martedì 3 giugno 2025

RICCARDI Antonio (1962 - viv.)

 

Antonio Riccardi (Parma, 1962) è un poeta, scrittore e critico letterario italiano. Nato a Parma ma originario di Cattabiano, frazione del comune di Langhirano, ha conseguito la laurea in Filosofia presso l'Università degli Studi di Pavia. Per le sue opere ha ricevuto, tra gli altri, il Premio Dessì, il Premio Brancati, il Premio Mondello e il Premio LericiPea. È stato direttore letterario della Mondadori e direttore editoriale della SEM (Società Editrice Milanese), fondata da Riccardo Cavallero. Dal 2019 è direttore editoriale della casa editrice Aboca.
 
Opere di Poesia

Il profitto domestico, Milano, Mondadori, 1996; Milano, il Saggiatore, 2015
Gli impianti del dovere e della guerra, Milano, Garzanti, 2004
Argonauta con sirena, Milano, Quaderni di Orfeo, 2007
Aquarama e altre poesie d'amore, Milano, Garzanti, 2009
Tormenti della cattività, Milano, Garzanti, 2018
Poesie 1987-2022, prefazione di Roberto Galaverni, Milano, Garzanti, 2022



La sirena copriva la città col sacrificio

La sirena copriva la città col sacrificio.
A lungo ho sentito solo sentito
la voce della sirena.
Saliva regolando la vita della pianura
e limava ogni cosa al dovere
voltando da sotto la città satellite.

da Gli impianti del dovere e della guerra (Garzanti, 2004)

*

Solo una volta ho visto piangere

Solo una volta ho visto piangere
mio padre, una sola al principio
della sua tenebra e mai più.
Piangere come piange chi si oppone
da solo alla vita che si disfa
inclemente, ormai paurosa.
Nessun armistizio nella discesa
nessun risanamento a portata.
Solo io che mento sul futuro.

da Tormenti della cattività (Garzanti, 2018)

*

VULCANO CONCORDIA UNIONE VITTORIA

Coperta di cenere la città
di Vulcano e di Concordia
la mia caccia è stata in casa
nel bosco delle reliquie
secondo l’ombra che si figura
a Cattabiano.

*

Sale dal buio al mattino questa città
in credito d’aria, sfiduciata
nella polvere del ferro.
Dovrò tornare dal bosco reliquiario
e scavare nel bosco in rovina
tra gli impianti dismessi
di Unione e Vittoria
per vedere salire la nuova città
e avere per noi un’altra natura.
(1990)
 
ENIGMA SOGNATO IN FORMA DI ALFABETO

Ancora in sogno, mio padre plana
dal grande ciliegio del Madone
come se niente fosse e planando
mi parla sottovoce, senza affanno
del nostro podere oggi mal tenuto
a pensarlo nel suo splendore
cinque generazioni prima di noi
quando a tenerlo era Pietro Giovanni
appena chiuso il secolo dei Lumi
e con quello se dio vuole la deriva
la smania di cambiare le cose buone
tanto bene e a lungo pensate.
Non erano mai stati da un’altra parte
in nessun posto, via da Cattabiano
dice piegando le ali
come per dire: bisogna capire
aver pazienza con i morti
a volte più che con i vivi…
E per sigillo
prende uno stecco di sambuco
segna in terra vicino a me
due parole con due segni a croce
e un fiore dentro un anello aperto
per dirmi qualcosa che devo capire
un codice che io però non vedo,
non so vedere.
Poi cancella con la mano a taglio,
un gesto largo dal basso in su
e segna in terra una lettera alla volta
per farmi vedere l’enigma del futuro
in forma di alfabeto.
(2018)

da “Poesie sparse”

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