lunedì 30 giugno 2025

#biblioteca / Rossella Or - COME L'AMORE DI UN TIMPANO E UNA PUPILLA - Argolibri

 
Rossella Or
COME L'AMORE DI UN TIMPANO E UNA PUPILLA
hanno collaborato alla cura e alla realizzazione dell’edizione Roberta Bisogno e Claudio Orlandi
Argolibri
collana Talee / 15
giugno 2025
pp. 102, euro 14
ISBN 9788831225632
 

Per il poeta Carlo Bordini «la poesia di Rossella Or si nutre dello studio attento e puntiglioso delle avanguardie teatrali e letterarie, della pratica ossessiva del gesto rigoroso e portato all’estremo (completamente calato, e possiamo dire, riversato e riconvertito nella parola), cui è collegato il sentimento straordinariamente vivo dell’esistenzialità, dell’assurdo, dell’ossimoro del vivere, dell’ambiguità felice della vita». Mentre per il critico teatrale Nico Garrone, Rossella Or «rappresenta un immaginario incontro nell’aldilà tra i fantasmi di Eleonora Duse e di Antonin Artaud», figure centrali per la poetica dell’autrice, al pari di Brodskij, Blok, Valéry, Rosselli, Beckett (per citarne alcuni), e della poetessa russa Marina Cvetaeva, con la quale si accende un dialogo marino, lunare, spumoso e ‘immemoriale’ come  «l’azzurro vento di nessuno sull’acqua», nella seconda sezione del libro.
Rossella Or, scrive Roberta Bisogno, «fa del linguaggio intero la morfologia del vivere. Non espone direttamente l’esperienza, piuttosto la poesia apre a una plasticità gestuale della parola. La parola si adagia sulle cose vive, movimenti minimi di spazio e tempo si intensificano al diradarsi della percezione, di una comunità chiamata in causa eppure dispersa, come un grido che rientra in se stesso, ripiegandosi fra le cose del mondo».
Come l’amore di un timpano e una pupilla è un libro scritto in stato solitario di grazia, a scandire una voce unica nel panorama della poesia italiana.

Una poesia

Percezione siriana

 
Una scodella di latte nell’angolo
per impastare il gesso, e trasportare pietre
ancora nell’eco delle acque, e nel ribollio
del vapore, nell’eco di altre fontane un’Ofelia
mutilata, sopravvive nella trave alta piallata rozzamente
che sostiene il tetto, un mucchietto di ossa
che recita lamenti per cantare, trafelati gridi
dei bambini, e le acque di una sorgente
O al suono di un alito caldo, o dello scalpiccio
al trotto silenzioso di giovani animali
cavalli, preghiere in lontananza
Nelle ombre di un platano, per tentare di fare il fuoco
una forma nuda in fuga tra le foglie,
croci ovunque, e pruni aguzzi, smottamenti
le pietre, poni di un palco scosceso
nei dislivelli, e travi nei punti d’appoggio
le voci fuggivano l’ombra, le sorgenti
e uno sguarcio largo quanto basta
per far passare un corpo, nel passaggio di un tuono
in primavera, in lontananza.
Nel temporale la presenza della luna, chiome
sulla scena dissimulata vergine ancora
nel fianco di una roccia, con le braccia levate
dolce come la brezza marina, la porta
mancava, singhiozzi e delle lanterne, suppliche
lamenti, nel giro della serratura
della grossa chiave di ferro, e i lamenti.
Solo l’aspetto di una colomba bianca vagamente
nella penombra di una giovane bocca,
due mani in supplica, e la pallida rosa di un seno
nel decomporsi del vapore, con le dita
imbiancate di calce, nell’asperità delle pietre
le ninfe in pianto, e un fiore imbalsamato.

Rossella Or (Roma, 1954 - nella foto di Ermete Marzoni) è stata protagonista dell’avanguardia teatrale italiana fin dagli anni ’70 e persegue tuttora una costante e personalissima ricerca sulla parola. Ha lavorato, tra gli altri, con Memè Perlini, Simone Carella, Giuliano Vasilicò, Giorgio Barberio Corsetti, Leo De Berardinis, Mario Prosperi; in campo cinematografico è stata protagonista del film Estate Romana di Matteo Garrone. In questi ultimi anni si è dedicata interamente alla scrittura poetica: Come l’amore di un timpano e una pupilla è il suo secondo libro di poesia, che segue L’acqua tende alle rive. Poesie 2001-2017, uscito nel 2019 per Zona Editrice.

#biblioteca / Alessandro Mantovani - GEOGRAFIA SOMMERSA - Mar dei Sargassi

 
Alessandro Mantovani
GEOGRAFIA SOMMERSA
Mar dei Sargassi edizioni
collana Apnea
giugno 2025
pp. 144, euro 15
ISBN 9791280720252


I luoghi sono collisioni di coordinate impazzite, ce lo racconta bene Alessandro Mantovani, in questo suo libro d’esordio, questo Geografia sommersa che racconta la compresenza di spazio, tempo, memoria, passato e futuro attraverso una periegesi in luoghi di volta in volta popolati da voci o deserti, umani e creature paradossali. I luoghi che si incontrano sono reali o immaginati, passati o futuri, ma in tutti si sovrappongono voci, ricordi e utopie. Come un atlante vivente, la raccolta ci proietta in storie lontane ma simultanee tra di loro, nel tentativo di restituire l’espansione delle coordinate antropiche come sempre più lunga nel tempo e nello spazio, eppure compresente. Il coro che si leva, contemporaneamente, da più posti, si armonizza quasi su una voce unica che racconta un mondo di soglia – fisica e mentale – dove regnano il fallimento, l’angoscia e la reiterazione. Un’epica della sconfitta e dei tentativi, che bene funziona come metafora di un tempo, questo, pieno di dolore.

Cinque poesie

VIA WALTER FILLAK – CADUTO PER LA LIBERTÀ
 
TAPPA II

 
Aspro poi era traversare la farmacia.
Fuori, il distributore di preservativi
lo chiamava come da un’altra era,
era un idolo malvagio e lui,
mai solo nei suoi nove anni,
storceva l’occhio sinistro
allungando la smorfia in una curva
per un solo assetato sguardo.
Così gli dilagava dentro tutta
la vergogna della libidine ed era
già un vecchio pelato che sbava
o una scimmia con il ramo, il fuoco
e il tamburo, in una grotta di violenza
e falli eretti.
                                    Dalla macchinetta irradiava
la volontà del sopruso, una redenzione
fatta di vendetta che passa
attraverso il dolore degli altri.
Così il suo sguardo diventava una frattura
e sognava culi e bocche di femmine
da sbranare con i suoi nuovi
artigli, fare a pezzi con le zanne
e non limitarsi, ma godere – perché no –
di ogni liquido, ogni tessuto molle.
Era il delirio della morte, l’aculeo
che scoppia il mondo e tutti, tutti,
sottomessi a chiedere pietà.
 
La madre, cogliendo uno strano indugio,
lo tirava sempre per la mano.
Vedeva solo l’occhio destro.
 
*
 
PIAZZA DEL MONASTERO
 
Ispira santità il nome dello slargo
dove Alberto è diventato esperto
di puttane. Tutte le notti – a casa
o in compagnia – il suo pensiero
è corroso dalle fiche e dalle gambe
quelle con i peli quelle glabre – la negra
come dice lui, la bassa, la bulgara
e il potere infinito di rubare la macchina
di sua madre e andare come si fa al mercato
e Alberto freme perché tutto finisca:
la ragazza dello spritz, gli amici gagliardi,
le pizze, tutto finisca, oppure si contorce
in scuse per stare solo e sibila bestemmie
agognando a spazi migliori e tempi e attrezzi
per appenderle e con le mollette rompere
capillari. Ma Alberto ha vent’anni e studia,
i soldi li ruba poco a poco anche agli amici
per la sua ronda di manie: gira l’occhio e la ruota,
si gratta il cranio, smascellando Alberto
domina il mondo la notte con insulti
e i corpi rifiutando testimoni, la vergogna
del suo pianto velenoso, il suo viscido ventre
da iguana che cova uova di rettile,
succhia il sangue e lascia buchi,
la vita vissuta come una contusione.
 
*
 
VIA MATTEO VINZONI – INGEGNERE CARTOGRAFO – LA SCALETTA DEI DROGATI
 
Ci sono volte che quando cammina
giù per la discesa, Federico
sente poderose gonfiarsi attorno a sé
le opprimenti labbra del mondo.
 
Allora corre per la scalinata
– che un ricordo di bambino
ha chiamato “la discesa dei drogati” –
ma ogni volta di specchiarsi spera
in uno con la siringa appesa al braccio
oppure incastrata tra le dita
dei piedi. Prega di alzare
un cappuccio e specchiarsi
nei loro occhi di melassa e zenzero
e potersi dire in una culla di pietà,
dimenticare: il bus alla fermata, le aule
dell’università, i libri oppure
schiacciarsi così tanto contro il muro
e trovare finalmente una crepa
dove incistarsi ed essere lui
un guardiano un’anima buona
e compagna alla marcescenza
dei cadaveri squagliati negli Agosti,
il petrolio primordiale delle città.
 
