martedì 11 novembre 2025

CIVITAREALE Pietro (1934 - viv.)

 

Pietro Civitareale è nato a Vittorito (AQ) nel 1934. Nel 1960, per motivi di lavoro, si trasferisce ad Alessandria e successivamente a Firenze, dove tuttora risiede. Come poeta, ha all’attivo una decina di volumi di versi in lingua e in dialetto, tra i quali: Un modo di essere, (1983), Il fumo degli anni (1989), Vecchie parole (1990), Solitudine delle parole (1995), Le miele de ju mmierne (1998), Ombre disegnate (2001), Mitografie e altro (2008). Come saggista, si è occupato dell’opera di Valeri, Betocchi, Fortini, Clemente, Montale, Luzi, Joyce, Beckett, Musil, Pessoa, Lorca, e di alcuni aspetti dell’arte contemporanea. Come narratore, ha pubblicato due volumi di racconti ispirati alla sua terra d’origine:Vecchie storie (2002) e Altre storie (2009), una raccolta di prose di memoria: Paesaggio con figure (2009) e il romanzo: L’angelo di Klee (2009). Come traduttore, ha curato tra l’altro un’antologia delle poesie di Pessoa, L’enigma e le maschere (1993 e 1996), e un’edizione parziale delle Novelle esemplari di Cervantes (1998).
Studioso della poesia in dialetto, ha pubblicato le raccolte di scritti critici: Poeti in romagnolo del secondo Novecento (2005) e La dialettalità negata (2009), nonché l’antologia Poeti in romagnolo del Novecento (2006) e lo studio critico-antologico Poeti delle altre lingue (2011). Ha curato inoltre, per un’editrice spagnola, l’antologia di poeti italiani contemporanei: La narración del desengaño (1984). Suoi scritti si trovano su riviste e quotidiani italiani e stranieri ed alcune sue opere sono state tradotte in diverse lingue.


Ma già scendono le ombre

La rissa dei gabbiani
sui moli, il reticolo di luce
nell’acqua, il ragazzo
che si staglia contro il sole
bruciando come una torcia.

Per me la dolcezza
di quest’ora è il segno
d’una felicità sempre attesa
e mai posseduta, l’evidenza
d’una verità cercata
nelle segrete dell’anima.

Ma già scendono le ombre,
si fa deserto il mondo,
e presto torneremo ad essere
fantasmi nel cuore della notte.


Altri approdi

Il giorno sta già serrando
le ciglia sopra un mare
che è un immenso tappeto di luci,
su una macchia d’ombrelloni
colorati che chiude la vita
in un indistinto brusio di suoni
nel va e vieni della risacca.

Al largo un battello invita,
in una sequela di lingue,
ad imbarcarsi per chissà quali
approdi, come se tra il qui
e l’altrove, l’oggi e il domani,
non esistesse differenza alcuna,
e non offrissero lo stesso
indecifrabile miscuglio di gioie
e dolori, speranze e delusioni.

Immobile sulla riva
(invidiabile inconsapevolezza
dell’adolescenza), una ragazza
ascolta; e il suo corpo,
alto e snello come un cipresso,
è una torcia in fiamme
contro il sole al tramonto.


È l’ora in cui

Là dove muore il giorno
s’annidano ombre
che una scialba luna
stana e sparpaglia
sulla coltre del mare.

È l’ora in cui le cose
ammutoliscono
e l’anima si esilia
in un suo estatico mondo.

E non vale desiderare,
chiedere, cercare risposte.
Ogni attimo che passa
porta il segno dell’eterno.


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