliere l’eco del mondo, quello privato e quello collettivo, tra spazi boschivi, contraddizioni del sociale, memorie e stupori improvvisi. Nessuna ingenuità, nessun canto spiegato; ma, anche, nessuna resa, nessun cedimento. La parola poetica può attraversare i tempi, passando dalle stratificate foreste dell’Appennino alle profondità delle acque, dall’ombra degli antenati alle figure del presente, dai morti sul lavoro all’elegia di un paesaggio, nella coscienza che “siamo / quello che siamo, siamo / quelli che passiamo”. Nel “bianco / colore invisibile dell’universo” (ecco il senso del titolo audace), scorrono figure colte con poche pennellate, eppure lì, davanti a noi, nella loro presenza e nella loro precarietà, entrambe mirabili: “sulla soglia terribile dello splendore”, davanti alla quale ciò che crediamo di sapere è insufficiente. Qualcosa tintinna in questo libro. È il tintinnìo di una poesia che non rinuncia a sé stessa e che cerca nuove strade: “E io che pensavo che scrivere fosse un giardino / metto un piede nel vuoto e con l’altro cerco un gradino”. Anche la lingua conosce diverse modalità: dall’italiano potentemente affettivo al dialetto perduto e ritrovato. Perché una cosa è chiara: “Che possiamo chiedere aiuto. / Che possiamo dire no a quello che ci fa male. / Che siamo capaci di fare un presidio anche sotto al temporale”. 
Fabio Pusterla

Questo tempo
 
Un silenzio cade sul fondo del mondo
lento come un sasso nell’acqua
si posa dopo la lunga discesa
tra alghe, radi coralli, pesci mostruosi
con un piccolo sbuffo di fango
e terrore.
Tutto è mutato: il paesaggio del fondale
è l’atto che sa di finale e spaesamento
le conchiglie incrostate sono vuote
vuoti i resti del teschio rosicchiato
vuote le orbite dei pianeti mentre la ruggine
corrode le lattine e fluttua un sacchetto
come un velo che passa sugli occhi
e poi butti giù. Il pianto non è abbastanza
non dice la parola dei morti la paura
degli insorti – non è come quella volta
la vecchia in fila per il pane che chiede
“Lei potrebbe dire tutto questo?”
e il poeta che risponde “si, io potrei”.
Non è quel tempo. Eppure scrivo.
 
*
 
Cosmic latte
 
Una donna che passa con un cane
attraversa il paesaggio, discende
il viottolo scosceso fino al centro
del suo bianco, si spoglia di figli
amanti, ricordi, si spoglia di tutto
per cercare l’accordo, va verso
il bianco, il bianco, il bianco
colore invisibile dell’universo.
 
*
 
Sta léngua l’è na piènta
mata: la mort la strapa
e lî la sèlta fôra d’in t’al crêp
c’a i ho senza gnec savîrl
léngua d’avrîl, mia primavera
c’al bussa con un fiôr in t’la bufera.
 
Questa lingua è una pianta / matta: la morte la strappa/ e lei salta fuori dalle crepe/ che ho senza neanche saperlo/ lingua d’aprile, mia primavera/ che bussa con un fiore nella bufera.
 
*
 
Lettera all’Appennino
 
Quante volte guardando una frana un orrido un crollo
di scarpata ho pensato alla frattura che sei, un costone
di piante semplici, di rovi, castagni, un pezzo di terra
inospitale, che spacca in due il mio paese di mare
il porto naturale dove attraccavano i Greci, dove gli
Etruschi dipingevano vasi scuri e mescolavano miele.
Tu ci spezzi e il tuo spezzare è uno sguardo che rotola
per valli che si adombrano, strade piene di curve che
pochi hanno la pazienza di andare a cercare.
Tu mi spezzi come spezzi
i rami dei boschi abbandonati
il tempo che corrode essiccatoi
lasciati ai tassi, ai nidi dei ghiri
mi spezzi nel mio essere
una donna qualunque
a cui manca l’ultimo spettacolo teatrale, il fiume
di gente che prende la metropolitana
le scale, mi spezzi come spezzi
le case, come ti spezzi per una regola di natura
senza saperti di spezzare.
Scende a valle il Limentra
il Reno, va a finire a mare, si sporca
di solitudine, di nessuno che ti viene a cercare.
 
*
 
Voltare le spalle
 
Libero il coniglio. C’è odore di terra
smossa e si respira nebbia insieme all’aria nuova.
L’alba è l’ora degli addii, dei sentieri di sassi
che rasentano i burroni. I rumori sono pochi
stavo per dire nessuno è umano ma sospetto
che il battere dentro sia lo stesso. Ecco i campi
di ragnatele, ecco il cielo viola, il cervo che passa
e un freddo che rende felici sotto la pelliccia.
La sensazione di essere vivi è animale
mescola paura, meraviglia, potenza
e questo spazio immenso accade dentro
il coniglio, che non sa dove andare, non ha
progetti, sensi di colpa, pensieri
ma sangue, zampe sulla zolla, fili d’erba
remoti mugolii, una sorgente sotterranea
e filoni, strati pieni di ossa macerate e radici.
Tutto questo non è un ragionamento
e cercare le parole per dirlo è questo modo
che abbiamo di lasciar entrare il bosco
con tutta la sua ostilità, e poi città, mare,
quello che ci ha fatto male, ogni miseria, i morti
che non abbiamo seppellito, o pianto.
Un modo come un altro per ammansire
la tigre che abbiamo in petto, o così ci piace
credere. Per un secondo il coniglio mi ha liberata
non si gira indietro se non un’ultima volta
gli occhi rossi sbarrati su di me pieni di sospetto.
 
*
 
Quasi un sonetto delle parole
 
Le parole non dormono nei dizionari
non si stendono come pelli al potere
non si piegano al gergo dei funzionari
non sventolano come stendardi e bandiere
 
le inseguo le bracco frugo il bosco d’assenza
le strappo dai buchi di quello che ci diciamo
mentre si attende in un ospedale la sentenza
mentre finisce il mondo, mentre ci lasciamo.
 
E io che pensavo che scrivere fosse un giardino
metto un piede nel vuoto e con l’altro cerco un gradino.