*
 
VIA WALTER ULANOWSKI – CADUTO PER LA LIBERTÀ
 
Emanuele passa i suoi trent’anni
celandosi in sentieri sempre più stretti;
i suoi interlocutori: spezie, erbe, lucertole
poi qualche pozza o rivo tra i ciottoli.
E a loro dire come vivere sembri
un gioco di specchi, ora che tutto è
una lotta, ora che tutto è feroce
nel mantenere una dignità sotto
i tagli imposti dal tempo, lui,
con la sua pesante bilancia,
luminosa quando salva destini.
 
Ma una notte Emanuele ha sentito il rumore
di passi stendersi su per la cucina
e ha tremato. Pensava al suo possesso,
ai beni, le sue teche, la televisione
sempre più grande. E invece era
suo padre sotto il faro
di un’era sgretolata che apriva
le braccia mostrando ancora
il suo cinema privato, l’angolo
delle chincaglierie, lo guardava
con gli occhi della fine
chiedendo che ancora una volta,
prima di arrivare nell’altrove,
fosse il tempo di una misera scenografia
o di un film mandato a memoria.
La chiave di un linguaggio d’amore
da portare con sé e così
forse sopravvivere.
 
Stava in questo modo al centro della sala
e della notte, attorniato lui dai cani,
un’ombra di spavento e ossa
oltre il confine del respiro
ed Emanuele è il bambino
braccia paffute il mondo
che stringeva in un bisogno,
ma ora, uomo della nostalgia,
solleva il cumulo di pelli
che è suo padre e lo accompagna,
lo sguardo trafitto di un eroe.
 
*
 
MONASTERO DI OSTROGH
 
Ritirato nella posizione del cane
seguo improbabili le tracce
di un tempo non più mio.
Non una tana da difendere
o un sogno, un poggiare di pietre,
ma solo un ritardo biologico
ineccepibile e puntuale per il quale,
qui disperso, non bastano gli alfabeti
né gli dei.
 
Quando febbrili le costellazioni la notte
imbrogliano i miei sogni di veleni e
il futuro appare un bacino inquinato,
mi folgora un lettino nella campagna
di Balestrate, una porta semichiusa
per non far entrare i ratti, i piedi
anneriti dalla festa, tuo padre che pota
i nespoli e io lì già pendente nel mio Luglio
le gambe chiuse al petto, impossibile la parola.
 
Alessandro Mantovani (1991) laureato in filologia classica, collabora con l’università dell’Insubria e insegna lingue classiche nei licei di Milano. Come giornalista si occupa del rapporto tra città e narrazioni della città; immagini e approcci cartografici nella letteratura e di critica letteraria. Ha scritto articoli per riviste e giornali tra cui Il tascabile, Domani, L’indice dei libri del mese, Alias Urbano e collabora con il quotidiano Il Foglio. Geografia sommersa è la sua prima raccolta di poesie.

#biblioteca / Carola Susani - C'E' UN'ALTRA - Marietti1820

 
Carola Susani
C'E' UN'ALTRA
Marietti1820
collana La Siepe
aprile 2025
pp. 88, euro 12
ISBN 9788821123054

 
Una raccolta di poesie accogliente, dal tono stralunato, a volte divertente a volte ragionativo. Si divide in tre sezioni: Sonno, l’Ospite e Trionfi. La prima raccoglie poesie d’amore, in tutte le declinazioni, dal desiderio alla separazione, alla veglia dopo la fine, in cui l’amore diventa un «a parte», sonno appunto o ridente delirio. La seconda è dedicata agli altri, ad amiche, nemiche, parenti, sodali, incontri cruciali che cambiano lo scenario della vita; la terza, infine, parla del tempo, della memoria, della trasformazione, condizione non solo terrestre, e di una gioia violenta che non si placa neanche davanti ai morti. C’è un’altra! è la prima raccolta poetica di Carola Susani, e come afferma Tommaso Giartosio nella Postfazione, un’opera in cui l’autrice si ferma e si firma sotto il segno del mistero e dell’incanto.

Tre poesie dal volume

Un giorno forse
qualcuno insinuerà
che la mia vita è un falso
perché nei versi
parlo sempredi quell’altra; diranno
che non sono quella che vedi:
ho amori invalidanti, veri
perché poetici. Ma tu saprai
che il mio silenzio
è garanzia del godimento
pacifico
della nostra esistenza.

*
a T.


Siamo fratello e sorella
alla lontana, un genitore comune
con gli occhi tondi e la ruga in mezzo agli occhi
calcò la scena del mondo – saranno
cento duecento anni,
solo che il tuo era indiano; il mio
un rabbino mantovano.
Quando tu parli, scherzi, riconosco
l’umorismo e l’aggressività di casa
questo nostro splendere segreto agli occhi
l’uno dell’altra, in piena
soddisfazione, come se solo questo
contasse: lucidare
fino a che brilli
l’intimo lessico di casa.

*


Quanto mi manchi, F.
che avevi sempre da ridire
su tutto.
Non sopportavi che io mi innamorassi
di tutti
e che non volessi andarci a letto.
M’imputavi scarso coraggio
di vivere;

credo che tu volessi
essere il solo mio amore
casto.

Quanto mi manchi F.
che condannavi come
disonesto
ogni mio slancio
civile.
Avrei dovuto
sempre e soltanto dedicarmi
ai mostri.

Quanto spazio, quanta libertà
nella mancanza:
intimidita da tanta abbondanza
ancora non ne approfitto.

Carola Susani dal 2001 conduce laboratori di scrittura narrativa e di educazione alla lettura. Fa parte dell’associazione Piccoli maestri. Ha pubblicato romanzi e libri di racconti, tra gli altri: Pecore vive (minimum fax 2006 - selezione Premio Strega); Eravamo bambini abbastanza (minimum fax 2012 - Premio Lo Straniero). Nel 2024 ha ripubblicato con Marietti1820 la sua opera prima, Il libro di Teresa, vincitrice del Premio Bagutta Opera prima. C’è un’altra! è il suo primo approdo pubblico in poesia.


sabato 28 giugno 2025

#biblioteca / Francesco Brancati - IDEALE REALE - Carocci

 
Francesco Brancati
IDEALE REALE
Sulla poesia di Amelia Rosselli

Carocci editore
collana Lingue e letterature
giugno 2025
pp. 136, euro 16
ISBN 9788829025619


Amelia Rosselli è unanimemente ritenuta una delle più importanti voci poetiche del Novecento. Il volume affronta alcune questioni centrali per l’interpretazione della sua opera a partire dalla complessa dialettica tra innovazione musicale e rifondazione metrica, avviata in un periodo cruciale per la storia della poesia contemporanea e riscontrabile in raccolte come Variazioni Belliche, Serie Ospedaliera e Documento. Soffermandosi sulle problematiche esegetiche derivate da Spazi Metrici, il celebre allegato a Variazioni Belliche composto su indicazione di Pier Paolo Pasolini, il libro individua nel rapporto tra realtà e ideale la cifra peculiare della scrittura di Rosselli, costantemente protesa verso una fusione degli opposti realizzata nello spazio sicuro dell’ordine metrico. Le tensioni profonde e gli influssi culturali che sostanziano la sua poetica sono del resto testimoniati da esperienze diverse come quelle che daranno vita a Sleep, nonché dalla vasta produzione saggistica: ulteriori variazioni alle quali sono dedicate approfondite indagini critiche, volte a restituire la precisa fisionomia di un percorso intellettuale unico e irripetibile.

