lunedì 23 giugno 2025

#biblioteca / Ezra Pound - A LUME SPENTO - Lindau

  

Ezra Pound
A LUME SPENTO
traduzione e cura di Pietro Comba
prefazione di John Gery
Lindau
collana Senza frontiere
maggio 2025
pp. 524, euro 38
ISBN 9791255842224

 
A Lume Spento, prima raccolta poetica di Ezra Pound, fu pubblicata a Venezia nel 1908 in tiratura limitatissima a spese dell’autore, allora ventitreenne. Per lungo tempo rimasta ai margini della sua produzione, anche e soprattutto a causa delle severe critiche che lo stesso poeta le rivolse in più occasioni, è in realtà un edificio poetico eclettico e complesso, che merita di essere riscoperto non solo per approfondire la conoscenza degli esordi di un autore tanto discusso, ma anche per gettare un nuovo sguardo sui lavori più maturi, in particolare sui Cantos. A Lume Spento testimonia infatti già quell’abilità po(i)etica che, sviluppata a un più alto grado di consapevolezza, avrebbe reso Pound uno degli autori fondamentali della letteratura mondiale.
 
Ezra Pound (1885-1972), poeta, saggista e traduttore statunitense, è considerato un punto di riferimento fondamentale nella storia letteraria del ’900. La sua opera è vasta, multiforme e complessa, e trova la sua massima espressione nei Cantos.
 
Pietro Comba, Dottore magistrale in Filosofia con esperienza di mediatore educativo in ambito museale, traduttore, correttore di bozze, consulente di scrittura tesi e lettore professionale di opere letterarie. Attualmente recruiter.
 
John Gery è poeta, critico e traduttore, oltre che Research Professor of English all’Università di New Orleans. Nell’ambito degli studi poundiani, ha co-curato diverse opere, tra le quali: In Venice and in the Veneto with Ezra Pound (Supernova, Venezia 2007); Ezra Pound, Ends and Beginnings: Essays and Poems from the Ezra Pound International Conference, Venice, 2007 (AMS Press, New York 2011); e le più recenti Cross-Cultural Ezra Pound (Clemson UP, Clemson 2021) ed Ezra Pound and the Spanish World (Clemson UP, Clemson 2024). Gery ha fondato e dirige l’Ezra Pound Center for Literature (con sede a Brunnenburg, Tirolo di Merano), ed è segretario della Commissione per l’Ezra Pound International Conference. **Ezra Pound, 1908: «forgiare» o «librarsi»? A differenza del testo prefatorio, il titolo è stato mantenuto in inglese sia per rendere più facilmente comprensibile il riferimento conclusivo del prof. Gery a una poesia giovanile di Pound sia in quanto il verbo to hover ha, in realtà, un significato ambiguo – «librarsi, volteggiare», ma anche «esitare» – sul quale Pound con tutta evidenza gioca.

#biblioteca / Keiko Ando Mei, Massimo Mei - LA VITA DEL POETA BASHŌ E I SUOI HAIKU - Lindau

 
Keiko Ando Mei, Massimo Mei
LA VITA DEL POETA BASHŌ E I SUOI HAIKU
Lindau
collana I Bambù
maggio 2025
pp. 276, euro 24
ISBN 9791255842248

 
Accostando il racconto della vita di Matsuo Bashō – uno dei più grandi letterati giapponesi di tutti i tempi – alla presentazione di molti suoi haiku, questo libro è forse la biografia più ricca e suggestiva disponibile in lingua italiana del poeta vissuto nel XVII secolo. Ma è molto più di questo: è anche e soprattutto una guida al suo universo artistico e spirituale. Esplorando i luoghi della sua esistenza, contemplando i paesaggi che ne hanno ispirato l’opera e aprendoci alle profonde lezioni di vita racchiuse nei suoi versi, ci mettiamo infatti in viaggio con lui lungo un cammino di crescita e conoscenza che ci conduce a uno stato di unità con la natura e con tutte le cose.
Arricchito dalle illustrazioni dello stesso Bashō e di altri artisti allievi del Maestro e continuatori della sua opera, La vita del poeta Bashō e i suoi haiku è un libro che ci ispira e ci trasforma, permettendoci di ritrovare una connessione autentica con noi stessi e con il mondo.

Introduzione
Il mio primo incontro con l’haiku avvenne quando ero ancora piuttosto giovane. Una sera di settembre mia nonna, che indossava un kimono e teneva i capelli perfettamente curati e acconciati nello stile classico, sedeva nella stanza giapponese guardando il giardino. Era una serata silenziosa con il chiaro di luna che illuminava la superficie dello stagno circondato da grandi e piccole rocce dietro alle quali si snodavano arbusti di azalee curate meticolosamente e tagliate quasi a formare una piccola catena montuosa. Improvvisamente mia nonna mi chiamò chiedendomi di portarle la scatola di lacca nera all’interno della quale si trovavano gli strumenti per la calligrafia: pennelli, inchiostro di china e la carta Hanshi. La nonna iniziò a piegare l’Hanshi in quattro lunghe strisce verticali molto sottili. Lo appoggiò dolcemente sulla mano sinistra, poi prese il pennello con la mano destra e lo intinse lentamente nell’inchiostro nero. Si fermò con grande concentrazione e in un attimo compose i versi sulla carta. L’azione era durata pochi minuti, ma il comportamento di mia nonna mi aveva affascinato e soprattutto mi avevano colpito moltissimo la sua prontezza, la spontaneità e l’eleganza. Non era riuscita a rimanere indifferente di fronte alla grande bellezza creata dalla Natura. In un istante che sarebbe svanito da lì a poco immortalò quell’attimo nei versi di un haiku. Come per mia nonna anche per tutti i giapponesi, fino a pochi decenni fa, comporre una poesia, sia nello stile waka che nello stile haiku, faceva parte della vita quotidiana. Ancora oggi i giapponesi preferiscono esprimere i loro sentimenti in maniera delicata, non gradiscono l’uso di espressioni troppo dirette ed esplicite. Troviamo questa tendenza soprattutto nell’ambito della poesia. Allora come esprimono in versi l’amore, l’odio, la gioia, la tristezza o qualsiasi altro stato d’animo? I giapponesi molto spesso osservano profondamente la vita della Natura scoprendo in essa similitudini con la vita degli esseri umani. Manifestano quindi i propri sentimenti in versi attraverso i fenomeni naturali che si rinnovano in ogni momento. Questo atteggiamento nasce dalla visione che il popolo giapponese ha della Natura. Nella tradizione occidentale la Natura viene concepita come una realtà a sé stante, oggettiva e materiale, completamente separata dal genere umano, con molteplici risorse da conquistare e usare. In Giappone invece, fin dall’antichità, il rapporto dell’uomo con il mistero del mondo che lo circonda è profondamente ancorato al sentimento religioso. Secondo il culto delle origini, lo Shinto e i miti della Creazione a esso connessi, l’universo è popolato di divinità e lo spirito divino è infuso in tutte le cose esistenti, procreate dalla prima coppia genitrice di dèi, la dea Izanami e il dio Izanagi. Le cerimonie e i riti di purificazione shintoisti rappresentano un vibrante richiamo allo stato originario di inscindibile unità tra materiale e spirituale, tra progenie umana, anch’essa di discendenza divina, e Natura. Nella visione shintoista la vita degli uomini si svolge nell’intimo legame con il creato, nei confronti del quale occorre mantenere un atteggiamento di amore e rispetto in quanto manifestazione stessa del divino. La Natura quindi non può essere considerata un semplice oggetto di possesso e sfruttamento, ma è essenziale per l’uomo stabilire armonici rapporti con la sua vita, nei diversi aspetti, ritmi e leggi che la regolano. In seguito, gli insegnamenti del buddhismo, introdotto in Giappone da Corea e Cina nel VI secolo d.C., contribuirono ad approfondire e arricchire ulteriormente l’esperienza religiosa shintoista. Un altro punto molto importante e interessante da comprendere è come il popolo giapponese elabori i ragionamenti proprio in modalità completamente contrarie a quelle degli occidentali. In effetti, si inizia da alcune particolarità oppure da fenomeni reali che possono essere colti attraverso i cinque sensi e si giunge solo alla fine al concetto generale. Per comprendere meglio vediamo un famoso haiku di Bashō.
Quando guardo attentamente
scopro il nazuna in fiore
dentro la siepe.

