Dante Maffia è nato a Roseto Capo Spulico (Cosenza) il 17 gennaio 1946. Il padre, Salvatore, piccolo commerciante del paese, scelse il nome del quarto figlio (dopo Luigi, Antonio e Filomena) augurandosi che diventasse uno scrittore. La madre, Rosina Tucci, fu colpita da una grave malattia che la costrinse sulla sedia a rotelle. Fin da ragazzo Dante è stato affascinato dai libri e dalle “pommedìje”( racconti orali) ascoltate avidamente attorno al caminetto. Racconta lui stesso in una poesia scritta a tredici anni: “Vado la sera/ di casa in casa/ ad ascoltare le fiabe/ che mi raccontano i vecchi / al focolare/ come un mendico/ che ha bisogno di un pezzo di pane”. Trasferitosi a Roma ha esercitato vari mestieri per sopravvivere e frequentare l’Università. Si è laureato con una tesi sulla Presenza del Verga nella narrativa calabrese. Si è dedicato all’insegnamento e alla ricerca nella cattedra di Letteratura Italiana dell’Università di Salerno diretta da Luigi Reina. Natura avida e curiosa, Maffìa ha ingaggiato con la lettura e con la scrittura un vero e proprio duello cercando di scandagliare, oltre che le opere degli scrittori italiani, anche quelle di altri paesi. Dotato di una prodigiosa memoria (forse non è casuale che come suo riferimento principale abbia scelto Campanella) riesce puntualmente a sbalordire per i dotti e appropriati riferimenti durante le sue frequenti conferenze tenute da anni nelle maggiori università del mondo. Il viaggio è il punto nodale delle sue indagini di scrittore. È poeta, narratore, saggista, critico d’arte e fondatore di riviste prestigiose come “Il Policordo”, “Poetica” e “Polimnia”. Intensa la sua attività critica sulle maggiori riviste italiane tra cui “Nuova Antologia”, “Il Veltro”, “Il Belli”, “Idea”, “Poiesis”, “Fermenti”, “Poesia”, “Microprovincia”, “Hebenon”, “La Fiera Letteraria”, “Il Giornale di Calabria”, “Il Mattino”, “La Voce”, “Nuovi Argomenti”, “Il Cittadino”, “La Nazione”, “Paese Sera”, “Lunarionuovo”, “Misure Critiche”, “La Rassegna Salentina”, “Otto/Novecento”. È stato corrispondente de “La Nacion” di Buenos Aires ; per anni ha curato la rubrica dei libri per RAI 2 ed è redattore degli “Studi di Italianistica nell’Africa Australe”. Come poeta fu segnalato, agli esordi, da Aldo Palazzeschi che ha firmato la prefazione al suo primo volume, e da Leonardo Sciascia che con Dario Bellezza ritiene Maffìa “uno dei più felici poeti dell’Italia moderna”. Ha tradotto alcuni poeti dialettali calabresi per Garzanti e per Mondadori. Il Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, nel 2004 lo ha insignito di Medaglia d’Oro per i suoi meriti culturali, insieme a Uto Ughi, Raffaele La Capria, Piero Angela, Giuseppe Tornatore, Ermanno Olmi e Achille Bonito Oliva. Oltre ad Aldo Palazzeschi, hanno prefato i suoi libri Donato Valli, Enzo Mandruzzato, Dario Bellezza, Mario Sansone, Carmelo Mezzasalma, Mario Luzi, Giulio Ferroni, Marco Rossi,Giacinto Spagnoletti, Angelo Stella, Giuseppe Pontiggia, Mario Specchio, Claudio Magris, Nelo Risi, Alberto Granese, Dacia Maraini, Gian Luigi Nespoli, Silvana Folliero, Tommaso Romano, Carmelo Vera Saura, Tullio De Mauro, Natalino Sapegno, Norberto Bobbio, Luigi Reina, Alberto Bevilacqua, Alberto Moravia, Alberto Granese, Corrado Calabrò, Gianpaolo Rugarli, Alberto Abbuonandi, Remo Bodei, Sergio Givone, Giuliano Manacorda. Numerose le traduzioni delle sue opere all’estero.
Poesie (da “Io. Poema totale della dissolvenza”)
Quando
ritornerò al mio paese,
magari fra cinquant’anni,
dopo aver
visitato la vecchia casa
e passeggiato nel corso
principale,
porterò un fiore alla mia tomba.
Avevo lasciato
detto ai familiari
di non portarmi fiori ma del pane,
e adesso
sono imbarazzato per il ripensamento
e per aver pensato a un
malvone
di quelli rossi che sono un pugno agli occhi.
Farò il
viaggio il due di novembre
quando tutti vanno al cimitero
per
onorare i defunti.
Vestito a questo modo
tutti mi guarderanno
incuriositi
domandandosi chi è il bizzarro forestiero.
E
Michele il sospettoso
avviserà i carabinieri
della mia
presenza.
Non risponderò a nessuna domanda
e alla minima
distrazione
toglierò il grigio dalle tombe
con grande
meraviglia di tutti.
Poi il silenzio sarà misto al buio.
Me ne
andrò arrabbiato e sconsolato
perchè mi aspettavo di
trovare
almeno una margherita
sotto la mia foto sbiadita.
*
Cancellate le tracce
di quell’altro
me che giudicava
e si dispiaceva delle cose incompiute
o
trascurate. Quasi un deposito
d’occhi un po’ miopi
un po’
presbiti un po’ astigmatici.
*
La rabbia può servire a mutilare
chi
la adopera e chi la riceve.
E può far danzare in calzoncini
corti
e con l’affanno che sempre si mostra
in condizioni di
difficoltà.
Solo la rabbia avevo e certi scampoli
di letture
da Macchiavelli.
E stavo in agguato
sulle sue pagine
auscultando le iperboli
e le magnificenze della
forma.
Macchiavellico il mio sguardo,
il mio pensiero,
la
mia psiche e la mia dimora,
macchiavellici
i mandorli fioriti e
le ginestre indorate
dai flussi di giallo che si doleva
negli
anfratti e si cimentava
con l’oro delle scaturigini.

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