martedì 9 dicembre 2025

#biblioteca / Alessandro Brusa e Sonia Caporossi (a cura di) - DISTORSIONI - Marco Saya

 
Alessandro Brusa e Sonia Caporossi ( a cura di)
DISTORSIONI
Poesia italiana Queer dell’ultracontemporaneità

Testi di: Luca Baldoni, Alessandro Brusa, Sonia Caporossi, Giorgio Maria Cornelio, Lella De Marchi, Angelo Nestore, Francesco Ottonello, Sacha Piersanti, Valentina Pinza, June Scialpi, Marco Simonelli, Piero Toto, Giovanna Cristina Vivinetto. 
Postfazione di Franco Buffoni.
Marco Saya edizioni
novembre 2025
pp. 246, euro 20
ISBN 9791280278623


Dalla Postfazione di Franco Buffoni 
 
Negli anni della mia formazione, quelli come me, a destra venivano considerati degli sporcaccioni, al centro dei peccatori, a sinistra una degenerazione borghese. Non era così, naturalmente: la classe operaia, di quelli come me, ne contava tanti quanto le altre classi sociali, solo che stavano nel closet. Come diceva il mio amico Mario Mieli, chi frequentava i vespasiani si rendeva conto di quanti proletari arrapati si potessero incontrare.
La situazione, almeno nel mondo occidentale, cominciò lentamente a cambiare con gli anni settanta, in un crescendo culminato vent’anni più tardi (il 17 maggio 1990) nella dichiarazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che definì l’orientamento sessuale di quelli come me “una variante naturale dell’umana sessualità”. Dunque nessuna malattia e di conseguenza nessuna cura: e tanto meno, nessuna terapia riparativa. Non a caso ogni 17 maggio, nei paesi civili, si celebra la giornata mondiale contro l’omo-bi-trans-fobia.
 
E tredici poete e poeti nat* tra il 1970 e il 1996 sono qui oggi a testimoniare come il costume – anche letterario e artistico – si sia evoluto negli ultimi decenni, stabilizzando in una dimensione queer gli esiti di quella che ormai da anni vado definendo “una società post gay”. Cioè quella società in cui un* adolescente possa innamorarsi del compagno o della compagna di banco senza che nessuno si stupisca, perché la famiglia, la scuola, gli stessi compagni e compagne, sono pronti ad accogliere quella propensione, come pure il suo esatto contrario. Poesia queer, quindi – non gay, o peggio ancora omosessuale – quasi in un ideale ritorno a un passato classico.
 
Perché i Poetae Novi, detti anche cantores Euphorionis o neoterici, del I secolo a.C. a Roma, come Valerio Catone, Licinio Calvo, Furio Bibaculo, Elvio Cinna – e sopra a tutti Catullo – potevano permettersi di ardere d’amore per Clodia, alias Lesbia, ma anche per Giovenzio, come nel catulliano Carme 48, cantando entrambe le attrazioni con la stessa intensità e la medesima dignità letteraria. Poi, con l’irruzione di Saulo nelle lettere greche, la situazione cominciò a cambiare, fino a giungere all’editto di Costantino, e poi, con Giustiniano, all’inizio delle persecuzioni per i Giovenzio’s lovers, costretti a mimetizzare i loro amori sub specie di amicizia. L’ultimo a cantare tale specie di amori ormai proibiti – come ricorda anche Leopardi – fu Nonno di Panopoli: poi su quel tipo di legami per oltre un millennio calò ufficialmente il sipario. Tanto che i Poeti del Dolce Stil Novo di fine Duecento – Guinizelli, Cavalcanti, Cino da Pistoia, Dino Frescobaldi, Guittone d’Arezzo, e sopra a tutti Dante – pur non essendo le loro pulsioni e i loro desideri diversi da quelli dei Poetae Novi latini, non poterono che mostrarsi unidirezionali nella narrazione poetica dei loro amori. Avevano ben interiorizzato, nella civiltà culturale in cui si trovarono a vivere, la differenza tra amicizie amorose e passioni dicibili, e amicizie amorose e passioni indicibili.
(...)

Alcune poesie dalla raccolta
 
 
Luca Baldoni
 
Violently happy
 
Una volta mi hai raccontato con gli occhi attenti che
nel tuo periodo di più sfrenato sballo psichedelico
ti ritrovasti al “Trade” nelle prime ore di una domenica
mattina col tuo gonnellino blu oltremare
e gli stivali alti di cui andavi tanto fiero
a ballare strafatto
tra uomini sudati
 
quando dal cerchio caldo
che ti si appressava addosso
venne avanti un ragazzo
che intercettò i lembi della stoffa
dopo averti leccato in uno sguardo
e t’infilò piano ma con decisione
la punta del medio dentro al culo;
allora – mi hai detto – ti schizzò dentro
un razzo, non ci furono veli
da strappare, la musica continuò
fuori inascoltata
e tu ruotavi disperso
intorno a un punto fermo.
 
 
*
Alessandro Brusa
 
Caffè s’impunta
   in su            per le narici
   mentre disteso e nudo
   appoggio il capo sulla maglia        che mi hai sollevato
   oltre la testa
   e che resta        così      attorno alle spalle
                                         dietro il collo
 
poi sottile sudore s’abbassa
dai capezzoli al ventre             e più giù
                           dove meno mi interessa
                                       essere uomo
 
*
 
Sonia Caporossi
 
Hermaphrodito
 
primo giorno della creazione
 
sto per nascere alla carne che mi informa e al sangue
che mi pigmenta le membra                       ancora diafane e slabbrate.
ricerco tra gli arcani          la forma nella materia,
                                             setacciando il fagotto del matto.
vi trovo oggetti esterni al mio corpo, appendici dolorose
               che preludono all’estroflessione,
come artigli urlanti           dai fori vivi              delle nocche.
il dolore sorge e si spande tra le molecole d’aria attraversando
le fibre sfilacciate della mia
                     sostanza in formazione.
questo parto sarà dolore per il feto più che per la madre.
se non raggiungo l’acme della follia                       impazzisco.
nello stadio in cui mi trovo,
il mio equilibrio termodinamico s si misura ancora in j/k.
entropia del corpo,            fuga di gas dell’anima.
                                                                                 chi sono io?
non so ancora dirmi, definirmi, contraddirmi; sono un enigma che pongo a me stessƏ.
                 la mia anima gioca a dixit, variante mysterium.
 
*
 
Giorgio Maria Cornelio
 
Sì, che si sappia:
non c’è creatura che
non sia un popolo.
Il dolore è collettivo.
Carichiamo in noi
ogni cosa estinta,
ogni debito,
ogni incandescenza
nel    limo opaco di
tutte  le vite negate.
 
*
 
Lella De Marchi
 
II.
 
perché si è soli dappertutto si è soli in mezzo
alla gente o chiusi e soli in una stanza. anche
in mezzo alla gente che più ci assomiglia
si è soli. inseguiti dal rischio di diventare
un clan, uno strano ghetto, una setta,
una debole razza destinata all’estinzione.
è la strana storia di una strana gente di una
solitudine differente, la casa di chi tenta
l’impresa di essere mentre si diventa.
 
*
 
Angelo Néstore
 
Porntube
 
“Il Branco”, “Branco”, “San Fermín” e “stupro” sono di tendenza nella versione spagnola di Porntube. (Público, 30 aprile 2018)

 
Un adolescente che apre Porntube in una finestra in
                                                                 incognito
non sta pensando alla morte,
preme insistentemente il mouse
per caricare il video e aspetta.
 
Apre le sue cosce immacolate,
si tocca con la mano sinistra.
Sullo schermo una donna geme in loop circondata da cinque
uomini,
 
tiene gli occhi chiusi,
ma il ragazzo non se ne accorge.
Con lui cresce il numero dei visitatori:
il bambino aggiunge un altro bambino,
a migliaia di bambini, la sua solitudine,
accetta i cookies con la fede cieca di chi accetta l’Eucaristia,
si sente parte di una comunità,
di un tutto, un unico occhio Polifemo,
un pugnale che penetra la stessa donna.
 
Il bambino che apre Porntube in una finestra in incognito
e che vede una donna circondata da cinque uomini,
e che non pensa alla morte,
e che non vede in quella scena una sepoltura,
un giorno mi venderà il pane,
mi chiederà i documenti,
mi porterà a casa con l’autobus,
firmerà condanne, schioccherà le dita,
vorrà sputarmi addosso quando mi sentirà parlare di me al
femminile,
mi guarderà sempre con quel pugnale brillante
nel codice binario dei suoi occhi.
 