Azzurra D’Agostino ha pubblicato varie raccolte di poesia, albi per l’infanzia, romanzi per ragazzi, la traduzione di un radiodramma su Hölderlin, libri a tema onirico-folklorico e un mazzo di oracoli basato sulla chiromanzia. Scrive per il teatro e le arti performative, tiene percorsi di scrittura collettiva e cura incontri legati a poesia e teatro.


#biblioteca / Alberto Fraccacreta - EUGENIO MONTALE. IL TU E LA CULTURA EBRAICA - Quodlibet

 
Alberto Fraccacreta
EUGENIO MONTALE. 
IL TU E LA CULTURA EBRAICA
Quodlibet Studio. Lettere
2025
pp. 160, euro 18
ISBN 9788822923974


È possibile che la poesia montaliana sia sulle tracce della terra di Canaan? Pervaso da un profondo «senso dell’arca», Eugenio Montale ha sviluppato un progressivo interesse sin dagli Ossi di seppia e poi nel cuore delle Occasioni e della Bufera e altro – come di recente ha notato la critica più attenta – verso la cultura e la mistica ebraica. Non una ricerca sistematica, né tanto meno dogmatica: vale per lui quello che disse di Kafka, «il simbolo brilla di luce solare e sconfigge ogni interpretazione esclusiva». Eppure nel Femminile cabalistico delle destinatarie della sua lirica, nel “simbolismo autoriflesso” della sua attività di traduttore e persino nel ruolo di inviato del «Corriere della Sera» (particolarmente nei viaggi in Siria e in Palestina), Montale – novello Zaccheo, «Nestoriano smarrito» – ha intravisto il sacro biblico ed evangelico, problematizzandolo. L’«iddia che non s’incarna» e il Dio «con la barba» ne sono testimonianza. Ne è testimonianza anche l’orto del Getsemani: lì, per ammissione dello stesso Montale, «nemmeno il cuore più indurito può trattenere la commozione vedendo la più che bimillenaria lastra di pietra sulla quale il Salvatore, per lunga e ininterrotta tradizione, si adagiò e pianse».
 
Alberto Fraccacreta insegna Teoria e critica della letteratura all’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo. Collabora con alcuni quotidiani nazionali.

#biblioteca / Jorge Augusto Maximino - RIFRAZIONI - Molesini


Jorge Augusto Maximino
RIFRAZIONI
testo a fronte in portoghese
traduzione di Margherita Batoréu Annibale
Molesini Editore Venezia
luglio 2025
pp. 142, euro 14
ISBN 9791281270220


La poesia di Jorge Augusto Maximino, uno dei poeti portoghesi viventi più originali, è apertura verso un oltre che viola le leggi del logos e ci trasporta in un «tempo che sarà nell’aporia del tempo». Le due raccolte qui riunite si muovono in effetti fra un «aprile che incomincia sempre nel dopo» e un novembre che è declino e morte ma contiene anche in sé i semi del futuro: due stagioni quasi sospese in un fuori-del-tempo, due stagioni-interludio, che rinviano al grande tema portoghese della saudade, di una nostalgia che è anche desiderio di superare i limiti del reale, di accedere a spazi sconosciuti. Maximino recupera così molti temi classici della letteratura del suo paese – in particolare quello della navigazione: appaiono ovunque navi, mari, moli – attraversando in particolare, come ci si può attendere, la grande opera di Fernando Pessoa. Ma tutte queste realtà, del ricordo o del presente, appaiono qui come travolte da un vortice che le frammenta, le sovrappone, le scombina in una scrittura fortemente allusiva e metaforica, trionfale e funebre allo stesso tempo.

 
Rifrazioni

il tempo era un levriere

animale della pura velocità
sulla distesa verdeggiante
del mattino

in attesa
sulle sue zampe sicure.

il tempo è un levriere
con la schiena rivolta
verso il crepuscolo,
che scruta l’infanzia
del nome.


Jorge Augusto Maximino (Foz Côa 1962) vive a Lisbona. È scrittore e docente universitario. Ha conseguito un dottorato in Studi Portoghesi all’Università di Paris-Sorbonne. Ha insegnato all’Università di Padova (Cattedra Manuel Alegre) fra il 2017 e il 2019. La sua ricerca si muove nel campo della letteratura, dell’estetica e della teoria della letteratura. Ha coordinato diversi progetti internazionali, fra cui il Festival dell’immaginario in collaborazione con il Ministero della Cultura portoghese e la Fondazione Gulbenkian. Ha fondato e diretto varie iniziative culturali. È autore di un libro di racconti e di varie raccolte poetiche; è stato anche editore e curatore di alcune antologie di poesia.

Margherita Batoréu Annibale (Lisbona 1989) si è laureata in Traduzione Specialistica e Interpretazione di Conferenza presso la Scuola Superiore di Interpreti e Traduttori di Trieste. Vive e lavora a Setúbal, dove gestisce un’agenzia di traduzioni.

#biblioteca / Antonio Rossi - QUANDOLTRE - Book editore

 
Antonio Rossi
QUANDOLTRE
Book editore
collezione Serendip / 35
2025
pp. 80, euro 18
ISBN 9788872328576
Volume pubblicato con il contributo di “Repubblica e Cantone Ticino / Aiuto federale per la lingua e la cultura italiana”.



A dieci anni di distanza da Brevis altera (2015), Antonio Rossi offre ai lettori una nuova originale raccolta poetica. In Quandoltre, l’inconfondibile cifra della sua scrittura si disvela passo dopo passo, parola dopo parola, muovendosi tra foreste o campagne recanti tracce di attività umane tuttora praticate o dismesse; zone artigianali, cantieri, depositi, svincoli stradali, edifici sacri o malandati, edifici affioranti nella cosiddetta “periferia diffusa”, temuti abissi; deschi famigliari, refettori, devastati spazi d’incontro; rigagnoli, un deprivato habitat, grovigli pensili, una rosa dei venti … Questi, e altri, sono i luoghi attraverso i quali Rossi indaga il Reale, avvalendosi di un linguaggio poetico improntato all’essenzialità, tanto raffinato quanto sorvegliato, frutto di un assiduo lavoro sugli strumenti espressivi tipici della poesia (ritmo, elementi fonosimbolici, lessico, sintassi, figure retoriche): riuscendo, sempre, come suggerisce il titolo Quandoltre, a rimanere al di là del proprio esclusivo ego, aprendosi in tal modo a nuovi sguardi e a ulteriori punti d’osservazione.