dall’Introduzione. I versi e la colpa
 
Amelia Rosselli esordisce in una delle fasi di più intenso rinnovamento della poesia italiana. Nella prima metà degli anni Sessanta alcuni fenomeni che riguardano la composizione del testo poetico sono attraversati da un processo di cambiamento e alterazione che se da un lato contribuisce in maniera netta allo svecchiamento del campo lirico postbellico, dall’altro rende il generale panorama letterario complesso e di non immediata decifrazione sotto il versante delle singole poetiche.
La causa principale del cambiamento e della rottura viene tradizionalmente individuata nell’azione portata avanti dai Novissimi e dal Gruppo 63. La pubblicazione dell’antologia I Novissimi a cura di Alfredo Giuliani segna l’avvio di un vero e proprio movimento tellurico che oltre a rinnovare stilemi e consuetudini ereditati dalle stagioni dell’ermetismo e dal neorealismo, imporrà una serie di prescrizioni riguardo il rapporto formale con la tradizione e le modalità di costruzione del soggetto. Il presupposto strutturale che riconosce nel libro di rime l’ideale contenitore della storia di un io sembra essere un’opzione non praticabile nella sua interezza, quantomeno bisognosa di un ripensamento in grado di problematizzare le forme dell’«autobiografismo trascendentale» che secondo la nota definizione di Gianfranco Contini costituivano la principale modalità di autorappresentazione del soggetto nei Rerum vulgarium fragmenta. Naturalmente, la questione non riguarda soltanto Petrarca, ma coinvolge tutta la tradizione, problematizzata secondo parametri che non sono quelli consueti al dialogo intertestuale: lo stile e la disposizione allegorica del vissuto nei versi non bastano, da soli, a conferire il carattere di esemplarità a una vicenda umana quando questa non «riscatta la propria contingenza». Tale processo ha determinato un andamento sussultorio nella recente storia della poesia, caratterizzata da tentativi di liberazione e di fondazione di un nuovo codice lirico e al contempo da operazioni di rifunzionalizzazione, tanto da un punto di vista delle modalità di costruzione del soggetto, quanto da quello più propriamente stilistico e metrico-formale.
Se ancora verso la fine degli anni Quaranta a un poeta come Umberto Saba sembrava lecito organizzare a posteriori il racconto del Canzoniere sulla base di un percorso lineare e progressivo come quello delineato in Storia e cronistoria del Canzoniere, durante gli anni Sessanta – in coincidenza con il traumatico crollo di «una civiltà contadina e arcaica e la crescita industriale del boom neocapitalistico» (Testa, 2005, p. V) – ritenere che la poesia possa figurare uno spazio autonomo di definizione del sé appare a molti poeti un’opzione ingenua, bisognosa di una serie di accorgimenti teorici che giustifichino e argomentino la stessa scelta di scrivere versi. La discussione intorno ai paradigmi economico-politici coinvolge anche gli istituti della soggettività e della biografia, instillando in chi decide di utilizzare la lirica come strumento di rappresentazione della realtà «un potente senso di colpa che ne preforma la possibilità stessa, la postura» (Giovannuzzi, 2016, p. 27). Le posizioni espresse dalle scritture di avanguardia e dal neorealismo agli inizi degli anni Sessanta sulle modalità di impiego del linguaggio impongono una rivisitazione delle forme della tradizione secondo coordinate ideologiche extraletterarie. Il clima culturale che ne deriva sollecita una riflessione sul significato della poesia in quanto esperienza testuale assoluta, il cui valore per alcuni precede qualsiasi rivendicazione sociale.
Su tale versante è possibile collocare temi e stili diversi, spesso uniti da un comune idolo polemico, sintetizzabile appunto con le posizioni della neoavanguardia e del neorealismo, ritenuti entrambi responsabili di prescrivere una sorta di ipoteca sul senso di continuità (ideale, prima ancora che stilistica) delle scritture contemporanee con il passato. Si tratta di un panorama assai vasto e che meriterebbe un’indagine apposita; qui basterà evocare un paio di punti di vista, utili a descrivere il contesto in cui collocare l’avvio della carriera letteraria di Rosselli. Nello stesso 1964 di Variazioni Belliche Franco Fortini pubblica il Mandato degli scrittori e fine dell’antifascismo: la «poesia-valore» assume una posizione di primato rispetto alle altre forme di comunicazione poetica. La presa di distanza rispetto all’avanguardia emerge netta anche dalle Nuove questioni linguistiche di Pier Paolo Pasolini.

Francesco Brancati ha svolto attività di ricerca in Letteratura italiana e Letteratura italiana contemporanea presso le Università di Pisa, Erlangen-Nürnberg, Udine. È assegnista presso l’Università di Pisa. Ha pubblicato il saggio Riscrivere Boiardo. Francesco Berni e il Rifacimento dell’Inamoramento de Orlando (Marsilio, 2023) e i libri di poesia L’inesploso (in Hula apocalisse, Prufrock, 2018) e L’assedio della gioia (Le Lettere, 2022).


giovedì 26 giugno 2025

Seconda selezione al Premio Tirinnanzi 2025

 

La Giuria del Premio Tirinnanzi – Città di Legnano per il 2025 ha chiuso la seconda tornata di lavori selezionando i seguenti autori:
 
Prisca Agustoni, L’animale estremo, Interno Poesia
Elisa Biagini, L’intravisto, Einaudi
Alessandra Corbetta, L’età verde, Samuele Editore-Pordenonelegge
Marco Corsi, Nel dopo, Guanda
Azzurra D’Agostino, Messaggi al Presidente, Le Lettere
Giovanna Frene, Eredità ed Estinzione, Donzelli
Daniele Orso, Sommerreise, Industria & Letteratura
Marco Pelliccioli, Nel concerto del tempo, Mondadori
Stefano Raimondi, L’Atalante, Valigie rosse
Marilena Renda, Cinema Persefone, Arcipelago Itaca
Mario Santagostini, Nome di paese: Ascensione, Fallone editore
Italo Testa, Se non sarò più mia, Samuele Editore-Pordenonelegge
Maria Luisa Vezzali, Lo spettro di casa, Puntoacapo
 
Per la sezione Opera Prima o di giovane poeta la prima tornata di lavori ha selezionato i/le seguenti 9 autori o autrici:
 
Silvia Atzori, Quando tornerai sulla terra, Arcipelago Itaca
Lorenzo Babini, Stanze, Moretti & Vitali
Mattia Bettoni, Proiezioni ortogonali, Arcipelago Itaca
Rebecca Garbin, Male minore, Vallecchi
Mikel Marini, Non per il mondo ma per il giardino, Vallecchi
Riccardo Socci, Al risveglio c’è un lenzuolo, Le Lettere
Riccardo Frolloni, Amigdala, Aragno

lunedì 23 giugno 2025

#biblioteca / Ezra Pound - A LUME SPENTO - Lindau

  

Ezra Pound
A LUME SPENTO
traduzione e cura di Pietro Comba
prefazione di John Gery
Lindau
collana Senza frontiere
maggio 2025
pp. 524, euro 38
ISBN 9791255842224

 
A Lume Spento, prima raccolta poetica di Ezra Pound, fu pubblicata a Venezia nel 1908 in tiratura limitatissima a spese dell’autore, allora ventitreenne. Per lungo tempo rimasta ai margini della sua produzione, anche e soprattutto a causa delle severe critiche che lo stesso poeta le rivolse in più occasioni, è in realtà un edificio poetico eclettico e complesso, che merita di essere riscoperto non solo per approfondire la conoscenza degli esordi di un autore tanto discusso, ma anche per gettare un nuovo sguardo sui lavori più maturi, in particolare sui Cantos. A Lume Spento testimonia infatti già quell’abilità po(i)etica che, sviluppata a un più alto grado di consapevolezza, avrebbe reso Pound uno degli autori fondamentali della letteratura mondiale.
 
Ezra Pound (1885-1972), poeta, saggista e traduttore statunitense, è considerato un punto di riferimento fondamentale nella storia letteraria del ’900. La sua opera è vasta, multiforme e complessa, e trova la sua massima espressione nei Cantos.
 
Pietro Comba, Dottore magistrale in Filosofia con esperienza di mediatore educativo in ambito museale, traduttore, correttore di bozze, consulente di scrittura tesi e lettore professionale di opere letterarie. Attualmente recruiter.
 
John Gery è poeta, critico e traduttore, oltre che Research Professor of English all’Università di New Orleans. Nell’ambito degli studi poundiani, ha co-curato diverse opere, tra le quali: In Venice and in the Veneto with Ezra Pound (Supernova, Venezia 2007); Ezra Pound, Ends and Beginnings: Essays and Poems from the Ezra Pound International Conference, Venice, 2007 (AMS Press, New York 2011); e le più recenti Cross-Cultural Ezra Pound (Clemson UP, Clemson 2021) ed Ezra Pound and the Spanish World (Clemson UP, Clemson 2024). Gery ha fondato e dirige l’Ezra Pound Center for Literature (con sede a Brunnenburg, Tirolo di Merano), ed è segretario della Commissione per l’Ezra Pound International Conference. **Ezra Pound, 1908: «forgiare» o «librarsi»? A differenza del testo prefatorio, il titolo è stato mantenuto in inglese sia per rendere più facilmente comprensibile il riferimento conclusivo del prof. Gery a una poesia giovanile di Pound sia in quanto il verbo to hover ha, in realtà, un significato ambiguo – «librarsi, volteggiare», ma anche «esitare» – sul quale Pound con tutta evidenza gioca.

#biblioteca / Keiko Ando Mei, Massimo Mei - LA VITA DEL POETA BASHŌ E I SUOI HAIKU - Lindau

 
Keiko Ando Mei, Massimo Mei
LA VITA DEL POETA BASHŌ E I SUOI HAIKU
Lindau
collana I Bambù
maggio 2025
pp. 276, euro 24
ISBN 9791255842248

 
Accostando il racconto della vita di Matsuo Bashō – uno dei più grandi letterati giapponesi di tutti i tempi – alla presentazione di molti suoi haiku, questo libro è forse la biografia più ricca e suggestiva disponibile in lingua italiana del poeta vissuto nel XVII secolo. Ma è molto più di questo: è anche e soprattutto una guida al suo universo artistico e spirituale. Esplorando i luoghi della sua esistenza, contemplando i paesaggi che ne hanno ispirato l’opera e aprendoci alle profonde lezioni di vita racchiuse nei suoi versi, ci mettiamo infatti in viaggio con lui lungo un cammino di crescita e conoscenza che ci conduce a uno stato di unità con la natura e con tutte le cose.
Arricchito dalle illustrazioni dello stesso Bashō e di altri artisti allievi del Maestro e continuatori della sua opera, La vita del poeta Bashō e i suoi haiku è un libro che ci ispira e ci trasforma, permettendoci di ritrovare una connessione autentica con noi stessi e con il mondo.