*
 
Francesco Ottonello
 
Sogni da finire
 
Lascialo ai campi e ai sogni da finire,
non portarlo con te con la forza
di una parola che rapisce o innalza. Per farne cosa?
Un servo alla mensa dei padroni. Dovrà darlo via
dite voi, tutto il suo orgoglio. Non solo il corpo
cedere tutto sé stesso, fin dentro le midolla
svendere la sua isola per un fischio di treni.
Ecco che arriva camuffato con ali piumate
lo porta via in un binario verticale.
Vedo una macchia nel cielo. Sono solo e mi basta.

lunedì 8 dicembre 2025

#biblioteca / Dimkovska - CONDIZIONE DI CONFINE - La Vita Felice

 
Lidija Dimkovska
CONDIZIONE DI CONFINE
traduzione di Ema Stefanovska
testo macedone a fronte
La Vita Felice
collana Adamàs, 13
settembre 202
pp. 200, euro 18
ISBN 9788893469234

È come se la lingua di Dimkovska fosse stata nutrita con il latte di una violenza millenaria. Da una parte, la storia sterminata delle tradizioni, degli accenti, delle nenie e dei mondi catturati da quel grande arcipelago di terre chiamato penisola balcanica; dall’altra, la storia recente, a tratti terribile, di una nazione e di un popolo che nel Novecento si è visto contendere tutto – persino il proprio nome – e che ha trovato se stesso attraversando la grande storia Europea, fatta di smembramenti, ricomposizioni e guerre civili. Si sente in questa poesia la continua frizione dei confini, il loro attrito, il loro sapore nascosto: il desiderio di un fluire fra le terre e le nazioni e i linguaggi che non sa nascondere la paura di perdersi. La lingua di Dimkovska è come se fosse costretta dagli eventi a pensarsi in una traduzione e in un tradimento. Non è un caso che l’altro in questa poesia è sempre un enigma, un indovinello, un paradosso. L’umanità stessa è messa in discussione in una storia di decadimenti, in cui l’ossessione per la morte è costante, come però la fiducia che in un’ironia nera la poesia possa lasciare un’eredità di liberazione: «Ti farebbe bene un proiettile in testa,/ un salto dal ponte o una vena tagliata,/ l’acido cloridrico nel tè, la cintura da uomo al collo,/ al momento sbagliato, nel posto sbagliato/ la morte è risveglio».
Tommaso Di Dio


COME SAREBBE
 
essere figli di genitori morti in guerra,
essere figli di genitori divorziati, o essere
un bambino africano su un mega cartellone,
vivere in una residenza sanitaria per disabili,
avere la chiave di una casa popolare,
ricevere aiuti in farina, olio,
ovatta e cotton fioc,
aprire un conto corrente per il trapianto di midollo osseo,
vivere in un villaggio sos con una Supermamma di nove figli
e una zia che viene una volta alla settimana
a stirare indumenti e a giocare a carte,
dormire in uno scatolone di cartone davanti al parlamento
o nella metro di una metropoli che ospita un convegno di alti statisti,
essere una bambola in costume folcloristico
al posto del vigile all’incrocio,
se i bambini adottassero i genitori e non viceversa,
bere il sangue alla goccia prima che si ossidi,
essere la tiroide della politica familiare,
sbavare per alcune persone
e per altre, invece, ti viene un nodo alla gola,
tenere l’asciugamano più morbido per l’ospite straniero,
e il letto più duro per il suicida sopravvissuto,
essere una catapulta nell’occhio di Dio,
accumulare conoscenza con il cucchiaino di sciroppo appiccicoso,
avere per punto di vista un calzino appena lavato
che ha perso il proprio compagno,
se non ti andassero più né la pelle né la terra,
impiccare al tiglio del monastero
l’ultimo uomo che ti ha baciata in fronte,
essere il tema scottante di un film a basso costo,
se l’ombelico rientrasse prima della lingua,
e la lingua prima del peso vivo dello spirito,
diventare l’inquilino della propria esistenza,
prendere coscienza che la vita è un gioco di non nuotatori
con onde più alte di te.


IL CUORE DI CHOPIN
 

Il cuore di Chopin a Varsavia –
murato nel pilastro interno alla chiesa,
non può, pur volendo, mancare nemmeno una messa.
Assiste alle confessioni di adùlteri e di infelici,
conta le firme sulle petizioni
contro l’aborto e i matrimoni omossessuali,
ha i crampi di fronte ai simboli nazionali,
ricorda il passato come se fosse ieri,
davanti a lui i turisti si fanno i selfie,
ha brividi di freddo, di paura, di dubbio, di fede,
si innamora, si disamora,
alle serate musicali in suo onore
si rivolta nel letto
o sospira beato,
si fa cullare nel sonno dal suono dell’organo
e cade nell’insonnia davanti alle grandi svolte della storia,
in un perpetuo nascondino con Dio e Dio non lo trova,
e lui non trova Dio,
verso la fine di ogni messa
il prete dice «Andate in pace»,
e i fedeli che hanno fretta di uscire intonano
«Grazie a Dio».
Lì anche il cuore di Chopin vuole andare via,
ad ogni costo, attraverso l’uscita d’emergenza
o tramite la crepa nella volta,
ma un muro non lo demolisci con la testa,
tanto meno col cuore,
e imprigionato nel pilastro della chiesa
ansima di mutismo, batte sconnesso,
e mi chiedo se ce la farà fino alla fine
o se imprigionato fra preti e fedeli
lì, in mezzo a tutti, gli verrà
un colpo?


ECO
 
Sotto la casa primordiale
l’eco faceva ritorno da questo mondo,
sorvolava le cotogne, i filari di tabacco
e la rakija nel calderone,
ci portava i saluti dai nostri cari.
A quel tempo eravamo tutti vivi.
La vescica urinaria dei cuccioli macellati
era il palloncino più resistente al mondo,
la zuppa del gallo anziano
nemmeno i maiali la volevano mangiare,
sul fondo della pentola per fare il sapone,
all’improvviso, si palesava un arcobaleno.
Risuonavano le culture del mondo
alla Radio Macedonia, Terzo programma,
nella stanza con l’odore della zucca al forno
e le calze stese sulla stufa,
dove mia nonna mi ha fatto a maglia un gilet di lana
adatto a ogni stagione.
Quando mi è diventato piccolo, sono partita per il mondo
e ci vivevo, nero su bianco,
mescolando il sangue con l’acqua
non mi sono accorta quando è diventato saliva
proprio come la casa primordiale
che prima era una casa,
poi una proprietà con aliquota fiscale,
infine rovina in una lite giudiziaria.
Ora, sotto la casa, gridiamo e gridiamo,
ma l’eco ci ritorna dall’altro mondo,
sorvolando le tombe e le discariche
e porta i saluti solo da noi stessi.

Lidija Dimkovska (1971) è una poetessa, prosatrice e traduttrice macedone. Attualmente risiede a Lubiana, Slovenia, e vanta una prolifica carriera letteraria, con sette raccolte di poesia, quattro romanzi, un diario, una raccolta di racconti e la curatela di quattro antologie. Le sue opere sono state tradotte in quindici lingue. È vincitrice di numerosi premi e riconoscimenti internazionali, tra cui il “Premio dell’Unione Europea per la letteratura” con il romanzo 
Резервен живот (Vita di scorta, 2013). Traduce in macedone opere letterarie dal rumeno e dallo sloveno.

#biblioteca / Andrea Moser - LUCE MUTA - Manni

 
Andrea Moser
LUCE MUTA
Manni editori
2025
pp. 160, euro 1,50
ISBN 9788836174430

Le poesie di questa raccolta segnano un cammino teso a sondare ciò che ci rende umani, la nostra libertà e la nostra condanna. 
Lungo un filo che dalla preistoria si dipana fino ai viaggi interspaziali, si incontrano la malattia e la sofferenza che innescano un percorso in luoghi inesplorati, dove la ragione si confronta con una realtà che lambisce la follia, intrecciandosi con il dolore di una vita che precipita in un gorgo inaccessibile ai sani. 
Solo la poesia, forse, può tentare di dare voce a questa oscura distanza, soprattutto quando si comprende che il linguaggio medico non riesce a dire ciò che provano e vedono coloro che accompagnano il malato là dove la luce è muta. 
I versi diventano così il controcanto di un’esistenza scivolata nell’afasia, e che le parole provano a contrastare, affinché qualcosa resti, rifiutando la caduta nell’oblio.

