Ghiannis Ritsos (Monemvasia, 1º maggio 1909 – Atene, 11 novembre 1990) è stato un poeta greco.
Ritsos è considerato uno dei più grandi poeti greci del ventesimo secolo, insieme a Konstantinos Kavafis, Kostis Palamas, Giorgos Seferis ed Odysseas Elytīs. Il poeta transalpino Louis Aragon, prefacendo l'edizione francese di Pietre Ripetizioni Sbarre (Gallimard, Parigi 1971), ha sostenuto che Ritsos fosse «il più grande poeta vivente di questo tempo che è il nostro». Ritsos è stato proposto 9 volte, senza successo, per il Premio Nobel per la Letteratura. Quando il poeta vinse il Premio Lenin per la pace, assegnatogli nel 1975-76, egli dichiarò che "questo premio è più importante per me rispetto al Premio Nobel".
La sua poesia è stata spesso vietata in Grecia durante le fasi di regime autoritario per le idee di sinistra del poeta e la sua vicinanza politica al partito comunista greco (KKE). Le maggiori opere del poeta includono Trattore (1934), Piramidi (1935), Epitaffio (1936) e Veglia (1941–1953).
Ritsos ha principalmente scritto poesie dall'intento politico, "servendo il comunismo con la sua arte". Una delle sue poche opere che differiscono da questo tema politico è La sonata al chiaro di luna.
«Lo so, ciascuno cammina solo verso l'amore,
solo verso la gloria e la morte.
Lo so. L'ho provato. Non giova a niente.
Lasciami venire con te.»
(La sonata al chiaro di luna [1956], in Quarta dimensione, vv. 33-36)
Nato il 1º maggio 1909 a Monemvasia, nel Peloponneso, Ritsos è il quarto e ultimo figlio di una famiglia di proprietari terrieri. Bambino precoce, inizia a scrivere i suoi primi componimenti all'età di otto anni, coltivando al contempo la passione per la musica e la pittura, forme d'arte alle quali resterà fedele per l'intera sua vita. L'infanzia e la giovinezza di Ghiannis, tuttavia, sono presto scosse da lutti e malattie: il fratello e la madre moriranno di tubercolosi, mentre il padre (consumato dalla ludopatia, che costerà alla famiglia il disastro economico) e la sorella finiranno ricoverati in un istituto psichiatrico. Desideroso di ricevere un'istruzione universitaria, si trasferisce, nel 1925, ad Atene, ma, a causa delle scarse sostanze economiche, è costretto a rinunciare agli studi. Per vivere, dunque, Ghiannis si impiega come dattilografo e come copista per una banca. Colpito, nel 1926, dalla tubercolosi, trascorre tre anni in sanatorio, durante i quali matura la sua adesione al marxismo. Dimesso dal sanatorio, si impegna nella direzione della sezione artistica di un'organizzazione legata al Partito Comunista, curando gli allestimenti teatrali di spettacoli cui prenderà parte anche come attore. E alla carriera attoriale si dedicherà, a partire dal 1933, per diversi anni, svolgendo attività di ballerino e di comparsa nel teatro ateniese di Kypseli e in quello Nazionale, senza rinunciare all'impegno politico e alla prediletta vocazione poetica. Così, nel 1934, vede la luce la raccolta Trattore , in cui prevalgono le tinte fosche e un crepuscolarismo di maniera, seguita subito, già nel 1935, da un'altra intitolata Piramidi. Le raccolte, di contenuto sociale, sono entrambe caratterizzate — come ha evidenziato Nicola Crocetti — da una forte «ispirazione umanitaria». Nel 1936 la sua poesia ha una svolta: il poema Epitaffio, ispirato dalla morte di un manifestante, chiude una prima fase del suo lavoro, mentre testi come Lo straniero, quasi contemporanei, mostrano, con i segni della sua adesione alla poesia d’avanguardia, un uso più frequente del processo analogico e associativo, e una parallela preferenza per temi più luminosi e sereni. Durante la dittatura di Ioannis Metaxas, La canzone per mia sorella (1937, nt) fu letta come un testo di resistenza passiva. Con la seconda guerra mondiale prese parte alla resistenza e dal 1948 al 1952 subì il campo di concentramento e il confino. Dopo il colpo di stato del 1967 fu nuovamente deportato e torturato, e solo in seguito alla protesta internazionale fu posto, gravemente malato, in libertà vigilata, a Samos. Gli anni della guerra civile e delle persecuzioni politiche suggerirono a Ritsos poesie nelle quali egli afferma ostinatamente la sua fede nell’uomo e denuncia la repressione (Makronissos, 1957). Un nuovo ciclo ha inizio con La sonata al chiaro di luna (1956, nt): ampio monologo rivolto a una persona che tace. L’andamento discorsivo, che punta sulla durata e l’accumulazione, trova sbocco in questo modulo larvatamente teatrale, che sarà ulteriormente valorizzato grazie a nuovi temi: in Filottete, Crisotemi, Elena, Ismene, Oreste, Fedra la memoria del poeta si identifica con quella dei personaggi mitologici, uomini e donne che si sottraggono fino alle ultime conseguenze a un destino governato dagli dei, oppure antieroine che, proprio per la loro rassegnazione, il loro timore dell’azione, sono scelte a rappresentare i deboli, protagonisti dell’intera vicenda umana. Notevoli anche certe sue poesie brevi, incisive, come Diciotto canzonette della patria amara, Dodici poesie per Kavafis, Portineria (nt), Poesie di carta (nt). Tra le ultime raccolte: Monocordi (1980). Nel 1990 ha scritto per le scene un testo ispirato al mito di Persefone.
