giovedì 27 novembre 2025

ROLLI Paolo Antonio (1687 - 1765)

 

Paolo Antonio Rolli
 (Roma, 13 giugno 1687 – Todi, 20 marzo 1765) è stato un poeta, librettista e letterato italiano.
Nacque a Roma dall'architetto borgognone Filippo Rolli e da un'Arnaldi di Todi. Suoi fratelli erano il musicista Giovanni Rolli e il letterato Domenico Rolli.
Fu allievo di Giovanni Vincenzo Gravina, come Pietro Metastasio e Carlo Innocenzo Frugoni; l'impronta del maestro è sensibile nell'imitazione diretta soprattutto di Orazio e Catullo, ma anche di Tibullo e Properzio, negli esperimenti di metrica barbara, nelle traduzioni di Virgilio ed Anacreonte, e nelle numerose edizioni di classici che appronterà durante il suo soggiorno inglese (Lucrezio, di cui il Rolli farà stampare per la prima volta la versione, inedita in Italia, di Alessandro Marchetti, Senofonte Efesio, Giovanni Boccaccio, Ludovico Ariosto, Battista Guarini ecc.). Il Fabroni, nelle Vitae Italorum doctrina excellentium qui saeculi XVII e XVIII floruerunt (Pisa, 1783) sostiene che il Rolli e Domenico Ottavio Petrosellini "quod emersissent e barbarie, quae superiori saeculo humaniores litteras offuscaverat, unice se Gravinae debere profitebantur" (pp. 15-16). Legge con profitto Della perfetta poesia di Ludovico Antonio Muratori nello studio dell'avvocato e poeta arcade Giovanni Battista Zappi, e imita uno dei primissimi arcadi come Alessandro Guidi nelle canzoni Musa, che il giovenil mio cuore accendi (1711) e Del genio di cantar le lode altrui (1716); ma soprattutto, come ha dimostrato Carlo Calcaterra, la sua vena aggraziata e festosa, particolarmente notevole nelle rime galanti e mondane, si rifà alla poesia melica del tardo XVII secolo, in specie a quella di Francesco De Lemene. Come il suo rivale Pietro Metastasio il Rolli impiega ancora la morbida lingua poetica del Marino.
Il periodo romano. In Arcadia
Fu arcade col nome di Eulibio Discepolo; con lo scisma del 1711, seguìto allo scontro tra Giovanni Vincenzo Gravina e Giovanni Mario Crescimbeni, seguirà il maestro, affiliandosi (1714) all'Accademia dei Quirini. Essa prospera all'ombra del primo dittatore perpetuo, il fiorentino cardinale Lorenzo Corsini, poi papa col nome di Clemente XII, che ospita gli accademici (impegnati in quello che chiamano l'agonale, cioè il luogo in cui convengono per recitare) d'inverno nel proprio palazzo cittadino, e d'estate nella propria villa.
Il periodo londinese
Trasferitosi a Londra tra la fine del 1715 e l'inizio del 1716 vi risiede per ventinove anni scrivendo libretti per i principali musicisti attivi nella capitale, stampando insegnante d'italiano e di canto (tra l'altro è precettore dei figli di Giorgio II e poeta ufficiale della Royal Academy of Music, che fu inaugurata con la rappresentazione del suo Numitore, con musica di G. Porta. A Londra scrisse una dozzina di libretti per Nicola Porpora (tra cui Davide e Betsabea, e un oratorio), Giovanni Bononcini (Astarto; Crispo; Griselda; Erminia) e almeno cinque per la musica di Haendel (Floridante, 1721; Scipione, 1726; Alessandro; Riccardo I re d'Inghilterra, 1727; Deidamia, 1741, quest'ultimo il più drammaticamente efficace; ad essi forse dev'essere aggiunto il Sosarme; oltre ai melodrammi, il genio di Halle intonò almeno 3 cantate del Rolli). Si aggiungano anche una Penelope per Baldassarre Galuppi, un Partenio e una Rosalinda (da Come vi piace di William Shakespeare) per Francesco Maria Veracini, un Alfonso e un Alceste per Giovanni Battista Lampugnani. Comunque sia, nonostante il lavoro di librettista gli riuscisse odioso (ma era molto redditizio: nell'ultimo periodo percepiva 300 sterline per un libretto), avrebbe scritto altri libretti anche tornato in Italia, come quello di un Teti e Peleo, del 1749, verosimilmente mai musicato e tra i suoi poeticamente più felici. Nella quasi totalità dei casi si tratta di opere rimaneggiate da altri autori, in maniera assai pesante ma non tale da segnare un miglioramento rispetto ai modelli (Antonio Salvi, Nicolò Minato, Matteo Noris, Girolamo Gigli, Francesco De Lemene, Apostolo Zeno, Pietro Metastasio), né in senso poetico né, men che meno, in senso drammatico: l'azione è fiacca e involuta, la ricerca di ritmi originali è spesso infelice, le immagini sono generalmente poco aggraziate. Tutti limiti che Haendel non mancò di rilevare piuttosto impietosamente.
Fu questa mancanza di stima da parte del compositore sassone, con ogni probabilità, che rese impossibile al Rolli intrattenere buoni rapporti con lui. Nel periodico «Craftsman» il 7 aprile 1733 comparve un articolo diretto e brutale contro Handel, la cui paternità, nonostante sia a firma del Rolli, è stata a lungo discussa; ma secondo alcuni è certamente attribuibile a lui in séguito al ritrovamento, presso la Biblioteca Comunale di Siena, di una versione italiana dello stesso articolo tra le carte rolliane (evidentemente la minuta dell'articolo poi tradotto e pubblicato in inglese in forma anonima).
Durante il suo soggiorno londinese godette di una discreta fortuna: si narra infatti che le dame londinesi amassero portare scritti sul proprio ventaglio alcuni versi di questa canzonetta rielaborata dal Rolli su un'aria Metastasiana:

«Il mistero in Amor, se lo credete,
Ninfe belle, è follia.
È follia se nascondete,
Ninfe belle, il vostro affetto:
A svelarlo, se 'l tacete,
Un pallor viene improvviso,
Un rossor basta, un sorriso:
Parla un guardo ed un sospir
Ninfe vaghe, quel che piace
Quanto invan s'asconde o tace!
Presto o tardi - vien a i guardi
Quel che il labbro non può dir

(Paolo Rolli)

Il ritorno in Italia
Nel 1744, in un clima assai mutato, dopo numerose polemiche con vari letterati inglesi e in un'atmosfera sempre meno conciliante con tutto quanto proviene dall'Italia (in specie il melodramma, contro cui Addison sullo Spectator e John Arbuthnot conducono da anni pesanti campagne denigratorie), il Rolli torna in patria, stabilendosi definitivamente nella città materna, Todi, dove, ricco e soddisfatto, attende alla correzione e alla stampa definitiva delle sue opere. Nel 1735 è stato ascritto dalla nobiltà tudertina alla prima classe del patriziato. Si spegne serenamente.
Opere
Pubblicò un volume di Rime (Londra, 1717), molto fortunato, e due libri di "Canzonette e cantate (Londra, 1727). La parte più viva della sua opera è contenuta negli Endecasillabi (una sezione delle Rime) e nelle Canzonette. Tra queste ebbe fortuna sterminata La neve è alla montagna, imitata in séguito da Giovanni Battista Casti e da molti altri. La canzonetta ebbe tanta fortuna da sfuggire immediatamente di mano all'autore, per quanto celebre; tantoché Carlo Innocenzo Frugoni, incaricato di imitarla, seppe solo dopo averne fatto due plagi chi ne fosse l'autore (già per altri versi famoso); scriveva infatti da Parma, il 23 dicembre 1728 al marchese Ubertino Landi a Piacenza: "È qui scappata fuori una canzonetta d'incerto autore, che comincia: La neve è alla montagna, ed ella non è del tutto disavvenente. Ha certi tratti di bellezza pastorale, che puon piacere anche agl'intendenti. Qui le Dame la cantano e le han dato un'aria, che ben le siede. Io sulla misura di detta canzone due ne ho dovuto fare. Una è quella che con questo corrier vi mando. L'altra con l'altro spedirovvela". La sua importanza nell'evoluzione del gusto arcadico verso il rococò è evidente negli aggraziati Endecasillabi. Pubblicò tutta la sua opera nei tre volumi dei suoi "Poetici componimenti" (1753).
Tradusse in italiano:
Paradiso perduto di John Milton (1729-35)
Odi di Anacreonte (1739).
La cronologia degli antichi regni emendata di Isaac Newton (1757).
Paolo Rolli tentò inoltre di trasporre nella versificazione italiana l'endecasillabo falecio della metrica classica, unendo un quinario sdrucciolo ed uno piano in endecasillabo che suona come un quinario doppio. Questo tipo di endecasillabo infatti è definito endecasillabo rolliano.
Carlo Calcaterra (1926) così ne rileva la più specifica cifra stilistica:
«In altre parole il Rolli fu poeta. Senza dubbio ha anch'egli la sua zavorra: l'oda La Poesia è un'esercitazione accademica sermoneggiante e donoccolata; l'oda Al Conte di Galasso è priva di qualsiasi ispirazione; l'oda Ad Alessandro Polwarth vorrebbe essere un pezzo di bravura ed è plumbea fatica; nell'oda Al Passionei egli vorrebbe apparir vate magnifico con la zimarra di Febo, e fa sonante retorica; nella canzone Per la nascita dell'Arciduca d'Austria (1716), come i chiabreristi e i guidiani, si atteggia a emulo di Pindaro e finge di parlar con gli Dei e con le Muse, e quanto più alza la voce, tanto più soffoca nella declamazione; altre sue odi vorrebbero essere oraziane nelle movenze e nelle forme e non ci toccano, perché prive di qualsiasi intimo fuoco. Così dicasi della maggior parte de' sonetti e delle Tudertine e de' suoi melodrammi: sentesi l'artefice laborioso, non l'animo che detta. Ma negli Endecasillabi ha alcuni tocchi vivi e delicatissimi.»