Il significato è molto semplice. Un giorno Bashō esce nel giardino di casa; si sente ancora il vento freddo invernale e non c’è nessuna pianta in fiore. Quando guarda però più attentamente verso la siepe scopre alcuni piccolissimi fiori bianchi di nazuna. Bashō è stato colpito da un senso di grande meraviglia per la Natura e ha sentito l’arrivo della primavera attraverso il nazuna in fiore. Ma perché l’haiku, lo stile poetico più breve del mondo composto da sole 17 sillabe in tre versi, è nato in Giappone? Per rispondere a questa domanda vorrei raccontare la storia dei fiori di convolvolo. Un giorno lo shogun Toyotomi Hideyoshi sentì dire che nel giardino della casa di Sen no Rikyū, il grande Maestro della Cerimonia del tè, erano fioriti degli splendidi convolvoli. Chiese quindi al Maestro di preparare una Cerimonia del tè, onde poter ammirare la bellezza di quei fiori. Il mattino concordato per l’incontro, Hideyoshi giunse di buon’ora e immediatamente notò che nel giardino non vi era alcuna fioritura. «Che strano!» esclamò, ma subito Sen no Rikyū lo invitò a entrare nella stanza. Al suo interno, il grande samurai scoprì sul tokonoma uno splendido Ikebana realizzato con un solo fiore di convolvolo. Era accaduto che la sera precedente Sen no Rikyū aveva fatto recidere nel giardino tutti gli altri convolvoli fioriti. Hideyoshi rimase sorpreso e, in parte, sicuramente contrariato, ma non poté non ammirare la composizione in stile Chabana eseguita dal Maestro. Comprese anche che, nella competizione con lui, aveva perso ancora una volta. Per la sensibilità giapponese, l’azione di Sen no Rikyū di creare un Ikebana con un solo convolvolo significa aver voluto rappresentare simbolicamente nell’uno tutti i convolvoli. Inoltre, concentrando l’attenzione del suo illustre ospite su quell’unico fiore, aveva voluto fargli sentire con la massima intensità la freschezza del primo mattino d’estate, mantenendo vivo e vibrante il rapporto con la Natura. «L’uno rappresenta la molteplicità, la parte rispecchia la totalità». Sono queste le linee guida dell’arte giapponese profondamente permeate dallo spirito dello Zen. Naturalmente, questa Via (Dō) di coltivazione dell’esperienza estetica che esclude tutto ciò che è superfluo ed esplicito lascia un vuoto, o per meglio dire «uno spazio vivo» e può essere intrapresa soltanto con lo sviluppo della dimensione interiore, facendo affiorare la parte più profonda di sé. Anche il cammino di Bashō sulla Via della poesia fu così. Per esprimere i suoi sentimenti, il senso di meraviglia che gli suscitavano i fenomeni quotidiani della Natura e della vita umana soltanto in tre versi, il poeta non poteva essere intrappolato in complicate strutture poetiche. Ma poiché l’haiku esprime, con poche limitate parole, i sentimenti più profondi del poeta, i versi vengono «spogliati» del superfluo per poter così svelare ai lettori solo «uno spazio vivo» di vere emozioni. Consideriamo le due forme poetiche classiche composte rispettivamente da 35 e 17 sillabe, che nel panorama letterario mondiale costituiscono senza dubbio le più brevi opere in versi: la poesia waka che rappresenta lo stile poetico tradizionale e l’haiku, di soli tre versi, che si sviluppò agli inizi del XVII secolo soprattutto a opera del famoso poeta Matsuo Bashō. In questi stili il poeta deve riuscire a esprimere il suo sentimento tenendo presente il vincolo stabilito dal numero delle sillabe e concentrarsi, quindi, sulla pura essenzialità. Leggendo la poesia accade, poi, qualcosa di simile a quando si gettano dei sassolini sulla superficie dell’acqua che danno origine a cerchi concentrici che si allargano sempre più. La parte del messaggio poetico non espressa nei versi crea uno spazio libero, aperto, chiamato yojō (da yo, «oltre», e jō, «sentimento»). Questo «sentimento che va oltre» suscita come una vibrazione, che induce il lettore attento a partecipare all’opera creativa, colmando lo spazio vuoto con la propria sensibilità ed esperienza.
Oh silenzio!
Stridio di cicale
penetra le rocce

Bashō compose questa sua famosa poesia durante la visita al Tempio Ryushakuji, in un viaggio nel nord del Giappone; riusciamo a immaginare il giardino di questo tempio, situato sulla sommità di un monte tra alberi secolari e rocce, immerso nel silenzio di un mezzogiorno d’estate. L’atmosfera silente che viene evocata dal primo verso è di profonda calma; nel secondo diviene invece vibrazione e «spazio vivo» con lo stridere delle cicale; infine, come penetrando nelle rocce, la tensione risvegliata da quel suono viene riassorbita nel silenzio e nella quiete. La poesia, nel suo complesso, ispira nel lettore uno stato di silenzio, vibrazione e calma: lo «spazio vivo» che sotto forme diverse possiamo ritrovare in tutti gli haiku di Bashō. Per concludere voglio esprimere la mia riconoscenza al Museo Idemitsu di Tokyo, al Museo Kakimori Bunko di Itami, all’Università Tenri di Nara, al Tempio Gichuji a Ōtsu, alla Tokyo University of the Arts e alla Nomura Art di Tokyo. Porgo anche un ringraziamento alle mie care amiche Okumura Shoko per le immagini pittoriche, Federica Sonzogno per la collaborazione nella realizzazione editoriale e Antonietta Ferrari e Grazia Bonomo per la revisione della traduzione in italiano.
Infine, la mia gratitudine va di cuore a mio marito, Massimo Maria Mei. È insieme a lui che ho iniziato a insegnare la poesia di Bashō al Centro di Cultura Giapponese di Milano dal 1975 e abbiamo cominciato a scrivere questo libro nel 2006, ma purtroppo ci ha lasciati prima di poterne vedere la pubblicazione. La realizzazione stessa di questo libro è stata possibile solo grazie alla sua costante ricerca e alla sua grande volontà di far conoscere in Occidente il cammino del grande poeta giapponese Bashō e i suoi meravigliosi haiku.

Keiko Ando Mei, nata a Chiba, in Giappone, nel 1975 si è trasferita a Milano, dove ha fondato, assieme a suo marito Massimo Mei, il Centro di Cultura Giapponese, che tutt’ora dirige. Studia Bashō da oltre cinquant’anni. Ha tenuto conferenze e organizzato mostre e convegni presso vari musei e istituzioni, tra i quali la Triennale e Palazzo Reale a Milano e l’Università Ca’ Foscari di Venezia.
 
Massimo Mei, nato a Roma, studioso della cultura giapponese e specialmente della religione autoctona del Paese, lo shintoismo, è anche un profondo conoscitore del buddhismo zen, della letteratura tradizionale e di Bashō in particolare. Le sue traduzioni degli haiku di Bashō riflettono la sua profonda comprensione dello spirito e della lingua giapponesi

#biblioteca / Stefano Mura - COMPOST - Fefè editore

 
Stefano Mura
COMPOST
e altre poesie vegetali

con testi di Jean-Jacque Roussiers e Luciana Del Prete
Fefè editore
collana Fra[m]menti
2025
pp. 116. € 15,00
ISBN 9788894947984


Stefano Mura poeta ci conduce verso una serra multiforme, senziente e vivissima per arrivare a uno scambio sensoriale tra vegetale e umano, a un tentativo di comunicazione profonda tra due mondi. Ritrovarsi in questa selva mai oscura è un piacere e una festa, come solo le piante sanno fare. La botanica in poesia di Mura ci sorprende e diverte in un gioco nuovo, lieve ma serio. In copertina, una composizione di Paolo Marabotto.

Stefano Mura è nato a Roma. In quel di Bormes-les-Mimosas, in Costa Azzurra, ha conosciuto J-J Roussiers e Bégonia Dujardin. Compost nasce, cresce e fiorisce qui. Ha scritto sei libri di poesia. Ha la barba, fuma la pipa e gira in motocicletta, che adora quanto la poesia; in motocicletta, come quel tal John Berger. Ha lavorato alla Accademia dei Lincei, in Biblioteca Nazionale Centrale, alla Enciclopedia Italiana Treccani e con una doppia piroetta, cambiando arte e mestieri, con Italcable e Telecom Italia.


Massimo Raffaeli su "Il Manifesto" ricorda Stefano Simoncelli

 

Il ricordo di Massimo Raffaeli su “Il Manifesto” del poeta Stefano Simoncelli, morto poco più di un mese fa.