Una nuova famiglia
 
Nemmeno cinque anni,
e di nuovo dovrei inscatolare
quadri, fotografie, una lanterna rossa,
la storia di una vita,
anche la mia in fondo.
Stanno ancora lì (e mi guardano)
i pupazzi con cui parlavi,
i tuoi piccoli bambini accuditi
nelle notti di luce,
mentre i cattivi uscivano dai muri.
 
Li porterò nella tua nuova casa,
ora hai un’altra famiglia,
un’isola senza nome
di nessuna carta geografica,
misteriose coordinate
di sconfinate distese d’acqua
da cui emergono antichi faraglioni,
nuda roccia strappata
alla madre terra, nei millenni.
 
Sulla spiaggia, davanti al mare,
uomini e donne battono
i denti, ossessivamente,
le gambe insanguinate,
nudi di tutto aspettano.
 
(Un coro di voci esclama
vai via, vai via, qui non ci devi venire).


Tombola
 
Mentre lentissimi scorrono i numeri,
controllando quattro cartelle,
le guardo negli occhi,
alla ricerca di un perturbamento,
o di un segreto che c’è e non c’è,
e se esiste è nascosto nei sogni
di una memoria mummificata.
Sembra esserci una tacita amicizia,
un comune cammino,
l’accenno di qualcosa
purché non sia la solitudine.
Forse è per questo che qui
la vita è accettabile,
o perfino più lieta che a casa.
 
Dal fondo della sala esce il tre.
 
                                        Tombola, Margherita! Evviva.



Andrea Moser è nato nel 1969 a Sorengo, nel Canton Ticino, vive a Lugano. Insegna Lettere in un istituto superiore e collabora alle pagine culturali di “laRegione”. 
Nel 2022 ha pubblicato le raccolte poetiche Poemetto del drago e Morte del drago. 

domenica 7 dicembre 2025

#biblioteca / Marko Matičetov - CI SONO PAESAGGI DENTRO - Gattomerlino

 
Marko Matičetov
CI SONO PAESAGGI DENTRO
testo originale a fronte
traduzione dallo sloveno e di Mitja Petronio e Piera Mattei
Gattomerlino
pp. 116, euro 14
ISBN 9788866832188


Guardo i fiori nel soggiorno.
Mi tranquillizzano.
Per questo posso guardarli più a lungo della televisione.
Anche se restano sempre uguali e non si muovono.
Ed è proprio questo che mi calma.
A giorni do loro da bere l’acqua.
Il cibo lo hanno già nella terra.
È tutto ciò di cui hanno bisogno per vivere.
Molto meno di noi.
Eppure possono vivere anche più a lungo.


Marko Matičetov (1984) è un poeta sloveno che, prima del libro Ci sono paesaggi dentro aveva già pubblicato cinque raccolte poetiche in sloveno: In ogni cosa c’è una donna (2006), Vedrai (2009), Buona notte dalla mia stanza, Brasile (2013), Il mare è nato sulla terra (2018) e Sole sul campo da bocce (2020). Le sue poesie sono state più volte lette alla radio nazionale slovena e in occasione di celebrazioni ufficiali. Sono state inoltre tradotte e pubblicate in inglese, italiano, serbo, portoghese, spagnolo, polacco, arabo e tedesco. In serbo è uscita una scelta delle sue poesie con il titolo Srce u pesku Kopakabane: izabrane pesme (Cuore nella sabbia di Copacabana: poesie scelte, 2017), mentre in portoghese è apparso il volume Boa noite do meu quarto, Brasil (2019).
Marko Matičetov ha conseguito un master in Scienze Politiche, ma da diciassette anni lavora professionalmente nel campo della biblioteconomia e, dal 2022, dirige la Biblioteca Srečko Kosovel di Sezana, in Slovenia.
Così scrive di sé: Quando non scrivo poesie, faccio altre cose. Lavoro in biblioteca a Sesana, motivo per cui ogni giorno percorro cinquanta chilometri in macchina da Lucia, dove vivo; lavoro alle saline dopo il lavoro o nei fine settimana, quando d’estate c’è il sale. Gioco a bocce, quando posso, anche se non più tanto come prima, quando giocavo ogni giorno, perché adesso ho un bambino piccolo di cui occuparmi. Viaggio, negli ultimi anni soprattutto nel Mediterraneo, anni fa soprattutto in Brasile e in Messico. Ed è proprio quello che faccio quando non scrivo che mi porta a scrivere e ad avere di cui scrivere. Se non lavorassi alle saline, se non viaggiassi, se non giocassi a bocce, se non avessi avuto un figlio, non ci sarebbero neanche queste poesie.


Spazio Gattomerlino
Borgo Vittorio 95, Roma
Sabato 20 ore 18
incontro con lo scrittore sloveno Marko Maticetov e la sua raccolta di poesie "Ci sono paesaggi dentro"
Lo presenta Diego Zandel (nella foto), scrittore di origini fiumane ed esperto di letteratura dei Balcani, Premio Tomizza 2023


#biblioteca / Ivana Babic - TRA I MONDI - Gattomerlino


Ivana Babic
TRA I MONDI
testo originale a fronte
Gattomerlino
dicembre 2025
pp. 170, euro 14
ISBN9788866832164

La sento
prima del rumore.

Vive negli angoli
dove la luce
non ha ancora deciso
se entrare.

Mi guarda
senza occhi.

Dorme sotto il cuscino,
con la bocca aperta.

Quando la nomino
cambia pelle
e si chiama me.

E io
faccio finta di non vederla,
mentre si siede accanto.


Ivana Babic è nata a Belgrado nel 1979. Ha trascorso l’infanzia a Sarajevo, per poi vivere a Belgrado fino all’età di 23 anni.
Scrive poesia fin da giovanissima, in lingua serba. Ha vinto due concorsi di poesia in Serbia e ha partecipato come coautrice al romanzo Tessuto del tempo, pubblicato in Serbia.
Da oltre vent’anni vive a Milano, dove lavora come product designer in uno studio internazionale. La sua ottima conoscenza della lingua italiana le ha permesso di tradurre in italiano le poesie di questa raccolta.






Sabato 13 dicembre ore 18
Spazio Gattomerlino
Borgo Vittorio 95, Roma
 presentazione del volume TRA I MONDI di Ivana Babic
con la partecipazione del gruppo musicale biVio


sabato 6 dicembre 2025

CROCETTI Nicola (1940 - viv.)

 

