martedì 21 ottobre 2025

#stranieri / UN Ko (1933 - viv.)


Ko Un, in hangŭl: 고 은 (Gunsan, 1º agosto 1933), è un poeta, scrittore, saggista, autore teatrale e pittore sudcoreano, tra le figure più rappresentative della Corea del Sud contemporanea.
Ko Un nasce a Gunsan, nella provincia sudcoreana del Jeolla Settentrionale, nel 1933, durante l'occupazione giapponese della Corea, e sarà il testimone delle vicende dolorose che il suo Paese dovrà affrontare nell'arco di numerosi decenni: dalla dominazione coloniale giapponese, agli orrori della Seconda guerra mondiale, dalla guerra fratricida della Corea del 1950-53 alla sua divisione al trentottesimo parallelo durante la Guerra fredda, dalle numerose dittature militari susseguitesi per poi giungere negli anni novanta a testimoniare una "pacifica rivoluzione" che conduce alla guida della Repubblica di Corea come governo democratico e progressista.
Primogenito di una modesta famiglia, sia per il livello economico che culturale, apprende dal nonno la storia coreana e il perché della resistenza all'occupazione giapponese. Legato da profondo affetto alla nonna materna, che morirà durante l'esodo del dopoguerra coreano, scriverà una poesia a lei dedicata nella raccolta poetica Nanimbo.
Ko Un inizia le scuole nel periodo in cui l'uso della lingua coreana, essendo il Paese dietro gestione di un'amministrazione coloniale giapponese, era in esse vietato e, come egli stesso ricorda, anche il suo nome era stato cambiato in Dakkabayai Dorasuke. Affronta gli studi con grande impegno e già all'età di otto anni conosce i testi della letteratura classica cinese. Nel 1945 inizia a scrivere i suoi primi versi ispirato da un libro trovato per caso sulla strada di casa mentre ritorna dalla scuola media che frequentava a quattro chilometri da casa sua. Il libro, che lo colpisce enormemente, era una raccolta del poeta lebbroso Han Haun intitolato "Poesie scelte".
Nel 1950 gli viene assegnata una cattedra nella scuola media di Kunsan dove insegna coreano e arte, ma nel mese di giugno scoppia la guerra facendo precipitare il paese, che si sollevava a fatica dalla trascorsa dominazione coloniale, nell'orrore della distruzione e sconvolgendo a tal punto il giovane che tenterà il suicidio. Si salva ma perde per sempre l'uso di un orecchio.
Nel 1952, stanco degli orrori visti, trova rifugio nella religione e diventa monaco buddista dedicandosi allo studio della meditazione Sǒn con il maestro Hyobong. Viaggia per alcuni anni senza sosta vivendo di elemosina finché nel 1957, insieme ad un altro monaco, fonda il "Buddhist Newspaper" e ne diventa il direttore. Riprende così l'impegno poetico e inizia a pubblicare saggi e poesie.
Il 1958 sarà l'anno del suo debutto letterario con una poesia dal titolo "Tubercolosi" che pubblica sulla rivista "Modern Poetry" con l'incoraggiamento del poeta Co Chihun. La sua prima raccolta di poesie, Other World Sensibility, esce nel 1960 quando il giovane monaco è ormai famoso negli ambienti buddhisti e letterari.
Nel 1962, deluso ancora una volta dalla corruzione che vige nel clero buddista, decide di abbandonare la vita monastica per riprendere le vesti di laico e lo dichiara sul quotidiano "Hankook Ilbo" con un Manifesto di rinuncia. Per tre anni, dal 1963 al 1966, vive sull'isola Cheju dove insegna gratuitamente coreano e arte in una scuola di carità. In questo periodo legge Il placido Don di Michail Sholokhov in traduzione giapponese ma la vastità e grandezza del testo lo sconforta e brucia tutti i suoi manoscritti che ritiene, al confronto, misera cosa. Non è questo un periodo sereno per il poeta che, depresso dall'alcool e dall'insonnia, tenta nuovamente il suicidio. Continua comunque a scrivere e pubblica il suo secondo volume in versi Seaside Poems: God, The Last Village of Languages.
Nel 1967 il poeta fa ritorno a Seul dove ha inizio un terribile periodo nichilista nel quale, pur continuando a scrivere, non migliora il suo stato psicologico che lo porta a bere e ad ubriacarsi e nel 1970 a tentare per la terza volta il suicidio con il veleno rimanendo in coma per trenta ore.
Nel 1973 un profondo cambiamento avviene nella vita del poeta che, abbandonato e rinnegato l'atteggiamento nichilista, diventa un appassionato militante nazionalista impegnandosi negli eventi storici e sociali contemporanei. Profondamente coinvolto nel movimento per i diritti umani e nel movimento dei lavoratori dirige la sua protesta contro il tentativo del presidente Park Chung-hee di emendare la costituzione e salire al potere.
Gli anni che vanno dal 1974 al 1978 lo vedono sempre più impegnato nella lotta per i diritti umani. Nel 1974 viene fondata l'Associazione degli scrittori per la Libertà e il poeta ne diventa primo segretario generale, mentre nel 1978 sarà eletto rappresentante dell'Associazione per i diritti umani. Inserito nelle liste nere della KCIA (Korean Central Intelligence Agency), i servizi segreti della Corea del Sud, nel 1974 viene arrestato e imprigionato per la prima volta. Nello stesso anno riceve il "Korean Literature Prize". Risalgono a questi anni, nei quali non smette mai di scrivere, le raccolte On the Way to Munui Village (1977), Going into Mountain Seclusion (1977), Early Morning Road (1978), le traduzioni dai classici cinesi Selected Poems of Tu Fu, i saggi e le biografie di famosi poeti e artisti, come Critical Biography of Yi Joong-Sup, Han Hong-Un, Critical biography of the Poet Yi Sang.