Fuori stanza
non automaticamente si sommano
le faticose tensioni o i negativi
stati d’animo; creano da sé
il profumo di un’opportuna
bevanda o un desueto copricapo
e rituali porzioni di silenzio
un’approvabile atmosfera.



Poeta e traduttore, Antonio Rossi (1952, foto © Yvonne Böhler) vive ad Arzo, nella Svizzera italiana. Ha pubblicato le raccolte di poesie Ricognizioni (Bellinzona, Casagrande 1979, pref. di Giovanni Raboni, 20012), Diafonie (Scheiwiller 1995, pref. di Stefano Agosti), Sesterno (2005) e Brevis altera (2015), entrambe presso Book Editore. Ha realizzato edizioni d’arte in collaborazione con Samuele Gabai, Massimo Cavalli e Loredana Müller. Ha tradotto testi di Robert Walser, Paul Wühr, Jean Flaminien, e si è occupato del poeta-musico Serafino Aquilano, delle cui rime ha curato l’edizione commentata (Fondazione Bembo-Guanda 2002 e Bulzoni 2005).


#news / Assegnato il premio M’illumino / d’immenso (MIDI) 2024 per la traduzione poetica

 

L’IILA (Organizzazione internazionale italo-latino americana), gli Istituti Italiani di Cultura di Barcellona, Buenos Aires, Caracas, Città del Messico, Lima, Madrid e Montevideo, e il Laboratorio Trādūxit, con il patrocinio di Biblioteche di Roma, al fine di promuovere la traduzione e la diffusione della poesia in lingua spagnola in Italia, hanno bandito, il 28 maggio 2024, la seconda edizione di  
M’ILLUMINO / D’IMMENSO: Premio Internazionale di Traduzione di Poesia dallo spagnolo all’italiano. In giuria: Barbara Bertoni (Italia), Vanni Bianconi (Svizzera), Matteo Lefèvre (Italia), Fabio Morábito (Messico, Egitto), Christian Sinicco (Italia).
Dopo alcuni mesi di lavoro da parte della Giuria è stato assegnato il premio M’illumino / d’immenso (MIDI) 2024 per la traduzione poetica. Nello specifico della sezione spagnolo-italiano, l’edizione di quest’anno è stata un successo sia per numero di partecipanti (491) e numero di Paesi (28) da cui sono state ricevute proposte di traduzione. Le traduzioni premiate verranno pubblicate da 24 prestigiosi media di 12 Paesi: Argentina, Brasile, Cile, Colombia, Egitto, Italia, Iraq, Marocco, Messico, Portogallo, Spagna e Svizzera.
Vincitore dell’edizione 2024 del Premio è risultato Valerio Nardoni, poeta e traduttore nato a Livorno nel 1977. Professore Associato di Letteratura spagnola presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, per la sua attività di traduttore Nardoni ha ricevuto numerosi premi, fra cui, nel 2018, un Premio Nazionale speciale per la Traduzione assegnato dal MIBACT, per le sue versioni di Miguel de Cervantes e Pedro Salinas, i due poli – Secoli d’oro e Novecento – a cui si è maggiormente dedicato, insieme a numerosi lavori dedicati alla poesia spagnola contemporanea, come la pagina web www.perterredispagna.it che raccoglie molte videointerviste. È direttore editoriale della casa editrice Valigie Rosse, specializzata in poesia nazionale e internazionale.
Due le menzioni d’onore del Premio, alle giovani traduttrici: Francesca Cosi (Firenze) e Ilaria Sofia Perrino (Roma).
*
II Edizione di “M’illumino d’immenso” – Premio Internazionale di Traduzione di Poesia dallo spagnolo all’italiano
 
 
Poesie originali
 
CUATRO VILANELAS
 
I
 
Es todo lo que sé. (Que es casi nada.)
Ella tenía una estrella entre los senos.
O así lo veía él, porque la amaba.
 
No se exigieron boletos en la entrada
Pues cada uno andaba en su terreno.
Es todo lo que sé. (Que es casi nada.)
 
En una cama angosta ambos quemaban
Su historia y el temor; o cuando menos
Así lo creía él, porque la amaba.
 
Los dos sabían muy bien la pendejada
Que es insistir en un amor del bueno;
Es todo lo que sé. (Que es casi nada.)
 
Marzo moría otra vez; y ya se daban
Café con leche mezclado con veneno.
O así lo sentía él, porque la amaba.
 
Supongamos que un día ella se enfada
Y se borra la estrella de los senos.
¿Qué más saben los dos? ¿No queda nada?
Así se dolía él, porque la amaba.
 
Luis Miguel Aguilar, Medio de construcción, Città del Messico, Premià Editora, 1979.
 
LAS SALINAS
 
Yo nunca vi la nieve y sin embargo he vivido entre la nieve toda mi juventud.
En las Salinas, adonde el mar no terminaba nunca y las olas eran dunas de sal.
En las Salinas, adonde el mar no moja pero pinta.
Nieve de mi juventud prometedora como un árbol de mango.
Veinte varas de sal para cada familia de cristianos. Y aún más.
Sal que los arrieros nos cambiaban por el agua de lluvia. Y aún más.
Ni sólidos ni líquidos los blanquísimos bordes de ese mar.
Bajo el sol de febrero destellaban más que el flanco de plata del lenguado.
(Y quemaban las niñas de los ojos.)
A veces las mareas -hora del sol, hora de la luna- se alzaban como lomos de caballo.
Mas siempre se volvían.
Hasta que un mal verano y un invierno las aguas afincaron para tiempos
y ni rezos ni llantos pudieron apartarlas de los campos de sal. Y el mar levantó techo.
Ahora que ya enterré a mi padre y a mi hermano mayor y mis hijos están prontos a enterrarme,
han vuelto las Salinas altas y deslumbrantes bajo el sol.
Hay también unas grúas y unas torres que separan los ácidos del cloro.
(Ya nada es del común.)
Y yo salgo muy poco pero Luis -el hijo de Julián- me cuenta que los perros no dejan acercarse.
Si parece mentira.
Mala leche tuvieron los hijos de los hijos de la sal.
Puta madre.
Qué de perros habrá para cuidar los blanquísimos campos
donde el mar no termina y la tierra tampoco.
Qué de perros, Señor, qué oscuridad.
 
