Alessandro Mantovani
GEOGRAFIA SOMMERSA
Mar dei Sargassi edizioni
collana Apnea
giugno 2025
pp. 144, euro 15
ISBN 9791280720252
I luoghi sono collisioni di coordinate impazzite, ce lo racconta bene Alessandro Mantovani, in questo suo libro d’esordio, questo Geografia sommersa che racconta la compresenza di spazio, tempo, memoria, passato e futuro attraverso una periegesi in luoghi di volta in volta popolati da voci o deserti, umani e creature paradossali. I luoghi che si incontrano sono reali o immaginati, passati o futuri, ma in tutti si sovrappongono voci, ricordi e utopie. Come un atlante vivente, la raccolta ci proietta in storie lontane ma simultanee tra di loro, nel tentativo di restituire l’espansione delle coordinate antropiche come sempre più lunga nel tempo e nello spazio, eppure compresente. Il coro che si leva, contemporaneamente, da più posti, si armonizza quasi su una voce unica che racconta un mondo di soglia – fisica e mentale – dove regnano il fallimento, l’angoscia e la reiterazione. Un’epica della sconfitta e dei tentativi, che bene funziona come metafora di un tempo, questo, pieno di dolore.
Cinque poesie
VIA WALTER FILLAK – CADUTO PER LA LIBERTÀ
TAPPA II
Aspro poi era traversare la farmacia.
Fuori, il distributore di preservativi
lo chiamava come da un’altra era,
era un idolo malvagio e lui,
mai solo nei suoi nove anni,
storceva l’occhio sinistro
allungando la smorfia in una curva
per un solo assetato sguardo.
Così gli dilagava dentro tutta
la vergogna della libidine ed era
già un vecchio pelato che sbava
o una scimmia con il ramo, il fuoco
e il tamburo, in una grotta di violenza
e falli eretti.
Dalla macchinetta irradiava
la volontà del sopruso, una redenzione
fatta di vendetta che passa
attraverso il dolore degli altri.
Così il suo sguardo diventava una frattura
e sognava culi e bocche di femmine
da sbranare con i suoi nuovi
artigli, fare a pezzi con le zanne
e non limitarsi, ma godere – perché no –
di ogni liquido, ogni tessuto molle.
Era il delirio della morte, l’aculeo
che scoppia il mondo e tutti, tutti,
sottomessi a chiedere pietà.
La madre, cogliendo uno strano indugio,
lo tirava sempre per la mano.
Vedeva solo l’occhio destro.
*
PIAZZA DEL MONASTERO
Ispira santità il nome dello slargo
dove Alberto è diventato esperto
di puttane. Tutte le notti – a casa
o in compagnia – il suo pensiero
è corroso dalle fiche e dalle gambe
quelle con i peli quelle glabre – la negra
come dice lui, la bassa, la bulgara
e il potere infinito di rubare la macchina
di sua madre e andare come si fa al mercato
e Alberto freme perché tutto finisca:
la ragazza dello spritz, gli amici gagliardi,
le pizze, tutto finisca, oppure si contorce
in scuse per stare solo e sibila bestemmie
agognando a spazi migliori e tempi e attrezzi
per appenderle e con le mollette rompere
capillari. Ma Alberto ha vent’anni e studia,
i soldi li ruba poco a poco anche agli amici
per la sua ronda di manie: gira l’occhio e la ruota,
si gratta il cranio, smascellando Alberto
domina il mondo la notte con insulti
e i corpi rifiutando testimoni, la vergogna
del suo pianto velenoso, il suo viscido ventre
da iguana che cova uova di rettile,
succhia il sangue e lascia buchi,
la vita vissuta come una contusione.
*
VIA MATTEO VINZONI –
Ci sono volte che quando cammina
giù per la discesa, Federico
sente poderose gonfiarsi attorno a sé
le opprimenti labbra del mondo.
Allora corre per la scalinata
– che un ricordo di bambino
ha chiamato “la discesa dei drogati” –
ma ogni volta di specchiarsi spera
in uno con la siringa appesa al braccio
oppure incastrata tra le dita
dei piedi. Prega di alzare
un cappuccio e specchiarsi
nei loro occhi di melassa e zenzero
e potersi dire in una culla di pietà,
dimenticare: il bus alla fermata, le aule
dell’università, i libri oppure
schiacciarsi così tanto contro il muro
e trovare finalmente una crepa
dove incistarsi ed essere lui
un guardiano un’anima buona
e compagna alla marcescenza
dei cadaveri squagliati negli Agosti,
il petrolio primordiale delle città.
*
VIA WALTER ULANOWSKI – CADUTO PER LA LIBERTÀ
Emanuele passa i suoi trent’anni
celandosi in sentieri sempre più stretti;
i suoi interlocutori: spezie, erbe, lucertole
poi qualche pozza o rivo tra i ciottoli.
E a loro dire come vivere sembri
un gioco di specchi, ora che tutto è
una lotta, ora che tutto è feroce
nel mantenere una dignità sotto
i tagli imposti dal tempo, lui,
con la sua pesante bilancia,
luminosa quando salva destini.
Ma una notte Emanuele ha sentito il rumore
di passi stendersi su per la cucina
e ha tremato. Pensava al suo possesso,
ai beni, le sue teche, la televisione
sempre più grande. E invece era
suo padre sotto il faro
di un’era sgretolata che apriva
le braccia mostrando ancora
il suo cinema privato, l’angolo
delle chincaglierie, lo guardava
con gli occhi della fine
chiedendo che ancora una volta,
prima di arrivare nell’altrove,
fosse il tempo di una misera scenografia
o di un film mandato a memoria.
La chiave di un linguaggio d’amore
da portare con sé e così
forse sopravvivere.
Stava in questo modo al centro della sala
e della notte, attorniato lui dai cani,
un’ombra di spavento e ossa
oltre il confine del respiro
ed Emanuele è il bambino
braccia paffute il mondo
che stringeva in un bisogno,
ma ora, uomo della nostalgia,
solleva il cumulo di pelli
che è suo padre e lo accompagna,
lo sguardo trafitto di un eroe.
*
MONASTERO DI OSTROGH
Ritirato nella posizione del cane
seguo improbabili le tracce
di un tempo non più mio.
Non una tana da difendere
o un sogno, un poggiare di pietre,
ma solo un ritardo biologico
ineccepibile e puntuale per il quale,
qui disperso, non bastano gli alfabeti
né gli dei.
Quando febbrili le costellazioni la notte
imbrogliano i miei sogni di veleni e
il futuro appare un bacino inquinato,
mi folgora un lettino nella campagna
di Balestrate, una porta semichiusa
per non far entrare i ratti, i piedi
anneriti dalla festa, tuo padre che pota
i nespoli e io lì già pendente nel mio Luglio
le gambe chiuse al petto, impossibile la parola.
Alessandro Mantovani (1991) laureato in filologia classica, collabora con l’università dell’Insubria e insegna lingue classiche nei licei di Milano. Come giornalista si occupa del rapporto tra città e narrazioni della città; immagini e approcci cartografici nella letteratura e di critica letteraria. Ha scritto articoli per riviste e giornali tra cui Il tascabile, Domani, L’indice dei libri del mese, Alias Urbano e collabora con il quotidiano Il Foglio. Geografia sommersa è la sua prima raccolta di poesie.
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