Nel 1979 il poeta viene eletto vicepresidente dell'Associazione per l'unità nazionale e, imprigionato per la seconda volta, sarà presto scarcerato. Nel frattempo la situazione del paese si sta facendo sempre più critica. Assassinato nell'ottobre del 1979 il presidente Park Chung-hee, la dittatura riprende il potere nel 1980 con il colpo di Stato del generale Chun Doo-Hwan e nel maggio dello stesso anno Ko Un, accusato di alto tradimento, viene imprigionato per la terza volta e condannato all'ergastolo ma sarà liberato nell'agosto del 1982 grazie ad un'amnistia.
Nel 1983 la vita del poeta subisce una nuova svolta. Conosce Lee Sang-Wha, docente universitaria di letteratura inglese e il 5 maggio dello stesso anno si sposa e si trasferisce a sud di Seul, nella piccola città di Ansǒng dove pubblica i due volumi Collected Poems e gli nasce la figlia Cha-Ryong.
Da questo momento la vena creativa di Ko Un diventa più ricca e scrive e pubblica numerose opere di poesia, prosa e saggistica (Homeland Stars (1984), Pastoral Poems (1986), Fly High, Poem! (1986), Your Eyes (1988), Morning Dew (1990). Tra il 1986 e il 1997 inizia la pubblicazione dei primi quindici volumi di Maninbo (Diecimila vite) e tra il 1987 e il 1994 quella di Paektu Mountain: An epic in sette volumi e inoltre la prima serie di venti volumi dei Collected Works e i cinque volumi della sua Autobiography.
Nel 1987 riceve per la seconda volta il "Korean Literature Prize", ma nel 1989 viene incarcerato per la quarta volta. Nello stesso anno riceve il "Manhae Literary Prize". Riceve il "Jong-Ang Cultural Prize" nel 1991, anno della pubblicazione di For Tears, Sea Diamond Mountain, What!-Zen poems!, Garland Sutra: A Novel, e dal 1991 al 1994 sarà Presidente dell'Associazione degli scrittori per la letteratura nazionale.
Gli anni tra il 1994 e il 1998 lo vedono impegnato nell'insegnamento presso la Graduate school della Kyonggi University a Seul e sempre nel 1994 ottiene il "Daesan Literary Prize". Nel 1995 esce la raccolta di versi Dokdo Island ed esce anche il romanzo Chongsun Arirang. Nel 1997 si reca per un viaggio di quaranta giorni nel Tibet e sull'Himalaya e pubblica la raccolta di poesie A Memorial Stone oltre a un libro di saggi dal titolo At the Living Plaza.
Su invito dell'Harvard Yenching Institute trascorre un anno negli Stati Uniti (1999) dove, presso l'Università della California, insegna letteratura coreana moderna per la durata di un semestre, mentre proseguono le pubblicazioni delle sue opere: il poema epico Far, Far Journey, i due volumi del romanzo Sumi Mountain, il libro di viaggi Mountains and Rivers, My mountain and Rivers, oltre a un testo di critica poetica dal titolo Morning with Poetry. Sempre nel 1999 riceve il "Buddhist Literature Prize".
Risale al 2000 la pubblicazione dei due volumi di poesie South and North e The Himalayas e il viaggio nella Corea del nord come delegato per l'incontro al vertice tra i leader delle due Coree. Viene nel frattempo eletto co-presidente del "National Trust of Korea". Nel 2001 esce la raccolta di poesie brevi dal titolo Flowers of a moment, tradotta anche in italiano nel 2006 con il titolo Fiori d'un istante. Esce anche la raccolta in prosa intitolata The Road Has Traces of Those Who Went Before.
Nel 2002 viene pubblicata la raccolta in versi Poetry Left Behind e il poeta si dedica all'opera completa in 38 volumi dal titolo Ko Un's Complete Works oltre a pubblicare la raccolta poetica Late-Coming Song. Viene anche nominato per la prima volta candidato per la Corea al Premio Nobel per la Letteratura. I volumi 16-20 della raccolta poetica Ten Thousand Lives escono nel 2003 e nel 2004 il poeta ottiene diverse nomine, tra le quali quelle di presidente del "Korean Literary Peace Forum" e, per la seconda volta, la candidatura al Premio Nobel per la Letteratura.
Il 2005 lo vede impegnato in una visita alla Corea del Nord per partecipare ad un comitato congiunto per la stesura di un dizionario pan-coreano. Vengono intanto annunciate le pubblicazioni dei volumi 21-25 di Ten Thousand Lives e gli giunge la terza nomina a candidato al Premio Nobel che lo vede tra i finalisti. Nello stesso anno riceve il "Literary Award for Unification" e il "Bijorns Ordere for Literature".
Ha scritto poesie in quasi ogni genere immaginabile, di fatto su ogni tema. Le sue prime poesie erano perlopiù brevi liriche contrassegnate da una manifestazione straordinariamente sensuale di intensità verbale. Molto spesso, le sue poesie sono ispirate dalla visione di scorci di paesaggi, da parte di un individuo o in un ricordo fugace. Queste poesie possono essere piuttosto lunghe o molto brevi. È autore di una raccolta di poesie Zen, nonché di altre raccolte di brevi epigrammi. Ha inoltre scritto un'epopea in 7 volumi, Baektusan, sulla lotta coreana per l'indipendenza dal Giappone.
La sua più straordinaria impresa poetica è il Maninbo (Ten Thousand Lives, ovvero "Diecimila vite"), serie attualmente (2006) giunta al volume 23, nella quale egli rievoca ogni persona da lui conosciuta personalmente o incontrata nel corso delle sue conferenze durante la sua vita. Nonostante una concezione sbagliata che su di lui è stata formulata, la politica e la lotta non sono mai state pervasive nei suoi lavori pubblicati, benché egli leggesse poesie di protesta a tutte le più importanti manifestazioni pro-democrazia durante gli anni settanta e ottanta. Le sue poesie sono intensamente spontanee, caratterizzate da un linguaggio vernacolare più che da una finezza letteraria.
Ko Un ha pubblicato oltre centoventi volumi, tra cui molti volumi di poesia, varie opere di narrativa (in particolare narrativa buddista), autobiografia, teatro, saggi, traduzioni dal cinese classico, libri di viaggi, ecc. Selezioni di sue opere sono state tradotte in inglese (6-7 volumi), spagnolo (4-5 volumi), italiano, francese, tedesco, giapponese, cinese, vietnamita, ceco, bulgaro, svedese e danese.