martedì 25 novembre 2025

##biblioteca / Alberto Casadei - ANNI OMBRA - Polidoro

 
Alberto Casadei
ANNI OMBRA
Polidoro edtore
luglio 2025
pp. 280, euro 16
ISBN 9791281852136


Ma è prosa o poesia? Si racconta qualcosa o si imbastisce uno strano saggio (im)personale? Anni ombra è un prosimetro e ha natura indecidibile: come nella celebre immagine dell’anatra-coniglio, quando si arriva a riconoscere un contorno, con la coda dell’occhio se ne scorge un altro. Il narcisismo dello scrittore è azzerato, cosicché la presunta autobiografia esplode (come nella prosa di Casa di foglie di Mark Z. Danielewski), ma è proprio l’esplosione dei generi a caratterizzare questi frammenti, che vogliono restare tali. Non bisogna ricomporli: nel cervello umano come nel Cloud digitale ogni dato e ogni evento si scindono
senza posa o si affiancano a innumerevoli altri. In uno zibaldone che non esorcizza il caos, si accumulano nuclei di senso e di non-senso, e tuttavia gli elementi attrattori non mancano. Chi si avvicina è tenuto a lasciarsi attrarre: gli oscillanti pronomi che attraversano questi Anni ombra equiparano autore (l’io-lui nelle sue varie epoche) e lettori, quelli reali e quello, petulante come un’AI, che si materializza nel prosimetro. Ma tutti, alla fine, svolgono il loro ruolo di ricognitori
delle nostre interazioni fondamentali.

Alberto Casadei insegna Letteratura italiana all’Università di Pisa. Il Saggiatore ha pubblicato Biologia della letteratura (2018; premio Mondello per la Critica) e Dante (2020).


CAVALERA Nadia (1950 - viv.)

 

Nadia Cavalera
 (Galatone, 20 settembre 1950) è una poetessa, giornalista e scrittrice italiana. Dopo la maturità classica si laurea in filosofia all'Università di Lecce. A Brindisi dal 1976 -1988, ha insegnato materie umanistiche e ha svolto attività giornalistica in campo prettamente culturale (presso il Quotidiano di Brindisi, Lecce e Taranto, 1982 - 1988). Vive a Modena dal 1988. Unica poetessa presentata in "Terza Ondata", che stigmatizza l'avanguardia dell'ultimo Novecento, Nadia Cavalera nelle sue opere ha scritto anche in latino (Ecce Femina), inglese (Bluff/Americanata) e dialetto galateo (Salentudine).
Ha tradotto dal Latino ("Eremita Dialogo" di Antonio Galateo), e dal francese ("Pesce solubile" di André Breton).
Ha fondato due riviste: a Brindisi, Gheminga (1988, 0-3), la prima rivista esclusivamente letteraria della città; a Modena, con il poeta Edoardo Sanguineti, Bollettario (1990 - 2010), quadrimestrale di scrittura e critica. Dal 2005 al 2018 ha presieduto il Premio Alessandro Tassoni (poesia, narrativa, teatro, saggistica), organizzato dall'Associazione Le Avanguardie, da lei diretta dal 1989. In alcuni numeri di Bollettario evidenzia il proprio impegno civile, sociale e politico.
I suoi scritti sono presenti in diverse antologie e ha collaborato con diverse testate specialistiche.

Poesia
Amsirutuf: enimma, Torino, Tam Tam, 1988 (Presentazione di Adriano Spatola)
Vita Novissima, Modena, Bollettariolibri 1992 - 101 poesie
Americanata, Modena, Bollettariolibri 1993 - 31 poesie in americano con lo pseudonimo di Marie Donna Lancaster
Ecce Femina, Napoli, Altri termini, 1994 - 101 poesie in latino, con lo pseudonimo di Annia Aurelia Galeria Lumilla Augusta - (Presentazione di Marcello Carlino)
Brogliasso, Modena, Gheminga 1996 - mix sperimentale di varie testualità (Presentazione di Giorgio Barberi Squarotti)
Salentudine, Venezia, Marsilio 2004 - 103 limerick in dialetto galateo
Superrealisticallegoricamente, Roma, Fermenti, 2005 - poesie/prose/opere verbo-visive, (Presentazione di Donato Di Stasi). Il libro è stato (con quelli dei poeti Franco Buffoni e Valerio Magrelli) tra i tre finalisti/vincitori del Premio L'Aquila - CarispAq 2006, e Premio Astrolabio della Giuria, Pisa, 2009
Spoesie, Roma, Fermenti, 2010 (Introduzione di Mirella Serri)
L'astutica ergocratica, Novi Ligure (Alessandria), Joker, 2011 (Introduzione di Daniele Maria Pegorari)
Casuals. Spoesie 2010-2015, Milano, ABEditore, 2016 (Prefazione di Giuseppe Panella)
La felicità della solidarietà, testo base della musica Happiness Trains del Maestro Antonio Giacometti, esecuzione al Teatro Petruzzelli di Bari, 3 novembre 2018
Liber ex libris. Endecaversi, Lecce, Edizioni Milella, 2022 (Prefazione di Francesco Muzzioli)
Lessico e cibo famigliari.Le mie prime cinquemila parole 31 endecaversi in dialetto galateo, Lecce, Edizioni Grifo, 2022 (Introduzione del Card. Fernando Filoni)

Io sono Io

1.

e contro I’éclatement mi autodestino in silouette dissipativa
che dinamica stabile avvera l’equilibrio in ‘sto male di Babele
di segni e suoni (: fluttuando balli cerco chi di corpo m’incoroni)
infatti voglio il silenzio colmare tra i piedi e le parole
ché allo specchio i miei piedi sono vergati
da altri tracciati e le mie parole sono mutaffamate
quindi pendula alla sterile gola faccio in palimpseste
man bassa del linguaggio che la casa passa
ma anche qui in tratti riverso sovversivo verso
questo mio universo è sempre per l’altro enimmatico carso
penchant limitrofo da destabilizzare
individuato soggetto in innocente emersa galla
sfondo marginale ch’esalta l’altrui forte taglia

2.

invero in transit voglio la mia faccia più vera
multipla polimorfa differente carriera
senza nacchera o vuota bandiera
ossia voglio liberarmi del suo sguardo pensato parlato
ch’addosso m’ha attaccato e il mio spazio vitale soffocato,
senonché nell’ara voluntatis della mia chiesa
manca il potere e l’iter smacca sbatacchia
tira lo sfintere della festiva giacca la placca
perciò l’album delle foto di famiglia è qua e là strappato
mal’incollato sbiadito di vissuto patito s’impiglia
l’altro in giusta giustizia non mi rende la pariglia
(: anzi all’affaccio ratto il panorama scompiglia)

3.