Un duplice esordio segna la vicenda poetica di Stefano Simoncelli, uno dei maggiori poeti italiani, mancato nella notte del 20 maggio nella Cesenatico in cui era nato il 6 gennaio del 1950. Il primo incipit è un segno generazionale con la fondazione della rivista “Sul Porto” (1973-’83) che dà voce tanto all’inquietudine politica di giovani interni al Movimento quanto agli impulsi ed estri immaginativi che la sola politica non può mediare. Perché “Sul Porto” nasce dal silenzio procurato dal Gruppo 63 come dal consenso istituzionale del PCI: oltre ai testi dei redattori (fra costoro Walter Valeri e Ferruccio Benzoni, un altro poeta di massimo rango) “Sul Porto” ospita fisionomie di maestri non collocabili nella stretta dialettica di Ordine e Disordine come Franco Fortini, Pier Paolo Pasolini, Giorgio Caproni, Giovanni Raboni, Giorgio Orelli, Sandro Penna e quel Vittorio Sereni che dei ragazzi di Cesenatico (li chiamava “i fratellini”) diverrà un riferimento essenziale. Nel quaderno collettivo di Guanda che già nel 1980 ospita “Sul Porto” c’è un mannello di poesie di Simoncelli, Via dei Platani, e testimonia di un lirico che predilige l’elegia e dunque il richiamo al presente, nell’hic et nunc, dei lontani e dei trapassati, come si trattasse di una perpetua elaborazione del lutto. Quanto a questo, l’ispirazione di Simoncelli non cambierà mai pure se dopo il primo esordio, la fine di “Sul Porto” e lo sfaldarsi del gruppo che animava la rivista, c’è per lui una improvvisa battuta d’arresto che prelude ad alcuni fatti capitali: la laurea in Fisica a Bologna con la decisione di non farne nulla, l’inizio di una carriera tennistica di un certo rilievo (Stefano sarà un maestro affettuoso e irruento, come era tipico del suo carattere malinconico travisato da burbero), infine l’incontro con Patrizia, la sua prima moglie amatissima e troppo presto perduta. Gli anni ottanta e novanta sono anni di deriva e dispersione, costellati di assenze e di lutti: ne è riprova l’uscita da Gremese nel 1989 del volume Poesie d’avventura che non voleva affatto pubblicare (fu Enzo Siciliano a strapparglielo di mano), un libro che sembra non avere una struttura interna ma tuttavia è bellissimo, il prologo inconscio di quanto il poeta prenderà a pubblicare solo vent’anni dopo. Perché bisogna attendere il quinquennio 2004-2008 per il secondo e autentico esordio di Simoncelli con il trittico Giocavo all’ala, La rissa degli angeli, Stazione remota tutti proposti da peQuod, l’editrice anconetana di Marco Monina e Antonio Rizzo cui va reso il merito non solo di averne effettuato il recupero ma di averne pubblicato con fedeltà e dedizione i libri successivi, non meno di una decina. La poesia di Simoncelli è data una volta per sempre e consiste in un ininterrotto dialogo con i defunti (sua moglie Patrizia, poi sarà la madre, il padre, vecchi amici, figuranti della vita), i quali non tornano al presente come spettri assillanti ma da interlocutori muti, attori in un dialogo necessario a chi è sopravvissuto: chiara qui è la lezione di Pascoli (ma un Pascoli esente da familismo e dai sovratoni del phatos) che si lega a quella, naturalmente, di Vittorio Sereni. E’ come se Simoncelli fosse ripartito dalla poesia che sta in fondo a Gli strumenti umani e si intitola La spiaggia, dove è detto: “i morti non è quel che di giorno/ in giorno va sprecato, ma quelle/ toppe d’inesistenza, calce o cenere/ pronte a farsi movimento e luce”. Le presenze postume che abitano la poesia di Simoncelli non sono infatti i correlativi oggettivi della nostalgia (e nemmeno, a ben leggere, le proiezioni della sua personale malinconia) ma sono viceversa i segnacoli di un’esistenza disperatamente agita, ad ogni istante agognata, pure se cosciente del proprio destino di mortalità. E sono ancora i motivi che toccano i libri della sua compiuta maturazione, ancora una volta proposti in sequenza, stavolta una tetralogia: Terza copia del gelo (’12), Hotel degli introvabili (’14), Prove del diluvio (’17) e Residence Cielo (’19). Lo stile non potrebbe essere più classico, la lingua è senza macchie di gergo, il metro è l’endecasillabo di base riproposto con continue variazioni ritmiche (anche il più asimmetrico dei versi qui cade sempre in piedi): ciò che ne connota i testi e li rende subito riconoscibili è la sua “voce”, una cadenza che all’inizio pare leggermente saccadé eppure sa mantere un suo tenacissimo equilibrio. Ad apertura di pagina, da Hotel degli introvabili: “Poi in un’alba livida e piena di vento,/ quando ormai non ci contavo più,/ si è aperta e richiusa la porta dove dormivo/ e l’ho visto: era lì, ai piedi del letto,/ che mi aspettava fumando”. A ripensarlo nel sole della casa dei suoi ultimi anni sulla collina dell’Acquarola, sopra Cesena, vicino alla seconda moglie molto amata, Daniela, circondato dai suoi cani inseparabili, Teo e Margot, dedito alle passioni di sempre (il fumo, lo wiski, il gioco del calcio e la Juventus) chiunque avrebbe detto la sua vita finalmente compiuta, a partire dagli amici poeti che lo andavano a trovare, da Giancarlo Sissa a Mario Santagostini, da Francesco Scarabicchi a Fabio Pusterla che ne ospitò una bellissima antologia complessiva - Stazioni remote – nella sua collana da Marcos y Marcos nel 2023. Lì Stefano Simoncelli, lui che poteva sembrare sempre un po’ ruvido e distante, officiava il rito della ospitalità, la virtù poetica per eccellenza, per un senso in lui così innato dell’amicizia da non sentire nemmeno il bisogno di dichiararla. “Non assomiglio più a nessuno…/ Certe volte sembro un banco di nebbia,/ impenetrabile e denso, come quelli// che arrivano dal mare a tradimento/ verso mezzogiorno portandosi via tutto”: La persona di Stefano Simoncelli, ed è raro, annunciava la sua stessa poesia.

#biblioteca / GRADIVA - Rivista internazionale di poesia italiana - numero 67 – primavera 2025

 
AA.VV.
GRADIVA
Rivista internazionale di poesia italiana
numero 67 – primavera 2025
NUMERO SPECIALE PER IL CINQUANTENARIO DI «GRADIVA» (1976-2025)
Olschki


Con questo numero, «Gradiva» compie cinquant’anni. Non è sempre stata una rivista che si occupasse soltanto di poesia. È nata nel 1976 per trattare di letteratura e psicanalisi, per evolversi poi pochi anni dopo in direzione di quella rivista che è ora (e che potrebbe ancora mutare). Il suo percorso l’ha portata da letteratura-psicanalisi a poesia, e da poesia in generale alla poesia italiana, o in traduzione. Sono ben poche le riviste letterarie che giungono a cinquant’anni di vita, e che hanno avuto solo quattro cambiamenti di direzione: Adriano Berengo e J. Mark Heumann dal 1976 al 1982, Luigi Fontanella e George Carpetto dal 1983 al 1985, Luigi Fontanella dal 1985 al 2019 e yours truly dal 2019 ad oggi.
Da Editoriale di Alessandro Carrera
 