Introduzione
Il mio primo incontro con l’haiku avvenne quando ero ancora piuttosto giovane. Una sera di settembre mia nonna, che indossava un kimono e teneva i capelli perfettamente curati e acconciati nello stile classico, sedeva nella stanza giapponese guardando il giardino. Era una serata silenziosa con il chiaro di luna che illuminava la superficie dello stagno circondato da grandi e piccole rocce dietro alle quali si snodavano arbusti di azalee curate meticolosamente e tagliate quasi a formare una piccola catena montuosa. Improvvisamente mia nonna mi chiamò chiedendomi di portarle la scatola di lacca nera all’interno della quale si trovavano gli strumenti per la calligrafia: pennelli, inchiostro di china e la carta Hanshi. La nonna iniziò a piegare l’Hanshi in quattro lunghe strisce verticali molto sottili. Lo appoggiò dolcemente sulla mano sinistra, poi prese il pennello con la mano destra e lo intinse lentamente nell’inchiostro nero. Si fermò con grande concentrazione e in un attimo compose i versi sulla carta. L’azione era durata pochi minuti, ma il comportamento di mia nonna mi aveva affascinato e soprattutto mi avevano colpito moltissimo la sua prontezza, la spontaneità e l’eleganza. Non era riuscita a rimanere indifferente di fronte alla grande bellezza creata dalla Natura. In un istante che sarebbe svanito da lì a poco immortalò quell’attimo nei versi di un haiku. Come per mia nonna anche per tutti i giapponesi, fino a pochi decenni fa, comporre una poesia, sia nello stile waka che nello stile haiku, faceva parte della vita quotidiana. Ancora oggi i giapponesi preferiscono esprimere i loro sentimenti in maniera delicata, non gradiscono l’uso di espressioni troppo dirette ed esplicite. Troviamo questa tendenza soprattutto nell’ambito della poesia. Allora come esprimono in versi l’amore, l’odio, la gioia, la tristezza o qualsiasi altro stato d’animo? I giapponesi molto spesso osservano profondamente la vita della Natura scoprendo in essa similitudini con la vita degli esseri umani. Manifestano quindi i propri sentimenti in versi attraverso i fenomeni naturali che si rinnovano in ogni momento. Questo atteggiamento nasce dalla visione che il popolo giapponese ha della Natura. Nella tradizione occidentale la Natura viene concepita come una realtà a sé stante, oggettiva e materiale, completamente separata dal genere umano, con molteplici risorse da conquistare e usare. In Giappone invece, fin dall’antichità, il rapporto dell’uomo con il mistero del mondo che lo circonda è profondamente ancorato al sentimento religioso. Secondo il culto delle origini, lo Shinto e i miti della Creazione a esso connessi, l’universo è popolato di divinità e lo spirito divino è infuso in tutte le cose esistenti, procreate dalla prima coppia genitrice di dèi, la dea Izanami e il dio Izanagi. Le cerimonie e i riti di purificazione shintoisti rappresentano un vibrante richiamo allo stato originario di inscindibile unità tra materiale e spirituale, tra progenie umana, anch’essa di discendenza divina, e Natura. Nella visione shintoista la vita degli uomini si svolge nell’intimo legame con il creato, nei confronti del quale occorre mantenere un atteggiamento di amore e rispetto in quanto manifestazione stessa del divino. La Natura quindi non può essere considerata un semplice oggetto di possesso e sfruttamento, ma è essenziale per l’uomo stabilire armonici rapporti con la sua vita, nei diversi aspetti, ritmi e leggi che la regolano. In seguito, gli insegnamenti del buddhismo, introdotto in Giappone da Corea e Cina nel VI secolo d.C., contribuirono ad approfondire e arricchire ulteriormente l’esperienza religiosa shintoista. Un altro punto molto importante e interessante da comprendere è come il popolo giapponese elabori i ragionamenti proprio in modalità completamente contrarie a quelle degli occidentali. In effetti, si inizia da alcune particolarità oppure da fenomeni reali che possono essere colti attraverso i cinque sensi e si giunge solo alla fine al concetto generale. Per comprendere meglio vediamo un famoso haiku di Bashō.
Quando guardo attentamente
scopro il nazuna in fiore
dentro la siepe.

Il significato è molto semplice. Un giorno Bashō esce nel giardino di casa; si sente ancora il vento freddo invernale e non c’è nessuna pianta in fiore. Quando guarda però più attentamente verso la siepe scopre alcuni piccolissimi fiori bianchi di nazuna. Bashō è stato colpito da un senso di grande meraviglia per la Natura e ha sentito l’arrivo della primavera attraverso il nazuna in fiore. Ma perché l’haiku, lo stile poetico più breve del mondo composto da sole 17 sillabe in tre versi, è nato in Giappone? Per rispondere a questa domanda vorrei raccontare la storia dei fiori di convolvolo. Un giorno lo shogun Toyotomi Hideyoshi sentì dire che nel giardino della casa di Sen no Rikyū, il grande Maestro della Cerimonia del tè, erano fioriti degli splendidi convolvoli. Chiese quindi al Maestro di preparare una Cerimonia del tè, onde poter ammirare la bellezza di quei fiori. Il mattino concordato per l’incontro, Hideyoshi giunse di buon’ora e immediatamente notò che nel giardino non vi era alcuna fioritura. «Che strano!» esclamò, ma subito Sen no Rikyū lo invitò a entrare nella stanza. Al suo interno, il grande samurai scoprì sul tokonoma uno splendido Ikebana realizzato con un solo fiore di convolvolo. Era accaduto che la sera precedente Sen no Rikyū aveva fatto recidere nel giardino tutti gli altri convolvoli fioriti. Hideyoshi rimase sorpreso e, in parte, sicuramente contrariato, ma non poté non ammirare la composizione in stile Chabana eseguita dal Maestro. Comprese anche che, nella competizione con lui, aveva perso ancora una volta. Per la sensibilità giapponese, l’azione di Sen no Rikyū di creare un Ikebana con un solo convolvolo significa aver voluto rappresentare simbolicamente nell’uno tutti i convolvoli. Inoltre, concentrando l’attenzione del suo illustre ospite su quell’unico fiore, aveva voluto fargli sentire con la massima intensità la freschezza del primo mattino d’estate, mantenendo vivo e vibrante il rapporto con la Natura. «L’uno rappresenta la molteplicità, la parte rispecchia la totalità». Sono queste le linee guida dell’arte giapponese profondamente permeate dallo spirito dello Zen. Naturalmente, questa Via (Dō) di coltivazione dell’esperienza estetica che esclude tutto ciò che è superfluo ed esplicito lascia un vuoto, o per meglio dire «uno spazio vivo» e può essere intrapresa soltanto con lo sviluppo della dimensione interiore, facendo affiorare la parte più profonda di sé. Anche il cammino di Bashō sulla Via della poesia fu così. Per esprimere i suoi sentimenti, il senso di meraviglia che gli suscitavano i fenomeni quotidiani della Natura e della vita umana soltanto in tre versi, il poeta non poteva essere intrappolato in complicate strutture poetiche. Ma poiché l’haiku esprime, con poche limitate parole, i sentimenti più profondi del poeta, i versi vengono «spogliati» del superfluo per poter così svelare ai lettori solo «uno spazio vivo» di vere emozioni. Consideriamo le due forme poetiche classiche composte rispettivamente da 35 e 17 sillabe, che nel panorama letterario mondiale costituiscono senza dubbio le più brevi opere in versi: la poesia waka che rappresenta lo stile poetico tradizionale e l’haiku, di soli tre versi, che si sviluppò agli inizi del XVII secolo soprattutto a opera del famoso poeta Matsuo Bashō. In questi stili il poeta deve riuscire a esprimere il suo sentimento tenendo presente il vincolo stabilito dal numero delle sillabe e concentrarsi, quindi, sulla pura essenzialità. Leggendo la poesia accade, poi, qualcosa di simile a quando si gettano dei sassolini sulla superficie dell’acqua che danno origine a cerchi concentrici che si allargano sempre più. La parte del messaggio poetico non espressa nei versi crea uno spazio libero, aperto, chiamato yojō (da yo, «oltre», e jō, «sentimento»). Questo «sentimento che va oltre» suscita come una vibrazione, che induce il lettore attento a partecipare all’opera creativa, colmando lo spazio vuoto con la propria sensibilità ed esperienza.
Oh silenzio!
Stridio di cicale
penetra le rocce

Bashō compose questa sua famosa poesia durante la visita al Tempio Ryushakuji, in un viaggio nel nord del Giappone; riusciamo a immaginare il giardino di questo tempio, situato sulla sommità di un monte tra alberi secolari e rocce, immerso nel silenzio di un mezzogiorno d’estate. L’atmosfera silente che viene evocata dal primo verso è di profonda calma; nel secondo diviene invece vibrazione e «spazio vivo» con lo stridere delle cicale; infine, come penetrando nelle rocce, la tensione risvegliata da quel suono viene riassorbita nel silenzio e nella quiete. La poesia, nel suo complesso, ispira nel lettore uno stato di silenzio, vibrazione e calma: lo «spazio vivo» che sotto forme diverse possiamo ritrovare in tutti gli haiku di Bashō. Per concludere voglio esprimere la mia riconoscenza al Museo Idemitsu di Tokyo, al Museo Kakimori Bunko di Itami, all’Università Tenri di Nara, al Tempio Gichuji a Ōtsu, alla Tokyo University of the Arts e alla Nomura Art di Tokyo. Porgo anche un ringraziamento alle mie care amiche Okumura Shoko per le immagini pittoriche, Federica Sonzogno per la collaborazione nella realizzazione editoriale e Antonietta Ferrari e Grazia Bonomo per la revisione della traduzione in italiano.
Infine, la mia gratitudine va di cuore a mio marito, Massimo Maria Mei. È insieme a lui che ho iniziato a insegnare la poesia di Bashō al Centro di Cultura Giapponese di Milano dal 1975 e abbiamo cominciato a scrivere questo libro nel 2006, ma purtroppo ci ha lasciati prima di poterne vedere la pubblicazione. La realizzazione stessa di questo libro è stata possibile solo grazie alla sua costante ricerca e alla sua grande volontà di far conoscere in Occidente il cammino del grande poeta giapponese Bashō e i suoi meravigliosi haiku.