nondimeno tosta mi cucio e ricompongo
sul collo dal sud pongo il peso del mio dire
dietro terze persone: ipocrite fisime di irresponsabilità
non mi nascondo (: nessuna verità rivelata:
solo una credenza soggettiva conclamata)
così non solo mi spiattello nei fogli in emendati brogli
ma mi esalto negli intrugli di segni simulacri di regni
lenta crepo presenze di assenze: maschere di visceri bischeri
alla ricerca dell’alchimia d’una mia propria fisionomia
[: e inventando la mia muta incrino la sua grandeur
che morte frantumata sputa (: lo spingo all’incontro
alla composizione ambita: l’uscita pulita)]

lunedì 24 novembre 2025

#biblioteca / Salvatore Merra - CANTI AL MONDO CHE VERRA' - Armando

 
Salvatore Merra
CANTI AL MONDO CHE VERRA'
Armando
novembre 2025
pp. 224, € 15,00

 
Questa raccolta è il frutto di un cammino cinquantennale, guidato dall'amore per l'arte e dalla solidarietà. Il poeta si fa testimone del suo tempo, cantando l'umanità in tutte le sue sfaccettature e, in ogni verso, ravvivando la fiamma della speranza per le nuove generazioni.
L'introduzione dell’Autore offre i riferimenti dell'opera. E' la raccolta di composizioni poetiche dal periodo giovanile, anni ’60, fino ad oggi. La prima parte riprende il testo pubblicato nel 2006 di Sta-Mater e poemetti giovanili, con qualche revisione e adattamento agli ultimi eventi. Sta Mater è la Via Crucis che ripercorre nelle varie stazioni gli eventi drammatici degli ultimi decenni. Temi che rispecchiano le tragedie di oggi. Nei Poemetti Giovanili spiccano i tre canti della Palestina e gli eroi sfortunati della nostra era, tra cui la vicenda commovente di due scimpanzè fuggiti dallo zoo. La seconda parte,che è il cuore dell'opera, riprende il testo pubblicato nel 2004 di Versi persi, più alcune composizioni successive fino ad oggi. Sono inni all'amore e all'incanto dei luoghi visitati. La terza parte, riprende le liriche di intensa ammirazione al padre e di rievocazione commovente alla madre. Nuove composizioni dedicate al fratello Riccardo. Questi canti sono l’essenza di una vita spesa all’insegna della ricerca del bello e dell'impegno speso nel prendersi cura della sofferenza. Intendono essere linfa per le generazioni attuali e quelle che verranno.»
 
Salvatore Merra, Direttore Editoriale della Casa Editrice, guida Comunità Terapeutiche e Strutture Diurne per la cura e il recupero dei sofferenti psichici. Ha scritto nel campo delle neuroscienze e del pensiero umanistico. Ha pubblicato anche libri di narrativa. I versi sono la sua esperienza più intensa e genuina. Qui offre una raccolta completa.

 


#biblioteca / Alda Merini - IL MIO LABIRINTO DI ASSURDO SILENZIO - Manni


Alda Merini
IL MIO LABIRINTO DI ASSURDO SILENZIO
Nuove poesie
introduzione di Daniela Cristofori e Giacomo Poretti
Manni editori
2025
pp. 112, euro 15
ISBN 9788836174041


E io capii che il dolore può ricondurre alla morte 
e l’uomo pietoso partì e mi lasciò il rimpianto segreto 
per le mie pene patite per il mio sposo perduto 
e l’uomo disse: ti lascio il filo di Arianna 
mi cercherai dentro il mio labirinto di assurdo silenzio 
e l’uomo pietoso partì sopra la nave felice 
non fece più ritorno e non mi donò la parola 
e non so più partire da terra non riconosco più l’uomo 
e morirò di tormento io per il mio mitico Orfeo 
e piango amaramente per il mio amore perduto 
per i suoi versi gentili la sua statura gigante.

In questo libro compaiono tre piccole e preziose raccolte inedite di Alda Merini emerse dagli archivi della casa editrice, tutte risalenti al biennio 1988-1989, anni molto intensi sul piano personale e creativo per la poetessa: La piccola Spoon River, con ritratti di personaggi dei Navigli milanesi; Breviario sconsacrato, che ruota attorno al Centro psico-sociale frequentato dopo il manicomio, ai medici, ai pazienti, alla percezione che dal “di fuori” si ha della malattia mentale; I filibustieri della follia, con versi dedicati ad amici e amori; e altre poesie, anch’esse inedite, in cui protagonista indiscussa è la passione, declinata in varie sfumature ma sempre colore dominante dell’esistenza.


#biblioteca / Seamus Heaney - STAZIONI - Molesini

 
Seamus Heaney
STAZIONI
(titolo originale Stations, Ulsterman Publications, UK, 1975)
traduzione di Leonardo Guzzo, Giorgia Meriggi e Marco Sonzogni
nota di Seamus Heaney
prefazione di Bernard O'Donoghue
(Università di Oxford)
postfazione di Piero Boitani
(Università Sapienza di Roma)
Molesini editore
2025
pp. 84, € 15,00
ISBN 9791281270169

 
Stations è una silloge di 21 prose poetiche di Seamus Heaney pubblicata a Belfast da Ulsterman Publications nel 1975. Nello stesso anno a Londra Faber dà alla stampa una delle raccolte più importanti del poeta irlandese, North. Non soprende che la critica abbia accostato queste due opere, individuando nelle prose di Stations un resoconto dell’esperienza personale di Heaney più «democratico», per così dire, rispetto a quello dei versi di North. Un esperimento che resta però unico nell’opera del futuro premio Nobel – bisognerà aspettare, infatti, l’undicesimo e penultimo libro di versi di Heaney, District & Circle (2006), per ritrovare prose poetiche.
Nel 1970-71, Heaney inizia a scrivere i testi di Stations, da lui definiti “marce rubate in una forma nuova”, “trivellazioni autobiografiche”, “stretti pozzi scavati in uno strato della coscienza nordirlandese”. L’anno accademico trascorso a Berkeley, in California, rappresenta uno snodo fondamentale nel suo percorso umano e poetico. Nello stesso anno, però, la pubblicazione di Mercian Hymns, una raccolta di prose poetiche del poeta britannico Geoffrey Hill, lo induce a interrompere la stesura di Stations, che riprende e completa nel 1974 dal cottage di Glamnore, nella campagna dublinese, dove si era trasferito con la famiglia due anni prima, compiendo un’altra scelta decisiva per la sua vita e la sua opera.
Alle prose poetiche di Stations Heaney affida un doppio compito narrativo. Le prime, in terza persona, descrivono esperienze della sua infanzia: inizialmente idilliache ma presto inquinate da paura e repulsione, come nelle poesie del suo primo libro, Death of a Naturalist (1966). Le prose successive, come le poesie del suo quarto libro North (1975), documentano invece le condizioni sociali e politiche dell’Irlanda del Nord, presa nella morsa sanguinosa di una guerra civile tra maggioranza protestante e minoranza cattolica che non sembra conoscere tregua.
 
Seamus Heaney (Castledawson 1939 – Dublino 2013) è uno degli autori di lingua inglese più importanti del nostro tempo, letti e studiati in originale e in traduzione in ogni angolo del pianeta. Dai banchi di scuola di Anahorish e Derry, in Irlanda del Nord, al podio Nobel dell’Accademia di Svezia passando attraverso prestigiose cattedre universitarie – tra cui quella di retorica e oratoria ad Harvard e quella di poesia ad Oxford – la vita e la scrittura di Heaney sono state esempio di claritas, integritas e consonantia. Questi valori – è Heaney stesso a indicarlo – contraddistinguono la sua condotta civica e il suo contributo artistico. The Translations of Seamus Heaney (2022), The Letters of Seamus Heaney (2023) e The Poems of Seamus Heaney (2025) – che a distanza di cinquant’anni dalla prima pubblicazione include le prose poetiche di Stations accanto ai dodici libri di versi – attestano l’eredità umana e letteraria di una figura tanto umile e riservata quanto influente e universale. Stazioni presenta per la prima volta in traduzione italiana integrale, con testo inglese a fronte, un’opera di Heaney poco conosciuta: l’unico tassello mancante alla ricezione completa di questo autore nella nostra lingua.

Leonardo Guzzo, Giorgia Meriggi e Marco Sonzogni considerano la condivisione della traduzione letteraria come preziosa esperienza di confronto, approfondimento e crescita. Stazioni di Seamus Heaney segue Un paradiso portatile di Roger Robinson (2022) e Gente nel tempo libero di Anne Carson (2025).

Presentazioni
VENEZIA
Giovedì 11 dicembre, alle ore 18
Spazio Eventi La Toletta 
Fondamenta Borgo 1134
Seamus Heaney, Stazioni
Gilberto Sacerdoti dialoga con Andrea Molesini
Modera Giovanni Pelizzato

PAVIA
Lunedì 15 dicembre, alle ore 18
Almo Collegio Borromeo
Piazza del Collegio Borromeo 9
Istanti sull'orlo estremo della coscienza
Seamus Heaney, Stations/Stazioni
Intervengono  i traduttori e curatori Leonardo Guzzo, Giorgia Meriggi, Marco Sonzogni


domenica 23 novembre 2025

ACITELLI Fernando (1957 - viv.)