Nicola Crocetti 
(Patrasso, 4 agosto 1940) è un grecista, traduttore, editore e giornalista italiano.
A  Patrasso, dove è nato, egli ha trascorso serenamente la sua prima infanzia trasferendosi poi nella città di Firenze e in seguito a Milano dove tuttora lavora e vive. Conoscitore nativo della lingua greca moderna e amante della poesia, ha tradotto numerose raccolte di poeti greci moderni e contemporanei, tra i quali Kavafis, Elitis, Ritsos, Seferis, Anaghnostakis. Nel 1981 fonda la Crocetti Editore, che si occupa principalmente di poesia. Il primo volume pubblicato è Erotica, la traduzione in italiano delle raccolte di poesia dell'amico Ghiannis Ritsos. Dal 1988 la casa editrice pubblica la rivista «Poesia», che con trent'anni di attività è risultata il più longevo periodico culturale italiano e il primo di questo genere ad essere distribuito nelle edicole. La rivista, che ha redazioni fisse anche a Londra e New York, è l'organo ufficiale dell'"Associazione Culturale POESIA".
Ispirandosi al nome della madre greca, dieci anni più tardi lanciò la collana Aristea, all'interno della quale furono per la prima volta tradotti in italiano vari romanzi fra i più venduti della letteratura greca del XX secolo. Con un catalogo di oltre 3.300 autori di poesie pubblicati, nel 2019 dà alle stampe la sua traduzione del poema Odissea di Nikos Kazantzakis, che presenta un rinnovato Ulisse, il quale, tediato del ritorno ad Itaca, decide di ripartire per un viaggio senza meta e senza fine. Per il Corriere della Sera cura la collana diVersi, un'antologia di poesie di 20 autori italiani e stranieri, in riferimento alla quale dichiara:
«A che cosa serve la poesia, è una domanda che si fanno tutti, specie i politici e chi non pratica la poesia. Si può rispondere con Friedrich Hölderlin, che si chiese “A cosa servono i poeti in tempi di miseria?”. La risposta è: a renderli meno miserabili». E continua: «Ricordo un passaggio del film Il postino di Neruda — spiega Crocetti — , in cui il postino, cioè Massimo Troisi, ha un rapporto di ammirazione con Pablo Neruda. Ma è innamorato di una bella ragazza, interpretata da Maria Grazia Cucinotta, che non se lo fila, e allora ruba una poesia di Neruda e la dà all’amata. Neruda lo scopre e lo rimprovera: tu mi hai rubato una poesia! E il postino gli risponde: “Caro il mio poeta. La poesia non è di chi la fa. È di chi gli serve”. Ecco. La poesia serve a mille cose. Secondo alcuni ha una funzione consolatoria, va bene, è vero, può servire a conquistare la persona che si ama. Ma soprattutto la poesia è una parola di verità: in tempi di falsi, di fake news come i nostri, che cosa serve di più della poesia?» (Ida Bozzi, Corriere della Sera, 26 giugno 2019)
Crocetti è membro della giuria del Premio internazionale di poesia "Attilio Bertolucci". Inoltre, è commissario UNESCO per la "Giornata mondiale della poesia". Nel maggio 2020 la sua casa editrice è entrata nel gruppo Feltrinelli.

Traduzioni
Marija Gimbutas, Il linguaggio della Dea: mito e culto della Dea madre nell'Europa neolitica, introduzione di Joseph Campbell; traduzione di Nicola Crocetti (titolo orig. The Language of the Goddess); collana: Biblioteca di archeologia, Milano, Longanesi, 1989
Odysseas (Odysseus) Elytis, Le elegie ("Le elegie di Oxòpetra" e "A occidente del dolore"), a cura di Paola Maria Minucci, Pubblicato postumo; traduzione di Nicola Crocetti; testo greco con traduzione italiana a fronte; collana: Lekythos n. 21, Milano, Crocetti, 1997
Ghiannis Ritsos, Epitaffio e Makronissos, traduzione di Nicola Crocetti e Dimitri Makris; prefazione di Giorgio Gatos; collana: Fenice, Parma, Guanda, 1970.
Irene Baloste-Fouletier, Miseria del vivere: alle radici dell'alienazione, traduzione di Nicola Crocetti; collana: I nuovi testi; titolo originale: La pauvrete de vivre, ou Une vision alternee du secteur psychiatrique, Milano, Feltrinelli, 1980.
Giannes Ritsos, Pietre, ripetizioni, sbarre: poesie 1968-1969, a cura di Nicola Crocetti, prefazione di Louis Argon; traduzione di Nicola Crocetti, Milano, Feltrinelli, 1978.
Khalil Gibran, Il profeta, traduzione di Piera Oppezzo e di Nicola Crocetti; testo inglese a fronte; Collana: Oscar Classici Moderni, Milano, Mondadori, 1993
Giannes Ritsos, Quattro poemetti, a cura di Nicola Crocetti, traduzione di Nicola Crocetti; collana: Universale economica; contiene quattro poemetti: Crisotemi, Ismene, Fedra, Elena, Milano, Feltrinelli, 1981.
Thòdoros Kallifatidis, Timandra, traduzione di Nicola Crocetti; collana: Aristea, Milano, Crocetti, 2002
Giannes Ritsos, Trasfusione: poesie italiane, Introduzione di Vittorio Sereni; traduzione di Nicola Crocetti; testo originale a fronte, Torino, Einaudi, 1980
Kostantinos Kavafis, Poesie erotiche, Con 15 disegni di Ghiannis Tsaruchis e una nota di Vittorio Sereni; traduzione di Nicola Crocetti; testo originale a fronte, Milano, Crocetti, 1983
Kostantinos Kavafis, Poesie segrete, Con 10 disegni di Alekos Fassianos; introduzione di Ezio Savino; traduzione di Nicola Crocetti; testo originale a fronte, Milano, Crocetti, 1985
Giannes Ritsos, Quarta dimensione, traduzione di Nicola Crocetti; introduzione di Ezio Savino; collana: Lekythos, Milano, Crocetti, 2001
Odysseas Elytis, Sole il Primo, a cura di Nicola Crocetti, Testo originale a fronte; collana: Quaderni della Fenice, 2ª ed., Milano, Guanda, 1980
Ghiannis Ritsos, La signora delle vigne, a cura di Nicola Crocetti, Testo originale a fronte, Milano, Guanda, 1976.
(con Filippo Maria Pontani), Poeti greci del Novecento coll. I Meridiani, Arnoldo Mondadori Editore, 2010
Nikos Kazantzakis, Zorba il greco, Milano, Crocetti, 2011
Ghiorgos Seferis, Le poesie, trad. di Nicola Crocetti, intr. di Nicola Gardini, Milano, Crocetti, 2017
Nikos Kazantzakis, L'ultima tentazione, trad. di G. Tentorio e N. Crocetti, Milano, Crocetti, 2018
Nikos Kazantzakis, Odissea, Milano, Crocetti, 2020
Ghiannis Marìs, Il tredicesimo passeggero, Milano, Crocetti, 2021
Nikos Kazantzakis, Rapporto al Greco, Milano, Crocetti, 2022

***

Kostantinos Kavafis

Itaca

Se ti metti in viaggio per Itaca
augurati che ti sia lunga la via,
piena di conoscenze e d’avventure.
Non temere Lestrigoni e Ciclopi
o l’irascibile Posidone:
nulla di ciò troverai mai per strada
se mantieni elevato il pensiero, se un’emozione
eletta ti tocca il corpo e il cuore.
Non incontrerai Lestrigoni e Ciclopi
né Posidone l’arcigno
se non li porti dentro, nel tuo cuore,
se non è il cuore a alzarteli davanti.

Augurati che ti sia lunga la via.
Che siano molti i mattini estivi
in cui soddisfatto e felice
entri in porti mai visti prima;
fai scalo negli empori dei Fenici
e acquisti belle mercanzie,
madrepore e coralli, ebani e ambre,
e ogni sorta d’aromi voluttuosi,
quanti più aromi voluttuosi puoi;
e va’ in molte città d’Egitto,
a imparare, imparare dai sapienti.

Tienila sempre in mente, Itaca.
La tua meta è approdarvi.
Ma non far fretta al tuo viaggio.
Meglio che duri molti anni;
e che ormai vecchio alla tua isola attracchi,
ricco di quel che guadagnasti per via,
senza aspettarti da Itaca ricchezze.
Itaca ti ha donato il bel viaggio.
Non saresti partito senza di lei.
Questo solo ha da darti.

E se la trovi povera, Itaca non ti ha illuso.
Sei diventato così esperto e saggio
che avrai capito che vuol dire Itaca.

Traduzione di Nicola Crocetti

*


Ghiannis Ritsos

Insuccesso

Vecchi giornali gettati in cortile. Sempre le stesse cose.
Malversazioni, delitti, guerre. Che cosa leggere?
Cade la sera rugginosa. Luci gialle.
E quelli che un tempo avevano creduto nell’eterno sono invecchiati.
Dalla stanza vicina giunge il vapore del silenzio. Le lumache
salgono sul muro. Scarafaggi zampettano
nelle scatole quadrate di latta dei biscotti.
Si ode il rombo del vuoto. E una grossa mano deforme
tappa la bocca triste e gentile di quell’Uomo
che ancora una volta provava a dire: fiore.

Karlòvasi, 4.VII.87

Da Molto tardi nella notte, traduzione italiana di Nicola Crocetti, Crocetti, 2020

*

Ghiorgos Seferis

Fuga

Non altro che questo era il nostro amore
fuggiva, tornava e ci portava
una palpebra china assai distante
un sorriso pietrificato, perso
nell’erba mattutina
una conchiglia strana che l’anima
tentava con insistenza di spiegare.

Non altro che questo era il nostro amore
frugava piano tra le cose intorno a noi
per spiegare perché ci rifiutiamo di morire
tanto appassionatamente.