Alessandro Carrera, Il mandato del poeta e il mandato di una rivista. Editoriale
~ Breve storia di «Gradiva» ~ Alessandro Carrera, Introduzione • Adriano Berengo - J. Mark Heumann, Editoriale del n. 1, 1976 • Luigi Fontanella, Editoriale del n. 1, nuova serie, 1982 • Luigi Fontanella, Editoriale del n. 18, 2000 • Luigi Fontanella, Editoriale dei nn. 27-28, 2005 • Luigi Fontanella, Editoriale dei nn. 43-44, 2013
~ I Poeti di Gradiva ~ Sebastiano Aglieco, Due inediti • Sauro Albisani, Free Jazz • Antonello Borra, Mount Sinai a ottobre • Michele Brancale, Alle porte di Efeso • Francesco Capaldo, “Risorge dal fiume…” • Alessandro Carrera, Attraversando il Texas di notte • Maurizio Cucchi, Due tesi • Fabio Dainotti, Effe • Fabrizio Dall’Aglio, “Lo senti. Il pomeriggio…” • Milo De Angelis, “Starò con te” • Anna Elisa De Santis, Palm Beach, Florida, gennaio 2025 • Vincenzo Di Oronzo, Semivolti • Pasquale Di Palmo, Rèfolo d’autunno • Luigi Fontanella, Inverno di cuori vivi • Mario Fresa, Relazione • Annalisa Macchia, A casa • Valerio Magrelli, Due meraviglie • Irene Marchegiani, “Tempo della storia” • Carlangelo Mauro, Nessuna pagina • Giorgio Mobili, Promenade • Ivano Mugnaini, Un pensiero per «Gradiva» • Alessandra Paganardi, A Luigi e Irene • Michael Palma, The Town • Plinio Perilli, Lo sguardo bianco • Giancarlo Pontiggia, La porta • Enzo Rega, “I silenzi si sono sommati…” • Mario Santagostini, Il figlio • Victoria Surliuga, Tra Chicago e New York • Marco Vitale, “Questo sottile décalage…” • Luigi Cannillo, “Sta entrando…”, “The lindens’ perfume…” • Barbara Carle, Regaleco il mostro marino, Sea Monster or Oarfish
Nuova Poesia Italiana in America • GianMaria Annovi, Passano gli anni e tutto, Tre trittici • Patrizio Ceccagnoli, due traduzioni da Anne Carson e Milo De Angelis (con Susan Stewart) • Monica Martinelli, Tre poesie • Domenico Napoletani, Linguaggi logiche (o licheni) • Federico Pacchioni, Nel reticolato di strade meravigliose • Alessandro Polcri, Etimologia immaginaria • Francesco Satta, Gjâmë
~ Poesia Italiana ~ Michele Bellotti, da Arcangeli e tirannosauri • Giada Giordano, I-VI • Alfredo Panetta, Ponti sdarrupatu. Il crollo del ponte
~ Carte ritrovate A cura di Alessandro Carrera ~ Roberto Carifi, Quattro prose. con una nota. • Alessandro Carrera, La vita di Dio narrata da Dio stesso. Un ricordo di Franco Ferrucci (1936-2010). • Franco Ferrucci, Variazioni musicali di Ungaretti su un testo di Leopardi. (inedito). • Franco Ferrucci, L’ombra lunga della Poetica di Aristotele. (inedito). • Alessandro Carrera, I milioni di minuti di cui è fatto il tempo. Un ricordo di Giancarlo Majorino (1928-2021). • Giancarlo Majorino, La bellezza svincolata della poesia. -1997. • Giancarlo Majorino, Veduta. (autografo 2004).
~ Articoli, saggi, interventi ~ Alberto Biscaldi, Antidoto e veleno. Tutte le poesie di Antonella Anedda • Laura Cantelmo, Visioni e sfide di Perseo. Sulle “trasmutazioni” di Adam Vaccaro • Pasquale Di Palmo, Due ritratti. Sinisgalli e Valeri
~ Intermezzo ~ Paolo Artale, da Egagropile • Sebastiano Diciassette, Sei poesie • Barbara Mastroviti, da Fronte retro dell’essere umano. (Draw Out) • Ivan Pozzoni, Quattro poesie
~ Traduzioni ~ Josè Lezama Lima, Poesie. con una nota e traduzione di Yuleisy Cruz Lezcano • Piedmontese Poetry Today: An Anthological Selection (Part Three). A cura di Antonello Borra
~ Gli strumenti della poesia ~ Frankestein è come il poeta, attratto dalla melodia. Su Exfanzia e dintorni di Valerio Magrelli. A cura di Mario Buonofiglio
~ Lo scaffale di babele ~ Le poesie di Giancarlo Marmori. A cura di Paolo Senna
~ Dialoghi di poetiche ~ In conversazione con Alessandro Brancacci. A cura di Tommaso Di Dio
~ Oltre margine ~ Musica e poesia oggi. Nuove ricerche. (seconda parte). A cura di Luigi Cannillo
~ Rassegna Critica / Reviews ~ Alessio Brandolini. G. Mobili • Luigi Cannillo. A. Paganardi • Franco Castellani. D. Bertelli • Tamara Colacicco. A. Macchia • Lorenzo Ferrarotti. D. Pasero • Louise Glück. A. Carrera • Federico Gobbetti. F.M. Federici • Carol Loeb Schloss. M. Bacigalupo • Bruno Nacci. E. Pretti • Renato Pennisi. S. Aglieco • Daniele Piccini. F. Caprilli • Enea Roversi. P. Perilli • Rocco Rubini. A. Carrera • Giovanni Tesio e Albina Malerba. D. Pasero • Maria Grazia Trivigno. P. Perilli • Caterina Trombetti. A. Macchia
~ Collaboratori / Contributors
~ Informazioni

venerdì 13 giugno 2025

#biblioteca / Ocean Vuong | CIELO NOTTURNO CON FORO D'USCITA | La Nave di Teseo

Ocean Vuong
CIELO NOTTURNO CON FORO D'USCITA
(Night Sky with Exit Wounds, 2016)
Prefazione di Michael Cunningham
Traduzioni di Damiano Abeni, Moira Egan
testo inglese a fronte
La Nave di Teseo
Collana I Venti
pp. 188, luglio 2017, Euro 25, brossura


Il Vietnam dilaniato dalla guerra e dal comunismo; New York – il simbolo dell’America – ferita dalla violenza e dall’intolleranza; l’omosessualità come condizione di diversità ed emarginazione. Trentacinque poesie, ispirate al vissuto di questo giovanissimo autore vietnamita, emigrato in America ancora bambino e celebrato dalla critica come uno dei poeti più rivoluzionari degli ultimi anni.
Ad animare Cielo notturno con fori d’uscita, la sua prima raccolta poetica, è una lingua nuova, di commistione e creazione, in cui l’amore per il classicismo – il mito, l’estetica, l’armonia, la fede nell’ordine e nella simmetria – si fonde con la ricerca di nuove forme, sempre fedeli al verso libero e a un dialogo fra prosa e lirismo sorprendente e vitale.

Ocean Vuong è nato in Vietnam nel 1988 e si è trasferito negli Stati Uniti nel 1990. Con la sua raccolta di debutto, Cielo notturno con fori d’uscita, ha vinto nel 2016 il Whiting Award. Ha ricevuto inoltre il Pushcart Prize e altri riconoscimenti da: Poets House, The Elizabeth George Foundation, Fondazione Civitella Ranieri, The Saltonstall Foundation for the Arts e Academy of American Poets. Le sue opere di poesia e narrativa sono state pubblicate sul “New York Times”, “The New Yorker”, “Kenyon Review”, “The Nation”, “New Republic”, “Poetry”, “The American Poetry Review”, che gli ha conferito lo Stanley Kunitz Prize for Younger Poets. Cielo notturno con fori d’uscita è stato tradotto in albanese, arabo, bulgaro, cantonese, francese, hindi, spagnolo e ucraino. Il suo primo romanzo è Brevemente risplendiamo sulla terra (2020).


#biblioteca / Nicanor Parra | L'ULTIMO SPEGNE LA LUCE | Bompiani

Nicanor Parra
L'ULTIMO SPEGNE LA LUCE
(El último apaga la luz, 2017)
a cura di Matteo Lefèvre
testo spagnolo a fronte
Bompiani
Collana Capoversi
pp. 432, settembre 2019, Euro 20, brossura con bandelle


Se c’è un poeta latinoamericano che gode di un credito indiscusso per l’originalità, la qualità e l’irriverente costanza del suo impegno letterario, è senz’altro Nicanor Parra. Nei suoi ottant’anni di scrittura questo fondamentale autore cileno ha saputo condurre agli estremi le possibilità della creatività in versi, inaugurando il genere dell’antipoesia e riuscendo a scardinare dall’interno il sistema delle lettere sudamericane grazie a una beffarda, ostinata azione corrosiva. Tradotto da Allen Ginsberg e Lawrence Ferlinghetti, amatissimo dal conterraneo Bolaño, considerato in America “essenziale come Walt Whitman”, vincitore dei principali premi letterari in lingua spagnola, Parra è ancora poco noto al pubblico italiano. La presente antologia, la più ampia mai apparsa in Italia, vuole colmare questa lacuna.

Nicanor Parra (1914-2018), dopo l’esordio negli anni trenta, si laureò negli Stati Uniti in meccanica razionale e insegnò all'università di Santiago del Cile. A partire dal 1954 elaborò un’antipoesia venata di umorismo, concisa, che si rifà a metri e linguaggi colloquiali, grazie alla quale divenne in breve tempo una delle maggiori voci della poesia in lingua spagnola. Candidato più volte al premio Nobel, ricevette i più importanti riconoscimenti letterari ispanici, tra cui il premio Cervantes nel 2011 e il Neruda nel 2012.

giovedì 12 giugno 2025

#biblioteca / Umberto Fiori | IL CONOSCENTE | Marcos y Marcos

Umberto Fiori
IL CONOSCENTE
Marcos y Marcos
Gli Alianti
pp.320, febbraio 2019, Euro 20,00, brossura


Un personaggio riemerso dal passato. Ridicolo e insinuante, arrogante e mellifluo. ll retro del mondo, i misteri: la storia italiana del secolo scorso, delle utopie, delle stragi. Un viaggio lungo le bellezze della penisola, fin ‘dietro le cose’. L’ineffabile, potentissimo signor Olindo. La malattia, la cura. Un’isola fumante. Una gara di insulti. Una canoa, un antico bassorilievo. Selva, la femmina che seduce e si restringe. Il confronto finale.
Il nuovo libro di Umberto Fiori è un racconto in versi falsissimamente autobiografico, un sogno – e per certi aspetti un incubo,  un’allucinazione – il cui protagonista porta lo stesso nome e cognome dell’autore. Il suo ambiguo antagonista – il Conoscente: mestatore politico, tuttologo rampante, infine tartufesco ‘guaritore’ – lo lusinga e lo provoca, lo trascina attraverso una serie di incontri che dovrebbero ammaestrarlo, rivelargli ciò che si ostina a ignorare, e finiscono invece per stordirlo e confonderlo. La verità, in questa storia, è un segreto osceno che si esibisce e si sottrae, un enigma di cui il Conoscente pretende di avere in pugno la chiave. ‘Umberto Fiori’  affronta i vari incontri come ci si sottopone a una serie di prove d’iniziazione nelle favole. Solo, senza amici, assediato da un’umanità grottesca e spocchiosa, riuscirà alla fine a sfuggire alla presa del suo mefistofelico terapeuta?