Keiko Ando Mei, nata a Chiba, in Giappone, nel 1975 si è trasferita a Milano, dove ha fondato, assieme a suo marito Massimo Mei, il Centro di Cultura Giapponese, che tutt’ora dirige. Studia Bashō da oltre cinquant’anni. Ha tenuto conferenze e organizzato mostre e convegni presso vari musei e istituzioni, tra i quali la Triennale e Palazzo Reale a Milano e l’Università Ca’ Foscari di Venezia.
 
Massimo Mei, nato a Roma, studioso della cultura giapponese e specialmente della religione autoctona del Paese, lo shintoismo, è anche un profondo conoscitore del buddhismo zen, della letteratura tradizionale e di Bashō in particolare. Le sue traduzioni degli haiku di Bashō riflettono la sua profonda comprensione dello spirito e della lingua giapponesi

#biblioteca / Stefano Mura - COMPOST - Fefè editore

 
Stefano Mura
COMPOST
e altre poesie vegetali

con testi di Jean-Jacque Roussiers e Luciana Del Prete
Fefè editore
collana Fra[m]menti
2025
pp. 116. € 15,00
ISBN 9788894947984


Stefano Mura poeta ci conduce verso una serra multiforme, senziente e vivissima per arrivare a uno scambio sensoriale tra vegetale e umano, a un tentativo di comunicazione profonda tra due mondi. Ritrovarsi in questa selva mai oscura è un piacere e una festa, come solo le piante sanno fare. La botanica in poesia di Mura ci sorprende e diverte in un gioco nuovo, lieve ma serio. In copertina, una composizione di Paolo Marabotto.

Stefano Mura è nato a Roma. In quel di Bormes-les-Mimosas, in Costa Azzurra, ha conosciuto J-J Roussiers e Bégonia Dujardin. Compost nasce, cresce e fiorisce qui. Ha scritto sei libri di poesia. Ha la barba, fuma la pipa e gira in motocicletta, che adora quanto la poesia; in motocicletta, come quel tal John Berger. Ha lavorato alla Accademia dei Lincei, in Biblioteca Nazionale Centrale, alla Enciclopedia Italiana Treccani e con una doppia piroetta, cambiando arte e mestieri, con Italcable e Telecom Italia.


Massimo Raffaeli su "Il Manifesto" ricorda Stefano Simoncelli

 

Il ricordo di Massimo Raffaeli su “Il Manifesto” del poeta Stefano Simoncelli, morto poco più di un mese fa.


Un duplice esordio segna la vicenda poetica di Stefano Simoncelli, uno dei maggiori poeti italiani, mancato nella notte del 20 maggio nella Cesenatico in cui era nato il 6 gennaio del 1950. Il primo incipit è un segno generazionale con la fondazione della rivista “Sul Porto” (1973-’83) che dà voce tanto all’inquietudine politica di giovani interni al Movimento quanto agli impulsi ed estri immaginativi che la sola politica non può mediare. Perché “Sul Porto” nasce dal silenzio procurato dal Gruppo 63 come dal consenso istituzionale del PCI: oltre ai testi dei redattori (fra costoro Walter Valeri e Ferruccio Benzoni, un altro poeta di massimo rango) “Sul Porto” ospita fisionomie di maestri non collocabili nella stretta dialettica di Ordine e Disordine come Franco Fortini, Pier Paolo Pasolini, Giorgio Caproni, Giovanni Raboni, Giorgio Orelli, Sandro Penna e quel Vittorio Sereni che dei ragazzi di Cesenatico (li chiamava “i fratellini”) diverrà un riferimento essenziale. Nel quaderno collettivo di Guanda che già nel 1980 ospita “Sul Porto” c’è un mannello di poesie di Simoncelli, Via dei Platani, e testimonia di un lirico che predilige l’elegia e dunque il richiamo al presente, nell’hic et nunc, dei lontani e dei trapassati, come si trattasse di una perpetua elaborazione del lutto. Quanto a questo, l’ispirazione di Simoncelli non cambierà mai pure se dopo il primo esordio, la fine di “Sul Porto” e lo sfaldarsi del gruppo che animava la rivista, c’è per lui una improvvisa battuta d’arresto che prelude ad alcuni fatti capitali: la laurea in Fisica a Bologna con la decisione di non farne nulla, l’inizio di una carriera tennistica di un certo rilievo (Stefano sarà un maestro affettuoso e irruento, come era tipico del suo carattere malinconico travisato da burbero), infine l’incontro con Patrizia, la sua prima moglie amatissima e troppo presto perduta. Gli anni ottanta e novanta sono anni di deriva e dispersione, costellati di assenze e di lutti: ne è riprova l’uscita da Gremese nel 1989 del volume Poesie d’avventura che non voleva affatto pubblicare (fu Enzo Siciliano a strapparglielo di mano), un libro che sembra non avere una struttura interna ma tuttavia è bellissimo, il prologo inconscio di quanto il poeta prenderà a pubblicare solo vent’anni dopo. Perché bisogna attendere il quinquennio 2004-2008 per il secondo e autentico esordio di Simoncelli con il trittico Giocavo all’ala, La rissa degli angeli, Stazione remota tutti proposti da peQuod, l’editrice anconetana di Marco Monina e Antonio Rizzo cui va reso il merito non solo di averne effettuato il recupero ma di averne pubblicato con fedeltà e dedizione i libri successivi, non meno di una decina. La poesia di Simoncelli è data una volta per sempre e consiste in un ininterrotto dialogo con i defunti (sua moglie Patrizia, poi sarà la madre, il padre, vecchi amici, figuranti della vita), i quali non tornano al presente come spettri assillanti ma da interlocutori muti, attori in un dialogo necessario a chi è sopravvissuto: chiara qui è la lezione di Pascoli (ma un Pascoli esente da familismo e dai sovratoni del phatos) che si lega a quella, naturalmente, di Vittorio Sereni. E’ come se Simoncelli fosse ripartito dalla poesia che sta in fondo a Gli strumenti umani e si intitola La spiaggia, dove è detto: “i morti non è quel che di giorno/ in giorno va sprecato, ma quelle/ toppe d’inesistenza, calce o cenere/ pronte a farsi movimento e luce”. Le presenze postume che abitano la poesia di Simoncelli non sono infatti i correlativi oggettivi della nostalgia (e nemmeno, a ben leggere, le proiezioni della sua personale malinconia) ma sono viceversa i segnacoli di un’esistenza disperatamente agita, ad ogni istante agognata, pure se cosciente del proprio destino di mortalità. E sono ancora i motivi che toccano i libri della sua compiuta maturazione, ancora una volta proposti in sequenza, stavolta una tetralogia: Terza copia del gelo (’12), Hotel degli introvabili (’14), Prove del diluvio (’17) e Residence Cielo (’19). Lo stile non potrebbe essere più classico, la lingua è senza macchie di gergo, il metro è l’endecasillabo di base riproposto con continue variazioni ritmiche (anche il più asimmetrico dei versi qui cade sempre in piedi): ciò che ne connota i testi e li rende subito riconoscibili è la sua “voce”, una cadenza che all’inizio pare leggermente saccadé eppure sa mantere un suo tenacissimo equilibrio. Ad apertura di pagina, da Hotel degli introvabili: “Poi in un’alba livida e piena di vento,/ quando ormai non ci contavo più,/ si è aperta e richiusa la porta dove dormivo/ e l’ho visto: era lì, ai piedi del letto,/ che mi aspettava fumando”. A ripensarlo nel sole della casa dei suoi ultimi anni sulla collina dell’Acquarola, sopra Cesena, vicino alla seconda moglie molto amata, Daniela, circondato dai suoi cani inseparabili, Teo e Margot, dedito alle passioni di sempre (il fumo, lo wiski, il gioco del calcio e la Juventus) chiunque avrebbe detto la sua vita finalmente compiuta, a partire dagli amici poeti che lo andavano a trovare, da Giancarlo Sissa a Mario Santagostini, da Francesco Scarabicchi a Fabio Pusterla che ne ospitò una bellissima antologia complessiva - Stazioni remote – nella sua collana da Marcos y Marcos nel 2023. Lì Stefano Simoncelli, lui che poteva sembrare sempre un po’ ruvido e distante, officiava il rito della ospitalità, la virtù poetica per eccellenza, per un senso in lui così innato dell’amicizia da non sentire nemmeno il bisogno di dichiararla. “Non assomiglio più a nessuno…/ Certe volte sembro un banco di nebbia,/ impenetrabile e denso, come quelli// che arrivano dal mare a tradimento/ verso mezzogiorno portandosi via tutto”: La persona di Stefano Simoncelli, ed è raro, annunciava la sua stessa poesia.