E se ci reggemmo a lombi, se abbracciammo
altre nuche con tutta la nostra forza,
e confondemmo il respiro
al respiro di quella persona
se chiudemmo gli occhi, non era altro
che questo profondo desiderio di sorreggerci
nella fuga.

da Le poesie, traduzione a cura di Nicola Crocetti, Crocetti Editore 2017

venerdì 5 dicembre 2025

GARDINI Nicola (1965 - viv.)

 

Nicola Gardini
 (Petacciato, 1965) è uno scrittore, latinista e pittore italiano.
Autore di romanzi, raccolte di poesia, saggi e traduzioni letterarie, è molto attivo anche come articolista (il Domenicale di Il Sole 24 Ore, il Corriere della Sera, Il Fatto Quotidiano, le riviste Poesia e Times Literary Supplement) e come pittore.
Nato a Petacciato (in provincia di Campobasso), ma cresciuto a Milano, dove ha frequentato il liceo classico Alessandro Manzoni e si è laureato in lettere classiche col Professor Alberto Grilli (tesi su Ammiano Marcellino), si è trasferito a New York dopo la laurea a studiare letteratura comparata con il Professor Daniel Javitch (tesi di dottorato sull'imitazione della poesia latina e greca nella lirica rinascimentale europea) e oggi è professore di letteratura italiana e comparata presso l'Università di Oxford. Ha insegnato precedentemente alla New School di New York, al liceo Classico "Pietro Verri" di Lodi e al liceo "Manzoni" di Milano. Il suo esordio in poesia è stato con La primavera (Einaudi, 1995). Ha composto versi anche nel dialetto della madre, una varietà di molisano, in greco antico e in latino, provandosi in stili e metri diversi. In prosa particolarmente significativi i romanzi Lo sconosciuto (Sironi, 2007), I baroni (Feltrinelli, 2009), Le parole perdute di Amelia Lynd (Feltrinelli, 2012, Premio Viareggio e Zerilli-Marimò, tradotto in inglese come Lost Words, New Directions, 2016) e La vita non vissuta (Feltrinelli, 2015).
Ha tradotto classici antichi (Ovidio, Marco Aurelio, Catullo), ma anche molti autori più vicini al presente (Woolf, Dickinson, Hughes, Auden, Simić), approfondendo il tema del rapporto tra le culture dei vari tempi della civiltà. Numerose sue traduzioni, da varie lingue, sono apparse sulla rivista Poesia, di cui è stato per molti anni il codirettore. Sul tradurre ha scritto il saggio in versi Tradurre è un bacio (Ladolfi, 2015).
Nicola Gardini è interessato all'arte fin da bambino. Comincia a dipingere con impegno verso i trentacinque anni, dopo aver ricevuto in dono i colori, i pennelli e il cavalletto di un noto pittore milanese. Dipinge a olio su tela, cartone e legno. Si ispira a luoghi e oggetti della natura, creando evidenti legami con la sua opera scritta, specie quella in versi. Alcune sue opere sono riprodotte nel libro-manifesto Diario (Xenion Edizioni, 2013). Molte sono parte di collezioni private, in Europa e in America.

Raccolte di poesia
La primavera, in Nuovi poeti italiani 4, Collezione di poesia, Torino, Einaudi, 1995.
Atlas, Milano, Crocetti, 1998.
Nind, Pistoia, Atelier, 2002.
Sag Harbor, Napoli, D'if, 2003
Le nuvole, Milano, Crocetti, 2007
Le parti dell'amore, Milano, Sedizioni, 2010
Stamattina, Ladolfi, 2014.
Tradurre è un bacio, Ladolfi, 2015.

L’ultima foglia

Io sono per il tempo,
che tolga e non rimetta
e non ricolma un’orma.

Il nulla non è tanto
povero se assomiglia
all’opera del vento.

Io sono con il tempo,
e la morte sarà
solo l’ultima foglia,

del vortice la forma
finalmente perfetta,
la sete senza voglia.

Io do ragione al tempo.
Lo guardo mentre prende
tutto, manco si sente.

E tutto prenda, il moto
e i volti e, un giorno, il vuoto.
Io non rivoglio niente.

Istruzioni per dipingere (Garzanti, 2018)

*

TRA NOI
La traduzione è un punto del cervello
Dove stanno le cose senza nome.
Eterno e invalicabile è il cancello,
Però talvolta ricordiamo come
Qualcuna è fatta, la vediamo al buio
Chiara, sembra, benché ci manchi il modo
Di chiamarla, di svolgerla dal nodo
Che tante ne costringe ancora, cui
Magari mai riporterà il ricordo.
Avevo in mente un volto ieri sera,
Amico e familiare. Di chi era?
Vivo o non più? Perché tra noi quel bordo?
DANZA
La traduzione è danza.
Si va in punta di piedi
E a volte ci si lancia
Nel vuoto e si coordina
Tutto in un moto solo,
Sospesi sulla musica.
Ma la gente che siede
Non capisce chi vola.
CANG JIE E IL CACCIATORE
Dal becco d’un uccello che volava
Cadde una bestia strana e Cang Jie, vista
L’impronta al suolo e non capendo cosa
L’avesse mai lasciata, si rivolse
A un cacciatore e, avuta la risposta,
Pensò che forse tutta la natura
Poteva riconoscersi da un segno:
La luna, il sole, i laghi, gli animali…
Tradurre è riscoprire la scrittura.

Da Tradurre è un bacio (Ladolfi 2015)  

giovedì 4 dicembre 2025

ARTONI Gian Carlo (1923 - 2017)


Gian Carlo Artoni
 (Parma, 15 aprile 1923 – Parma, 2 gennaio 2017) è stato un poeta italiano.
Nato a Parma nel 1923, laureatosi in giurisprudenza all'Università di Parma per seguire le orme del padre, avvocato morto prematuramente,ha esercitato la professione forense e, dal 1973 al 1989 è stato presidente del Consiglio dell'Ordine degli avvocati. È stato, inoltre, consigliere comunale e capogruppo del Partito Liberale della sua città.
La sua formazione poetica, come per altri giovani letterati parmensi che Pasolini chiamò Officina parmigiana, è stata influenzata dalla poesia di Attilio Bertolucci, attenta alla dimensione quieta della piccola provincia italiana.
Giovane esordiente, pubblica le sue prime composizioni poetiche nel 1941 sul periodico Meridiano di Roma: l'Italia letteraria, artistica, scientifica. Nel 1949 l'editore Guanda pubblica Poesie il suo primo volume. Nel 2015 ha dato alle stampe Il serpente piumato e nel 2016, all'età di novantatré anni, edita da Diabasis, è uscito il volume in versi, con 263 composizioni, La luna bianca.
Nella sua lunga attività letteraria, ha collaborato con diverse riviste, tra le quali L'Approdo letterario, Paragone, Il Caffè, Botteghe oscure, è stato inoltre redattore dei periodici Palatina  e Prove.
È morto nella città natale, a novantatré anni, nei primi giorni del 2017.
Nel 1958 ha vinto il premio letterario Libera Stampa per una raccolta inedita di poesie che saranno pubblicate nel 1963 con il titolo Lo stesso dolore nella collana Lo specchio dell'editore Mondadori. Nel 2000, il comune di Parma gli ha conferito la medaglia d'oro del Premio Sant'Ilario, dedicato ai cittadini «...che abbiano in qualsiasi modo contribuito a rendere migliore la vita dei singoli e della comunità e ad elevare il prestigio della città...».

Opere
Poesie, Modena, Guanda, 1949.
La villa e altre poesie, Milano, Mantovani, 1956.
Lo stesso dolore, Milano, A. Mondadori, 1963.
Lo stesso dolore e altre poesie nel tempo (1949-1966), a cura di Paolo Briganti ; con una nota di Luigi Alfieri, Parma, Diabasis, 2014
Il serpente piumato. Diario di un nuovo anno, a cura di Paolo Briganti, prefazione di Luigi Alfieri, Parma, Diabasis, 2015
La luna bianca. Diario in versi (2015), Parma, Diabasis, 2016


(dalla raccolta “Il serpente piumato”)

Li chiamiamo animali
e gli neghiamo l’anima
perchè non turbi il sonno
la mattanza del tonno,
non si provi rimorso
per la morte di un orso,
per la lunga agonia
dei polli nella stia,
per l’avorio pulsante
di zanne di elefante,
per l’onor della fronte
del rinoceronte

ma non hanno altra origine
di un’anima sensibile
lo aguardo di quei cani
che son stati gli amici
dei miei giorni felici
e le fusa d’amore
di una – del resto austera
nei suoi occhi di giada –
gattina bicolore
che ho tolto dalla strada
e attendeva il mattino
per restarmi vicino
ma basteran le sale
del prossimo giudizio
universale
per dichiararci uguali,
per ridare la voce
ad altre anime in croce?