L’ANIMO DI UN POETA

Un poeta nasce negli spazi tra crimini,
furti, uccisioni, frodi, violenze,
nelle zone più oscure di questo mondo.

Le parole di un poeta s’insinuano tra le
espressioni più volgari e basse,
nei quartieri più poveri della città,
e per qualche tempo dominano la società.

L’animo di un poeta è un solitario grido di verità
nato negli spazi fra mali e bugie del nostro tempo,
picchiato a morte da tutti gli altri animi.

L’animo di un poeta è condannato, non c’è dubbio.


UNA MIA BREVE BIOGRAFIA

A volte sogno.
Dopo il volo lontano d’un pellicano sull’Oceano Indiano
io sogno.
Come usava fare mio padre al paese natio.
Scomparsa la luce dopo il tramonto, in quell’oscurità
io sogno.
Risvegliato dal sogno
sono vivo come una linea elettrica che piange nel vento.
Finora ho respinto i miei sogni.
Persino in sogno
ho lottato per respingere i sogni.
Così,
che fossero fantasie
o teorie dominanti di un’era
le ho respinte.
Esistevano solo le cose così come sono.
Ho visto
luci fosforescenti brillare sul mare notturno.
Ho visto
le bianche fauci delle onde scintillare appena
mentre l’oscurità le seppelliva.
Esistono solo le cose così come sono.
Ho visto
lo scintillio della luce fosforescente e il suo nascondersi,
simili allo sguardo che unisce la madre e il suo neonato.
Ora accetto i sogni.
Le cose non sono più solo come sono.
Io sogno.
Ieri
non è oggi.
Oggi
Non è domani.
Ma io sogno il domani.
La Madre terra è tomba d’esperienze.

Mi resta un sogno:
possa in un futuro lontano il mio Io-fossile sepolto nella terra
diventare un canto fossile.


RAGGIO DI SOLE

Non puoi farci niente!
Perciò respira profondamente
e accetta il tuo triste destino.
Un illustre ospite visita
la mia minuta cella esposta a nord.
Non il supervisore in un normale giro d’ispezione,
ma un raggio di sole nell’incalzare della sera,
più piccolo d’un foglietto più volte ripiegato.
Sono pazzo di te, mio primo amore!
Si posa sul palmo della mano,
riscalda le dita d’un timido piede nudo.
Poi, mentre mi inchino,
e poco religiosamente sto per offrirgli un volto scarno,
quel briciolo di luce in un attimo scivola via.
Dopo la sua scomparsa là, oltre le sbarre,
la cella appare mille volte più fredda, buia.
Cella speciale di una prigione militare,
somiglia a una camera oscura.
Privo del raggio di sole, il mio riso sa di follia.
Un giorno è una bara con un cadavere,
un altro è il grande mare.
Che meraviglia! Lì qualcuno riesce anche a sopravvivere!
Essere vivi è un mare in tempesta, senza neanche una vela in vista!

 

(Traduzioni di Vicenza D’Urso)

#stranieri / MICHAELS Anne (1958 - viv.)