 

Fernando Acitelli
 (Roma, 2 marzo 1957) è un poeta e scrittore italiano.
Fernando Acitelli ha esordito nel 1994 con la raccolta poetica Gli amplessi di Saint-Just (Ed. Tracce), affermandosi nel mondo letterario italiano con la successiva silloge La solitudine dell’ala destra, antologia di ritratti in versi di celebri calciatori edita da Einaudi e accolta con favore tanto dal pubblico quanto dalla critica.
La solitudine dell’ala destra ha avuto un seguito nel 2018 con le poesie de La tristezza delle ripartenze, titolo pubblicato dall’editore romano Ponte Sisto.
Nelle sue opere, Acitelli ha più volte omaggiato, in maniera diretta o indiretta, Pier Paolo Pasolini e Francesco Totti.

Poesia
Gli amplessi di Saint-Just. Poesia nella storia, Tracce, Pescara 1994.
Pregi della prospettiva, Amadeus, Cittadella 1996.
La solitudine dell’ala destra, Einaudi, Torino 1998.
Blu di Seneca, Polistampa, Firenze 2006.
Hogarth, ES, Milano 2008.
Cantos romani, ES, Milano 2012.
Accattone, ES, Milano 2015.
La tristezza delle ripartenze, Ponte Sisto, Roma 2018.


Per giungere in cima al Faro,*
ho riempito il questionario
omettendo il fine ultimo, ovvero
il mio amore per il mondo.
Il fatto è che l’amore deve
prevedere il Tutto altrimenti è altro
e per me la ricognizione
sul passato, inabissato, accatastato
sui fondali, vale più di qualsiasi
fanciulla a termine, molata
fin che si vuole, ma a termine.
La mia sostituibilità? Con chi?
Dunque vago nei fondali
e il Faro donerà luce su colonne
greche dirette all’Urbe, su processioni
di corniole, incise di profili senza
identità, e su resti scolpiti d’un simposio
in cui gli dèi dal mare indicano il cielo.
Per tutto questo ha senso innamorarsi.


*Il Faro è quello di Anzio, città dove nacquero Caligola e Nerone

(da Cantos Romani, Es, 2012)


*


Garrincha

E al funerale tutta Rio si fermò.

Fino al giorno prima
rantolava sghembo fra i tetti
e la luna.
Le sue finte erano da artrosi,
da cirrosi.Livido il viso.

“Ti stringo la mano, Garrincha,
e ti pago da bere!” urlava
il barista vedendolo cagnolo
poverissimo.

Un Carnevale in nero
con carri non allegorici
mosse in ritmo chiuso.

Il Capo dello Stato quasi si irritò
per la nazione in pianto.

“Ed io, allora?” sembrò dire.
“E tutto questo per un’ala destra?”

da La solitudine dell’ala destra (Einaudi)



venerdì 21 novembre 2025

BRERA Paolo Alberto (1949 - 2019)

 

Paolo Alberto Brera
 (Milano, 16 settembre 1949 – Milano, 21 febbraio 2019) è stato un economista, scrittore, traduttore, giornalista e poeta italiano.
Paolo Brera, scrittore, traduttore e giornalista, è il terzo figlio dello scrittore e giornalista Gianni Brera e di Rina Gramegna, insegnante. È stato sposato con Clelia Bertello. Dalla seconda moglie Rosetta Griglié ha avuto due figlie, Jalée (n. 1985) e Lavinia Lys (n. 1987).
Brera si è laureato in Economia politica all'Università Bocconi di Milano dove fra il 1974 e il 1978 è stato assistente di Storia economica.
Fino al 1985 ha svolto lavoro di ricerca sulle economie pianificate dell'URSS e dell'Europa orientale, pubblicando una cinquantina di saggi su riviste specializzate e lavori collettivi. È stato membro dell'Association Internationale des Économistes de Langue Française e ha presentato relazioni a Roma e al quartier generale della NATO a Bruxelles. Dal 1980 al 1986 ha fatto parte della Commissione economica centrale del Partito Socialista Italiano. Dal 1981 si è dedicato prevalentemente al giornalismo, scrivendo per Critica Sociale, ItaliaOggi e Il Secolo XIX. Ha inoltre collaborato a Labour Weekly, Corriere della Sera, Exormissi, Avanti!, Die Neue Gesellschaft, Ny Politik, il Corriere del Ticino, Tages Anzeiger, Panorama, Mondo economico, Rinascita, Mondoperaio, Politica ed Economia, e altri. Nel 1989-90 è stato caporedattore dell'edizione italiana della rivista russa Moskovskie Novosti. Fra il 1997 e il 2002 ha diretto e pubblicato la rivista Brera, dedicata all'omonimo quartiere di Milano.
Gli articoli accademici e giornalistici di Brera sono stati scritti o tradotti in diverse lingue europee[9]. Con Alberto Scherillo ha curato l'Annuario economico del calcio italiano, 1994-1995: le strategie aziendali e i bilanci delle squadre di serie A, Milano, Baldini&Castoldi, 1994.
Dopo l'anno 2000 Brera si è dedicato sopra tutto alla narrativa e alla poesia, pubblicando diversi romanzi polizieschi e di fantascienza[10], uno studio sull'economia mondiale per Famiglia Cristiana, tre raccolte di poesie e un progetto letterario incentrato sulla figura di Don Giovanni. Ha inoltre collaborato alle riviste culturali Viator ed Eos.
Come traduttore Brera ha volto in italiano dalle rispettive lingue originali opere di Balzac, Puškin, Zorrilla, Turgenev, Sienkiewicz, Machado de Assis e altri.
Come giornalista, ha lavorato dal 2002 al 2014 per La Padania e dal 1985 per i giornali del gruppo Athesis. Dal 2015 fino alla morte ha collaborato con Sette, il settimanale del Corriere della Sera.
Muore il 21 febbraio 2019 all’età di 69 anni stroncato da un infarto mentre si trovava nella metropolitana di Milano. Era uscito da pochi minuti dal Ribs and Beer, locale di Lambrate in cui aveva presentato, insieme all'amico e scrittore Andrea Carlo Cappi, il suo ultimo romanzo, "Il futuro degli altri" (Clown Bianco Edizioni).



Via Canonica
 
alla Tolfina
 
 
Questa sera cammino
e il caso mi riporta,
per tragitti diversi dal mio solito,
notturno pellegrino
alla mia prima scuola,
che odora di mia madre, maestra giovane.
Qui venni da bambino,
col fiocco ed a tracolla
la mia cartella, i libri, le mie fisime,
e altre cose da niente.
La vita del quartiere
fu la mia vita, ma come esanime
l’attraversai, assente,
senza nulla vedere
che fosse fuori del mio angusto limite.
 
Il quartiere cinese, via Canonica,
della mia vita ha visto l'albeggiare
che solo la Tolfina, in quanto storica,
sa ancora ricordare.
Fosse un bene od un male, l'esistenza
ruotava tutta intorno a quel selciato.
Tornavo sempre, ed era la mia assenza
parentesi soltanto,
quando pure partissi per un altro
lavoro, altra donna, altra città –
scelte che noi vorremmo avere fatto
di qui all’eternità.
Nulla durò, ma come in età antica
dormo ora a un metro da dove si spensero
mia madre e sua sorella, la Maria,
con il suo amore burbero.
 
Dire non so se sono già al crepuscolo,
so che il ricordo è tinto di rimorso
per avere vissuto da sonnambulo.
Solo con la Tolfina ne ho discorso:
già che la sua memoria mi riporta
momenti spenti in me dall'amnesia
che ha annebbiato l'infantile vita
del Paolo, e so che senza la sua scorta
avrei perso di più che perso sia.
 
Mi domando se ciò che costruiamo
può mai competere in significato
con quello che nascendo riceviamo
né sappiamo perché ci è destinato.
febbraio 2004


mercoledì 19 novembre 2025

ANGIUS Salvatore (1980 - viv.)

