lunedì 2 giugno 2025

COMI Girolamo (1890 - 1968)

 

Girolamo Comi (Casamassella, 23 novembre 1890 – Lucugnano, 3 aprile 1968) è stato un poeta italiano.
Girolamo Comi, uomo di nobili origini (Barone di Lucugnano, in provincia di Lecce), dopo aver compiuto studi irregolari in Svizzera dal 1908 al 1912, esordì in poesia pubblicando a Losanna la raccolta Il Lampadario (1912); dopo, soggiornò a Parigi e qui venne a contatto con i maggiori esponenti della poesia simbolista del primo Novecento. Tornato in Italia per il richiamo alle armi nel 1915, fu presto riformato e dichiarato inabile alla guerra grazie all'intercessione dell'influente suo zio Antonio De Viti De Marco. Sposatosi nel 1918 con Erminia De Marco, dimorò dal 1920 al 1946 a Roma, ove animò cenacoli poetici orfico-misteriosofici che già esistevano da tempo nella Capitale, incontrandosi spesso con Arturo Onofri e -tra gli altri- con Julius Evola, Nicola Moscardelli ed Ernesto Buonaiuti.
Venne introdotto anche nel salotto romano della baronessa Emmelina De Renzis, antroposofa e traduttrice in italiano di opere steineriane; ispirato da Arturo Onofri, realizzò con lui e per anni, sino alla scomparsa nel 1928 del poeta romano, discepolo di Rudolf Steiner, un fondamentale sodalizio poetico. Dal 1927 fece parte del circolo esoterico Gruppo di Ur, pubblicando, con lo pseudonimo «Gic», sulla rivista del gruppo alcune parti della poesia Cantico del tempo e del seme (oggi in Krur 1929, Roma, Tilopa, 1981, pp. 274-276). Nel 1930, scrisse per la rivista da Evola fondata e diretta, La Torre (fatta chiudere dopo dieci numeri, per ordine di Achille Starace); e, alcuni anni dopo, contribuì, assieme ad altri suoi compagni di UR e in sinergia ideale con altri autori, anche stranieri (trai quali Paul Valéry) al Diorama Filosofico: pagina incentrata su temi d'orientamento Tradizionale e a cura di Julius Evola, pubblicata sul Regime fascista, quotidiano cremonese a diffusione nazionale fondato e diretto da Roberto Farinacci. Nel 1928, Comi fondò la propria casa editrice Al Tempo della Fortuna che pubblicava libri di poesia suoi e di amici come lui cognitivamente ispirati, come Nicola Moscardelli e Arturo Onofri, dal pensiero di Rudolf Steiner.
Nel 1933 avvenne la sua conversione al cattolicesimo. Successivamente, il poeta sviluppò un particolare concetto di "cattolicesimo aristocratico" e si avvicinò all'ortodossia fascista, alternando il prosieguo della scrittura poetica a prose di carattere politico-filosofico-morale (Aristocrazia del cattolicesimo, 1937).Ma nel corso della Seconda Guerra mondiale, la sua precedente adesione politica al fascismo si rarefà sino ad estinguersi.
↵Nel 1946, separatosi dalla moglie, tornò stabilmente nella sua tenuta di Lucugnano, dove diede vita all'Accademia Salentina e alla rivista letteraria L'Albero, cui aderirà anche il celebre critico letterario Oreste Macrì. Sempre in questo periodo avviene il suo particolare esperimento economico-commerciale, dell'Oleificio Salentino, un'opera d'imprenditoria solidale che tuttavia determinò in breve tempo, specie per via di guasti tecnici irreparabili ai macchinari in uso, la rovina finanziaria del Poeta. Intanto, la sua ulteriore raccolta poetica Spirito d'armonia (1954) gli conferiva chiara fama anche presso le più giovani generazioni colte d'Italia.
Incalzato da pesante problema finanziario, nel 1961 vendette il palazzo avito alla Provincia di Lecce, con la scelta di destinarlo a pubblica biblioteca e abitandovi d'allora come custode e bibliotecario. Nel 1965 sposò la sua domestica Tina Lambrini, assunta dal 1948: lei col passar degli anni divenutagli un affettuoso sostegno morale. Visse e si spense a Lucugnano nell'affetto dei suoi compaesani: lo avevano spiritualmente e materialmente sostenuto durante i suoi ultimi anni d'esistenza.
Personalità minore ma complessa nell'ambito della letteratura italiana del Novecento, Comi seppe soprattutto in gioventù recepire le più vive istanze culturali europee, partendo da un originario ermetismo fino a pervenire a un'espressività progressivamente più nitida e cristallina.
Voltosi alla visione di un «ordine magico e misterioso che governa il cosmo», recepì inizialmente il simbolismo di matrice francese, passando attraverso una tendenza metafisica piuttosto complessa ed enigmatica, giungendo infine all'elaborazione di un cattolicesimo intenso ed evoluto,[6] in cui il panismo sensuale non manca di slanci spirituali e di aperture a un lirismo d'immediata efficacia.