Anne Michaels (Toronto, 15 aprile 1958) è una poetessa e scrittrice canadese. Nata a Toronto, nell'Ontario nel 1958, Michaels ha frequentato l'Accademia di Vaughan Road e successivamente l'Università di Toronto, dove è attualmente docente presso il Dipartimento di letteratura inglese. Il suo primo libro, The Weight of Oranges (1986), volume di poesie, è stato premiato col "Commonwealth Prize". Per la poesia ha ricevuto il National Magazine Awards, il Canadian Authors Association Award ed una nomina al Premio del Governatore Generale (1991) per la sua seconda raccolta poetica, Miner's Pond. Michaels ha scritto due romanzi, meglio conosciuta per il primo, Fugitive Pieces (1996, pubblicato nel Regno Unito nel 1997 ed in Italia nel 2001), che ha riscosso molto successo internazionalmente ed ha ricevuto il "Books in Canada First Novel Award", il "Trillium Book Award", l'"Orange Prize" ed il "Guardian Fiction Prize". Michaels, che ha anche composto pezzi musicali per il teatro, ha dichiarato: "Quando metti tanto amore nel tuo lavoro, come in un qualsiasi rapporto, non puoi sapere – ma solo sperare – che ciò che stai offrendo sarà recepito in qualche modo. Formi il tuo amore secondo le esigenze artistiche, i rigori del tuo genere letterario. Pur tuttavia è un atto d'amore, ed è natura dell'amore che tu debba darlo liberamente." Nel 2011 ha preso parte al progetto del Bush Theatre londinese, il Sixty Six Books, per cui ha scritto un pezzo basato su un libro della Bibbia di re Giacomo.

Romanzi
Fugitive Pieces, 1996 / In fuga, Giunti Editore, 1997
The Winter Vault, 2009 / La cripta d'inverno, Giunti Editore, 2009

Antologie poetiche
The Weight of Oranges (1986)
Miners Pond (1991)
Skin Divers (1999)
Poems (2000)
Correspondences (2013) (finalista al Griffin Poetry Prize 2014)

***

traduzioni di Marco Malvestio

Anna

La felce che un poco alla volta
strisciava fuori dal vaso –
non si muoveva nient’altro.
Le confessioni, da noi, si facevano
tra la penombra e il ronzare del frigo
in cucina: nel poco di luce
che resta aggrappato alle cose
la sera presto, o nel vibrato pallido
prima dell’alba e della colazione.

Quell’estate sedevamo sotto il portico
come presagendo la sua fine
e salutavamo Anna, sedici anni,
sneakers e shorts bianchi,
di fretta, ormai a metà della via.
Volava in quelle sere delicate
come una falena, irrequieta
nell’alone dei lampioni e del tramonto.

Una notte guidammo fino al lago,
oltre la discarica del porto,
le rotaie, le fabbriche, i container.
Guardammo l’acqua fino a notte fonda
senza sapere che Anna era con noi,
che gridava nell’aria salmastra,
che gridava in quell’abbraccio luccicante
che, così come si era spalancato,
si era chiuso su di lei.
Nessuno sentì niente.
Fari di navi sulla superficie
come luce nello spiraglio della porta.

Galleggiava sul lago come un tronco.
A due miglia da noi, nell’annullarsi
lento dei colori nella notte,
i gabbiani si affollavano sull’acqua.

I finali concordano: un bivio.
Il dolore colpisce dove prima
aveva colpito l’amore.
Quella mattina, la nostra ultima insieme.
sedemmo con la famiglia, in stanze buie,
di Anna, guardammo sua madre
lasciarle un maglione sulla bara.
Ci imbarazzano, certi finali,
l’amore è ancora vivo e si dimena
sotto la superficie del cuore.

Una voce ci riscuote
che non riconosciamo.
Andiamo più vicini, tentiamo
di distinguere bene le parole.
È questo che fa cominciare
o finire l’amore: cominciamo
a capire le parole.
Per salvarci doniamo e perdoniamo.

La morte e l’amore li riconosciamo
quando li impariamo a nominare:
ciascuno con il proprio
nome, ciascuno col nome dell’altra.
Il nome di una ragazza che la nostra
sordità ha reso odioso.

*

Il peso delle arance

“Now I lodge in the cabbage patches
of the important…
Not much sleep under strange roofs
with my life far away…”

– Osip Mandelstam

La mia tazza ha il colore del pane e della sabbia,
la pioggia, dello stesso
colore del palazzo qui di fronte,
ha sciupato le dalie rosse ed un libro
lasciato sul davanzale.

La pioggia fa parlare
la pelle di ogni cosa,
il rosa fiamma del mattoni appena cotti,
foglie verde lucertola, le lingue
contorte delle pigne.
È precisa come noi non siamo mai,
tira fuori il meglio di ogni cosa
conservandola intatta.

Il nostro letto con la pioggia si fa umido
e la stanza diventa una caverna
al mattino, una tenda al pomeriggio:
la pioggia accende il suono del fogliame
che manca per tutto l’inverno – il suono
che ci chiama fuori dal letto…
Catturati dal vento con le foglie
bagnate.

Scrivo ascoltando lo stesso
suono che ci svegliava, nel respiro
delle tende nella stanza mezza buia.