#biblioteca / GRADIVA - Rivista internazionale di poesia italiana - numero 67 – primavera 2025

 
AA.VV.
GRADIVA
Rivista internazionale di poesia italiana
numero 67 – primavera 2025
NUMERO SPECIALE PER IL CINQUANTENARIO DI «GRADIVA» (1976-2025)
Olschki


Con questo numero, «Gradiva» compie cinquant’anni. Non è sempre stata una rivista che si occupasse soltanto di poesia. È nata nel 1976 per trattare di letteratura e psicanalisi, per evolversi poi pochi anni dopo in direzione di quella rivista che è ora (e che potrebbe ancora mutare). Il suo percorso l’ha portata da letteratura-psicanalisi a poesia, e da poesia in generale alla poesia italiana, o in traduzione. Sono ben poche le riviste letterarie che giungono a cinquant’anni di vita, e che hanno avuto solo quattro cambiamenti di direzione: Adriano Berengo e J. Mark Heumann dal 1976 al 1982, Luigi Fontanella e George Carpetto dal 1983 al 1985, Luigi Fontanella dal 1985 al 2019 e yours truly dal 2019 ad oggi.
Da Editoriale di Alessandro Carrera
 
Alessandro Carrera, Il mandato del poeta e il mandato di una rivista. Editoriale
~ Breve storia di «Gradiva» ~ Alessandro Carrera, Introduzione • Adriano Berengo - J. Mark Heumann, Editoriale del n. 1, 1976 • Luigi Fontanella, Editoriale del n. 1, nuova serie, 1982 • Luigi Fontanella, Editoriale del n. 18, 2000 • Luigi Fontanella, Editoriale dei nn. 27-28, 2005 • Luigi Fontanella, Editoriale dei nn. 43-44, 2013
~ I Poeti di Gradiva ~ Sebastiano Aglieco, Due inediti • Sauro Albisani, Free Jazz • Antonello Borra, Mount Sinai a ottobre • Michele Brancale, Alle porte di Efeso • Francesco Capaldo, “Risorge dal fiume…” • Alessandro Carrera, Attraversando il Texas di notte • Maurizio Cucchi, Due tesi • Fabio Dainotti, Effe • Fabrizio Dall’Aglio, “Lo senti. Il pomeriggio…” • Milo De Angelis, “Starò con te” • Anna Elisa De Santis, Palm Beach, Florida, gennaio 2025 • Vincenzo Di Oronzo, Semivolti • Pasquale Di Palmo, Rèfolo d’autunno • Luigi Fontanella, Inverno di cuori vivi • Mario Fresa, Relazione • Annalisa Macchia, A casa • Valerio Magrelli, Due meraviglie • Irene Marchegiani, “Tempo della storia” • Carlangelo Mauro, Nessuna pagina • Giorgio Mobili, Promenade • Ivano Mugnaini, Un pensiero per «Gradiva» • Alessandra Paganardi, A Luigi e Irene • Michael Palma, The Town • Plinio Perilli, Lo sguardo bianco • Giancarlo Pontiggia, La porta • Enzo Rega, “I silenzi si sono sommati…” • Mario Santagostini, Il figlio • Victoria Surliuga, Tra Chicago e New York • Marco Vitale, “Questo sottile décalage…” • Luigi Cannillo, “Sta entrando…”, “The lindens’ perfume…” • Barbara Carle, Regaleco il mostro marino, Sea Monster or Oarfish
Nuova Poesia Italiana in America • GianMaria Annovi, Passano gli anni e tutto, Tre trittici • Patrizio Ceccagnoli, due traduzioni da Anne Carson e Milo De Angelis (con Susan Stewart) • Monica Martinelli, Tre poesie • Domenico Napoletani, Linguaggi logiche (o licheni) • Federico Pacchioni, Nel reticolato di strade meravigliose • Alessandro Polcri, Etimologia immaginaria • Francesco Satta, Gjâmë
~ Poesia Italiana ~ Michele Bellotti, da Arcangeli e tirannosauri • Giada Giordano, I-VI • Alfredo Panetta, Ponti sdarrupatu. Il crollo del ponte
~ Carte ritrovate A cura di Alessandro Carrera ~ Roberto Carifi, Quattro prose. con una nota. • Alessandro Carrera, La vita di Dio narrata da Dio stesso. Un ricordo di Franco Ferrucci (1936-2010). • Franco Ferrucci, Variazioni musicali di Ungaretti su un testo di Leopardi. (inedito). • Franco Ferrucci, L’ombra lunga della Poetica di Aristotele. (inedito). • Alessandro Carrera, I milioni di minuti di cui è fatto il tempo. Un ricordo di Giancarlo Majorino (1928-2021). • Giancarlo Majorino, La bellezza svincolata della poesia. -1997. • Giancarlo Majorino, Veduta. (autografo 2004).
~ Articoli, saggi, interventi ~ Alberto Biscaldi, Antidoto e veleno. Tutte le poesie di Antonella Anedda • Laura Cantelmo, Visioni e sfide di Perseo. Sulle “trasmutazioni” di Adam Vaccaro • Pasquale Di Palmo, Due ritratti. Sinisgalli e Valeri
~ Intermezzo ~ Paolo Artale, da Egagropile • Sebastiano Diciassette, Sei poesie • Barbara Mastroviti, da Fronte retro dell’essere umano. (Draw Out) • Ivan Pozzoni, Quattro poesie
~ Traduzioni ~ Josè Lezama Lima, Poesie. con una nota e traduzione di Yuleisy Cruz Lezcano • Piedmontese Poetry Today: An Anthological Selection (Part Three). A cura di Antonello Borra
~ Gli strumenti della poesia ~ Frankestein è come il poeta, attratto dalla melodia. Su Exfanzia e dintorni di Valerio Magrelli. A cura di Mario Buonofiglio
~ Lo scaffale di babele ~ Le poesie di Giancarlo Marmori. A cura di Paolo Senna
~ Dialoghi di poetiche ~ In conversazione con Alessandro Brancacci. A cura di Tommaso Di Dio
~ Oltre margine ~ Musica e poesia oggi. Nuove ricerche. (seconda parte). A cura di Luigi Cannillo
~ Rassegna Critica / Reviews ~ Alessio Brandolini. G. Mobili • Luigi Cannillo. A. Paganardi • Franco Castellani. D. Bertelli • Tamara Colacicco. A. Macchia • Lorenzo Ferrarotti. D. Pasero • Louise Glück. A. Carrera • Federico Gobbetti. F.M. Federici • Carol Loeb Schloss. M. Bacigalupo • Bruno Nacci. E. Pretti • Renato Pennisi. S. Aglieco • Daniele Piccini. F. Caprilli • Enea Roversi. P. Perilli • Rocco Rubini. A. Carrera • Giovanni Tesio e Albina Malerba. D. Pasero • Maria Grazia Trivigno. P. Perilli • Caterina Trombetti. A. Macchia
~ Collaboratori / Contributors
~ Informazioni

sabato 14 giugno 2025

#biblioteca / Ocean Vuong | CIELO NOTTURNO CON FORO D'USCITA | La Nave di Teseo

Ocean Vuong
CIELO NOTTURNO CON FORO D'USCITA
(Night Sky with Exit Wounds, 2016)
Prefazione di Michael Cunningham
Traduzioni di Damiano Abeni, Moira Egan
testo inglese a fronte
La Nave di Teseo
Collana I Venti
pp. 188, luglio 2017, Euro 25, brossura


Il Vietnam dilaniato dalla guerra e dal comunismo; New York – il simbolo dell’America – ferita dalla violenza e dall’intolleranza; l’omosessualità come condizione di diversità ed emarginazione. Trentacinque poesie, ispirate al vissuto di questo giovanissimo autore vietnamita, emigrato in America ancora bambino e celebrato dalla critica come uno dei poeti più rivoluzionari degli ultimi anni.
Ad animare Cielo notturno con fori d’uscita, la sua prima raccolta poetica, è una lingua nuova, di commistione e creazione, in cui l’amore per il classicismo – il mito, l’estetica, l’armonia, la fede nell’ordine e nella simmetria – si fonde con la ricerca di nuove forme, sempre fedeli al verso libero e a un dialogo fra prosa e lirismo sorprendente e vitale.

Ocean Vuong è nato in Vietnam nel 1988 e si è trasferito negli Stati Uniti nel 1990. Con la sua raccolta di debutto, Cielo notturno con fori d’uscita, ha vinto nel 2016 il Whiting Award. Ha ricevuto inoltre il Pushcart Prize e altri riconoscimenti da: Poets House, The Elizabeth George Foundation, Fondazione Civitella Ranieri, The Saltonstall Foundation for the Arts e Academy of American Poets. Le sue opere di poesia e narrativa sono state pubblicate sul “New York Times”, “The New Yorker”, “Kenyon Review”, “The Nation”, “New Republic”, “Poetry”, “The American Poetry Review”, che gli ha conferito lo Stanley Kunitz Prize for Younger Poets. Cielo notturno con fori d’uscita è stato tradotto in albanese, arabo, bulgaro, cantonese, francese, hindi, spagnolo e ucraino. Il suo primo romanzo è Brevemente risplendiamo sulla terra (2020).