____________________________________________________

Questa gazza ferita,
che mi ostenta
l’antica dignità della paura
e trascina le ali sfinite ed il suo cuore
impazzito a un rifugio
imprudente, nel più fitto
del bosco,verso l’unico luogo
che nasconde gli agguati,
me la sento vicina,
come specchio
di me stesso e per gli anni
ultimi della vita


mercoledì 3 dicembre 2025

RECALCATI Claudio (1960 - viv.)

 

Claudio Recalcati
 (Milano, 18 novembre 1960) è un poeta italiano.
Ha pubblicato le raccolte poetiche: Riti di passaggio (1995), Senza più regno (1998), Un altrove qualunque (Moretti & Vitali, 2001) supervincitore del Premio Internazionale Eugenio Montale 2002, "Microfiabe" (Mondadori-2010),"Cartoline dell'addio" (Stampa 2009-2013) e "I barlumm d'un barlafuss " (Abeditore - 2018) Premio città di Legnano - Giuseppe Tirinnanzi 2015, "Vittima delle Rose" (Samuele Editore 2024).
Ha curato, con Carlo Maria Bajetta e Edoardo Zuccato, il testo universitario Amore che ti fermi alla terra. Antologia di voci del petrarchismo europeo (I.S.U. Università Cattolica, 2004).
Ha tradotto poeti per "Testo a fronte" e gran parte dell'opera poetica di Francois Villon, in dialetto milanese, in collaborazione con Edoardo Zuccato, Biss, lusert e alter galantomm (Effigie, 2005).
È apparso sulle maggiori riviste letterarie e sull'Almanacco dello Specchio (Mondadori, 2006). È presidente del Premio letterario "Editoria di Merito " -Pesaro giunto alla 3za Edizione 2024.


martedì 2 dicembre 2025

TRILUSSA (1871 - 1950)


Trilussa
, pseudonimo anagrammatico di Carlo Alberto Camillo Salustri (Roma, 26 ottobre 1871 – Roma, 21 dicembre 1950), è stato un poeta, scrittore e giornalista italiano, particolarmente noto per le sue composizioni in dialetto romanesco.
Carlo Alberto Camillo Salustri nasce a Roma il 26 ottobre 1871 da Vincenzo, cameriere originario di Albano Laziale, e Carlotta Poldi, sarta bolognese a via del Babuino. Secondogenito dei Salustri, venne battezzato il 31 ottobre nella chiesa di San Giacomo in Augusta, con l'aggiunta di un quarto nome, Mariano. Un anno dopo, nel 1872, la sorella Elisabetta morì all'età di tre anni a causa di una difterite. L'infanzia travagliata del giovane Carlo venne colpita nuovamente due anni dopo, il 1º aprile 1874, a causa della morte del padre Vincenzo. Carlotta Poldi, dopo la morte del marito, decise di trasferirsi con il piccolo Carlo in via Ripetta, dove rimase per soli undici mesi, per poi trasferirsi nuovamente, nel palazzo in piazza di Pietra del marchese Ermenegildo Del Cinque, padrino di Carlo. Probabilmente è alla figura del marchese Del Cinque che Trilussa dovrà la conoscenza di Filippo Chiappini, poeta romanesco seguace del Belli; infatti Chiappini, nel sonetto Ar marchese Riminigirdo Der Cinque, indirizzato al padrino di Carlo Alberto, sembra riferirsi a Carlotta Poldi e a suo figlio quando, nella terzina conclusiva, scrive:

«S'aricordi de me: non facci sciupo
de la salute sua, ch'adesso è bbona,
un zaluto a Ccarlotta e un bacio ar pupo


«Si ricordi di me: non rovini
la sua salute, adesso che è buona,
un saluto a Carlotta e un bacio al bambino.»
(Filippo Chiappini, Ar marchese Riminigirdo Der Cinque)

Nel 1877 Carlotta iscrisse suo figlio alle scuole municipali San Nicola, dove Carlo frequentò la prima e la seconda elementare. In seguito, nell'ottobre 1880, sostenne l'esame per essere ammesso al Collegio Poli dei Fratelli delle scuole cristiane, ma avendo sbagliato una semplice sottrazione, fu costretto a ripetere il secondo anno. A causa della sua negligenza e dello scarso impegno dovette ripetere anche la terza classe per poi, nel 1886, abbandonare definitivamente gli studi formali, nonostante le pressioni della madre, dello zio Marco Salustri e del professor Chiappini, che insistettero affinché Carlo continuasse a studiare.
Nel 1887, all'età di sedici anni, presentò a Giggi Zanazzo, poeta dialettale direttore del Rugantino, un suo componimento chiedendone la pubblicazione. Il sonetto di ispirazione belliana, intitolato L'invenzione della stampa, partendo dall'invenzione di Johann Gutenberg sfociava, nelle terzine finali, in una critica alla stampa contemporanea:
«Cusì successe, caro patron Rocco,
Che quanno annavi ne le libbrerie
Te portavi via n' libbro c'un baijocco.
Mentre mo ce so' tante porcherie
De libri e de giornali che pe n' sordo
Dicono un frego de minchionerie»

«Così succedeva, caro patron Rocco,
che quando andavi nelle librerie
acquistavi un libro con cinque centesimi.
Mentre adesso ci sono tanti libri e giornali
fatti male che per cinque centesimi
dicono moltissime sciocchezze.»
(Trilussa, L'invenzione della stampa)