Mi sveglio presto, di recente, cammino.
Ti ricordi le nostre camminate?
Orizzonti appena rossi nell’aurora
come labbra – e ci sembrava così dolce
allora, la distanza.
Le lettere andrebbero scritte
per dare notizie, per dire
ti aspetto in stazione.
Non queste lacrime asciutte, che ci onorano
come si onora una tomba.
Mi vergogno della nostra lontananza –
mi sveglio di notte e vedo scritto
nell’aria VERGOGNA, come nella Bibbia,
e nel sogno la mia pelle è tatuata
con tutte le parole che mi hanno
costretto in quarantena, coperto di vesciche –
e sai che cosa?
Ho paura di accendere la luce
per controllare.

Che bravo carpentiere tuo marito.
A me bastano poche parole
per appiccare incendi ad ogni casa
che abbiamo abitato: parole di legno,
da sole sono prive di potere,
ma eccole, umili e grate,
esplodermi in viso non appena
acquisiscono un senso.

Siamo come pianeti, ci teniamo
stretti da distanze lontanissime.
Gli oceani flettono, quando ci sdraiamo,
i loro muscoli verdastri, brulica
la vita nell’altro emisfero, il globo
si inclina, si inchina
al nostro potere.
Ora che siamo a miglia di distanza
le nostre braccia sono troppo corte
per impedirci di sentirci soli.
Sembro più vecchio, comincio a perdere
i capelli. Dov’è che se ne vanno
i capelli che perdo, in questo mondo,
e i denti, e la vista? Invecchiamo
come i fiumi, ci essicchiamo e attorcigliamo
fino a sfociare in qualcosa.

È marzo, perfino gli uccelli
non sanno che fare di se stessi.
Chi è felice, ne sono sicuro,
conosce una cosa in più di noi
o una di meno. Il solo libro
che vorrei riscrivere sono i nostri
corpi che si uniscono:
quello è il solo linguaggio che stordisce,
che ti ferisce, ti respira dentro.
Nudi, allora sì
che avevamo una voce!

Voglio che tu mi prometta
che ci rivedremo, che mi scriverai.
Prometti che ci perderemo
dentro a quella foresta di pallide
betulle che sono le nostre gambe.

Ora riesco a sentire la tua voce –
come tutti, so che le promesse
si fanno per paura. Non si vive
separati, sei sempre qui con me.
Immagino, talvolta, che tu sia
nell’altra stanza, fino a quando piove…
Questa è allora la lettera che scrivo,
la lettera che sempre scrivo quando
mi tengono lontano da casa.
Le buste di carta sul tavolo
si sono sfondate per colpa
della pioggia e del peso delle arance.

*

Lake of Two Rivers[1]

“The camera relieves us of the burden of memory… Records in order to forget.”

                                                                        John Berger

1

– – –
Sdraiati nella stanza
del lago, nell’odore
appiccicoso di foglie appena nate.

Come la luna cade dalla terra
tu cadi nel sonno: letargia
perfetta dell’orbita.

2

Viaggiatrice di sei anni.
Mezza addormentata. L’automobile
procede misteriosa nella notte,
un ronzare attraverso campi inerti
e tortuosi.

Mio padre raccontava in questi viaggi
due storie. Una era la trama
di Lost Horizon, l’altra la sua vita.
Quella stanza in movimento, con la fioca
luce verde del cruscotto
era l’aereo con su Ronald Colman
dirottato in Tibet,
era il treno che portava mio padre
in Polonia il ’31.

Nei finestrini, volti di spettri,
una folla di cugini sconosciuti
ci circondava, stretti l’uno all’altro.

Ci scivolava in macchina la luna
dall’altezza di Grodno, dal villaggio
di Chaya Elke, dove si fermavano
gli spettri a salutare.

Sua cugina Mashka si sedeva
con loro nella stalla, la sua faccia
che scivolava per tutto il fiume Neman
nella chitarra di mio padre.
Il chiarore lunare imbalsamava
quel tentativo di ricordo.

3

Noi siamo il corpo e la memoria
di questo clima, di questo cielo
che i rami trasformano in figure
con le loro foglie e il loro sangue
corrosivo di nostalgia.
La luce quando usciamo è limitata
e puntuale come un nome.

*

I miei genitori, per anni,
fuggivano di notte, caricavano
i bambini sui sedili posteriori,
un groviglio di pigiami
ansioso di conoscere le stelle.

Guardavo la loro nuca
finché non dormivo. Al risveglio
era giorno, eravamo ad Algonquin.

Un posto da sempre familiare
come una stanza di casa.

La foto di mia madre, le sue gambe
serrate dentro l’acqua, lo sguardo
verso le colline dove stiamo
io e te – soltanto ora capisco,
l’hanno scattata prima che nascessi.

*

Foschia purpurea, colline indefinite.

A Two Rivers, vicini come rami.
i pesci si disperdono, argentei
impulsi di logica elettrica.

Uno zampillo di luce lunare
sul lago insonne, spiato
da dietro il fogliame.

Nei campi, a Sud, le verdure
si diffondono, spostano la terra.
Intanto noi sediamo, ci tiene
insieme la luce della lampada.

4

Le cose, più tempo le osservi,
più si trasformano.

L’intricata storia di mia madre,
affollata di vite di nonni
e genitori, la casa, centinaia
d’anni di storia tra loro.

L’amore domestico è semplice,
ferisce come la luce
drammatica delle nature morte.

Il cuore mantiene in sospensione
lo spirito e il corpo
finché la densità non li separa.
Sua madre alla sua età
era già precipitata.