Incipit
1.È vero: ci sono giorni che le vostre parole più care e buone mi suonano come insulti, giorni che dal mattino alla sera il sole splende contro di me come contro un ritaglio di lamiera: non mi si parla senza avere diritto in faccia il suo abbaglio tremendo. Ci sono volte che mi trovate là, fermo, freddo come l’avanzo nel piatto. Non vi ascolto, non alzo nemmeno gli occhi. È che ho la testa piena di una scena che ho visto tanti anni fa. 2. Estate. Una grande villa sul mare. Lì, tra scogli e pinoli, si teneva la Convenzione. Incontri, scambi, battere di ciglia, docce, equivoci, gare, eventi vari, pause, sbadigli, digrignare di denti. Gente in mezzo alla gente. Gente, anch’io: uno in più chiamato a convenire. Un convenuto, un ospite. Un estraneo. Eppure quei mattoni tiepidi, quelle aiuole di gerani, quelle fontane, quei portici, li sentivo parenti. Stavo lì come il mondo nella mente. In ogni pavimento riposava un’aria che sapevo; ogni stipite profumava di luce, di abbondanza. Persino il sentore di lardo, nelle cucine, era sobrio, solenne. Nel fresco delle stanze, nel legno bruno dei tavoli, nelle maniglie patinate dagli anni e dalle mani respirava una calma, un ordine antico e quieto, senza nemici. Un gesto largo, discreto. Ah, le case dei ricchi. I ricchi veri, voglio dire, come io ne ho incontrati (in sogno, forse) fin da bambino. I signori. A quelle mura solide e misurate noi Convenuti stavamo tornando, al termine dei lavori di una giornata rovente, carichi di mare e vento, di sole, di fatica e di pace. Era l’ora in cui la volontà finalmente si ferma, tace e si mette in ascolto, l’ora in cui dietro le forme del mondo che si ritirano dentro la pancia buona dell’ombra, senti una promessa. Ecco la sera. Ecco il premio che arriva, la ricompensa che il giorno tratteneva. Noi saremo contenti.

Umberto Fiori è nato a Sarzana nel 1949. Vive a Milano. Negli anni ’70 ha fatto parte degli Stormy Six, uno dei gruppi storici del rock italiano. In seguito ha collaborato con il compositore Luca Francesconi, per il quale ha scritto due libretti d’opera (Scene e Ballata) e numerosi altri testi. È autore di saggi sulla musica (Scrivere con la voce, 2003) e di un romanzo breve, La vera storia di Boy Bantàm (2007). Le sue raccolte poetiche sono: Case (S. Marco dei Giustiniani, 1986) e, per Marcos y Marcos, Esempi (1992), Chiarimenti (1995), Parlare al muro (con immagini del pittore Marco Petrus, 1996), Tutti (1998), La bella vista (2002) e La poesia è un fischio – Saggi 1986-2006 (2007).

#biblioteca / Antonella Bukovaz | casadolcecasa | Miraggi



Antonella Bukovaz
casadolcecasa
(domljubidom)
Con testo sloveno a fronte e disegni dell’autrice
Traduzioni di Monika Lazar, Veronika Simoniti,Dušanka Zabukovec, Alenka Jovanovski, Marko Ipavec
Miraggi Edizioni
Collana janus|giano
pp. 128, aprile 2021, Euro 13, brossura


casadolcecasa ha diverse fonti. Tre testi su cinque nascono da performance di tea­tro e musica. La potenza di questi versi è un’esigenza profonda, il bisogno di trovare equilibrio attraverso gli estremi del corpo, passando da un sentiero all’altro in uno scarto interiore continuo.
La casa, il mito, il confine, il gioco, il viaggio delineano lo spazio di questo libro scritto tra il 2012 e il 2020. Una raccolta composita anche linguisticamente, con testi in italiano, sloveno e inglese.
I testi possono apparire distanti l’uno dall’altro e forse lo sono, per lo meno in senso temporale: « Non so quante cose io abbia scelto e quante mi sia ritrovata a vivere o a scrivere, ma quando cammino in montagna so che cammino e mi piace. Per arrivare in cresta, solitamente si sale passando boschi di faggi per poi sbucare su declivi erbosi che lasciano presto spazio a zone aspre e rocciose e ovunque fortificate dai soldati dell’uno e dell’altro fronte durante la prima guerra mondiale. È faticoso coprire dislivelli di mille-­millecinquecento metri anche senza altra difficoltà che salire, richiede impegno fisico e resistenza all’insistente pensiero di resa che dice adesso, adesso, adesso mi fermo… ».

Antonella Bukovaz è nata a Topolò- Topolove, borgo al confine tra Italia e Slovenia. La sua attività poetica conta i volumi Tatuaggi (Lietocolle 2006), Al Limite (Le Lettere 2011, Premio Delfini 2009), 3x3 parole per il teatro – 3x3 besede za teater (ztt-est 2016), koordinate (Pulcinoelefante 2012) e Guarda (Pulcino­elefante 2015); sue poesie sono poi comparse nelle antologie Poete a Nord-Est (Ellerani 2011), Nuovi Poeti Italiani 6 (Einaudi 2011). Come performer ha creato in collaborazione con l’elettrorumorista Eva Sassi Croce casadolcecasa (Ozky-esound 2021, con cd), L’Arte dei Rumori (dedicato a Luigi Russolo, Ozky-esound 2013, con cd), Lessico elettronico (2013), La femminilizzazione del mondo (Ozky-esound 2014, con cd). Ha collaborato con il Teatro Sonoro - ­Hanna’s Atelje Sonoričnih Umetnosti di Ljubljana e collabora alla realizzazione del festival Stazione di Topolò-­Postaja Topolove.

#biblioteca / Charles Simic | AVVICINATI E ASCOLTA | Tlon

Charles Simic
AVVICINATI E ASCOLTA
(Come Closer and Listen, 2019)
'Orientarsi al buio', introduzione di Moira Egan
Traduzione di Damiani Aben, Moira Egan
Tlon Edizioni
pp. 184, 2021, Euro 16, brossura

Avvicinati e ascolta è l’invito che Charles Simic rivolge ai lettori e alle lettrici in questa straordinaria raccolta di liriche inedite. Con il suo solito sguardo ironico, empatico e irriverente, il poeta àncora i suoi versi alle molteplici sfaccettature del contemporaneo e, allo stesso tempo, esplora le profondità dell’esperienza umana, cercando in quegli abissi la scaturigine stessa della parola poetica.

Charles Simic, classe 1938, è un poeta statunitense di origine serba. Attivo fin dagli anni ’70 ha ricevuto il Premio Pulitzer per la poesia nel 1990. Autore prolifico, tra le sue opere pubblicate in Italia ricordiamo Il mondo non finisce (Donzelli, 2001) e Il mostro ama il suo labirinto (Adelphi, 2012).






Nicola Bonimelli di Edizioni Tlon legge due poesie di Charles Simic tratte dall'ultima uscita della casa editrice, la raccolta di poesie "Avvicinati e ascolta"

  


#biblioteca / Jack Spicer | UN ROSARIO DI BUGIE | Argolibri

Jack Spicer
UN ROSARIO DI BUGIE
(testo originale a fronte)
a cura di Andrea Franzini
con un ricordo di Paul Vangelisti
Argolibri
Collana Talee 2
pp. 120, 2020, Euro 15, brossura



Dopo After Lorca, vincitore del premio Benno-Geiger 2018 per la traduzione poetica, ArgoLibri continua la pubblicazione, libro dopo libro, delle opere del poeta e linguista Jack Spicer. Un Rosario di bugie raccoglie in un unico volume i tre libri successivi ad After Lorca, pubblicati tutti nel 1958 dall’autore americano, allievo di Robert Duncan, in cui egli affina la scrittura “satirico-politica” in poesia. Ammonimenti, dove l’autore continua la sua pratica stilnovista — in stile americano — di poesia diretta ad autori e amici, riprendendo la forma antica degli “ammonimenti”, affrontando esplicitamente tematiche politiche, legate anche all’omosessualità; il libro è corredato da lettere di poetica a Robin Blaser e all’editore Joe Dunn (White Rabbit Press) che per primo pubblicò Spicer e Duncan, e si chiude con una poesia di postfazione per Charles Olson, uno dei poeti americani più influenti del tempo, docente del leggendario Black Mountain College, cui presero parte artisti come John Cage e Merce Cunningham.
Un libro di musica¸ intermezzo creato a partire da una frase di Poe — dove si postula una scissione tra le poesie-brevi e la letteratura, è un testo attraversato da un pericolo costante nel rapporto tra musica e poesia — nonché la base di quella forma jazz-poetry che avrà il suo culmine in Billy the kid (opera che diventerà anche un disco dei Kat-Onoma, in Francia, negli anni 90).
Il trittico, concepito come un crescendo di intensità comunicativa e provocatoria, si chiude sulle Quindici false proposizioni contro dio: “un rosario di bugie”, lo definì il suo stesso autore rivolgendosi a Russel Fitzgerald, giovane poeta e poi amante (il volume contiene una poesia indirizzata a Russ) incontrato durante il processo all’Urlo di Ginsberg, il 9 settembre 1957. Spicer realizza in questo poemetto in quindici parti la sua prima vera “serie” — anche musicalmente intesa — compiuta, dettata “dai marziani”, affrontando il suo lato di calvinista protestante e ponendo le basi per quell’etica poetica descritta dal verso «poeta, sii come dio».