Antonio Cisneros, Comentarios reales, Valencia, Pre-Textos, 2003.
 
 
Poesie vincitrici – traduzione di Valerio Nardoni
 
 
QUATTRO VILLANELLE
 
I
 
È tutto quel che so. (Che se ne cava?)
Lei aveva una stella in mezzo al seno.
O a vederla era lui, perché l’amava.
 
Non si chiesero biglietti all’entrata,
ognuno stava nel proprio terreno.
È tutto quel che so. (Che se ne cava?)
 
Stesi in un letto angusto i due bruciavano
le propria storia e la paura; o almeno
così credeva lui, perché l’amava.
 
Sapevano che razza di scemata
è incaponirsi in un amore vero;
è tutto quel che so. (Che se ne cava?)
 
Marzo moriva ancora; e già si davano
caffellatte mischiato col veleno.
O a sentirlo era lui, perché l’amava.
 
Supponiamo che un giorno lei arrabbiata
si cancelli la stella dal suo seno.
Che altro sanno quei due? Nulla restava?
Così soffriva lui, perché l’amava.
 
LE SALINE
 
Io non ho mai visto la neve eppure tra la neve ho vissuto tutta la mia giovinezza.
Nelle Saline, dove il mare non finiva mai e le onde erano dune di sale.
Nelle Saline, dove il mare non bagna ma tinge.
Neve della mia giovinezza promettente come un albero di mango.
Venti braccia di sale per ogni famiglia di cristiani. E non solo.
Sale che i mulattieri ci scambiavano con l’acqua piovana. E non solo.
Né solide né liquide le bianchissime sponde di quel mare.
Scintillavano sotto il sole di febbraio più del fianco d’argento della sogliola.
(E bruciavano le pupille degli occhi).
A volte le maree – ora del sole, ora della luna – si alzavano come groppe di cavalli.
Ma sempre defluivano.
Finché una brutta estate e un inverno le acque ristagnarono ancora e ancora
e né preghiera né lamento poté scacciarle dai campi di sale.
E il mare vi prese dimora.
Ora che ho già seppellito mio padre e mio fratello maggiore e i miei figli sono pronti a
seppellirmi,
le Saline sono tornate alte e luccicanti sotto il sole.
Ci sono anche delle gru e delle torri che separano gli acidi del cloro.
(Ormai nulla è più in comune).
E io esco di rado ma Luis – il figlio di Julián – mi racconta che i cani non ti fanno
avvicinare.
Pare incredibile.
Che bastardi i figli dei figli del sale.
Fanculo.
Quanti cani ci saranno a guardia dei bianchissimi campi dove il mare non finisce e la terra
neppure.
Quanti cani, Signore, quanto buio.
 
 
Notizie sui traduttori premiati
 
Vincitore:
 
Valerio Nardoni
 (Livorno, Italia)
Ispanista e traduttore letterario, è Professore Associato di Letteratura spagnola presso l’Università di Modena e Reggio Emilia. Per la sua attività di traduttore ha ricevuto numerosi premi, fra cui, nel 2018, un Premio Nazionale speciale per la Traduzione assegnato dal MIBACT, per le sue versioni di Miguel de Cervantes e Pedro Salinas, i due poli – Secoli d’oro e Novecento – a cui si è maggiormente dedicato, insieme a numerosi lavori dedicati alla poesia spagnola contemporanea, come la pagina web www.perterredispagna.it che raccoglie molte videointerviste. È direttore editoriale della casa editrice Valigie Rosse, specializzata in poesia nazionale e internazionale.
 
Menzioni d’onore:
 
Francesca Cosi
 (Firenze, Italia)
Traduttrice letteraria, annovera tra le sue traduzioni poetiche 33 sonetti di Shakespeare raccolti nel volume Come allodola in volo (2024), una selezione di poesie inedite di Lewis Carroll (Ho una fata accanto, 2014) che ha ottenuto una menzione speciale al Premio Morlupo per la traduzione del 2015, i limerick di Edward Lear (Questo libro non ha senso, 2013, prima traduzione italiana) e altre poesie pubblicate su riviste (tra cui «Internazionale» nel 2023 e 2024). Insieme ad Alessandra Repossi ha tradotto circa 200 tra romanzi, racconti e saggi da inglese, francese e spagnolo: da Virginia Woolf a George Orwell, da Katherine Mansfield a Elie Wiesel, da Jack London a Mark Twain.
 
Ilaria Sofia Perrino
 (Roma, Italia)
È traduttrice letteraria dallo spagnolo, dal catalano e dal francese. Ha studiato e lavorato sia a Roma che a Barcellona, città tra le quali si sposta impegnandosi a costruire ponti culturali. Ha tradotto Maria Callís Cabrera (La città stanca, Ensemble, 2022), Mireia Calafell (Noi, chi, Ensemble, 2024) e sta lavorando a nuove traduzioni poetiche. Da ottobre sarà per la seconda volta ospite della residenza per traduttori dell’Institut Ramon Llull in Catalogna.


#biblioteca / Corrado D'Elia - ILIADE - Ares

 
Corrado D’Elia
ILIADE
Storia di uomini

Edizioni Ares
2024
pp. 120, euro 14
ISBN 9788892984943
 
 
“L’Iliade di Corrado d’Elia mi ha stregato. È ossessiva e incalzante, una corda tesa allo spasimo, un tamburo di guerra, una freccia achea che non smette di inseguire il nemico, lo splendore delle corazze al sole e la polvere che le ricopre dopo la mattanza. Un’Iliade di bruciante bellezza”. Alessandro Rivali

“Una felice riscrittura, rigorosamente in poesia, da leggere ad alta voce e ascoltare. Ci connette con l’anima più autentica di questo poema”. Cristina Dell’Acqua

L’Iliade come non l’avete mai letta prima. Una riscrittura poetica che trasforma gli antichi versi in un racconto avvincente, capace di catturare il cuore e la mente con la potenza della narrazione epica. La rivincita della parola di fronte alla perdita di significato che ogni giorno il nostro tempo ci impone.
Nell’Iliade di Corrado d’Elia ogni verso diventa un invito a riflettere sul nostro tempo, sulla nostra umanità condivisa, riavvolgendo quel legame prezioso e indissolubile che unisce ancora oggi mito, narrazione e presente. Un nuovo modo di comprendere e interpretare le gesta dei grandi uomini celebrati da Omero.