Zanazzo accettò di pubblicare il sonetto, che apparve nell'edizione del 30 ottobre 1887 firmato in calce con lo pseudonimo Trilussa. Da questa prima pubblicazione iniziò un'assidua collaborazione con il periodico romano, grazie anche al sostegno e all'incitamento di Edoardo Perino, editore del Rugantino, che porterà il giovane Trilussa a pubblicare, tra il 1887 e il 1889, cinquanta poesie e quarantuno prose.
Tra le tante poesie stampate tra le pagine del Rugantino, riscossero un successo clamoroso le Stelle de Roma, una serie di circa trenta madrigali che omaggiavano alcune delle più belle fanciulle di Roma. A partire dalla prima stella, pubblicata il 3 giugno, le poesie dedicate alle donzelle romane acquistarono progressivamente popolarità tale da coinvolgere l'intera redazione del Rugantino. Più autori, celati dietro a pseudonimi, si cimenteranno nella stesura di poesie intitolate a stelle sulla falsariga di quelle trilussiane. La popolarità che ottennero le sue composizioni spinse Trilussa a selezionarne venti e, dopo aver effettuato un lavoro di revisione durante il quale apportò sostanziali modifiche alle poesie scelte, le pubblicò in quella che sarà la sua prima raccolta di poesie, Stelle de Roma. Versi romaneschi, pubblicata nel 1889 da Cerroni e Solaro. Tuttavia l'improvvisa popolarità portò con sé le critiche dei belliani, che lo attaccarono per i temi trattati e lo accusarono di utilizzare un romanesco amalgamato all'italiano. Tra questi ci fu lo stesso Filippo Chiappini, che con lo pseudonimo di Mastro Naticchia canzonò il suo pupillo per mezzo di due poesie pubblicate sul Rugantino.
Dopo la pubblicazione della sua prima opera, le collaborazioni con il Rugantino diminuirono di frequenza; tuttavia Trilussa rimase fortemente legato all'editore Perino, con cui pubblicò, nel 1890, l'almanacco Er Mago de Bborgo. Lunario pe' 'r 1890, una ripresa dell'omonimo almanacco ideato nel 1859 dal poeta romanesco Adone Finardi, realizzato in collaborazione con Francesco Sabatini, in arte Padron Checco, e il disegnatore Adriano Minardi, in arte Silhouette. Trilussa scrive per l'almanacco un sonetto per ogni mese dell'anno, con in aggiunta un componimento di chiusura e alcune prose in romanesco.
Il Don Chisciotte e le favole rimodernate (1891-1900)
L'esperienza del lunario venne ripetuta anche l'anno successivo con Er Mago de Bborgo. Lunario pe' 'r 1891: questa volta i testi sono tutti di Trilussa, senza la collaborazione di Francesco Sabatini, ma accompagnati nuovamente dai disegni di Silhouette. Nel frattempo il poeta romano collaborò con vari periodici, pubblicando poesie e prose su Il Ficcanaso. Almanacco popolare con caricature per l'anno 1890, Il Cicerone e La Frusta. Ma la collaborazione più importante per Trilussa giunse nel 1891, quando iniziò a scrivere per il Don Chisciotte della Mancia, un quotidiano di diffusione nazionale, alternando articoli satirici che prendevano di mira la politica di Crispi e cronache cittadine. La produzione sul giornale si infittì nel 1893, quando il quotidiano cambiò denominazione diventando Il Don Chisciotte di Roma, e Trilussa, a ventidue anni, entrò a far parte del comitato redazionale del giornale.
Fu in questo periodo che Trilussa preparò la pubblicazione del suo secondo volume di poesie, Quaranta sonetti romaneschi, una raccolta che a dispetto del nome contiene quarantuno sonetti, selezionati prevalentemente dalle recenti pubblicazioni su Il Don Chisciotte di Roma e in parte dalle poesie più datate pubblicate sul Rugantino; la raccolta, pubblicata nel 1894, segnò l'inizio della collaborazione tra Trilussa e l'editore romano Voghera, rapporto che si prolungherà per i successivi venticinque anni.
È sul giornale di Luigi Arnaldo Vassallo che nasce, tra il 1885 e il 1899, il Trilussa favolista: sono dodici le favole del poeta che comparvero sul Don Chisciotte; la prima tra queste fu La Cecala e la Formica, pubblicata il 29 novembre 1895, che oltre ad essere la prima favola scritta e da Trilussa, è anche la prima delle cosiddette favole rimodernate, che Diego De Miranda, il redattore della rubrica Tra piume e strascichi, in cui la favola fu pubblicata, annunciò così: «Favole antiche colla morale nuova. Trilussa, da qualche tempo, non pubblica sonetti: non li pubblica perché li studia. Si direbbe che, acquistando la coscienza della sua maturità intellettuale, il giovane scrittore romanesco senta il dovere di dare la giusta misura di sé, di ciò che può, della originalità del suo concepimento. E osserva e tenta di fare diversamente da quanto ha fatto finora. E ha avuto un'idea, fra l'altro, arguta e geniale: quella di rifare le favole antiche di Esopo per metterci la morale corrente.» (Diego De Miranda)
Quando De Miranda afferma che il poeta romano non pubblica più sonetti perché li studia, probabilmente si riferisce alla raccolta che Trilussa sta preparando, e di cui lui è a conoscenza, che vedrà la luce solamente nel 1898, stampata presso la Tipografia Folchetto col titolo Altri sonetti. Preceduti da una lettera di Isacco di David Spizzichino, strozzino. Il curioso titolo dell'opera ha origine da un episodio che i biografi considerano reale: Trilussa, in difficoltà economiche, chiese un prestito a Isacco di David Spizzichino, un usuraio, garantendogli di restituirli dopo la pubblicazione del suo successivo libro. Ma il libro tardò ad essere pubblicato, e Isacco mandò una lettera perentoria al poeta; Trilussa decise di riportare la vicenda con l'allegria e l'ironia che lo contraddistinsero sempre: inserì nella raccolta una dedica al suo usuraio e la lettera intimidatoria a mo' di prefazione dell'opera.
Nel frattempo il poeta romano iniziò a diventare dicitore dei suoi versi, che declamava in pubblico nei circoli culturali, nei teatri, nei salotti aristocratici e nei caffè concerto, luogo prediletto da Trilussa, simbolo della Belle Époque. Senza conoscere il tedesco, nel 1898 Trilussa si avventurò nella sua prima esperienza estera, a Berlino, accompagnato dal trasformista Leopoldo Fregoli.
Sulla scia del successo iniziò a frequentare i "salotti" nel ruolo di poeta-commentatore del fatto del giorno. Durante il Ventennio evitò di prendere la tessera del Partito fascista, ma preferì definirsi un non fascista piuttosto che un antifascista. Pur facendo satira politica, i suoi rapporti con il regime furono sempre sereni e improntati a reciproco rispetto. Nel 1922 la Arnoldo Mondadori Editore iniziò la pubblicazione di tutte le raccolte. Sempre nel 1922 lo scrittore entra in Arcadia con lo pseudonimo di Tibrindo Plateo, che fu anche quello del Belli.
Fu padrino di battesimo del giornalista e radiocronista sportivo Sandro Ciotti. Il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi nominò Trilussa senatore a vita il 1º dicembre 1950, venti giorni prima che morisse (si legge in uno dei primi numeri di "Epoca" dedicato, nel 1950, alla notizia del suo decesso, che il poeta, già da tempo malato, e presago della fine imminente, con immutata ironia, avesse commentato: "M'hanno nominato senatore a morte"; resta il fatto che Trilussa, benché settantanovenne al momento del trapasso, si ostinava con civetteria d'altri tempi a dichiarare di averne 73).
Le sue ultime parole, pronunciate quasi farfugliando alla fedelissima domestica Rosa Tomei, pare siano state: "Mò me ne vado". La fantesca, invece, riferì al giornalista di "Epoca" che la intervistò: "Gli stavo preparando una sciarpa nuova, ora non gli servirà più". Morì il 21 dicembre; lo stesso giorno di Giuseppe Gioachino Belli, altro poeta romanesco, e di Giovanni Boccaccio. Era alto quasi due metri, come testimoniano le foto a corredo della notizia della sua morte, pubblicate dal settimanale mondadoriano "Epoca" nel 1950.
È sepolto nello storico cimitero del Verano in Roma, dietro il muro del Pincetto sulla rampa carrozzabile, nella seconda curva. Sulla sua tomba in marmo è scolpito un libro, sul quale è incisa la poesia Felicità. La raccolta di Tutte le poesie uscì postuma, nel 1951, a cura di Pietro Pancrazi, e con disegni dell'autore.

Opere
Tra il 1887 e il 1950 Trilussa ha pubblicato le sue poesie inizialmente sui giornali per poi raccoglierle in un secondo momento in volumi. Questo gli permetteva di cogliere immediatamente i giudizi dei lettori, oltre a mostrargli la resa artistica dei suoi componimenti a una prima stesura. Solo successivamente avveniva un lavoro di selezione e di perfezionamento delle sue poesie, scartando quelle meno attuali, adoperando interventi stilistici, metrici e linguistici. Questa seconda fase rendeva le raccolte del poeta romano non una semplice collezione e riproposizione di poesie disseminate sulle pagine dei quotidiani, ma veri e propri libri di poesie, perfezionati e, all'occorrenza, rinnovati in relazione al contesto sociale.
Stelle de Roma. Versi romaneschi (1889)
Er Mago de Bborgo. Lunario pe' 'r 1890 (1890)
Er Mago de Bborgo. Lunario pe' 'r 1891 (1891)
Quaranta sonetti romaneschi (1894)
Altri sonetti. Preceduti da una lettera di Isacco di David Spizzichino, strozzino (1898)
Favole romanesche, Roma, Enrico Voghera, 1901.
Caffè-concerto, Roma, Enrico Voghera, 1901.
Er serrajo, Roma, Enrico Voghera, 1903.
Sonetti romaneschi, Roma, Enrico Voghera, 1909.
Nove poesie, Roma, Enrico Voghera, 1910 (online).
Roma nel 1911: l'Esposizione vista a volo di cornacchia: sestine umoristiche, Roma, Tip. V. Ferri e C., 1911.
Le storie, Roma, Enrico Voghera, 1913.
Ommini e bestie, Roma, Enrico Voghera, 1914.
La vispa Teresa, Roma, Casa editrice M. Carra e C., di L. Bellini, 1917.
... A tozzi e bocconi: Poesie giovanili e disperse, Roma, Carra, 1918.
Le finzioni della vita. , Rocca San Casciano, Licinio Cappelli, Editore, 1918.
Lupi e agnelli, Roma, Enrico Voghera, 1919.
Le cose, Roma-Milano, A. Mondadori, 1922.
I sonetti, Milano, A. Mondadori, 1922.
La Gente, Milano, A. Mondadori, 1927.
Picchiabbò, ossia La moje der ciambellano: spupazzata dall'autore stesso, Roma, Edizioni d'arte Fauno, 1927.
Libro n. 9, Milano, A. Mondadori, 1930.
Evviva Trastevere: poesie, bozzetti, storia della festa de nojantri, varietà, Trilussa e altri, Roma, Casa edit. Autocultura, 1930.
La porchetta bianca, Milano, A. Mondadori, 1930.
Giove e le bestie, Milano, A. Mondadori, 1932.
Cento favole, Milano, A. Mondadori, 1934.
Libro muto, Milano, A. Mondadori, 1935.
Le favole, Milano, A. Mondadori, 1935.
Duecento sonetti, A. Milano, Mondadori, 1936.
Sei favole di Trilussa: commentate da Guglielmo Guasta Veglia (Guasta), Bari, Tip. Laterza e Polo, 1937.
Mamma primavera: favole di Trilussa: con commento di Guglielmo Guasta Veglia: disegni di Giobbe, Bari, Tip. Laterza e Polo, 1937.
Lo specchio e altre poesie, Milano, A. Mondadori, 1938.
La sincerità e altre fiabe nove e antiche, Milano, A. Mondadori, 1939.
Acqua e vino, Roma, A. Mondadori (Tip. Operaia Romana), 1945.
Le prose del Rugantino e del Don Chisciotte e altre prose, a cura di Anne-Christine Faitrop Porta, 2 voll., Roma, Salerno, 1992.