Nato a Los Angeles, Jack Spicer (1925-1965) si trasferisce in seguito a Berkeley, per raggiungere l’Università della California, dove insegna linguistica e stringe rapporti di amicizia con Robin Blaser e Robert Duncan, oltre a numerosi artisti e studiosi che presero parte alla cosiddetta «San Francisco Renaissance». Morì nel 1965, a causa del suo alcolismo, dopo aver pubblicato alcuni libri in piccole edizioni fatiscenti. Contro il mercato del libro (chiamava il libro «il cimitero»), operò per una diffusione soprattutto orale della poesia, concentrando tutta la sua facoltà poetica nell’espressione di un rapporto continuo tra il poeta e le voci circolanti nella vita del poeta, reali irreali che fossero. La sua personalità irriverente, congiunte a una palese erudizione e genialità, hanno contribuito a creare intorno a lui un interesse sempre maggiore nella comunità poetica. Tra i principali libri pubblicati in vita (oltre a quelli riprodotti in questo volume ndr) possiamo annoverare: After Lorca (White Rabbit Press,1957), Billy the kid (Enkidu Surrogate, 1959), The heads of the Town Up to the Aether (The Auerhahn Society, 1962), The Holy Grail (White Rabbit Press, 1964), Dear Jack: The Spicer/Ferlinghetti Correspondence (White Rabbit Press, 1964), Language (White Rabbit Press, 1965). Il volume postumo My vocabulary did this to me: The collected Poetry of Jack Spicer, a cura di P.Gizzi e K.Killian, si è aggiudicato il prestigioso American Book Prize nel 2008.

mercoledì 11 giugno 2025

#biblioteca / Franca Mancinelli | TUTTI GLI OCCHI CHE HO APERTO | Marcos y Marcos, 2020

 

TUTTI GLI OCCHI CHE HO APERTO
Franca Mancinelli
Marcos y Marcos, collana Le Ali
illustrazione di Luca Mengoni
pagine 144, 20,00 €
EAN: 9788871689937
settembre 2020

queste pagine di cartilagine
sono lo scheletro dove ti aggiri
come un’ombra nel sangue.

La voce di Franca Mancinelli, tra le più intense e originali della poesia italiana contemporanea, si affida a un difficilissimo equilibrio, tra esattezza del dettato e concentrazione semantica, ottenuta con l’esercizio costante di due forze complementari, quella che accentua e amplifica e quella che elimina e abrade. L’esattezza agisce a tutti i livelli: nella formulazione del singolo verso, nella miscela di immagini e giri sintattici, ma anche nella strutturazione calcolatissima delle sezioni, dei raccordi e persino delle pagine bianche, su cui si accampano minuscole, perfette spirali. Per raggiungere questa giustezza espressiva, l’autrice ha dovuto operare neurochirurgicamente sulla propria scrittura, condensando il senso e eliminando tutto il superfluo: non a caso il titolo felice dell’opera, Tutti gli occhi che ho aperto, denuncia il prezzo pagato nel verso che gli fa seguito, sono i rami che ho perso. Queste poesie nascono da un’urgenza tangibile che non si fa mai aperta confessione: urgenza privata, biografica, e urgenza etica, sempre riferita alle zone più fragili, più terribili della nostra vita, associata o dissociata, dove è giorno, il vento / non si alzerà. Da qui, Franca Mancinelli parla per brevi frammenti, si oppone alla dissoluzione e al silenzio con la forza del niente / del non avuto mai / niente da barattare. Lungo questa via perigliosa, i gesti ricompongono una lingua / si allaccia al mio corpo un’armatura.
Fabio Pusterla
Vincitrice premio Europa in Versi 2021


Franca Mancinelli
 è autrice dei libri di poesia Mala kruna (Manni, 2007, premio opera prima Laudomia Bonanni e Giuseppe Giusti), Pasta madre (con una nota di Milo De Angelis, Nino Aragno, 2013, premio Alpi Apuane, Carducci, Ceppo- giovani), Libretto di transito (Amos Edizioni, 2018), uscito nello stesso anno con traduzione inglese di John Taylor, con il titolo The Little Book of Passage (The Bitter Oleander Press, Fayetteville, New York). Una silloge di suoi testi è compresa in Nuovi poeti italiani 6 (Einaudi, 2012) e, con introduzione di Antonella Anedda, in Poesia contemporanea. Tredicesimo quaderno italiano (Marcos y Marcos, 2017). Traduzioni di suoi testi sono apparse su riviste e antologie straniere. Ha partecipato ad alcuni progetti internazionali, tra cui Chair Poet in Residence (Calcutta, 2019). Dal progetto Refest – Images and Words on Refugee Routes (2018) è nato Taccuino croato, ora in Come tradurre la neve (AnimaMundi Edizioni, 2019). Nel 2019 è uscito, con traduzione inglese di John Taylor, un volume che raccoglie i suoi primi due libri e alcuni inediti, At an Hour’s Sleep from Here. Poems (2007-2019), (The Bitter Oleander Press)

#biblioteca / Franco Buffoni | POESIE 1975–2025 | Lo Specchio

 

Franco Buffoni
POESIE 1975–2025
Mondadori
collana Lo Specchio
aprile 2025
pp. 976, euro 20
ISBN 9788804790389

 
Una straordinaria varietà di movimenti tematici e di generi espressivi è nel vasto panorama dell’opera poetica di Franco Buffoni, che qui viene raccolta nel suo insieme, con un saggio introduttivo – vera e propria guida alla lettura – di Massimo Gezzi. Sono versi che abbracciano esattamente mezzo secolo, dal 1975 al 2025, equamente suddivisi tra Novecento e nuovo Millennio. Versi che ci consentono di ripercorrere l’intero cammino di un autore capace di passare dai toni ironici, brillanti e fumisti degli esordi, a momenti di narrazione o meditazione, a fulminei lampi epigrammatici o lacerti descrittivi. E ancora: dalla purezza lirica a viaggi nella memoria storica e personale, non senza accenti anche drammatici e spigolosi. Poeta coltissimo e attivo traduttore dall’inglese di grandi classici, Buffoni ha saputo introdurre nei suoi versi vari personaggi: figure storiche o anonime presenze quotidiane, immerse in luoghi reali. Le sue opere, sempre accolte con pieno favore dagli orientamenti critici più disparati, vanno da un primo libro autonomo come I tre desideri, già ricco di interne, vitali stratificazioni, attraverso varie tappe, a una raccolta centrale nella sua produzione come Il profilo del Rosa (2000), parte essenziale di una trilogia della Bildung che comprende Suora carmelitana e altri racconti in versi (1997) e Theios (2001). Ma l’incessante inquietudine interiore del poeta lo conduce ad aprirsi, appunto, a un numero considerevole di soluzioni espressive e tematiche, come in Jucci (2014), il canzoniere nel ricordo di un impossibile amore giovanile, fino alla dimensione, rarissima se non unica, dalle vertiginose accensioni interne, di una raccolta come Betelgeuse e altre poesie scientifiche (2021). Fino al gioiello conclusivo, La coda del pavone, l’opera di questi ultimi anni, finora inedita, in cui Buffoni si muove nel campo dell’etologia, nel mondo degli animali, spesso vittime della crudeltà umana.

Franco Buffoni, nato a Gallarate nel 1948, vive a Roma. Saggista e traduttore, ha insegnato letteratura inglese e letterature comparate; ha fondato e tuttora dirige «Testo a fronte». Come poeta ha esordito con Nell'acqua degli occhi, presentato da Giovanni Raboni (1979). Tra le sue raccolte: I tre desideri (1984), Quaranta a quindici (1987), Scuola di Atene (1991), Suora carmelitana (1997),  Il profilo del Rosa (2000), Guerra (2005), Noi e loro (2008), Roma (2009), antologizzate in Poesie 1975- 2012 (Mondadori 2012). Successivamente sono uscite Jucci (2014), O Germania (2015), Avrei fatto la fine di Turing (2015), Personae (2017), La linea del cielo (2018).