Corrado d’Elia è attore, regista e autore. Nasce a Milano nel 1967 e si diploma presso la Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi. Come attore è vincitore di numerosi premi tra cui il Premio Hystrio, il Premio Nazionale Franco Enriquez, il Premio Internazionale Luigi Pirandello, il Premio della Critica Italiana, il Premio Internazionale Franco Cuomo. È fondatore e direttore artistico della Compagnia Corrado d’Elia e di Teatri Possibili. È autore dei libri Io, Moby Dick (Ares 2022), Strade maestre. I maestri del teatro contemporaneo (con Sergio Maifredi, Cue Press Editore 2023), Io, Vincent van Gogh (Skira 2024), Iliade (Ares 2024) e Galileo, oltre le stelle Ares (2025).

FIORI Umberto (1949 - viv.)

 

Umberto Fiori (Sarzana, 1949) è un musicista, scrittore e poeta italiano.
Nato a Sarzana nel 1949, dal 1954 vive a Milano, dove si è laureato in filosofia.
Negli anni della contestazione entrò a far parte come voce e chitarrista (e più tardi come autore) del gruppo rock Stormy Six, che ottenne successo con l'uscita dell'album Un biglietto del tram. Brani come Stalingrado, Dante di Nanni e La fabbrica ne fecero «un disco-simbolo del movimento di protesta». Il gruppo divenne una presenza fissa nelle principali manifestazioni musicali del periodo, come quella svoltasi nel 1975 presso Parco Lambro a Milano.
Lasciato il mondo della musica nei primi anni Ottanta, Fiori si dedicò a tempo pieno alla poesia, alla quale si era già interessato prima della parentesi musicale, come ha raccontato nella raccolta di saggi Scrivere con la voce, in cui ha indagato il rapporto con la canzone, domandandosi se essa possa essere considerata poesia. Nel 1986 l'autore pubblicò il suo primo libro di versi intitolato Case (San Marco dei Giustiniani), al quale seguirono, tutte edite da Marcos y Marcos, le raccolte Esempi (1992), Chiarimenti (1995), Parlare al muro (1996), Tutti (1998) e La bella vista (2002).
Fiori ha inoltre collaborato con il compositore Luca Francesconi, per il quale ha scritto due libretti d'opera, Scene e Ballata, e numerosi altri testi.
Insegnante e saggista, ha collaborato come docente di Letteratura italiana contemporanea presso l’Università degli Studi di Milano.
Ha pubblicato anche un romanzo breve, dal titolo La vera storia di Boy Bantàm (Le Lettere, 2007) e la raccolta di saggi sulla poesia La poesia è un fischio (Marcos y Marcos, 2007).
Nel 2009 è uscito il libro di poesie Voi (Mondadori). Nel 2014 è uscito un volume in cui sono raccolti tutti i testi editi, più degli inediti: Poesie 1986-2014 (Mondadori).
Nel 2019 ha pubblicato per Marcos y Marcos il romanzo in versi Il Conoscente.
Nel 2023 sono usciti per Garzanti la raccolta di poesie Autoritratto automatico e per Manni Editori il saggio di poetica Le case vogliono dire.

Poesia

Case, Genova, San Marco dei Giustiniani, 1986 
Esempi, Milano, Marcos y Marcos, 1992 (2004) 
Chiarimenti, Milano, Marcos y Marcos, 1995 
Parlare al muro, Milano, Marcos y Marcos, 1996 
Tutti, Milano, Marcos y Marcos, 1998 
La bella vista, Milano, Marcos y Marcos, 2002 
Voi, Milano, Mondadori, 2009 
Poesie 1986-2014, Milano, Mondadori ("Oscar Poesia") 
Il Conoscente, Milano, Marcos y Marcos, 2019 
Autoritratto automatico, Milano, Garzanti, 2023 
Le case vogliono dire, San Cesario di Lecce, Manni, 2023 


Foto-ricordo

A spingermi là dentro,
sotto la luce della scatola,
era un ricordo.
Una forma imprecisa, risaputa,
un’ombra che premeva
nella mia testa
come il sogno che resta lì per un attimo
quando ti svegli:
nei dettagli non sai ricostruirlo
ma sai bene com’era, sei certo
di averlo fatto.
Lineamenti, colori, connotati:
scatto per scatto spiavo la traccia
che potesse guidare fino a quelli
della mia vera faccia.

da Autoritratto automatico (Garzanti, 2023)


Dosso

Le porte sbattono,
giù per le scale, le chiavi
girano nelle serrature.
Fuori fa chiaro.
Parlano, per la strada.
Alberi, voci, case:
ogni momento è il tuffo
quando sei nato.
Ogni odore, ogni ombra,
ti sembra grande.
A volte di colpo
passando per una piazza
senti la testa sgombra. La verità
la vedi come si spreca,
come si spande.
Mentre se ne va
è bello restare soli.
Si leva di sotto e tu voli.
A soffi, a onde,
il vuoto ti viene addosso.
Sentila che ti scappa tra le gambe
e ti saluta, la verità.
E’ come da bambini,
aggrappati al sedile, quando in macchina
si è scavalcato un dosso.

da Chiarimenti (Marcos y Marcos, 1995)


Località

Dopo lo svincolo,
dove la provinciale incomincia a stringersi
tra i filari di gelsi, ti viene incontro
la cancellata di un condominio
e poi – sulla sinistra – una cascina
con un distributore,
un bar, una bottega di orologiaio.
Non è un paese,
neppure una frazione: dodici case
saranno, su un lato e l’altro del rettilineo.
Una località.
Lì tutte le mattine
siamo in colonna.
In mezzo a una cucina, a pianterreno,
una donna sta ferma
con un vassoio in mano.
Da un marciapiede largo
meno di uno zerbino
due ragazzine ci vedono
chiusi dentro le macchine,
i motocarri, le corriere, i camion.
Da vicino, ci vedono, e anche noi
le vediamo
dondolare sui tacchi.
Passare non si può.
Stare, nemmeno.
Niente si muove, nessuno. Solo la luce
sui cofani, sui muri, sui capelli,
diventa sempre più chiara.
 