 

Salvatore Angius (Lanusei, 27 maggio 1980) è un poeta italiano, vincitore del premio internazionale Simón Bolívar 2015.
Figlio di un ufficiale dei Carabinieri, sin dall'infanzia ha girato l'Italia al seguito del padre. Il nonno contadino era un poeta popolare sardo che si dilettava in poesia georgica. Alla Scuola militare Nunziatella di Napoli conosce il professor Claudio Ferone, latinista e grecista. Quest'ultimo influenza la sua formazione, indirizzandolo definitivamente verso la poesia. Lasciata la carriera militare, negli anni successivi scrive volumi di poesia, come Disse il lupo alla luna (2009), la sua versione in portoghese Disse o lobo para a Lua e Tracce nel tempo (2010).
Notato da Rodolfo Rodríguez del Teatro Simón Bolívar di Caracas, è invitato alla manifestazione internazionale La casa halta donde los halbores hablan e successivamente pubblica il suo quarto libro, Dialoghi dal bosco. Nello stesso periodo alcune sue poesie vengono pubblicate nella mostra argentina «Aquarela Letteraria 2015» organizzata dal poeta Sergio Bravi a Buenos Aires. A marzo 2015 pubblica Dialoghi col vento con prefazione di Enrico Nascimbeni. A settembre 2015 è candidato al premio UNESCO “Simón Bolivár” per la categoria “ascenso de la carriera”, vincendolo nel dicembre dello stesso anno.
Nel gennaio 2018 ha partecipato all'evento di beneficenza "Una serata che vale una vita" organizzata dall'Associazione Centro Formazione Medica, nel quale è stato donato un defibrillatore, declamando la sua poesia “S’arresta..per poi ripartire”.

Opere
Disse il lupo alla luna, Feltrinelli, 2009
Tracce nel Tempo Ma.gi. editore, 2010
Disse o lobo para a Lua, San Paulo ED
Dialoghi col vento, Rupe mutevole, 2015


Essere se stessi

Se i tuoi pensieri
si rivedono limpidi
nell’immagine di fronte
non temere la loro chiarezza
non temere la loro forza
ma forgiatene nella loro pienezza
quando gli altri cercheranno di svuotarti


SENZA USCITA

In questo mondo
fatto d'inefficienze,
falsità , stravolgimenti
scelgo,controcorrente,
d'amare l'onestà, la brava gente.
Sporcatevi le vostre di coscienze
Io resto dalla mia, perduratamente.


(dalla wall di FB di Salvatore Angius)

Perchè la verità non ha tempo
se la cerchi ha senso
solo se la vuoi ascoltare
tra perchè ritrovo te
in ogni gesto
a ricordare
in me impresso
ogni buon esempio
di forza e dolcezza
nonostante lo sforzo
e il suo caro prezzo
Ci sono parole
che restano afone
tra le rughe degli attimi
altre sostano attonite
come emozioni agonite
[22/02/25, 16:52:39] Ma tu
promettimi d’esserci
quando l’alba del fuoco si tinge
è il suo caldo tepore m’avvolge
[22/02/25, 16:52:39] Come gioco di giorni sfumati e pensieri avariati
[22/02/25, 16:52:39] Ma ama,
ama intensamente
perchè una volta la coda passata
siano solo bellissime stelle bramate, cadenti, scintillanti
[22/02/25, 16:52:39] Io credo in te
in quello spirito guerriero
che affronta il dolore nel silenzio
superiore ad ogni indifferenza
che discerne da ogni prepotenza
arroganza o forma d’ignoranza,
continua a volare alto
sorvolando sopra ogni spasmo
muscolare, sopra ogni turbamento
e quando non sentì più le forze
che sulle gambe e braccia
non attraversano,
tu vola ancora più alto
perché sarà il cuore
a veder coi tuoi occhi
aldilà della coltre
ti condurrà
fuori dal buio e oltre

lunedì 17 novembre 2025

CALABRO' Corrado (1935 - viv.)

 

Corrado Calabrò (Reggio Calabria, 13 gennaio 1935) è un giurista, scrittore e poeta italiano, presidente dell'Autorità per le comunicazioni dal 2005 al 2012.
Le sue prime poesie sono state pubblicate nel 1960 dall’editore Guanda di Parma col titolo Prima attesa.
Sono venuti poi altri ventitré volumi, tra cui Rosso d'Alicudi, pubblicato nel 1992 da Mondadori, Una vita per il suo verso (2002), La stella promessa (2009), Quinta Dimensione (2018), che è la più completa opera poetica di Calabrò.
Nel 2013 fece discutere una sua presunta candidatura al premio Nobel per la Letteratura, ripresa da alcuni quotidiani. In realtà fu invitato alla 13ª “Settimana della Lingua Italiana nel Mondo” in Svezia e, in quel contesto, presentò le sue ultime traduzioni in svedese, Den utvalda stjärnan e Vid slocnad mǻne, alla presenza di alcuni accademici.
Numerosi (un'ottantina) i premi ricevuti in Italia.
Per la sua opera letteraria, l'università Mechnikov di Odessa, l'università Vest Din di Timișoara e l'università statale di Mariupol gli hanno conferito, rispettivamente nel 1997, nel 2000 e nel 2015, la laurea honoris causa. Nel 2016 l'università Lusófona di Lisbona gli ha attribuito il Riconoscimento Damião de Góis. Al suo libro spagnolo, Acuérdate de olvidarla, è stato conferito il Premio Internacional de Literatura “Gustavo Adolfo Bécquer” 2015.
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana (dal 1987); Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine Costantiniano di San Giorgio. Medaglia d'oro al merito della sanità pubblica per l'incidente dell'ICMESA di Seveso.
Nel luglio 2018 l’Unione Astronomica Internazionale, su proposta dell’Accademia delle Scienze di Kiev, gli ha dedicato un asteroide, 291855 Calabròcorrado per avere rigenerato la poesia aprendola, come in sogno alla scienza.

Opere

Prima attesa (1960), Guanda
Agavi in fiore (1976), SEN
Vuoto d'aria (1979 e 1980), Guanda Premio Nazionale Rhegium Julii per la Poesia[3]
Presente anteriore (1981), Vanni Scheiwiller
Mittente sconosciuta (1984), Franco Maria Ricci
Deriva (1989), Il Gabbiano
Vento d'altura (1991), BM Italiana
Rosso d'Alicudi (1992), Mondadori
Ricorda di dimenticarla, romanzo (1999), Newton & Compton
Le ancore infeconde (2000), Ed. Pagine, Lo scrigno
Una vita per il suo verso, Poesie (1960-2002), Mondadori, 2002
Poesie d'amore (2004), Newton Compton
La stella promessa (2009), ne “Lo Specchio” di Mondadori
T'amo di due amori (2010), Vallardi
Dimmelo per SMS (2011), Vallardi
Password (2011), Oédipus, Salerno
Mi manca il mare (2013), Genesi Editrice, Torino.
Stanotte metti gli occhiali da luna (2015), Genesi Editrice, Torino.
Mare di luna (2016), Il Convivio Editore.
Quinta Dimensione (2018), Oscar Mondadori.

Poesie

Sole di maggio
I motorini, come api, sul prato
ricalcano danze intricate.

Come un uccello caduto dal nido
è tiepido
il tuo seno di fanciulla.

Stringo nel pugno il battito del polso,
cuore in fuga d’uccello prigioniero:
cosa sanno gli uccelli dell’amore?

Ah la dolcezza del sole di maggio!


Ressa
La penuria di te mi affolla l’anima.


Una lama nel miele
Una scaglia dorata ricopre
il grembo senza sale
del mare di gennaio.

S’allunga il fiume nel golfo invetriato
come una lingua nel miele.

Pugnala a freddo l’azzurro
la scia di ghiaccio di un Phantom.

Come una lama nel miele
affondi nel cuore il tuo sguardo.


sabato 15 novembre 2025

MAFFIA Dante (1946 - viv.)

