mercoledì 17 settembre 2025

SATTA Sebastiano (1867 - 1914)



Sebastiano Satta noto Pipieddu (Nuoro, 21 maggio 1867 – Nuoro, 29 novembre 1914) è stato un poeta, scrittore, avvocato e giornalista italiano.
Il poeta nacque a Nuoro il 21 maggio 1867 dall'avvocato Antonio Satta e da Raimonda Gungui. A soli cinque anni perdette il padre, e la madre dovette quindi provvedere con sacrificio (sola/ e triste come l'aquila selvaggia/che nutre i figli sulla rupe) ad allevare il piccolo Sebastiano e il fratello di lui, Giuseppino, divenuto poi alto funzionario al Ministero della Giustizia.
Nel 1893, mentre era studente nell'ateneo sassarese, fondò con Gastone Chiesi il giornale L'Isola (1893-1894), sui principi del memorandum di Dario Papa, dove firmava i capocronaca Povero Yorick (dal nome del personaggio del Viaggio sentimentale di Laurence Sterne.
Nel 1908 si ammalò, lasciando l'attività forense a causa della paralisi (probabilmente causata dal botulino), che lo aveva privato della possibilità di parlare, tuttavia intellettualmente perfettamente lucido, dedicò il resto della sua vita a scrivere poesie.
Non è un personaggio che ha avuto molta fama a livello italiano ma per la Sardegna ha molta importanza; i nuoresi lo ricordano per la sua capacità di stare vicino alle persone più umili cogliendo problemi, vizi e virtù del popolo barbaricino di quel periodo. Durante il servizio militare a Bologna ebbe modo di avvicinarsi alla poesia di Carducci dalla quale fu molto influenzato.
Satta ha raccontato la vita sarda e quella nuorese con occhi critici; infatti era avvocato, giornalista, cultore della lingua e cultura sarda e autore anche di poesie in sardo, fra le quali resta molto cara ai nuoresi Su battizu (il battesimo in lingua sarda) eseguita in canto dal Coro di Nuoro. Nel comune di Nuoro è presente una piazza monumentale costruita nel 1967 dallo scultore Costantino Nivola intitolata a Sebastiano Satta.
Colpito da paralisi in ancora giovane età, il poeta visse gli ultimi sei anni in dolorosa immobilità, morendo a Nuoro, nel 1914, a soli 47 anni.

Cala Gonone

Ecco la luna: tra i cespugli roridi
L’aura notturna mormorando va,
Come un sospiro della diva, un alito
Effuso a notte per l’immensità.

Lontano piange il mare. Di quante anime
Dolenti suona il pianto in quel fragor?
Quanti sogni d’amanti anime passano
Sull’aure, dentro questo cheto albor?


Sull’Ortobene

Meriggiano le pecore e i pastori.
Elci e felci non fremono a una stanca
ala di vento; il mare si spalanca
da Monte Bardia fino a Galtelli.

L’ombra di un volo e un grido di rapina:
l’aquila. Con un dondolio lento
si rimescola il branco sonnolento:
l’ombra dilegua in seno al mezzodì.


Notte del salto

Null’altro sentivo che i colpi
Dell’irto cignale negli elci:
Un lento brusire di felci
E a tratti il bramir delle volpi.

Il fuoco taceva. I guardiani,
Ravvolti nei manti di albagio,
Seguivan nel sonno il randagio
Vagar delle greggi e dei cani.

Quand’ecco, nel cielo senz’astri,
Vibrò dagli ovili vicini
Il vigile urlìo dei mastini
E un largo sfrascar d’oleastri;

E giù dalla vetta soprana
Al nostro bivacco, tra i radi
Ginepri, volgendosi ai guadi
Notturni, passò la bardana.

da Canti barbaricini, 1910



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