#biblioteca / Nicanor Parra | L'ULTIMO SPEGNE LA LUCE | Bompiani

Nicanor Parra
L'ULTIMO SPEGNE LA LUCE
(El último apaga la luz, 2017)
a cura di Matteo Lefèvre
testo spagnolo a fronte
Bompiani
Collana Capoversi
pp. 432, settembre 2019, Euro 20, brossura con bandelle


Se c’è un poeta latinoamericano che gode di un credito indiscusso per l’originalità, la qualità e l’irriverente costanza del suo impegno letterario, è senz’altro Nicanor Parra. Nei suoi ottant’anni di scrittura questo fondamentale autore cileno ha saputo condurre agli estremi le possibilità della creatività in versi, inaugurando il genere dell’antipoesia e riuscendo a scardinare dall’interno il sistema delle lettere sudamericane grazie a una beffarda, ostinata azione corrosiva. Tradotto da Allen Ginsberg e Lawrence Ferlinghetti, amatissimo dal conterraneo Bolaño, considerato in America “essenziale come Walt Whitman”, vincitore dei principali premi letterari in lingua spagnola, Parra è ancora poco noto al pubblico italiano. La presente antologia, la più ampia mai apparsa in Italia, vuole colmare questa lacuna.

Nicanor Parra (1914-2018), dopo l’esordio negli anni trenta, si laureò negli Stati Uniti in meccanica razionale e insegnò all'università di Santiago del Cile. A partire dal 1954 elaborò un’antipoesia venata di umorismo, concisa, che si rifà a metri e linguaggi colloquiali, grazie alla quale divenne in breve tempo una delle maggiori voci della poesia in lingua spagnola. Candidato più volte al premio Nobel, ricevette i più importanti riconoscimenti letterari ispanici, tra cui il premio Cervantes nel 2011 e il Neruda nel 2012.

venerdì 13 giugno 2025

#biblioteca / Umberto Fiori | IL CONOSCENTE | Marcos y Marcos

Umberto Fiori
IL CONOSCENTE
Marcos y Marcos
Gli Alianti
pp.320, febbraio 2019, Euro 20,00, brossura


Un personaggio riemerso dal passato. Ridicolo e insinuante, arrogante e mellifluo. ll retro del mondo, i misteri: la storia italiana del secolo scorso, delle utopie, delle stragi. Un viaggio lungo le bellezze della penisola, fin ‘dietro le cose’. L’ineffabile, potentissimo signor Olindo. La malattia, la cura. Un’isola fumante. Una gara di insulti. Una canoa, un antico bassorilievo. Selva, la femmina che seduce e si restringe. Il confronto finale.
Il nuovo libro di Umberto Fiori è un racconto in versi falsissimamente autobiografico, un sogno – e per certi aspetti un incubo,  un’allucinazione – il cui protagonista porta lo stesso nome e cognome dell’autore. Il suo ambiguo antagonista – il Conoscente: mestatore politico, tuttologo rampante, infine tartufesco ‘guaritore’ – lo lusinga e lo provoca, lo trascina attraverso una serie di incontri che dovrebbero ammaestrarlo, rivelargli ciò che si ostina a ignorare, e finiscono invece per stordirlo e confonderlo. La verità, in questa storia, è un segreto osceno che si esibisce e si sottrae, un enigma di cui il Conoscente pretende di avere in pugno la chiave. ‘Umberto Fiori’  affronta i vari incontri come ci si sottopone a una serie di prove d’iniziazione nelle favole. Solo, senza amici, assediato da un’umanità grottesca e spocchiosa, riuscirà alla fine a sfuggire alla presa del suo mefistofelico terapeuta?

Incipit
1.È vero: ci sono giorni che le vostre parole più care e buone mi suonano come insulti, giorni che dal mattino alla sera il sole splende contro di me come contro un ritaglio di lamiera: non mi si parla senza avere diritto in faccia il suo abbaglio tremendo. Ci sono volte che mi trovate là, fermo, freddo come l’avanzo nel piatto. Non vi ascolto, non alzo nemmeno gli occhi. È che ho la testa piena di una scena che ho visto tanti anni fa. 2. Estate. Una grande villa sul mare. Lì, tra scogli e pinoli, si teneva la Convenzione. Incontri, scambi, battere di ciglia, docce, equivoci, gare, eventi vari, pause, sbadigli, digrignare di denti. Gente in mezzo alla gente. Gente, anch’io: uno in più chiamato a convenire. Un convenuto, un ospite. Un estraneo. Eppure quei mattoni tiepidi, quelle aiuole di gerani, quelle fontane, quei portici, li sentivo parenti. Stavo lì come il mondo nella mente. In ogni pavimento riposava un’aria che sapevo; ogni stipite profumava di luce, di abbondanza. Persino il sentore di lardo, nelle cucine, era sobrio, solenne. Nel fresco delle stanze, nel legno bruno dei tavoli, nelle maniglie patinate dagli anni e dalle mani respirava una calma, un ordine antico e quieto, senza nemici. Un gesto largo, discreto. Ah, le case dei ricchi. I ricchi veri, voglio dire, come io ne ho incontrati (in sogno, forse) fin da bambino. I signori. A quelle mura solide e misurate noi Convenuti stavamo tornando, al termine dei lavori di una giornata rovente, carichi di mare e vento, di sole, di fatica e di pace. Era l’ora in cui la volontà finalmente si ferma, tace e si mette in ascolto, l’ora in cui dietro le forme del mondo che si ritirano dentro la pancia buona dell’ombra, senti una promessa. Ecco la sera. Ecco il premio che arriva, la ricompensa che il giorno tratteneva. Noi saremo contenti.

Umberto Fiori è nato a Sarzana nel 1949. Vive a Milano. Negli anni ’70 ha fatto parte degli Stormy Six, uno dei gruppi storici del rock italiano. In seguito ha collaborato con il compositore Luca Francesconi, per il quale ha scritto due libretti d’opera (Scene e Ballata) e numerosi altri testi. È autore di saggi sulla musica (Scrivere con la voce, 2003) e di un romanzo breve, La vera storia di Boy Bantàm (2007). Le sue raccolte poetiche sono: Case (S. Marco dei Giustiniani, 1986) e, per Marcos y Marcos, Esempi (1992), Chiarimenti (1995), Parlare al muro (con immagini del pittore Marco Petrus, 1996), Tutti (1998), La bella vista (2002) e La poesia è un fischio – Saggi 1986-2006 (2007).

#biblioteca / Antonella Bukovaz | casadolcecasa | Miraggi



Antonella Bukovaz
casadolcecasa
(domljubidom)
Con testo sloveno a fronte e disegni dell’autrice
Traduzioni di Monika Lazar, Veronika Simoniti,Dušanka Zabukovec, Alenka Jovanovski, Marko Ipavec
Miraggi Edizioni
Collana janus|giano
pp. 128, aprile 2021, Euro 13, brossura


casadolcecasa ha diverse fonti. Tre testi su cinque nascono da performance di tea­tro e musica. La potenza di questi versi è un’esigenza profonda, il bisogno di trovare equilibrio attraverso gli estremi del corpo, passando da un sentiero all’altro in uno scarto interiore continuo.
La casa, il mito, il confine, il gioco, il viaggio delineano lo spazio di questo libro scritto tra il 2012 e il 2020. Una raccolta composita anche linguisticamente, con testi in italiano, sloveno e inglese.
I testi possono apparire distanti l’uno dall’altro e forse lo sono, per lo meno in senso temporale: « Non so quante cose io abbia scelto e quante mi sia ritrovata a vivere o a scrivere, ma quando cammino in montagna so che cammino e mi piace. Per arrivare in cresta, solitamente si sale passando boschi di faggi per poi sbucare su declivi erbosi che lasciano presto spazio a zone aspre e rocciose e ovunque fortificate dai soldati dell’uno e dell’altro fronte durante la prima guerra mondiale. È faticoso coprire dislivelli di mille-­millecinquecento metri anche senza altra difficoltà che salire, richiede impegno fisico e resistenza all’insistente pensiero di resa che dice adesso, adesso, adesso mi fermo… ».

Antonella Bukovaz è nata a Topolò- Topolove, borgo al confine tra Italia e Slovenia. La sua attività poetica conta i volumi Tatuaggi (Lietocolle 2006), Al Limite (Le Lettere 2011, Premio Delfini 2009), 3x3 parole per il teatro – 3x3 besede za teater (ztt-est 2016), koordinate (Pulcinoelefante 2012) e Guarda (Pulcino­elefante 2015); sue poesie sono poi comparse nelle antologie Poete a Nord-Est (Ellerani 2011), Nuovi Poeti Italiani 6 (Einaudi 2011). Come performer ha creato in collaborazione con l’elettrorumorista Eva Sassi Croce casadolcecasa (Ozky-esound 2021, con cd), L’Arte dei Rumori (dedicato a Luigi Russolo, Ozky-esound 2013, con cd), Lessico elettronico (2013), La femminilizzazione del mondo (Ozky-esound 2014, con cd). Ha collaborato con il Teatro Sonoro - ­Hanna’s Atelje Sonoričnih Umetnosti di Ljubljana e collabora alla realizzazione del festival Stazione di Topolò-­Postaja Topolove.