 

Dante Maffia è nato a Roseto Capo Spulico (Cosenza) il 17 gennaio 1946. Il padre, Salvatore, piccolo commerciante del paese, scelse il nome del quarto figlio (dopo Luigi, Antonio e Filomena) augurandosi che diventasse uno scrittore. La madre, Rosina Tucci, fu colpita da una grave malattia che la costrinse sulla sedia a rotelle. Fin da ragazzo Dante è stato affascinato dai libri e dalle “pommedìje”( racconti orali) ascoltate avidamente attorno al caminetto. Racconta lui stesso in una poesia scritta a tredici anni: “Vado la sera/ di casa in casa/ ad ascoltare le fiabe/ che mi raccontano i vecchi / al focolare/ come un mendico/ che ha bisogno di un pezzo di pane”. Trasferitosi a Roma ha esercitato vari mestieri per sopravvivere e frequentare l’Università. Si è laureato con una tesi sulla Presenza del Verga nella narrativa calabrese. Si è dedicato all’insegnamento e alla ricerca nella cattedra di Letteratura Italiana dell’Università di Salerno diretta da Luigi Reina. Natura avida e curiosa, Maffìa ha ingaggiato con la lettura e con la scrittura un vero e proprio duello cercando di scandagliare, oltre che le opere degli scrittori italiani, anche quelle di altri paesi. Dotato di una prodigiosa memoria (forse non è casuale che come suo riferimento principale abbia scelto Campanella) riesce puntualmente a sbalordire per i dotti e appropriati riferimenti durante le sue frequenti conferenze tenute da anni nelle maggiori università del mondo. Il viaggio è il punto nodale delle sue indagini di scrittore. È poeta, narratore, saggista, critico d’arte e fondatore di riviste prestigiose come “Il Policordo”, “Poetica” e “Polimnia”. Intensa la sua attività critica sulle maggiori riviste italiane tra cui “Nuova Antologia”, “Il Veltro”, “Il Belli”, “Idea”, “Poiesis”, “Fermenti”, “Poesia”, “Microprovincia”, “Hebenon”, “La Fiera Letteraria”, “Il Giornale di Calabria”, “Il Mattino”, “La Voce”, “Nuovi Argomenti”, “Il Cittadino”, “La Nazione”, “Paese Sera”, “Lunarionuovo”, “Misure Critiche”, “La Rassegna Salentina”, “Otto/Novecento”. È stato corrispondente de “La Nacion” di Buenos Aires ; per anni ha curato la rubrica dei libri per RAI 2 ed è redattore degli “Studi di Italianistica nell’Africa Australe”. Come poeta fu segnalato, agli esordi, da Aldo Palazzeschi che ha firmato la prefazione al suo primo volume, e da Leonardo Sciascia che con Dario Bellezza ritiene Maffìa “uno dei più felici poeti dell’Italia moderna”. Ha tradotto alcuni poeti dialettali calabresi per Garzanti e per Mondadori. Il Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, nel 2004 lo ha insignito di Medaglia d’Oro per i suoi meriti culturali, insieme a Uto Ughi, Raffaele La Capria, Piero Angela, Giuseppe Tornatore, Ermanno Olmi e Achille Bonito Oliva. Oltre ad Aldo Palazzeschi, hanno prefato i suoi libri Donato Valli, Enzo Mandruzzato, Dario Bellezza, Mario Sansone, Carmelo Mezzasalma, Mario Luzi, Giulio Ferroni, Marco Rossi,Giacinto Spagnoletti, Angelo Stella, Giuseppe Pontiggia, Mario Specchio, Claudio Magris, Nelo Risi, Alberto Granese, Dacia Maraini, Gian Luigi Nespoli, Silvana Folliero, Tommaso Romano, Carmelo Vera Saura, Tullio De Mauro, Natalino Sapegno, Norberto Bobbio, Luigi Reina, Alberto Bevilacqua, Alberto Moravia, Alberto Granese, Corrado Calabrò, Gianpaolo Rugarli, Alberto Abbuonandi, Remo Bodei, Sergio Givone, Giuliano Manacorda. Numerose le traduzioni delle sue opere all’estero.

Poesie (da “Io. Poema totale della dissolvenza”)

Quando ritornerò al mio paese,
magari fra cinquant’anni,
dopo aver visitato la vecchia casa
e passeggiato nel corso principale,
porterò un fiore alla mia tomba.
Avevo lasciato detto ai familiari
di non portarmi fiori ma del pane,
e adesso sono imbarazzato per il ripensamento
e per aver pensato a un malvone
di quelli rossi che sono un pugno agli occhi.
Farò il viaggio il due di novembre
quando tutti vanno al cimitero
per onorare i defunti.
Vestito a questo modo
tutti mi guarderanno incuriositi
domandandosi chi è il bizzarro forestiero.
E Michele il sospettoso
avviserà i carabinieri
della mia presenza.
Non risponderò a nessuna domanda
e alla minima distrazione
toglierò il grigio dalle tombe
con grande meraviglia di tutti.
Poi il silenzio sarà misto al buio.
Me ne andrò arrabbiato e sconsolato
perchè mi aspettavo di trovare
almeno una margherita
sotto la mia foto sbiadita.

*

Cancellate le tracce
di quell’altro me che giudicava
e si dispiaceva delle cose incompiute
o trascurate. Quasi un deposito
d’occhi un po’ miopi
un po’ presbiti un po’ astigmatici.

*

La rabbia può servire a mutilare
chi la adopera e chi la riceve.
E può far danzare in calzoncini corti
e con l’affanno che sempre si mostra
in condizioni di difficoltà.
Solo la rabbia avevo e certi scampoli
di letture da Macchiavelli.
E stavo in agguato
sulle sue pagine auscultando le iperboli
e le magnificenze della forma.
Macchiavellico il mio sguardo,
il mio pensiero,
la mia psiche e la mia dimora,
macchiavellici
i mandorli fioriti e le ginestre indorate
dai flussi di giallo che si doleva
negli anfratti e si cimentava
con l’oro delle scaturigini.



giovedì 13 novembre 2025

SPECCHIO Mario (1946 - 2012)

 

Mario Specchio (Siena, 2 novembre 1946 – Montepulciano, 17 settembre 2012) è stato uno scrittore, poeta, traduttore, germanista, saggista e critico letterario italiano. Nato a Siena, ha frequentato il Liceo classico "E.S. Piccolomini" e, successivamente, si è laureato in Lettere presso l'Università di Firenze con una tesi di letteratura tedesca. Le sue amicizie con Romano Bilenchi, Mario Luzi e Antonio Tabucchi hanno contribuito alla sua formazione. Di Luzi ha anche curato una biografia intitolata Colloquio; germanista, studiò in special modo Goethe, Rilke, Hesse e Paul Celan. Nel 1974 esordì come autore di poesia con la raccolta A piene mani. Iniziò poi l'attività di traduttore letterario; fu incluso nella lista dei candidati per la vittoria del Premio Monselice per la sua traduzione di L'ultima estate di Klingsor di Hesse. Nel 1999 divenne professore dell'Università degli Studi di Siena, insegnando Lingua e letteratura tedesca e Traduzione letteraria, incarico che già aveva ricoperto come ricercatore all'Università di Urbino.
Ha vinto il Premio Il Fiore per la poesia nel 2008.
È deceduto nel 2012 all'età di 66 anni a seguito di un'emorragia cerebrale che lo ha colto mentre era alla guida della sua autovettura.

Opere di poesia
A piene mani, Firenze, Vallecchi, 1974
Nostalgia di Ulisse, Firenze, Passigli, 1999
Da un mondo all'altro, Bagno a Ripoli, Passigli, 2007
Passione di Maria, con le illustrazioni di Ernesto Piccolo, Ed. Feeria, Panzano del Chianti, Siena, 2013

Poesie

Ci stupirà

Ci stupirà forse la morte
quando
si farà più vicina ed una voce
porterà l’eco delle tue parole,
ci stupirà con la carezza lieve
che dissolve l’ultimo segreto
e rende i corpi alla misura estrema
liberi dall’insulto
e dall’inganno.
Dove saranno gli occhi di velluto
che celavano il tempo dell’attesa,
le promesse le lacrime il sorriso
tutto perduto
tutto abolito
come non fosse stato?


DI NOTTE

E’ nella notte il canto delle Parche
quando chi dorme sembra già assopito per sempre
e i fuochi fatui ai cimiteri
prolungano il respiro di quel sonno .
Verrai di notte , mi sfiorerai leggera ,
nella tua voce ancora una poesia
avrà forma di vento
e sarà il vuoto colmo degli spazi
sarà la solitudine del mare
e le greggi che lasciano al mattino
il caldo della stalla , o grida roche di fiori
all’avanzare dell’incendio .
Ogni notte ti fai più vicina
ed io sento il frusciare del tuo manto ,
preparo per te vasi di frutta ,
lascio aperto un libro , brucio incenso .

NELL’ARIA ONDEGGIA

Nell’aria ondeggia
come incenso in fumo , vago
un sentore di promesse antiche .
Si accendono e si spengono
tremando , lungo le strade
gli ultimi lampioni
e i cieli non conoscono confini .
Tu vivi in alto , forse
al nostro incanto
non resta che la grazia di morire ,
e poi saremo come siamo sempre ,
viandanti che si tendono la mano .


martedì 11 novembre 2025

CIVITAREALE Pietro (1934 - viv.)