(foto Ferroni)

#biblioteca / Fabio Pusterla | FIUMI NEFRITE VORTICI | marcos y marcos

 

Fabio Pusterla
FIUMI NEFRITE VORTICI
marcos y marcos
collana Gli Alianti
maggio 2025
pp. 144, euro 17
ISBN 9788892942066
 
“Sul ciglio di qualcosa, rivolo o scarpata,
tra macchie cupe di rovi e viluppi d’ortiche
non si sa come spunta un giglio
rosso. Fiore d’argine e fosso,
rosso di lingua antica,
dice di andare avanti
dice che la fatica non è mai troppa per chi non rinuncia
a vivere la vita”.

L’imbarbarimento della società civile occidentale, l’avanzata delle destre populiste e sovraniste in tutta Europa. Lo scoppio della guerra in Ucraina e in Medio Oriente, l’incombente catastrofe ambientale, l’indifferenza, l’individualismo, l’opportunismo. I segni drammatici dell’invecchiamento, e insieme le figure gioiose dei nipotini, Lucio, Tullio e Gemma. La poesia di Fabio Pusterla tocca con passione e altissima tensione lirica temi di grande rilevanza, un occhio rivolto al mondo, uno alla realtà più prossima e personale, uno alla potenza estrema, salvifica e minacciosa, di una natura e di un cosmo pieni di bellezza, mistero, energia.

Una poesia dalla raccolta

Fiumi, nefrite
 
«Molte cose iniziarono in me
molte finiscono, fiumi tanti
che scendono sotto le rocce si essiccano
diventando mistero o nulla si nascondono
nel cuore nero di strati profondi verso il magma
nel grande oblio nelle tenebre.
Europa di corsi d’acqua e fiumi macabri
io adesso vedo soltanto una vipera verde
una colonna armata che si avvicina
nefrite nefrite il mio rene è l’Ucraina
il mio corpo è l’Europa avvelenata
un crollo inarrestabile
nefrite Eurasia mente inagibile
quale sarà l’ultimo
quale sarà l’ultimo fiume
nefrite grigioverde di fango e bitume
nefrite piscio e merda
nefrite che nuove leggi infauste promulghi
Elba Donau Neva Vistola Volga
Jenissei d’ampio respiro grande storia
e il vasto Reno e il Rodano dorato
tutti verdi grigioverdi devastati
tutti ultimi fiumi cosparsi
di cenere e muffa e fanghiglie
nell’Europa dei diritti e dei rovesci le frattaglie
del mio corpo dolente dolina
che declina e rinsecca
nella mia mente infetta sfatta sfitta
che centrifuga
spazi tempi memorie
in vortici disattenzioni incurie
atomi impazziti scorie punti di fusione
mediocri marionette sopra i troni
io non più io
io già senza di me
d’altri padroni...»

Fabio Pusterla è nato a Mendrisio nel 1957, vive tra Italia e Svizzera e insegna letteratura italiana.
Concessione all’inverno – Casagrande, 1985 – suscita il consenso immediato di critici e poeti. La sua poesia selvatica, luminosa, franca, conquista. Nel 1989 pubblica con noi la seconda raccolta, Bocksten, in seguito tutte le successive: Le cose senza storia, Pietra sangue, Folla sommersa, Corpo stellare, Argéman, Cenere, o terra, Requiem per una casa di riposo lombarda e Tremalume. Sempre con noi, pubblica Il nervo di Arnold – un itinerario tra le pieghe più feconde della letteratura contemporanea – e le splendide traduzioni di due raccolte di Philippe Jaccottet: Pensieri sotto le nuvole e E, tuttavia, nonché la traduzione di Sulla punta della lingua di Antoine Emaz. Per Marcos y Marcos, nel 2016 dà vita alla collana di poesia Le Ali, che attualmente dirige assieme a Massimo Gezzi.
Le sue opere sono tradotte in molte lingue e gli sono valse premi prestigiosi, tra i quali il Montale nel 1986, lo Schiller nel 1986, 2000, 2011; il Gottfried Keller nel 2007, il Napoli nel 2013 per l’insieme dell’opera, l’N.C. Kaiser Preis e il Carducci nel 2022, infine il Betocchi, nel 2024. Alla sua figura e opera di poeta è dedicato il documentario Libellula gentile di Francesco Ferri.

#biblioteca / Mattia Bettoni | PROIEZIONI ORTOGONALI | Arcipelago Itaca

Mattia Bettoni
PROIEZIONI ORTOGONALI
postfazione di Massimo Gezzi
Arcipelago Itaca edizioni
collana Mari Interni
diretta da Danilo Mandolini
dicembre 2024
pp. 88, € 15,00
ISBN 979-12-81767-10-2


[…] …le Proiezioni ortogonali che [l’autore] ha disegnato in queste pagine … sono il frutto di un lavoro attento e di una costruzione a tratti persino iperconsapevole, caratteristica che contraddistingue buona parte della poesia prodotta dalla nuova generazione di poetistudiosi (spesso poeti-dottorandi). Eppure, allo stesso tempo la poesia di Bettoni si distingue da quella algida e cerebrale di alcuni suoi coetanei per un suo tratto precipuo: la centralità dell’esperienza del soggetto che guarda e scrive, che attraversa la «stratificazione urbana» e la «città dormiente» e la interroga, la perlustra, la provoca anche velenosamente alla ricerca tenace, e non per forza vittoriosa, di un senso. […] 
Da Per l’esordio di Mattia Bettoni di Massimo Gezzi


da UNA CODA

... Per nessuno al mondo
 
Muoviti tra capillari marciapiedi
quando un’ombra di dubbio s’insinua nella coscienza
e non puoi trovare alcuna tregua
se non è inverno o tarda sera, notte.
Qualcosa apre una via in luoghi passati,
riarde scorre torce il neurone
invitandoti a scendere dove non c’è vita
persuadendoti che c’è,
che esiste nella geometria della città dormiente
dove nessuno sentirà il tuo grido
a causa di isolamenti in piombo
trapiantati tra pareti e calotte craniche.

*

Tendi l’orecchio nel buio la sera
al tonfo lontano di chi ha sete.
È la musica
di nessuno al mondo, solo,
accatastato in una fossa comune
sopra altri come noi: vuota
piena per chi sente l’affannoso respiro
di chi trattiene miseria in cuore

Mattia Bettoni, nato a Lugano nel 1995, si è laureato in letteratura moderna presso le università di Friburgo e Lugano. Attualmente lavora presso l’Università della Svizzera italiana dove, sotto la direzione di Fabio Pusterla, sta svolgendo una tesi di dottorato dedicata alla poesia di Giovanni Orelli; i suoi studi sono principalmente orientati verso la poesia contemporanea (Caproni, Pusterla, Martini). Dal 2019 dirige, assieme a Jordi Valentini, la rassegna di poesia contemporanea “Spaziobianco” e dal 2024 lavora presso l’Archivio Prezzolini della Biblioteca Cantonale di Lugano. Ad ottobre del 2023, alcune sue poesie inedite sono apparse su “Diario di passo”, blog curato da Franca Mancinelli.

#biblioteca / Hope Mirrlees | PARIGI | Interno Poesia

 

Hope Mirrlees
PARIGI
(titolo originale Paris: A Poem, Hogarth Press,1919)
traduzione di Nicoletta Asciuto
Interno Poesia
collana Interno Novecento
maggio 2025
pp. 104, euro 15
ISBN 9791281315266

 
Parigi è una lunga poesia di quattrocento versi di Hope Mirrlees, pubblicata da Virginia e Leonard Woolf nel 1920. È un capolavoro ritrovato della poesia moderna, composto da un’autrice eclettica che è stata, fino a poco tempo fa, pressoché cancellata dal panorama della letteratura inglese ed europea. Parigi è una poesia potente, rivoluzionaria, e allo stesso tempo toccante, nella sua rievocazione al vetriolo della Parigi del primo dopoguerra. Un po’ come fa James Joyce con Dublino nel suo Ulisse, Mirrlees condensa il vissuto di una giornata parigina del 1919 – suoni, voci, vedute, e persino fantasmi. Nonostante venga pubblicata qualche anno prima della nota “Terra desolata” di T. S. Eliot, la sua tiratura limitata e la personalità fuori dagli schemi dell’autrice fa sì che il pubblico inglese di allora non la venga a conoscere: Eliot rimarrà nella storia della letteratura del Novecento europeo; Mirrlees sparirà nel nulla. Parigi ci indica perciò un percorso alternativo attraverso il panorama poetico del Novecento, uno in cui riappaiono voci e azioni di donne all’avanguardia, il cui unico svantaggio è stato di essere state troppo avanti rispetto al loro periodo storico