da Poesie 1986 -2014 (Mondadori, 2014)


BANDINI Fernando (1931 - 2013)

 


Fernando Bandini (Vicenza, 30 luglio 1931 – Vicenza, 25 dicembre 2013) è stato un poeta e scrittore italiano, docente di stilistica e metrica presso l'Università di Padova.
Nel 1962 pubblicò In modo lampante, la sua prima opera, per i tipi di Neri Pozza. Seguono Per partito preso nel 1965, Memoria del futuro nel 1969 e La mantide e la città nel 1979, questi ultimi due editi da Arnoldo Mondadori Editore.
Le successive raccolte Santi di dicembre (1994), Meridiano di Greenwich (1998) e Dietro i cancelli e altrove (2007) sono state pubblicate da Garzanti. Per quest'ultima opera gli è stato consegnato a Marradi, sabato 6 ottobre 2007, il Premio di Poesia "Dino Campana".
Bandini pur non avendo fatto studi classici scrive anche poesie in lingua latina. "Avevo questo cruccio del latino" ha detto, "leggevo i classici e ne ero affascinato, pur non capendo nulla di quello che era scritto; ma a furia di leggerli sono diventato esperto della loro struttura!".
Fernando Bandini scrive (oltre che in latino e in italiano) poesie in dialetto vicentino. Dice di lui Andrea Zanzotto: «Bandini è un poeta eccezionale tra pacatezza e meditazione; a sua differenza, è un poeta trilingue...» (Andrea Zanzotto a RAI Radio 3)

Raccolte poetiche
In modo lampante, Neri Pozza, Venezia 1962
Per partito preso, Neri Pozza, Venezia 1965
Memoria del futuro, Mondadori, Milano 1969
La mantide e la città, Mondadori, Milano 1979
Santi di Dicembre, Garzanti, Milano 1994 (seconda edizione 1995)
Meridiano di Greenwich, Garzanti, Milano 1998
Dietro i cancelli e altrove, Garzanti, Milano 2007
Quattordici poesie, Edizioni l'Obliquo, Brescia 2010
Un altro inverno, Il Girasole, Valverde 2012
Tutte le poesie, a cura di R. Zucco, Mondadori, Milano 2018
Memoris munus amoris, introduzione, traduzioni, note ai testi di Leopoldo Gamberale, Genova, Edizioni San Marco dei Giustiniani, "Quaderni di poesia", 2019



Padre nostro, se sei tu
che covi le uova celesti
da cui spuntano i mondi,
ed è tua figlia questa cometa
che prolunga la sua morte e rompe il guscio
del firmamento, squittisce le sue miche
di rimasuglio d’astro,
come può l’ala corta della mente
tener dietro al senso dell’universo
senza che tu ti sveli?
E’ breve il passo tra la vita e il niente
di noi mortali, ma lunga la rotta
di questo involucro di stelle.
Insegnaci allora a drizzare
il collo al pane degli angeli
(se c’è quel pane), unisci nel tuo uno
ciò che il tempo divide:
la luce e l’ombra,
la veglia e il sonno, l’amore e il disamore.
Sento solo la voce di mio padre nel vuoto,
tornano dall’azzurro le postille
del suo viso bambino, lo vedo
che guarda la cometa varcando la Porta
di Freiburg imBreisgau, seduto
sopra un carro di luppolo. Ma tu,
Padre nostro, se sei nei cieli,
se vuoi che sia santo il tuo nome,
manda una stella ad annunciare il Regno,
si accenda il suo fulgore
in cielo e nei nostri occhi sulla terra.
Dacci la nostra parte di quotidiana pace,
condonaci il dovere di esserti grati
come facciamo noi
con quelli che ci devono gratitudine.
E non c’indurre nella tentazione
di rinunciare a vivere
per paura dell’eternità.
 
da Il ritorno della cometa (Accademia Olimpica, 1982)



Sono qui nell’ombra declinante degli anni
e leggo sui giornali che sta per arrivare
la cometa di Halley.
Pochi la vedono due volte, c’è
chi nasce dopo il suo passaggio e muore
prima del suo ritorno.
Il suo corno è puntato
verso un futuro che precipita subito
in sale di memorie.
Si rituffava in quella sua
intervallata lunga oscurità
e già l’infanzia dei padri sbiadiva
nei deboli contrasti di una pellicola muta.
Gli uccelli e le cicale
non ricordano niente delle stelle:
per becchi per èlitre
il tempo è una borra di primavere morte.
La fuga indecifrabile delle stagioni terrestri
si fissa in rughe umane.
Da ragazzo ho seguito Gordon Pym
fino all’imbuto bianco che lo inghiotte.
Adesso è tutto conosciuto, tutto
già scritto. Solo il cielo resta chiuso
nei suoi sette sigilli.
 
da Tutte le poesie (Mondadori, 2018)



Versi d’amore

Mi sono detto: bisogna scrivere
versi d’amore,
e ho preso la bava di una lumaca
e ne ho fatto ceralacca per sigillo
di lettere piene di sospiri,
e ho preso sangue di rondine
per farne inchiostro di parole chiare
e ho preso sudore di piedi in corsa
per farne ali di cuori ansanti.
Fallimento. La porta non riceve
che la sua chiave
e chi reca grimaldelli è colpevole.
 
da Tutte le poesie (Mondadori, 2018)


ORELLI Giorgio (1921 - 2013)

 foto© Yvonne Böhler
Giorgio Orelli (Airolo, 25 maggio 1921 – Bellinzona, 10 novembre 2013) è stato uno scrittore, poeta e traduttore svizzero, di lingua italiana. Dopo gli studi universitari a Friburgo (sotto la guida, in particolare, di Gianfranco Contini), Orelli si trasferì a Ravecchia (Bellinzona), dove diventò docente di letteratura italiana, dapprima alla Scuola Cantonale di Commercio, poi al Liceo Cantonale. La sua poesia, in parte appartenente al filone post-ermetico, a tratti avvicinata a quella Linea Lombarda anceschiana che però è ricca di grazia musicale (notevole è l'attenzione - non solo poetica, ma anche critica - di Orelli per la dimensione fonosimbolica) e si caratterizza per una sua ironica ambiguità. Giorgio Orelli, oltre ad essere uno dei più importanti poeti in lingua italiana del dopoguerra, fu un profondo conoscitore della letteratura italiana (che venne sviscerata nel saggio Accertamenti verbali), traduttore di Goethe e narratore. Vinse il Gran Premio Schiller, il Premio Dessì nel 1989; nel 2001 gli venne assegnato il Premio Chiara alla carriera e nel 2002 il Premio Bagutta.
Era cugino dello scrittore Giovanni Orelli.

