martedì 16 settembre 2025

#stranieri / CHRISTENSEN Inger (1935 - 2009)


Inger Christensen (Vejle, 16 gennaio 1935 – Copenaghen, 2 gennaio 2009) è stata una poetessa, scrittrice e saggista danese, più volte candidata per il Nobel. Nota soprattutto per le raccolte poetiche Alfabet e Det (tradotta in Inglese It), nella quale affronta quelle tematiche filosofiche, estetiche e sociali che, nel 1969, interessavano l'opinione pubblica danese: fu per questo insignita del premio De Gyldne Laurbær - e Det divenne così libro danese dell'anno.
Nel 1981 tentò una combinazione di proporzione numerica - ricorrendo alla sequenza di Fibonacci -, metrica e poeticità nella raccolta Alfabet: trattava, soprattutto, l'eventuale conflitto nucleare e la conseguente devastazione ecologica, in una crescita e decrescita di elementi che contribuiscono a descrivere il disastro finale. Alla traduttrice in Inglese Susanna Nied (2001) è stato conferito il PEN Translation Prize.
Nel 1991 pubblicò Sommerfugledalen: Et requiem (tradotto in italiano da Bruno Berni come La valle delle farfalle, Donzelli Editore 2015), una corona di sonetti poi inserita nel Kulturkanonen - un'iniziativa promossa dal Ministro della Cultura danese Brian Mikkelsen, che voleva così raccogliere le eccellenze tra le produzioni dell'intelletto danese.
Nel 1978 è stata accolta, come membro, nella Kongelige Danske Videnskabernes Selskab (l'Accademia reale danese). Nel 1994 è poi diventata membro dell'Académie Européenne de Poésie e nel 2001 dell'Akademie der Künste di Berlino.
Nel 1991 ha vinto il Grand Prix des Biennales Internationales de Poésie e, nello stesso anno, anche il Rungstedlund Award. Nel 1994 ha poi vinto il prestigioso Staatspreis für Literatur del Governo austriaco e, sempre nello stesso anno, il "Piccolo Nobel", che l'ha consacrata tra le eccellenze scandinave. Nel 1995, ancora, ha vinto l'European Poetry Prize, nel 2001 l'America Award, nel 2006, in Germania, il Siegfried Unseld.

Coperta dal profumo della piana
la fioritura nel marcio s’avvia,
nell’ombra, nell’intreccio, è un’insana
incolta, labiricintica idiozia

così farfalla cela col suo volo
d’esser legata al corpo dell’insetto,
crediamo che sia un fior che lascia il molo

come se quando bombice o civetta,
che vola superando quel colore,
a noi lanciasse un rebus che ci ometta

che tutto ciò che l’anima ha sperato
di là da tutto è simmetria e dolore
come atalanta, antiopa ed erato.

(Traduzione di Bruno Berni)

da “La valle delle farfalle”, Donzelli Editore, 2015


***


Salgono, le farfalle del pianeta,
come pigmento dal calor del suolo,
cinabro, ocra, oro e giallo creta,
di chimici elementi emerso stuolo.

È questo batter d’ali un’adunata
di particelle di luce in un miraggio?
È dell’infanzia l’estate già sognata
rifratta come in differito raggio?

No, è l’angelo di luce che dipinge
se stesso come apollo e limenite,
come papilio, macaone e sfinge.

Le vedo con la mente mia malsana,
tal piume da piumino d’afa uscite
a Brajčino nell’aria meridiana.


(Traduzione di Bruno Berni)

da “La valle delle farfalle”, Donzelli Editore, 2015


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