 

Pietro Civitareale è nato a Vittorito (AQ) nel 1934. Nel 1960, per motivi di lavoro, si trasferisce ad Alessandria e successivamente a Firenze, dove tuttora risiede. Come poeta, ha all’attivo una decina di volumi di versi in lingua e in dialetto, tra i quali: Un modo di essere, (1983), Il fumo degli anni (1989), Vecchie parole (1990), Solitudine delle parole (1995), Le miele de ju mmierne (1998), Ombre disegnate (2001), Mitografie e altro (2008). Come saggista, si è occupato dell’opera di Valeri, Betocchi, Fortini, Clemente, Montale, Luzi, Joyce, Beckett, Musil, Pessoa, Lorca, e di alcuni aspetti dell’arte contemporanea. Come narratore, ha pubblicato due volumi di racconti ispirati alla sua terra d’origine:Vecchie storie (2002) e Altre storie (2009), una raccolta di prose di memoria: Paesaggio con figure (2009) e il romanzo: L’angelo di Klee (2009). Come traduttore, ha curato tra l’altro un’antologia delle poesie di Pessoa, L’enigma e le maschere (1993 e 1996), e un’edizione parziale delle Novelle esemplari di Cervantes (1998).
Studioso della poesia in dialetto, ha pubblicato le raccolte di scritti critici: Poeti in romagnolo del secondo Novecento (2005) e La dialettalità negata (2009), nonché l’antologia Poeti in romagnolo del Novecento (2006) e lo studio critico-antologico Poeti delle altre lingue (2011). Ha curato inoltre, per un’editrice spagnola, l’antologia di poeti italiani contemporanei: La narración del desengaño (1984). Suoi scritti si trovano su riviste e quotidiani italiani e stranieri ed alcune sue opere sono state tradotte in diverse lingue.


Ma già scendono le ombre

La rissa dei gabbiani
sui moli, il reticolo di luce
nell’acqua, il ragazzo
che si staglia contro il sole
bruciando come una torcia.

Per me la dolcezza
di quest’ora è il segno
d’una felicità sempre attesa
e mai posseduta, l’evidenza
d’una verità cercata
nelle segrete dell’anima.

Ma già scendono le ombre,
si fa deserto il mondo,
e presto torneremo ad essere
fantasmi nel cuore della notte.


Altri approdi

Il giorno sta già serrando
le ciglia sopra un mare
che è un immenso tappeto di luci,
su una macchia d’ombrelloni
colorati che chiude la vita
in un indistinto brusio di suoni
nel va e vieni della risacca.

Al largo un battello invita,
in una sequela di lingue,
ad imbarcarsi per chissà quali
approdi, come se tra il qui
e l’altrove, l’oggi e il domani,
non esistesse differenza alcuna,
e non offrissero lo stesso
indecifrabile miscuglio di gioie
e dolori, speranze e delusioni.

Immobile sulla riva
(invidiabile inconsapevolezza
dell’adolescenza), una ragazza
ascolta; e il suo corpo,
alto e snello come un cipresso,
è una torcia in fiamme
contro il sole al tramonto.


È l’ora in cui

Là dove muore il giorno
s’annidano ombre
che una scialba luna
stana e sparpaglia
sulla coltre del mare.

È l’ora in cui le cose
ammutoliscono
e l’anima si esilia
in un suo estatico mondo.

E non vale desiderare,
chiedere, cercare risposte.
Ogni attimo che passa
porta il segno dell’eterno.


domenica 9 novembre 2025

#stranieri / STRAND Mark (1934 - 2014)

 

Mark Strand
 (Summerside, 11 aprile 1934 – New York, 29 novembre 2014) è stato un poeta e critico letterario canadese naturalizzato statunitense.
Nato in una famiglia ebrea a Summerside nel 1934, Mark Strand trascorse la gran parte della sua vita negli Stati Uniti. Dopo aver ottenuto la laurea triennale all'Antioch College proseguì gli studi studiando pittura sotto la supervisione di Josef Albers a Yale. Successivamente conseguì la laurea magistrale all'Università dell'Iowa nel 1962.
Tra il 1964 e il 2014 pubblicò oltre una ventina di raccolta di poesie, una dozzina di saggi e cinque volumi di traduzioni dal portoghese, lo spagnolo e l'italiano (pubblicando, tra gli altri, una traduzione inglese del IV canto dell'Inferno). All'attività poetica, Strand affiancò quella accademica e per oltre cinquant'anni insegno in prestigiosi atenei statunitensi, tra cui l'Università Columbia, l'Università di Chicago e l'Università di Princeton, oltre ad essere visiting professor a Yale ed Harvard; inoltre insegnò anche all'Università dell'Iowa e Università federale di Rio de Janeiro. Nel 1982 fu elettro membro dell'American Academy of Arts and Letters, mentre nel 1990 fu il poeta laureato degli Stati Uniti. Nel 1993 vinse il Premio Bollingen per la poesia, mentre nel 1999 vinse il Premio Pulitzer per la poesia per la raccolta Blizzard of One.

Poesia

Si intrufola dalla porta di servizio,
di soppiatto oltrepassa la cucina,
il salotto, l’ingresso, sale le scale ed entra
in camera. Si china
sul mio letto e dice che è venuto
a uccidermi. Il lavoro
lo compirà a stadi.

Prima le unghie
verranno spuntate, poi le dita
dei piedi eccetera fino
a che nulla resti di me.
Stacca uno strumentucolo
dal portachiavi, e attacca.
Sento Il Lago dei Cigni dallo stereo
di un vicino e canticchio.

Quanto tempo trascorra
non so dire. Ma quando torno in me
sento che dice che è arrivato al collo
e non può continuare
perché è stanco. Gli dico
che ha fatto abbastanza,
che dovrebbe rincasare, riposare.
Mi ringrazia e se ne va.

Resto sempre sorpreso
da come si accontenta facilmente
certa gente.


La lunga festa triste

Qualcuno diceva
qualcosa sulle ombre che coprivano il campo, su
come le cose passano, su come ci si addormenta verso l’alba
e il mattino se ne va.

Qualcuno diceva
di come il vento si spegne ma poi torna,
di come le conchiglie sono le bare del vento
ma le intemperie continuano.

Era una lunga serata
e qualcuno diceva qualcosa sulla luna che cosparge di bianco
i campi gelidi, e che non c’era niente da aspettarsi
se non sempre le stesse cose.

Qualcuno parlò
di una città in cui era stata prima della guerra, una stanza e due candele
contro la parete, qualcuno che ballava, qualcuno che guardava.
Cominciammo a credere

che la sera non sarebbe mai terminata.
Qualcuno diceva che la musica era finita e non se n’era accorto nessuno.
Poi qualcuno disse qualcosa sui pianeti, sulle stelle,
di quant’erano minuscoli, quant’erano lontani.


Il club di mezzanotte

Gli uomini di grande talento ci hanno detto per anni che vogliono essere amati
per quello che sono, che essi, in qualsiasi pienezza sia la loro,
nel crepuscolo sono deperibili, proprio come noi. Così lavorano tutta notte
in stanze fredde e intessute di luce lunare;
a volte, di giorno, si appoggiano alle loro auto
e fissano la valle infocata, vitrea e dorata,
ma per lo più stanno seduti, chini al buio, piedi sul pavimento,
mani sul tavolo, le camicie con una macchia di sangue sul cuore.


(da Tutte le poesie, Mondadori, 2019. Traduzione di Damiano Abeni con Moira Egan.)  

#biblioteca / Roberto Morassut - IO E IL TEMPO - Gattomerlino

 
Roberto Morassut
IO E IL TEMPO
Gattomerlino
pp. 140, euro 14
ISBN 9788866832133
 
  
Combatto.
E salto come un gatto,
difendo la mia vita.
Breve transito tra il nulla
del grande respiro.
Sopra il berretto miliardi di stelle
agitano i sensi, gli amori e i pensieri
di cui mi illudo,
fragile e muto,
d’esser padrone.
Signore del niente.
Barca gettata sugli scogli
della mente.


Roberto Morassut è nato a Roma nel 1963. È un politico di professione dal 1987, cresciuto giovanissimo nel Partito Comunista Italiano, fino al Partito Democratico.
Ha ricoperto molti incarichi politici, amministrativi e istituzionali come dirigente di partito, consigliere comunale e assessore nella Capitale e infine come deputato, attualmente in carica.
Ha pubblicato diversi libri, prevalentemente saggi di politica e romanzi di argomento “crime” o ricostruzioni di cold case realmente avvenuti, tema che lo vede ancora oggi impegnato alla Camera dei deputati come Vice Presidente della “Commissione parlamentare d’inchiesta sulla scomparsa di Mirella Gregori ed Emanuela Orlandi”.
Si avvicina alla poesia per mutare i propri “registri espressivi” ormai troppo imbevuti del mestiere, considerandoli inservibili per entrare in contatto diretto con le persone e anche a seguito di personali esperienze legate alla salute.
Per la poesia ha pubblicato nel 2023 Sono nato quando c’era la Fiat, raccolta di versi prevalentemente in dialetto romanesco.