#biblioteca / Charles Simic | AVVICINATI E ASCOLTA | Tlon

Charles Simic
AVVICINATI E ASCOLTA
(Come Closer and Listen, 2019)
'Orientarsi al buio', introduzione di Moira Egan
Traduzione di Damiani Aben, Moira Egan
Tlon Edizioni
pp. 184, 2021, Euro 16, brossura

Avvicinati e ascolta è l’invito che Charles Simic rivolge ai lettori e alle lettrici in questa straordinaria raccolta di liriche inedite. Con il suo solito sguardo ironico, empatico e irriverente, il poeta àncora i suoi versi alle molteplici sfaccettature del contemporaneo e, allo stesso tempo, esplora le profondità dell’esperienza umana, cercando in quegli abissi la scaturigine stessa della parola poetica.

Charles Simic, classe 1938, è un poeta statunitense di origine serba. Attivo fin dagli anni ’70 ha ricevuto il Premio Pulitzer per la poesia nel 1990. Autore prolifico, tra le sue opere pubblicate in Italia ricordiamo Il mondo non finisce (Donzelli, 2001) e Il mostro ama il suo labirinto (Adelphi, 2012).






Nicola Bonimelli di Edizioni Tlon legge due poesie di Charles Simic tratte dall'ultima uscita della casa editrice, la raccolta di poesie "Avvicinati e ascolta"

  


#biblioteca / Jack Spicer | UN ROSARIO DI BUGIE | Argolibri

Jack Spicer
UN ROSARIO DI BUGIE
(testo originale a fronte)
a cura di Andrea Franzini
con un ricordo di Paul Vangelisti
Argolibri
Collana Talee 2
pp. 120, 2020, Euro 15, brossura



Dopo After Lorca, vincitore del premio Benno-Geiger 2018 per la traduzione poetica, ArgoLibri continua la pubblicazione, libro dopo libro, delle opere del poeta e linguista Jack Spicer. Un Rosario di bugie raccoglie in un unico volume i tre libri successivi ad After Lorca, pubblicati tutti nel 1958 dall’autore americano, allievo di Robert Duncan, in cui egli affina la scrittura “satirico-politica” in poesia. Ammonimenti, dove l’autore continua la sua pratica stilnovista — in stile americano — di poesia diretta ad autori e amici, riprendendo la forma antica degli “ammonimenti”, affrontando esplicitamente tematiche politiche, legate anche all’omosessualità; il libro è corredato da lettere di poetica a Robin Blaser e all’editore Joe Dunn (White Rabbit Press) che per primo pubblicò Spicer e Duncan, e si chiude con una poesia di postfazione per Charles Olson, uno dei poeti americani più influenti del tempo, docente del leggendario Black Mountain College, cui presero parte artisti come John Cage e Merce Cunningham.
Un libro di musica¸ intermezzo creato a partire da una frase di Poe — dove si postula una scissione tra le poesie-brevi e la letteratura, è un testo attraversato da un pericolo costante nel rapporto tra musica e poesia — nonché la base di quella forma jazz-poetry che avrà il suo culmine in Billy the kid (opera che diventerà anche un disco dei Kat-Onoma, in Francia, negli anni 90).
Il trittico, concepito come un crescendo di intensità comunicativa e provocatoria, si chiude sulle Quindici false proposizioni contro dio: “un rosario di bugie”, lo definì il suo stesso autore rivolgendosi a Russel Fitzgerald, giovane poeta e poi amante (il volume contiene una poesia indirizzata a Russ) incontrato durante il processo all’Urlo di Ginsberg, il 9 settembre 1957. Spicer realizza in questo poemetto in quindici parti la sua prima vera “serie” — anche musicalmente intesa — compiuta, dettata “dai marziani”, affrontando il suo lato di calvinista protestante e ponendo le basi per quell’etica poetica descritta dal verso «poeta, sii come dio».

Nato a Los Angeles, Jack Spicer (1925-1965) si trasferisce in seguito a Berkeley, per raggiungere l’Università della California, dove insegna linguistica e stringe rapporti di amicizia con Robin Blaser e Robert Duncan, oltre a numerosi artisti e studiosi che presero parte alla cosiddetta «San Francisco Renaissance». Morì nel 1965, a causa del suo alcolismo, dopo aver pubblicato alcuni libri in piccole edizioni fatiscenti. Contro il mercato del libro (chiamava il libro «il cimitero»), operò per una diffusione soprattutto orale della poesia, concentrando tutta la sua facoltà poetica nell’espressione di un rapporto continuo tra il poeta e le voci circolanti nella vita del poeta, reali irreali che fossero. La sua personalità irriverente, congiunte a una palese erudizione e genialità, hanno contribuito a creare intorno a lui un interesse sempre maggiore nella comunità poetica. Tra i principali libri pubblicati in vita (oltre a quelli riprodotti in questo volume ndr) possiamo annoverare: After Lorca (White Rabbit Press,1957), Billy the kid (Enkidu Surrogate, 1959), The heads of the Town Up to the Aether (The Auerhahn Society, 1962), The Holy Grail (White Rabbit Press, 1964), Dear Jack: The Spicer/Ferlinghetti Correspondence (White Rabbit Press, 1964), Language (White Rabbit Press, 1965). Il volume postumo My vocabulary did this to me: The collected Poetry of Jack Spicer, a cura di P.Gizzi e K.Killian, si è aggiudicato il prestigioso American Book Prize nel 2008.

giovedì 12 giugno 2025

#biblioteca / Franca Mancinelli | TUTTI GLI OCCHI CHE HO APERTO | Marcos y Marcos, 2020

 

TUTTI GLI OCCHI CHE HO APERTO
Franca Mancinelli
Marcos y Marcos, collana Le Ali
illustrazione di Luca Mengoni
pagine 144, 20,00 €
EAN: 9788871689937
settembre 2020

queste pagine di cartilagine
sono lo scheletro dove ti aggiri
come un’ombra nel sangue.

La voce di Franca Mancinelli, tra le più intense e originali della poesia italiana contemporanea, si affida a un difficilissimo equilibrio, tra esattezza del dettato e concentrazione semantica, ottenuta con l’esercizio costante di due forze complementari, quella che accentua e amplifica e quella che elimina e abrade. L’esattezza agisce a tutti i livelli: nella formulazione del singolo verso, nella miscela di immagini e giri sintattici, ma anche nella strutturazione calcolatissima delle sezioni, dei raccordi e persino delle pagine bianche, su cui si accampano minuscole, perfette spirali. Per raggiungere questa giustezza espressiva, l’autrice ha dovuto operare neurochirurgicamente sulla propria scrittura, condensando il senso e eliminando tutto il superfluo: non a caso il titolo felice dell’opera, Tutti gli occhi che ho aperto, denuncia il prezzo pagato nel verso che gli fa seguito, sono i rami che ho perso. Queste poesie nascono da un’urgenza tangibile che non si fa mai aperta confessione: urgenza privata, biografica, e urgenza etica, sempre riferita alle zone più fragili, più terribili della nostra vita, associata o dissociata, dove è giorno, il vento / non si alzerà. Da qui, Franca Mancinelli parla per brevi frammenti, si oppone alla dissoluzione e al silenzio con la forza del niente / del non avuto mai / niente da barattare. Lungo questa via perigliosa, i gesti ricompongono una lingua / si allaccia al mio corpo un’armatura.
Fabio Pusterla
Vincitrice premio Europa in Versi 2021


Franca Mancinelli
 è autrice dei libri di poesia Mala kruna (Manni, 2007, premio opera prima Laudomia Bonanni e Giuseppe Giusti), Pasta madre (con una nota di Milo De Angelis, Nino Aragno, 2013, premio Alpi Apuane, Carducci, Ceppo- giovani), Libretto di transito (Amos Edizioni, 2018), uscito nello stesso anno con traduzione inglese di John Taylor, con il titolo The Little Book of Passage (The Bitter Oleander Press, Fayetteville, New York). Una silloge di suoi testi è compresa in Nuovi poeti italiani 6 (Einaudi, 2012) e, con introduzione di Antonella Anedda, in Poesia contemporanea. Tredicesimo quaderno italiano (Marcos y Marcos, 2017). Traduzioni di suoi testi sono apparse su riviste e antologie straniere. Ha partecipato ad alcuni progetti internazionali, tra cui Chair Poet in Residence (Calcutta, 2019). Dal progetto Refest – Images and Words on Refugee Routes (2018) è nato Taccuino croato, ora in Come tradurre la neve (AnimaMundi Edizioni, 2019). Nel 2019 è uscito, con traduzione inglese di John Taylor, un volume che raccoglie i suoi primi due libri e alcuni inediti, At an Hour’s Sleep from Here. Poems (2007-2019), (The Bitter Oleander Press)

ROLLI Paolo Antonio (1687 - 1765)

  Paolo Antonio Rolli  (Roma, 13 giugno 1687 – Todi, 20 marzo 1765) è stato un poeta, librettista e letterato italiano. Nacque a Roma dall...