Androgina, incinta, spaventata.
la perdita prende il posto della vita.

Nel buio del cielo notturno
gli occhi della pelle non si chiudono,
sogniamo il desiderio.

*

Il sole in dissoluzione
muta in pelle Two Rivers. Le nostre
braccia rosate, quasi fluorescenti,
ronzano nel buio accumulatosi
nella stanza come neon.

La notte trasforma il lago da liquido
a solido, lo fa mormorare:
nudi nell’inquieto tremolio
di foglie e di stelle dell’estate.
Nel potere conferito al desiderio
dalla pelle e dalla luce delle stelle,
come alla pietra la gravità,
ci uniamo nel buio della stanza –
un nastro di Moebius.

5

Non è una discendenza: ci innalziamo
dalle nostre storie.
La memoria somiglia, a sezionarla,
a un grafico geologico, un disegno
della crosta terreste. La distanza
tra conoscenza razionale o genetica
è turbata da un nome, una parola.
Chiaramente è per via del sovraccarico
di un campo instabile.

*

Sono annegata a venticinque anni
nel fiume Neman
dopo avere scoperto che la cenere
d’ossa dei forni
l’hanno scaricata lì.

Faccia alla finestra, c’è una parte
di te che ancora aspetta
che ritornino, come un genitore.

*

Adesso infine siamo una famiglia,
viviamo tutti la medesima esistenza,
al netto dei dettagli.

La foresta va in pezzi, le mie lacrime
sradicano gli alberi, li sradica

il mio amore che non precipita per terra
ma che sorge dal suolo già formato.

*

[1] Lake of Two Rivers è un lago nella riserva naturale di Algonquin, in Canada. Grodno è una città bielorussa al confine con la Polonia. Il fiume Neman scorre dalla Bielorussia al Mar Baltico, passando per la Lituania.


domenica 19 ottobre 2025

#biblioteca / Andrea Edoardo Visone - AL RIPARO DALL'OMBRA - Fefè

 
Andrea Edoardo Visone
AL RIPARO DALL'OMBRA
poesie

prefazione di Claudio Strinati
Fefé editore
dollana Fram(m)menti / 12
2025
p. 110, euro 15
ISBN 9788894947946
 

I poeti saranno pure brutte persone, ma credono nelle fate ed è quello che basta! dice Andrea Visone. Ecco allora che le sue poesie sono evocazioni vere e proprie. Dell’ottobre romano con la Villa Borghese dalle aiuole sabbiose, degli gnommeri gaddiani, delle estati pavesiane di un’anima in pena, dell’ubris stronza di cambiare il mondo. C’è anche un diario segreto tra fratelli e un diario dei morti. E delle divagazioni esotiche su una Piazza Rossa gozzaniana e in una Russia sentimentale e spietata; e in un’altrettanto spietata Latinoamerica. (dalla prefazione di Claudio Strinati)

Andrea Edoardo Visone, nato a Roma nel 1951, ha diretto per molti anni l’Archivio Storico del Ministero degli Esteri, curato la pubblicazione della Collana Documenti Diplomatici Italiani e gestito il patrimonio storico documentario della Farnesina. Autore di articoli e saggi di carattere storico, suoi ultimi romanzi sono: Segni indelebili (La Lepre Edizioni, 2018, tradotto anche in spagnolo per la Ceibo Santiago Cl, 2019); Un posto e un nome (La Lepre Edizioni, 2020); In parole, sguardi e omissioni (Porto Seguro Editore, 2022). La figlia che non ho avuto (Gattomerlino, 2023) è stata la sua prima raccolta poetica, seguìta da questa Al riparo dall’ombra (Fefè Editore, 2025). E' membro attivo della Chiesa Valdese.

Claudio Strinati, Storico dell’arte, docente, dirigente pubblico, soprintendente per il Polo museale romano dal 1991 al 2009 e divulgatore di storia dell’arte. Esperto di pittura e scultura del Rinascimento e del Seicento, è competente anche nel campo musicale. Numerose le sue pubblicazioni e le trasmissioni tv da lui ideate e condotte, tra cui Divini devoti (Rai, 2014).



Il libro sarà presentato a ROMA, giovedì 23 ottobre alle 18:30 alla Sala Margana (piazza Margana 41). Presenti Autore, Prefatore e Leonardo de Sanctis/Fefè Editore. Saranno lette poesie dal libro; la pianista Emanuela Longo (nella foto) accompagnerà l'evento.

martedì 14 ottobre 2025

#biblioteca / Ignazio Buttitta - IO FACCIO IL POETA -- Sellerio

 
Ignazio Buttitta
IO FACCIO IL POETA
nota di Leonardo Sciascia
Sellerio editore
collana La memoria | 1352
settembre 2025
pp. 304, euro 16
ISBN 9788838948893
 

