Giuseppe Villaroel (Catania, 26 ottobre 1889 – Roma, 10 luglio 1965) è stato un poeta, giornalista, scrittore e critico letterario italiano. Insegnante, fu curatore di antologie, dell'aggiornamento del Nuovissimo vocabolario della lingua italiana di Niccolò Tommaseo (Milano, Istituto editoriale moderno, 1938) e di un fortunato commento alla Divina Commedia (La divina commedia, commento a cura di Giuseppe Villaroel; revisione di Guido Davico Bonino e Carla Poma; con uno scritto di Eugenio Montale, Milano, Arnoldo Mondadori editore, 1985).
Entrò nel giornalismo nel 1915 e fondò e diresse il Giornale dell'Isola letterario a Catania; fu critico letterario del Secolo-Sera a Milano dal 1925 al 1935, del Popolo d'Italia dal 1935 al 1943. Ha collaborato, come articolista di terza pagina alla: Gazzetta del Popolo, al Corriere della Sera, al Messaggero, ecc. Fu collaboratore del Giornale d'Italia, del Resto del Carlino, della Nazione, del Mattino, della Fiera letteraria. Ha pubblicato dieci volumi di poesie, due romanzi, due volumi di novelle, tre volumi di critica e studi letterari. Ha vinto otto premi di poesia: "Viareggio", 1930, "Accademia d'Italia", 1932–1933, "Fusinato", 1935; "Goethe", 1937; "San Remo", 1938; "Columbus", 1951; "Valdagno", 1951.
Prolifico critico letterario, narratore e poeta, scrisse, tra gli altri, Il secolo dei panni al sole (Milano, Ceschina, 1959); Giufà: romanzo comico e grottesco per i ragazzi di tutte le età (Milano, La Prora, 1934); La donna e il vortice (Milano, Ceschina, 1935); Via Etnea (Milano, Ceschina, 1956); Ingresso nella notte (Firenze, Vallecchi, 1943); Quasi vento d'aprile, con una premessa critica di Francesco Flora (Milano-Verona, A. Mondadori, 1956); La tavolozza e l'oboe (Milano, Studio editoriale Lombardo, 1918); La bellezza intravista (Roma-Milano-Verona, A. Mondadori, 1923); Ombre sullo schermo (Milano, Alpes, 1930); e il racconto per ragazzi, Cocoriello Testadura (Torino, Società Editrice Internazionale, 1961).
Dopo l'armistizio di Cassibile aderì alla Repubblica Sociale Italiana. La sua vena poetica, in origine vicina al Decadentismo, è andata evolvendosi verso toni di ispirazione amorosa, sempre contenuti e controllati.
1910 - I chiostri dell'anima - ed. Vita letteraria, Roma
1914 - Le vie del silenzio - ed. Puccini, Milano
1918 - La tavolozza e l'oboe - ed. Taddei, Ferrara
1918 - Lampada votiva - ed. Stabilimento Industriale Tipografico, Catania (in memoria della prima moglie Sara Nicolosi, morta il 25/10/1918, con illustrazione in copertina di Ercole Patti; ripubblicata in appendice a "La Bellezza intravista").
1923 - La Bellezza intravista - ed. Mondadori, Milano (Premio Fucinato)
1929 - Ombre sullo schermo - ed. Alpes, Milano (Premio Speciale Viareggio Poesia)
1933 - Il cuore e l'assurdo - ed. La Prora, Milano (Premio Accad. d'Italia)
1938 - Stelle sugli abissi - ed. Mondadori, Milano (Premio San Remo)
1943 - Ingresso nella notte - ed. Vallecchi, Firenze (Premio Goethe)
1948 - Poesie d'amore - ed. Maia, Siena (Premio Columbus)
1951 - L'uomo e Dio - ed. Maia, Siena (Premio Valdagno)
1956 - Quasi vento d'aprile - ed. Mondadori, Milano
Tramonto
I blocchi delle case fuori cinta
s'alzano cupi. È l'ora grigioperla.
La luna è incerta. Sembra di vederla
venire, quasi, nella sera stinta.
E la città, nell'ultimo barlume,
pare scolpita in fondo all'orizzonte,
vista, così, fra le sue guglie e il ponte
che la cavalca sul veloce fiume.
Poi per le piazze, è un'alta luminaria
di globi. E il cielo, fra camini e antenne,
s'apre, come il volume delle strenne,
nell'azzurro pulviscolo dell'aria.
C'è una parte di noi che sempre migra
C'è una parte di noi che sempre migra,
rondine a fior di cielo e a fior di mare:
una parte di noi che si stupisce
d'ogni foglia sui rami, ove la luna
s'impiglia a primavera e s'addormenta.
Vita; fatta di pianti e di sorrisi,
tutto è prodigio nei tuoi occhi e luce;
sei la farfalla della casa, e squilli
come il campanellino degli agnelli,
corri le stanze, passi fra le tende
in un leggero rùfolo di vento,
quando arriva l'estate e chiaro è il giorno.
Cosi io fui come tu sei: e nulla
lasciò il mio giorno dentro il triste cuore
che avesse ansia di volo e fruscio d'ali.
Cosi sarai come noi fummo; e pure
altre voci, altri frusci attorno a te
passeranno con brividi d'amore,
come tu passi attorno a me, leggiera.
C'è una parte di noi che sempre migra,
rondine a fior di cielo e a fior di mare;
una parte di noi che si stupisce
d'ogni foglia sui rami, ove la luna
s'impiglia in primavera e s'addormenta.
Casa di mia gente
Sempre ritorno fra le tue pareti,
come a un rifugio, o casa di mia gente!
Nessuno albergo mai, nessun ostello,
per varie plaghe, fu più seducente
del tuo silenzio, ove, dal lungo esilio,
vengo a sanarmi d'ogni mia ferita,
in colloquio coi morti che mi amarono
perché nacque da loro la mia vita.
Tu sola ridi, o casa di mia gente;
tu sola resti, in mezzo alla rovina
di tutti i sogni miei tristi e mendaci,
nell'ora "di mia vita che declina!
Tu sola vieni, o casa di mia gente,
al mio ricordo ed alla mia speranza,
e, nel mio folle errore senza quiete,
questa sola dolcezza oggi mi avanza.
Tornerò bimbo sulle tue
terrazze,
guarderò, nelle notti, le tue stelle
tremare sulle
torri delle chiese;
ci sarà il canto delle mie sorelle,
ci
sarà l'ombra di mia madre e il grido
del vecchio gallo, all'alba,
nei cortili
e, dalle tue finestre, nell'azzurro,
vedrò
spuntare i rinascenti aprili.
E sarà la mia gioia e la mia
pace:
l'unica gioia che può dare il mondo
l'unica pace che può
dar la vita:
vivere sotto il bel sole giocondo
di nostra terra,
quello che ci fulse
negli occhi quando noi fummo creati
e
morire cosÌ, serenamente,
accanto ai nostri morti e ai nostri
nati.
Nessun commento:
Posta un commento