Poesia
Né bianco né viola, Lugano, Collana di Lugano, 1944.
Prima dell'anno nuovo, Bellinzona, Leins e Vescovi, 1952.
Poesie, Milano, Edizioni della Meridiana, 1953.
Nel cerchio familiare, Milano, Scheiwiller, 1960.
L'ora del tempo, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1962.
6 poesie, Milano, Scheiwiller, 1964.
5 poesie, con 5 seriografie di Madja Ruperti, San Nazzaro (Gambarogno), Serigrafia San Nazzaro, 1973.
Sinopie, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1977.
Spiracoli, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1989.
Rückspiel - Partita di ritorno, Italienisch und Deutsch, ausgewählt und übersetzt von Christoph Ferber, mit einem Gespräch zwischen Giorgio Orelli und Alice Vollenweider und einem Nachwort von Maria Antonietta Grignani, Zürich, Limmat Verlag, 1998.
Il collo dell'anitra, Milano, Garzanti, 2001.
Sagt es den Amseln – Ditelo ai merli, italienisch und deutsch, ausgewählt und übersetzt von Christoph Ferber. Mit einem Nachwort und einem Gespräch mit Giorgio Orelli von Pietro De Marchi. Zürich, Limmat Verlag, 2008.
Tutte le poesie, a cura di Pietro De Marchi, introduzione di Pier Vincenzo Mengaldo, bibliografia di Pietro Montorfani, Milano, Arnoldo Mondadori Editore "Oscar poesia", 2015.



da L’ora del tempo

SERA A BEDRETTO

Salva la Dama asciutta. Viene il Matto.
Gridano i giocatori di tarocchi.
Dalle mani che pesano
cade avido il Mondo,
scivola innocua la Morte.

Le capre, giunte quasi sulla soglia
dell’osteria,
si guardano lunatiche e pietose
negli occhi,
si provano la fronte
con urti sordi.

*

CARNEVALE A PRATO LEVENTINA

È questa la Domenica Disfatta,
senza un grido né un volo dagli strani
squarci del cielo.
……………….Ma le lepri
sui prati nevicati sono corse
invisibili, restano dell’orgia
silenziosa i discreti disegni.

I ragazzi nascosti nei vecchi
che hanno teste pesanti e lievi gobbe
entrano taciturni nelle case
dopocena: salutano con gesti
rassegnati.
…………….Li seguo di lontano,
mentre affondano dolci nella neve.

*

A UNA BAMBINA TORNATA AL SUO MARE

Ti dirò, Grazia, che
posso pensare a capre,
a sere scivolate lungo schiene
curve di vacche ai pascoli.
Da quanto tempo è chiusa
la stanza dove ho inciso il mio nome
senza superbia,
scritto i miei primi versi. Fermi i groppi
del soffitto, che un tempo erano occhi.
Morte le vecchie zie.
……………..Ma i ruscelli hanno agli orli
del loro canto il più giovane verde.
E raggio insieme a raggio
del sole posso sentire posarmi
in quest’ora sul corpo, e non mi lagno
se come un vecchio dentro ne risuono.
Volentieri perdóno
al vento e in un esiguo prato
m’arresto a ricordare
te che immersa nell’erba mi gridavi:
«Guarda, nuoto nel mare».

*

A MIA MOGLIE, IN MONTAGNA

Dal fondo del vasto catino,
supini presso un’acqua impaziente
d’allontanarsi dal vecchio ghiacciaio,
ora che i viandanti dalle braccia tatuate
han ripreso il cammino verso il passo,
possiamo guardare le vacche.
Poche sono salite in cima all’erta e pendono
senza fame né sete,
l’altre indugiano a mezza costa
dov’è certezza d’erba
e senza urtarsi, con industri strappi,
brucano; finché una
leva la testa a ciocco verso il cielo,
muggisce ad una nube ferma come un battello.
E giungono fanciulli con frasche che non usano,
angeli del trambusto inevitabile,
e subito due vacche si mettono a correre
con tutto il triste languore degli occhi
che ci crescono incontro.
Ma tu di fuorivia, non spaventarti,
non spaventare il figlio che maturi.

***

da Sinopie

A GIOVANNA

C’era una gran calma. E poiché
non eri riuscita a mangiare il carillon
né il leprotto né il barboncino bianco
né quell’altro bestiolo che neanche tua madre
sa se sia un asinello o un cavallino
o altro che ai nostri tempi scarseggia,
dopo l’amen del rutto ti portammo un po’ fuori.

C’era proprio una gran calma domenicale, e una nebbia
leggerissima, tinta d’azzurro
donde a un tratto emergevano castelli
senza una goccia di sangue, pali
da vigna bianchi, toccati
di verderame, fuggenti sui pendii,
rocce striate di sonno.

………………..Oh non vacillavamo nella nebbia
tua madre ed io, tu ci tenevi d’occhio
anche dormendo, andavamo pian piano,
molto di qua dal fiume andavamo pian piano
su quell’isola appena riemersa, tra quei pascoli alti,
per campi lieti di trasudare,
e dalla nebbia innocente giungevano gridi
simili a quelli dei tuoi piccoli animali,
e avessi visto come correva l’agnello
colore del prato invernale
dov’era rimasto solo.

A metà strada incontrammo altre madri,
altri padri, con la Paola nata
poco prima di te, con la Maura nata poco dopo,
ma tu ti chiamavi Giovanna, e, mentre le mamme
che non si conoscevano, nemmeno dalle lezioni serali
di ginnastica (senza cappello la tua, quel cappello
per cui cento pernici sono morte),
dicevano il colore degli occhi e dei capelli
e il tempo non passava, noi padri, vecchi amici, un po’ più [in là,
per far qualcosa ci coprimmo di nebbia
a segno che le madri ci chiamarono
come fossimo andati lontano.