Scrittore particolarmente prolifico, Ritsos è autore di circa 150 raccolte poetiche, oggi ricomprese, per i tipi dell'editore ateniese Kedros, in quattordici volumi (ciononostante, molte sono ancora le opere inedite, alcune delle quali irrimediabilmente perdute, perché distrutte dallo stesso Ritsos). Fra le raccolte più significative, si distinguono:
Trattore, 1934
Piramidi, 1935
Epitaffio, 1936
Il canto di mia sorella, 1937
Sinfonia di primavera, 1938
La marcia dell'oceano, 1940
Vecchia mazurca in ritmo di pioggia, 1943
Prova, 1943
Veglia, 1954
Epitaffio e Makronissos, 1956
La sonata al chiaro di luna, 1956
Dodici poesie per Kavafis, 1963
Filottete, 1965
Oreste, 1966
Elena, 1972
Crisotemi, 1972
Ismene, 1972
Diciotto canzonette per la patria amara, 1973
Poesie di carta, 1974
Portineria, 1976
Fedra, 1978
Traduzioni in italiano
Erotica, trad. di Nicola Crocetti, Milano, Crocetti, 2002
Il funambolo e la luna, trad. di Nicola Crocetti, introd. di Ezio Savino, Milano, Crocetti, 2005
Delfi: la sonata al chiaro di luna, trad. di Nicola Crocetti, introd. di Moni Ovadia, Milano, Crocetti, 2012
Quarta dimensione, trad. di Nicola Crocetti, introd. di Ezio Savino, Milano, Crocetti, 2013
Il loggione, trad. ed introd. di Maria Carausi, Aiora edizioni, Atene, 2018
Parte della produzione dell'autore è ricompresa nella crestomazia, curata da Nicola Crocetti e Filippomaria Pontani, Poeti greci del Novecento, traduzioni di Filippo Maria Pontani, Nicola Crocetti e Filippomaria Pontani, Milano, Mondadori, 2010, pp. 835-957
Ghiannis Ritsos, Pietre, ripetizioni, sbarre. Poesie 1968-1969, a cura di Nicola Crocetti, prefazione di Louis Aragon [1971], traduzione dal greco di Nicola Crocetti, Milano, Feltrinelli, 1978
Antologia ripubblicata nel 2004, per i tipi dell'editore Crocetti di Milano
Insuccesso
Vecchi giornali gettati in cortile.
Sempre le stesse cose.
Malversazioni, delitti, guerre. Che cosa
leggere?
Cade la sera rugginosa. Luci gialle.
E quelli che un
tempo avevano creduto nell’eterno sono invecchiati.
Dalla stanza
vicina giunge il vapore del silenzio. Le lumache
salgono sul muro.
Scarafaggi zampettano
nelle scatole quadrate di latta dei
biscotti.
Si ode il rombo del vuoto. E una grossa mano
deforme
tappa la bocca triste e gentile di quell’Uomo
che
ancora una volta provava a dire: fiore.
Karlòvasi, 4.VII.87
Senza riscontro
Grandi camion stracarichi, coperti di
tele cerate,
attraversano le strade tutta la notte. Il rumore
delle acque
luride
si ode nelle fogne oscure, misteriose
sotto
il sonno dei prigionieri. Non è venuto nessuno.
Invano aspettammo
tanti anni. La strada punteggiata
di stazioni di servizio e
alberelli stenti. Nel cortile della prigione
ciotole vuote di
yogurt e certe piume di uccelli. La prima
stella
gridò:
“Coraggio, Ghiorghis”, poi tacque. E Petros,
irriducibile
sempre, disse: “In materia di musica
prendi esempio dalla
diligenza delle piccole rondini”.
Karlòvasi, 5.VII.87
All’ospedale
Pomeriggio tranquillo. Una ciminiera, i
tetti, la linea del
colle,
una nube minuscola. Con quanto
amore
guardi dalla finestra aperta il cielo
come se gli dicessi
addio. E anch’esso ti guarda. Davvero,
che cos’hai preso? che
cos’hai donato? Non hai tempo di
calcolare.
La tua prima
parola e l’ultima
l’hanno detta l’amore e la
rivoluzione.
Tutto il tuo silenzio l’ha detto la poesia. Come si
spetalano
in fretta
le rose. Perciò partirai anche tu
in
compagnia della piccola orsa ritta
che tiene una grande rosa di
plastica tra le zampe anteriori.
Karlòvasi, 5.VII.87
Elusione
Parlava. Parlava molto. Non tralasciava
niente
senza che la sua voce lo soppesasse. Quante e quante
notti
in bianco
ad ascoltare i treni, le navi o le stelle,
a
calcolare la materia e il colore di un suono,
a dare nomi a ombre
e nubi. Ora,
quest’uomo cordiale e loquace sta in
silenzio,
forse perché sul fondo ha intravisto i fanali spenti, e
si rifiuta
di articolare la parola unica ed estrema: “nero”.
Karlòvasi, 7.VII.87
Da Molto tardi nella notte, traduzione italiana di Nicola Crocetti, Crocetti, 2020
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