Opere
Girolamo Comi - Poesie 1918-1928.
Girolamo Comi - Cantico del Tempo e del Seme.
Girolamo Comi - Nel grembo dei mattini.
Girolamo Comi, Aristocrazia del cattolicesimo, Modena, Guanda, 1937.
Girolamo Comi, Sonetti e poesie, con uno scritto di Arnaldo Bocelli, Milano, Ceschina, 1960.
Girolamo Comi, Opera poetica, a cura di Donato Valli, Ravenna, Longo, 1977.
L'Albero, rivista dell'Accademia Salentina(antologia 1949-1954); premessa di Maria Corti. Milano, Bompiani, 1999.
Girolamo Comi, Spirito d'armonia, a cura di Marco Albertazzi, con un saggio di Donato Valli, Lavis, La Finestra editrice, 2001, 2015.
Girolamo Comi, Poesie. Spirito d'armonia. Canto per Eva. Fra lacrime e preghiere, a cura di Antonio Lucio Giannone e Simone Giorgino, con saggi di Antonio Lucio Giannone, Simone Giorgino, Fabio Moliterni, Neviano, Musicaos Editore, 2019.



CANTICO DEL SUOLO

Sgretolìo d’arie mineralizzate
nell’immobile impeto che arma
la mia zolla di un’ansia antica e calma,
perché solare e tutta vellutata
d’inviolabile verginità — canti
in alberi, in parola e in prati infanti
la radice che mi è stata donata…
Nel mio stare, rimuovermi e spaccarmi
in memorie di scheletri e in volumi
di letargici umori e buio d’occhi,
io mi ripeto in spirito ed in carni
di forze caste ed intensi barlumi
di sapori di cielo ininterrotti.
Membra di luce spente in sordi suoni
di magnetici passi — ed in figure
di miti, di voleri e d’abbandoni,
pesano sulle inerzie vigili ed oscure
dei miei corpi gremiti di stagioni…
E la mia grezza purità si compie
— fra climi inquieti e tra fami mute —
in selve di continua salute
e in spaziosità di tombe e d’ombre.
Saturo di cascami d’elementi,
mi seleziono in aridità d’aspri
strati d’attesa — e fecondato d’astri
suscito nelle lave e nei fermenti
delle mie moli e dei miei giacimenti,
respiri di diaspri e d’alabastri.
E so volere e alimentare la potenza
che langue nel marciume e vibra nei basalti
del mio asse tutt’ossa e tutto smalti
d’erbosi succhi e di sonora essenza.
Solarità del mio quarzo — salive
dei miei fossili sali — ère boschive
dei miei catrami, dei miei crolli bruschi
in falde di miniere velate di muschi…
tutte vi spremo ridandorvi il meglio
d’ogni mio sonno e d’ogni mio risveglio…
Fibre dorate di respiri — e linfe
d’idee, di dèi, d’animali e di ninfe
si son rifatte morbide strutture
di magici equilibri — o sono steli
— nell’eco cava delle mie fratture —
di risonanze sottili di cieli…
Coi miei blocchi di vertebre montani
e con le mie epidermidi sative
combaciano tenacie votive
di ritorni di soli e di fogliami:
e ogni consumo di faune e di flore
che mi solca e mi colma — m’affratella
alla natività d’una zolla gemella
che si risolve in pollini d’aurore


SPIRITO D’ARMONIA (1939-1952)
PAGANESIMO DI ADAMO
1
…ho fame ancora di cose terrestri,
di oscuri umori di vita, di forme
tanto più dolci quanto più vi dorme la morte…
…(paesaggi che il mio fiato ha fatto densi
di consistenze quasi umane, adoro
con la malinconia di tutti i sensi
il vostro autunnale alito d’oro…)
Ho desiderio ancora
di stagioni caduche ove si spegne
la bellezza goduta, la memoria
di un’età consumata e di ore pregne
della malinconia della mia gloria…
So della morte… Ma la prepotenza
del creato mi assedia ed io deliro
vinto dal sangue e dal cupo respiro
della mia carne ch’è concupiscenza:
e la tentazione mi conduce
a non volere, a non volere più
la celeste ricchezza della luce
di cui l’anima seppe la virtù.
Se dal rimorso un singhiozzo non sale
io ricadrò, ricadrò soggiogato
dalla fatalità del mio peccato
nella rombante lussuria del Male
per decrescer con te, Terra che sei
aperta come un fiore alla carezza
di noi Uomini — tristi semidei
emersi da un’ebbrezza
effimera ma forte —
e destinati a scoprir nella Morte
la voluttà, l’armonia, la bellezza…
2
Più che l’amore il male, o malattia —
m’insidia il sangue e l’anima mi oscura
sì che a ogni passo saggio la natura
del mio peccato in seno all’armonia.
Benché conosca la via, la magia
della Tua grazia ch’è senza misura
io mi consumo nella poesia
e del creato e della creatura.
La forza gemmea della terra trema
nella carnalità di me che ingordo
dei frutti deIl’effimero ne morde
la tessitura tenera —
e mi rituffo ebbro e inappagato
nella notte del mio sangue malato.


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