L'indovina de le carte
 
- Pe' fa' le carte quanto t'ho da dà?
- Cinque lire. - Ecco qui; bada però
che m'haio da di' la pura verità...
- Nun dubbitate che ve la dirò.
 
Voi ciavete un amico che ve vô
imbrojà ne l'affari. - Nun pô sta
perché l'affari adesso nu' li fo.
- Vostra moje v'inganna. - Ma va' là!
 
So' vedevo dar tempo der cuccù!
- V'arimmojate. - E levete de qui!
Ce so' cascato e nun ce casco più!
 
- Vedo sur fante un certo nun so che...
Ve so' state arubbate... - Oh questo sì:
le cinque lire che t'ho dato a te.


Er ministro novo
 
Guardelo quant'è bello! Dar saluto
pare che sia una vittima e che dica:
- Io veramente nun ciambivo mica;
è stato proprio el Re che l'ha voluto! -
 
Che faccia tosta, Dio lo benedica!
Mó dà la corpa ar Re, ma s'è saputo
quanto ha intrigato, quanto ha combattuto...
Je n'è costata poca de fatica!
 
Mó va gonfio, impettito, a panza avanti:
nun pare più, dar modo che cammina,
ch'ha dovuto inchinasse a tanti e tanti...
 
Inchini e inchini: ha fatto sempre un'arte!
Che novità sarà pe' quela schina
de sentisse piegà dall'antra parte!
 
1921


Parla Maria, la serva...
 
I
 
Pe' cento lire ar mese che me dànno
io je lavo, je stiro, je cucino,
e scopo, e spiccio, e sporvero, e strufino
che quanno ch'è la sera ciò l'affanno.
 
Poi c'è er pranzo, le feste, er comprianno,
e allora me ce scappa er contentino
che m'ho da mette pure er zinallino
p'aprì la porta a quelli che ce vanno!
 
E avressi da sentì che pretenzione!
Co' 'na libbra de carne, hai da rifrette
che ciò da fa' magnà sette persone!
 
Sai che dice er portiere? Ch'è un prodiggio!
Perché pe' contentalli tutti e sette
bisogna fa' li giochi de prestiggio!


lunedì 1 dicembre 2025

AVAGLIANO Tommaso (1940 - 2021)

 

Tommaso Avagliano
 (Cava de' Tirreni, 8 settembre 1940 – Cava de' Tirreni, 21 settembre 2021) è stato un poeta, editore e scrittore italiano.
Professore, coniugato, tre figli (tra i quali il giornalista e saggista Mario Avagliano), viveva a Cava  Tirreni. Dal 2000 era Cavaliere all'Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Tra i molti riconoscimenti attribuiti alla sua attività, va ricordato il Premio “Guido Dorso” 2005 del Presidente del Senato per meriti culturali e il premio Gens Campana 2009.
Dopo il Liceo Classico “Marco Galdi” di Cava de' Tirreni, si laureò in Lettere Classiche presso l'Università di Napoli con una tesi in Storia dell'Arte sulla vita e l'opera del pittore e scrittore Luigi Bartolini, relatore Valerio Mariani. Conseguita l'abilitazione all'insegnamento di italiano, latino, storia, geografia e storia dell'arte, fu docente di materie letterarie nelle scuole statali dal 1967 al 1994. Nello stesso periodo collaborò a quotidiani e periodici di carattere nazionale e locale, tra cui "Il Mattino" e "La Città". Fu fondatore e direttore, insieme a Sabato Calvanese, del Centro d'Arte e di Cultura “Il Portico” (1972–1997), che rappresentò per un quarto di secolo un punto di riferimento in Campania per l’arte e la cultura con numerose mostre di artisti nazionali di arte contemporanea, da Ligabue a De Chirico, da Guttuso a Picasso, e dei principali artisti della scuola salernitana come Mario Carotenuto, Ugo Marano, Pietro Lista, Antonio Petti, Paolo Signorino, Virginio Quarta. Innamorato della sua città, partecipa alle prime battaglie per la difesa dell’ambiente e dei beni culturali di Cava come socio fondatore dell’associazione Italia Nostra (1978) e s’impegna per la valorizzazione della storia e della cultura cavese con servizi televisivi su “Rtc Quarta Rete” e rubriche e articoli sui quotidiani “Corriere del Mezzogiorno”, “La Città”, “Roma” e “Il Mattino” e sui periodici cavesi “Il Castello”, “Il Pungolo”, “Cronache metelliane”, “Per”, “Cavanotizie”, “Il Giornale di Cava”, "Il Lavoro Tirreno" e fondando e dirigendo nel 1991 il giornale “Scacciaventi”. Ha fatto parte della Commissione comunale di Toponomastica e del Comitato scientifico del Centro Studi per la Storia di Cava de’ Tirreni.
Fondatore della casa editrice Avagliano Editore nel 1982, di cui fu direttore editoriale fino al 2005, diede vita a collane di narrativa moderna e contemporanea, saggistica storica e letteraria, attualità sociale, politica ed economica, memorialistica, arte, con oltre 300 titoli in catalogo, tra cui due best seller come "Francesca e Nunziata" di Maria Orsini Natale e "Il resto di niente" di Enzo Striano, entrambi tradotti nei principali paesi europei e trasposti in film di successo con attori come Sophia Loren e Giancarlo Giannini, con collane dirette da scrittori e studiosi come Michele Prisco e Attanasio Mozzillo e autori come Bufalino, Marotta, Chiara, Patti, Compagnone, Rea, Fruttero e Lucentini, Eduardo De Filippo, Bernari, Pomilio, Ojetti, Parise e Bartolini.
Fu anche fondatore nel 2005 assieme al figlio Sante Avagliano della casa editrice Marlin Editore, nonché suo direttore editoriale, promuovendo numerose collane di successo, tra le quali "I lapilli", dedicata alla grande narrativa del Settecento e Ottocento, e "Filo spinato", dedicata alle pagine di memoria storica dell'Italia contemporanea, e pubblicando oltre 150 titoli di ricerca storica, narrativa e saggistica. Tra gli autori: Melville, Maraini, Stevenson, Conrad, Compagnone, Schifano, Chiara, John Hemingway.
Esordì nel 1964 con Poesie a Lil. Pubblicò numerosi libri di storia, poesia e letteratura. L'antologia completa delle sue poesie in italiano è stata pubblicata nel marzo 2022 con il titolo Torna domani, inverno. Poesie di una vita (1959-2021).


#biblioteca / Alessandro Brusa e Sonia Caporossi (a cura di) - DISTORSIONI - Marco Saya

  Alessandro Brusa e Sonia Caporossi ( a cura di) DISTORSIONI Poesia italiana Queer dell’ultracontemporaneità Testi di: Luca Baldoni, Aless...