 
Il giorno 11 Novembre alle ore 17.30 presso la Sala Museo Ara Pacis-Lungotevere in Augusta 52 sarà l’occasione di presentare la raccolta di poesie “Io e il Tempo”, pubblicata da Roberto Morassut per le edizioni Gattomerlino, in dialogo con l’autore
con 
Giulio Maira, Neurochirurgo e Scienziato
Giacomo Marramao, Filosofo-Professore emerito di Filosofia presso l’Università di Roma Tre
Piera Mattei, Scrittrice, editrice Gattomerlino
Monsignor Vincenzo Paglia, Presidente Emerito della Pontificia Accademia per la Vita
Elisabetta Rasy Scrittrice

Letture di Tiziana Bagatella, Attrice
saluti di Massimiliano Smeriglio, Assessore alla Cultura di Roma Capitale


#biblioteca / Veronica Chiossi - IL COLTELLO SUL VASSOIO - Molesini

 
Veronica Chiossi
IL COLTELLO SUL VASSOIO
prefazione di Daniele Piccini
Molesini editore
2025
pp. 110, euro 12
ISBN 9791281270183
 
Menzione di merito
Concorso nazionale di poesia e narrativa “Guido Gozzano” 2025

Una delle tematiche ritornanti che fonda questo libro è quella del disamore. Il termine disamore qui ha un significato ora preciso, ora più generale: in prima istanza è il rigetto, il rifiuto, l’odio che si genera dopo un amore finito, una rottura definitiva. Prima e dopo il nodo scorsoio dell’abbandono c’è una lucida vena sensuale, cui la poetessa dà voce con accenti trasparenti, eppure pieni di forza metaforica («Affioro in superficie sfatta, sfinita / galleggio, pesce morto di piacere // Vorrei solo incastrarti dentro / come un’impronta abissale»). Bisogna allora dire qualcosa della capacità prensile della lingua di Veronica Chiossi, una lingua iper-contemporanea, spoglia di ogni orpello liricheggiante, immersa in un suo elemento organico di idiosincrasia e sincerità, che rende tutto dicibile così com’è, senza mascherature indoranti, e semmai con una qualche venatura grottesca. Dal saggio introduttivo di Daniele Piccini
 
 
Il coltello sul vassoio

La terra ruota a luci rosse
sulla riviera del Conero
una donna sta seduta sola
nella sala ristorante
Capelli crespi, labbra sottili
piccoli occhi dietro gli occhiali
guarda noi, poi l’orizzonte
Il caffè continua a fumare nella tazza,
le cose si muovono come prima,
il coltello è fermo sul vassoio.

Veronica Chiossi (Venezia 1979) si è laureata a Ca’ Foscari in Traduzione e Interpretazione con una tesi sull’opera di Federico García Lorca. Nel 2005 comincia a tradurre film e sceneggiature. Si trasferisce negli Stati Uniti, dove lavora come traduttrice e copywriter presso Apple e Bloomberg LP. Nel 2017 è ammessa al prestigioso Master for the Arts in Creative Writing della New York University. Ha tradotto Suzanne Lummis per il collettivo Le Ortique, di cui è una delle fondatrici. Ha pubblicato la raccolta poetica bilingue Candeggina (Ensemble, 2019) che nel 2020 ha vinto il Contropremio Carver per la Poesia.

#biblioteca / Luigi Natale - NEVE VENTO SASSI - Molesini

 
Luigi Natale
NEVE VENTO SASSI
con un saggio di Fabio Finotti
Molesini editore
2024
pp. 96, euro 10
ISBN 9791281270121
 
Premio letterario Giulio Angioni 2025


La scrittura poetica – quella vera e non costruita a tavolino – discende dalle stelle, si fa suono e ritmo della Creazione. In questa sesta raccolta poetica di Luigi Natale le stelle illuminano neve, vento, sassi, entrando con grazia nella quotidianità delle cose famigliari e dell’isola natia, la Sardegna, con la potenza del ricordo, con la presenza dell’anima, attraverso un profumo, una folata di vento, l’asperità o la levigatezza di un sasso. Ogni poesia contiene un cosmo, evoca un destino, rammenta l’essenzialità e la bellezza della vita e della natura, anche nella durezza della morte e del passare del tempo che sempre ritorna, dentro la parola poetica. Perché «Siamo dentro i nomi / di ciò che abbiamo amato» e, narrandola e riscrivendola, ricopiamo «l’amata tua voce dal volo lieve di una foglia». Nei versi di Natale troviamo una potente immediatezza che si manifesta in una visione incarnata e incantata dei paesaggi naturali e umani che va rievocando. Sono paesaggi, come ebbe a dire Mario Luzi, «che respirano», che prendono corpo dentro un ritmo dove ogni parola di-segna un destino, si apre alle costellazioni, discende nel mondo quotidiano senza mai lasciare la luce delle stelle.
 
Neve vento sassi

Siamo dentro i nomi
di ciò che abbiamo amato.
Una lunga distesa di licheni un raggio di sole obliquo davanti ai nostri passi.
Neve, vento e sassi.
Una parola lavorata
quando c’è qualcosa da difendere.
Ricopiare l’amata tua voce
dal volo lieve di una foglia.

Luigi Natale (Orotelli 1957) è stato un celebre terzino. Ha scritto cinque libri di poesia molto apprezzati dalla critica: Ospite del tempo (1998); Il telaio dell’ombra (2001, con Prologo di Mario Luzi); Orizzonti sottili (2005); L’orlo del mondo (2012); Il mare che aspetta (2018). Nel 2014 è uscito La terra del miele, racconti di Sardegna ed altri mari.

#biblioteca / Roberto Deidier - QUEST'ANNO IL LUPO FISSA NEGLI OCCHI L'UOMO - Molesini

 

Roberto Deidier
QUEST'ANNO IL LUPO FISSA NEGLI OCCHI L'UOMO
Alla ricerca del ritmo di una lingua ideale perduta

con un saggio di Marco Carmello
Molesini editore
collana BiancaBlu
pp. 84, euro 12
ISBN 9791281270176
 
Premio Nazionale Poesia del Mezzogiorno 2025
 
Nell’introduzione a Il primo orizzonte Luigi Surdich scriveva, leggendo la poesia di Roberto Deidier: «Scopriamo […] di trovarci nel centro della poesia contemporanea: nel cuore di una poesia da secolo nuovo […] che, per deliberata presa di distanze tanto dallo sperimentalismo quanto dalla declinazione postmoderna, fonda il luogo della pronuncia in versi in una peculiare “attualità”». A più di vent’anni, l’esattezza elegante delle parole di Surdich colpisce anche laddove sia inevitabile, oggi, vederne virare il colore verso tinte forse inattese. Anche questo è, a dispetto della dichiarazione del suo autore, libro unitario, in cui la linea del tempo non si palesa e anzi si fa elemento di coerenza architettonica dell’insieme, parlandoci di una poesia capace di persistere, insistendo nel tempo, facendosene attraversare, senza farsene, però, esaurire. Siamo alla presenza di un lirico di razza, forse uno degli ultimi nel nostro panorama poetico, per il quale ogni cosa è, anzitutto, questione di ritmo.
 
Quest’anno il lupo fissa negli occhi l’uomo

Tra i muri di una casa l’universo
Ha i segreti che può avere un giardino:
Una carezza è lo schiudersi di corolle.
I moti dei venti accennano un sussulto
E le leggi del suono e della luce
Mimano all’alba una stella che nasce
Tra il letto e la cucina. La vita nuziale
È in questa fisica dell’essenziale.


Roberto Deidier (Roma 1965). Vive tra la sua città natale e Palermo, dove insegna Letteratura italiana all’Università. Le sue poesie sono raccolte nei volumi Una stagione continua (Pequod, 2002), Il primo orizzonte (San Marco dei Giustiniani, 2002), Solstizio (Mondadori, 2014), All’altro capo (Mondadori 2021). Nel 2011 è apparso un quaderno di versioni poetiche, Gabbie per nuvole (Empirìa). Le sue traduzioni da John Keats sono pubblicate in un Meridiano Mondadori; per la stessa collana ha curato Poesie, prose e diari di Sandro Penna. Tra i suoi volumi di saggi si ricordano Le forme del tempo. Miti, fiabe, immagini di Italo Calvino (Sellerio 2004, nuova edizione 2023) e Il lampo e la notte. Per una poetica del moderno (Sellerio 2012).

ROLLI Paolo Antonio (1687 - 1765)

  Paolo Antonio Rolli  (Roma, 13 giugno 1687 – Todi, 20 marzo 1765) è stato un poeta, librettista e letterato italiano. Nacque a Roma dall...