Leonardo Sciascia sottolineava, del potente poeta Ignazio Buttitta, l’identità tra poetare ed essere: «la sua presenza è immediatamente quella del poeta: nel fisico, nello sguardo, nel movimento di togliersi e rimettersi gli occhiali o di portarseli sulla fronte; e in tutto quello che dice, in tutto quello che racconta, di sé e degli altri, di Bagheria e del mondo, delle cose di ogni giorno, del libro che ha appena letto, di una conversazione col cocchiere di piazza a Palermo o col grande poeta a Mosca, dell’incontro con un vecchio contadino o con un professore o con un mafioso. Nel suo raccontare tutto è immagine, metafora, ritmo. E si direbbe che l’avvenimento della scrittura realizzata, del nero su bianco, delle parole sulla carta, sia per lui incidentale e fortuito, e quasi una costrizione. Una necessità e una convenienza: perché la poesia va detta, e non costretta su una pagina, sigillata in un libro; comunicata da uomo a uomo, da uomo agli uomini, con la voce, il gesto, lo sguardo, le pause, le sospensioni, il respiro, il registro, il timbro». Oggi che Ignazio Buttitta non è più, a leggere la sua epica di passioni e sentimento di protesta, di terra e persone, si ha l’impressione a sorpresa di una specie di inversione: mentre prima la presenza del poeta era coronamento della forza del suo verso, comprovava la sua energia emozionale, adesso è il verso da solo che fa provare e sentire la forza della presenza del poeta: la forza dell’immensa partecipata compassione che Ignazio Buttitta sentiva (e fa sentire) per tutti gli esseri attorno a lui.
«Chi scrive questa nota – conclude Sciascia il commento a questo libro del 1972 –, più volte, di fronte ai libri di Buttitta, si è trovato a fare il nome di Neruda: e ad evidenza si può confermare qui, su certi canti, il richiamo. Ma una poesia come U rancuri – verità di fronte a se stesso e quindi, contro se stesso, rancore –Neruda non l’ha mai scritta».

Ignazio Buttitta (Bagheria, 1899-1997) esordì nel 1923 con la raccolta di versi in siciliano Sintimintali. Dopo un lungo silenzio durante il regime fascista, Buttitta pubblicò Lu pani si chiama pani (1954), Lu trenu di lu suli (1963), La peddi nova (1963), Io faccio il poeta (1972, Premio Viareggio), Il poeta in piazza (1974) e Pietre nere (1983). Di Ignazio Buttitta questa casa editrice ha pubblicato La vera storia di Salvatore Giuliano (1997), La mia vita vorrei scriverla cantando (1999), La peddi nova (2013) e Io faccio il poeta (2025).

#biblioteca / Laura Crippa - ALFA PRIVATIVO - marcos y marcos

 
Laura Crippa
ALFA PRIVATIVO
marcos y marcos
collana Gli Alianti
ottobre 2025
pp. 96, euro 16
ISBN 9788892942189


Una voce si immerge profondamente nella natura e nel cosmo, si confronta con il dolore di due grandi perdite, misurandosi con l’universo fisico e quello della mente. Corre avanti e indietro nel tempo, nello spazio, circolarmente: dal pensiero al sentimento, dal sentimento alla natura, dalla natura ai luoghi più remoti. Una voce nuova, limpida, potente.
 
Un libro notevole, davvero forte nella sua miscela così particolare di asprezza e dolcezza, di corporeità faticosa e dolorosa e insieme di slancio; se si possono ancora usare parole impegnative, di purezza e vita intorbidata. Non credo di aver letto spesso, negli ultimi anni, qualcosa di così forte e intenso”. Fabio Pusterla

***

“sto per dire una cosa
voglio dirla davvero
voglio che sia detta come un cerchio
tonda e perfetta
voglio dirla con un giro di compasso
chiuderla in robusta concretezza
sto per dire una cosa adesso
mentre scrivo”

***

“un tempo ti mostrasti come lieve soffio
solo perché il deserto non contempla neve
oggi saresti stato questo
un fiocco di silenzio
mentre io resto a testa in alto
a concepire cosa cade”
 
Laura Crippa (Milano, 1989) è assistente dottoranda presso l’Istituto di Studi italiani dell’Università della Svizzera italiana, dove sta indagando il rapporto di Giovanni Pascoli con la corrente culturale del primitivismo; nel 2022 è stata Visiting Researcher alla Sydney University grazie a una borsa di studio del Servizio Ricerca e Trasferimento del sapere dell'USI.
Ha conseguito una laurea triennale in Lettere moderne con indirizzo filologico alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università Cattolica di Milano e una laurea magistrale in Lingua, Letteratura e Civiltà italiana presso l’Istituto di Studi italiani (premio Alma Bacciarini 2017 per la miglior laurea MLLCI).
La sua tesi di Master sulle antologie italiane di Giovanni Pascoli ha vinto il Premio Giovanni Pascoli 2016- 2019 indetto dall’Accademia Pascoliana di San Mauro Pascoli, di cui è socia da gennaio 2020 con il titolo di Accademico Corrispondente.
I suoi interessi di ricerca vertono sull’opera pascoliana, sulla poesia italiana tra Otto e Novecento e sul rapporto tra letteratura e cultura.
Tra le sue pubblicazioni recenti: «Fiori semplici e nativi». La ricerca comparata e l’arte del tradurre nelle antologie italiane di Giovanni Pascoli, Firenze, Olschki, 2022; L. Crippa & E. Manzotti, «L’ora di Barga». Sulle campane di Pascoli, «Griseldaonline», 21(1).
In qualità di responsabile di progetto, ha vinto il bando biennale AIPI 2023 per l’organizzazione della Summer School dottorale “Poesia contemporanea e società civile”.