Tornammo per la strada maestra
e fu tutt’altra cosa: la nebbia inghiottiva i palazzi,
convocava timori intorno a noi.




GRANDE Adriano (1897 - 1972)


Adriano Grande (Genova, 1º luglio 1897 – Roma, 1972) è stato un poeta e pittore italiano. Adriano Grande è stato un rilevante poeta del novecento italiano, nato a Genova nel 1897 e vissuto a Roma dal 1934 fino alla sua scomparsa avvenuta nel 1972.
Apparteneva alla cosiddetta “linea ligure” di quel gruppo di poeti post-vociani e post-rondisti che, nel primo dopoguerra, diedero nuova e vigorosa fioritura alla lirica italiana sollevandola su piano europeo. Ha fondato e diretto le riviste letterarie Circoli, Maestrale e dal 1960, avvicinatosi a gruppi cattolici, Persona.
Ha cominciato a pubblicare poesie nel 1920 sul Baretti di Piero Gobetti, presso le cui edizioni apparve nel 1926 il suo primo libro Avventure. Prese parte alla guerra d'Etiopia, di cui lasciò testimonianza nel diario La legione Parini e in Poesie in Africa.
Della sua poesia si è interessata, negli anni, la più rigorosa critica letteraria, osservando tra l'altro come, nelle avventure formali della lirica del novecento, nate da esperienze antiretoriche e da esigenze di sintesi lessicale e musicale, l'opera di Adriano Grande abbia sempre tenuto fede alla linea melodica connaturata all'italiano, puntando su un ideale di perspicua classicità intesa in senso moderno, pur senza mai cedere alla moda del gratuito analogismo che per anni tenne il campo in Italia.
La sua ispirazione si giovava d'un apprendimento pittorico ed elegiaco della realtà naturale, e sfociava in un senso cristianamente religioso dell'esistenza. Come poeta ha riportato diversi premi (“Siena”, “Taormina”, “Roma”, “Napoli”, “Bergamo”, “Fiuggi”, ecc.) e come narratore anche un premio “Teramo”. È stato anche autore di teatro: una sua specie di farsa filosofica, Faust non è morto, rappresentata a Roma nel 1935, è stata un manifesto per il ritorno allo spettacolo di poesia. Un altro suo dramma, Gli angeli lavorano, fu premiato a San Miniato.
Dall'età di sessant'anni si è dedicato alla pittura, e quale pittore naïf è stato invitato alle maggiori mostre nazionali e straniere ed ha tenuto varie personali, con notevole successo.

Opere di Poesia
Avventure, Torino, Edizioni del "Baretti", 1927.
La Tomba verde, Torino, Buratti, 1930.
Nuvole sul greto, Genova, Edizioni "Circoli", 1933.
Alla pioggia e al sole, Lanciano, Carabba, 1936.
Poesie in Africa, Firenze, Vallecchi, 1938.
Strada al mare, Firenze, Vallecchi, 1943.
Fuoco bianco, Torino, Edizioni della Meridiana, 1950.
Preghiera di primo inverno, Roma, Ubaldini, 1951.
Canto a due voci, Siena, Edizioni Maia, 1953.
Consolazioni, Roma, Edizioni del "Fuoco", 1955.
Avventure e preghiere “scelta”, Roma, 1955
Su sponde amiche, Padova, Rebellato, 1958.
Stagioni a Roma, Padova, Rebellato, 1959.
Acquivento, Sarzana, Carpena, 1962.
Avventure e La Tomba verde (ristampa), Milano, Mondadori, 1966.
La Tomba verde (ristampa), Genova 2003



 ALLA PIOGGIA E AL SOLE
Di pochi fiori un vaso
come in un bosco in cuore
nascondo. Si rallieta
del sole che goder per brevi istanti
gli è dato fra le ombre
stormenti.
                    Se resta lontana
l’ebbrezza della loggia
dove la luce ride ogni momento,
il mare incendia, il cielo,
le strade e i campi; se lo bagna a caso
la pioggia
per troppe dita di foglie filtrata,
ormai, di giorno in giorno,
sembra che i taciturni
colori gli ravvivi un misterioso
succo di gioia: e gli occhi di chi guarda
ne sian chiamati, con stupor leggero,
ad obliar le grandi piante intorno.



Vela
Io non ricordo cosa
più lieve di una vela
che sfiora in primavera
all'alba il ciel di rosa.
Guardandola passare
ad un chiaro viaggio
sùbito il cuore anela.
Come pe 'l vento l'erba
tremola un poco il mare.
Cielo color di gota
bambina, onda gremita
di fiori: ah, perchè giovane
non è più la mia vita?
Al lento risciaquìo
dell'acqua sulla rena
trovo una voce antica
per questa nuova pena.
Nel primo tempo mio
tutto in pensieri avvolto
a questa voce amica
non seppi dare ascolto.
Ora vorrei salpare,
o giovinetto maggio,
con te, verso le rive
che corri ad esaltare.
Giorni di leggerezza
distesa, fioriture
stupite a me s'accostano
nel lieto navigare...
Inutile miraggio!
Presso la spiaggia immobile,
come una barca frusta,
timor della tempesta
mi tiene all'ancoraggio.



Tralci

T'apri nella memoria
 t'apri nei sentimenti
lontano cielo di Liguria. Incongruo
 baglior di gioventù
fuori stagione, ai grappoli
delle acacie e dei glicini
in fiore nelle assorte
ville laziali rechi
stasera l'aria di laggiù, soave
in primavera: l'aria
dei freschi stordimenti
che han le storie d'amore
tra adolescenti.

In me ritrovo tralci lunghi e turgidi
di rose e rose. Nella mia Liguria
eran talmente densi
ai bordi delle strade
che vanno al mare! Da muri e spalliere,
da siepi e pergolati
calavano alle rive, alle scogliere,
sonagliere d'odore.
Sotto le foglie secche
di tanti anni sciupati, tra le nere
ombre della mia vita,
nulla di più felice,
nulla di più squillante e profumato
m'è dato ritrovare.

1957


#stranieri / BOBROWSKI Johannes (1917 - 1965)

  Johannes Bobrowski (Tilsit, 9 aprile 1917 – Berlino Est, 2 settembre 1965) è stato uno scrittore e poeta tedesco. Nacque nell'odierna ...