Dall’introduzione di Nicoletta Asciuto
«È la fine di aprile del 1920 e i coniugi Virginia e Leo­nard Woolf, forse la coppia più nota del modernismo, sono all’opera con la loro pressa da stampa.[1] Da qualche anno i Woolf hanno fondato una piccola casa editrice, la Hogarth Press (così chiamata dal nome della loro casa a Richmond), con la quale si impegnano a pubblicare i loro lavori, quelli dei loro amici e degli autori che reputano di forte poten­ziale letterario. Dopo aver stampato, tra le altre cose, al­cuni racconti della stessa Virginia e una raccolta di poesie di T. S. Eliot (1919), i Woolf stanno componendo il testo dell’opera prima di una poetessa sconosciuta, ma di grande interesse sperimentale: si tratta di Hope Mirrlees e del suo poemetto Paris: A Poem, scritto appena un anno prima. Ne stamperanno però solamente 175 copie, perdipiù con la data sbagliata (1919 invece di 1920).[2] Paris viene recensito da ben pochi lettori, rimanendo così archiviato fino al 1973, quando viene ristampato nella Virginia Woolf Quarterly, ma con alcune parti censurate da Mirrlees stessa. Paris viene dunque assaporato da pochi lettori selezionati prima di ca­dere di nuovo nel dimenticatoio, fino a quando nel 2007 Julia Briggs lo riporta all’attenzione critica pubblicandolo nell’antologia Gender in Modernism: New Geographies, Complex Intersections. È però con l’edizione di Sandeep Parmar che Paris viene proposto per la prima volta in formato tascabi­le, insieme alle altre poesie e traduzioni di Hope Mirrlees (Collected Poems; FyfieldBooks, Carcanet, 2011), rilanciando così questa poetessa britannica semi-sconosciuta sul piano della poesia internazionale. L’edizione di Sandeep Parmar, che, sempre per la stessa collana, ha curato anche le poe­sie di Nancy Cunard (Selected Poems; 2016), ha certamente portato una ventata d’aria fresca nel campo degli studi sul modernismo, riaffermando l’importanza di recuperare le poetesse di lingua inglese del primo Novecento, troppo spesso sfavorite rispetto ai vari T. S. Eliot, Ezra Pound, William Carlos Williams, Wallace Stevens… Nel 2020, in­fine, per celebrare il centenario della prima pubblicazione, la casa editrice londinese Faber & Faber ha mandato in libreria una nuova edizione di Paris. »

Note

[1] Vedi Julia Briggs, “‘Modernism’s Lost Hope’: Virginia Woolf, Hope Mirrlees and the Printing of Paris”, Reading Virginia Woolf, Edinburgh University Press, 2006, pp. 80-95.

[2] Non sappiamo con certezza la ragione della data “sbagliata”. Sappiamo, tuttavia, che Paris era una poesia assai difficile da comporre per la stampa e che era stata una delle prime poesie stampate da Virginia Woolf, che infatti commette alcuni errori in quest’edizione. Non escludo che Paris possa essere stato stampato volontariamente con la data di 1919 in quanto la poesia stessa è incentrata sulla fine della guerra e gli eventi dell’anno 1919 (che è anche l’anno dell’uscita di Le Cap de Bonne-Espérance di Jean Cocteau, che sappiamo aveva influenzato Mirrlees). Di questa ipotesi purtroppo però non vi sono attualmente indizi, anche se il predatare di un’opera a posteriori per fini poetici e artistici non era affatto pratica poco comune (basti pensare a Lampada ad arco di Giacomo Balla). Sulla pubblicazione di Paris e la sua circolazione tra i primi lettori, vedere il bell’articolo di Sean Pryor, “Who bought Paris? Hope Mirrlees, the Hogarth Press, and the Circulation of Modernist Poetry”, ELH (2021), pp. 1055-1082.

Hope Mirrlees (1887-1978) è stata una poetessa inglese, autrice del capolavoro perduto del modernismo, Paris: A Poem (1920). Dimenticata fino a pochi anni fa, Mirrlees faceva parte dei circoli artistici e letterari londinesi del Primo Novecento, intrattenendo rapporti con T. S. Eliot, Lytton Strachey, Virginia Woolf, e Jane Harrison, sotto la cui guida studia poi Lettere Classiche all’Università di Cambridge. Harrison diventa la sua compagna e le due “mogli” (il termine con cui si chiamavano affettuosamente l’una l’altra) si trasferiscono a Parigi. Qui Mirrlees termina il suo primo romanzo, Madeleine: One of Love’s Jansenists (1920). Linguiste appassionate, le due traducono insieme dal russo, mentre Mirrlees scrive altri due romanzi, The Counterplot (1924) e Lud-in-the-Mist (1926). Nel 1926, tornano a Londra, dove vivono insieme fino alla morte di Harrison nel 1928. Nel 1929, inesplicatamente, Mirrlees si converte al cattolicesimo. Dal 1948 vive in Sud Africa fino verso gli anni Sessanta. Al ritorno in Inghilterra pubblica una biografia del collezionista Robert Bruce Cotton (1962), oltre a due raccolte di poesie, Poems (1963), e Moods and Tensions (1976).


martedì 10 giugno 2025

#biblioteca / Valerio Cuccaroni | POESIA IBRIDA | Biblion

 

Valerio Cuccaroni
POESIA IBRIDA
Poesia visiva, videopoesia, poesia elettronica, PJ set

Biblion edizioni
collana Scriba
2025
pp. 192, euro 12
ISBN 9788833834245


Il volume analizza le nuove forme di testualità poetica intermediale, emerse dall’ibridazione del linguaggio verbale con l’arte visiva, il cinema, la musica, l’informatica e la performance.
Concentrandosi sul panorama poetico successivo all’avvento dei dispositivi elettronici, audiovisivi e informatici, l’autore, dopo avere sintetizzato il dibattito sulla vexata quaestio della poesia per musica, si concentra in particolare sulla poesia visiva, la videopoesia, la poesia elettronica e il PJ set.
Il libro si propone come uno studio approfondito e aggiornato sulle nuove frontiere della poesia contemporanea, caratterizzate dalla contaminazione tra diversi linguaggi e dalla continua ricerca di nuove forme espressive.

Valerio Cuccaroni è docente di lettere, giornalista e agitatore culturale. Ha pubblicato numerosiarticoli, recensioni, saggi di letteratura e ha curato i volumi La parola che cura. Laboratori di scrittura in contesti di disagio (2007), L’Italia a pezzi. Antologia dei poeti italiani in dialetto e altre lingue minoritarie tra Novecento e Duemila (con M. Cohen, G. Nava, R. Renzi, C. Sinicco, 2014) e i saggi di Guido Guglielmi, Critica del nonostante (2016). Ha tradotto Che cos’è il Terzo Stato? (2016). Per Argolibri cura la collana Fari. È direttore artistico del festival di poesia La Punta della Lingua. Lucida tela è il suo primo libro di poesie.


#biblioteca / Erina Charalambous, Avgi Lilli, Eftychia Panayiotou | DONNE FRONTALIERE | Vita Activa

 

Erina Charalambous, Avgi Lilli, Eftychia Panayiotou
DONNE FRONTALIERE
Tre scrittrici cipriote innovative nate nel 1980.

cura, traduzione poesie e prefazionedi Alexandra Zambà
Vita Activa Nuova editrice
collana Poiein
gennaio 2025
pp. 116, € 15,00
ISBN 9791280771308

 
A partire da tre scrittrici coetanee, nate nel 1980, Eftychia Panayiotou, Avgi Lilli ed Erina Charalambous, vengono individuate significative caratteristiche comuni di decine di giovani poete cipriote, che occupano un ruolo di primo piano nella creazione letteraria, teatrale, musicale e artistica, trascendendo i limiti dei generi tradizionali di scrittura, mescolando i linguaggi di tutte le espressioni artistiche, nonostante o forse proprio per il fatto che vivono a Cipro, un’isola frontaliera nel Mediterraneo sud-orientale, divisa tra la parte a
sud, greca, e la parte a nord, turca, a seguito dell’occupazione del 1974. Dalla lettura dei loro testi in versi e in prosa, assai differenti tra loro, emerge il comune filo dinamico della loro scrittura, l’originalità̀ tematica e il coraggio della sperimentazione. Queste tre poete prendono consapevolmente le distanze dalle tematiche nazionali, e non tirano sempre in ballo la letteratura mitologica antica. Approfondiscono una forma di ricerca più esistenziale, vivono quotidianamente l’imperfezione del mondo. È da questo contesto che
nasce una poesia dove domina l’indagine del corpo femminile, del desiderio sessuale e dell’identità di genere. Queste poete scavano tra la storia e i suoi pesanti fardelli, le identità̀ e le memorie, i luoghi e i miti, le divisioni personali e collettive, le opportunità̀ perdute ma anche quelle disperatamente in attesa di essere ritrovate.


(nelle foto, dall'alto: Eftychia Panayiotou, Avgi Lilli, Erina Charalambous)

#biblioteca / Ezra Pound - A LUME SPENTO - Lindau

   Ezra Pound A LUME SPENTO traduzione e cura di Pietro Comba prefazione di John Gery Lindau collana Senza frontiere maggio 2025 pp. 524, eu...