#biblioteca / Tiziano Broggiato - IL SOFFIATORE DI VETRO - Marietti1820

 
Tiziano Broggiato
IL SOFFIATORE DI VETRO
Poesie scelte 1983-2025
Marietti1820
settembre 2025
pp. 188, euro 16
ISBN 9788821103025


Questa preziosa autoantologia è portata da Tiziano Broggiato a fungere da volano nel passaggio da un libro all’altro, con una conferma ulteriore di una consapevolezza di volta in volta accresciuta della propria qualità stilistica nonché della propria originalità inventiva. La sua poesia è una mescolanza complessa di mitezza e di ardore, di improvviso scoramento e di rovina, a cui si affianca la luce perlacea, sorgiva, che sembra illuminare anche il buio. Via via, nel corso del libro e dei decenni, Broggiato aumenta lo spessore metaforico e allegorico, proprio quando il suo dettato si fa più grammaticale, più sobrio, come se volesse ogni volta sottolineare una distanza e la permeabilità che deriva alla mente dal coraggio di varcarla. Nel vetro specchiante della sua specificità, infine, questa poesia ha il potere di remare dentro le luci del tempo verso ciò che ancora non conosciamo e che forse mai conosceremo.

Tiziano Broggiato è nato a Vicenza, dove tuttora risiede. Ha pubblicato diversi libri di poesia, tra i quali: Parca lux (Marsilio 2001), Anticipo della notte (Marietti1820 2006), Dieci poesie (in Almanacco dello Specchio, 3, Mondadori 2007), Città alla fine del mondo (Jaca book 2013), Preparazione alla pioggia (Pequod 2015), Novilunio (Pordenonelegge 2018), Sorvoli (Pellegrini 2023). Ha inoltre curato le antologie: Canti dall’universo – Dodici poeti italiani degli anni ottanta (Marcos y Marcos 1988), Lune gemelle (Palomar 1998), i libri di testimonianze Le città dell’anima – I luoghi dei poeti (Pellegrini 2017) e I padri della parola (Pellegrini 2022). Ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra i quali il premio Montale, il premio dell’Unione Lettori Italiani, il Sandro Penna, il Frascati e il Pascoli.




venerdì 10 ottobre 2025

#stranieri / BOBROWSKI Johannes (1917 - 1965)

 

Johannes Bobrowski (Tilsit, 9 aprile 1917 – Berlino Est, 2 settembre 1965) è stato uno scrittore e poeta tedesco. Nacque nell'odierna Sovetsk, Russia, al tempo parte della Germania con il nome di Tilsit, e crebbe a Kaliningrad (all'epoca Königsberg). Studiò brevemente storia dell'arte, prima di essere coscritto e di finire prigioniero dell'esercito russo nel 1945. Costretto ai lavori forzati in una miniera del Donets, fu liberato nel 1949 e si stabilì a Berlino Est.
Esordì letterariamente nel 1952, con Pruzzische Elegy ("Elegia prussiana", pubblicato solo nel 1955). La sua produzione poetica e in prosa fu largamente autobiografica, ispirata dalle sue esperienze di guerra, e il tema principale fu il rapporto, da lui toccato con mano, tra la Germania e i popoli confinanti ad est. Il suo stile poetico fu sempre complesso e legato a simbolismi e collegamenti a volte di difficile e non immediata comprensione. La sua prosa fu invece più accessibile e colloquiale, anche se come nel caso del suo romanzo più noto Il mulino di Levin. Mio nonno in 34 frasi (Levins Mühle. 34 Sätze über meinen Großvater) nascondeva con abilità una critica sotterranea agli status politico-sociali dell'epoca.


Strade di uccelli

I

Nella pioggia dormivo,
nel canneto di pioggia mi svegliai.
Prima che sfogli, vedo la luna vicina,
sento il grido degli uccelli di passo,
lo scuotitore dell’aria, il bianco
grido, che frantuma l’aria.

Rapida e acuta
come fiutano i lupi,
sorella, ascolta: Väinämöinen
canta in mezzo al vento,
getta l’ala di neve
sulla tua spalla, noi siamo spinti
a volo nel vento dei canti – 

II

ma sotto grandi
cieli solitari, abbandonate
strade delle pennute
schiere, che trascorsero – 
dormendo sui venti
passarono, un nuovo
sole si accese, la vampa
si levò nell’alto, loro bruciarono
nell’albero di cenere.

Là hanno preso il volo
anche i nostri canti. 
Sorella, le tue mani
si sbiancano, tu nel buio mi svanisci
nel sonno – quando io devo
cantare l’angoscia degli uccelli?

(Traduzione di Roberto Fertotani)

*

Canti di Lettonia

Mio padre lo sparviero.
Un lupo mio nonno.
E l’antenato il pesce predone nel mare.

Io, imberbe, un folle,
barcollando agli steccati,
con mani nere
soffoco un agnello alla prima luce dell’alba. Io, 

che braccai le bestie
invece del bianco
signore seguo i carri che sfrecciano
lungo i greti dragati dall’acqua,

mi volgo verso gli sguardi
delle zingare. Poi 
sulla riva baltica incontro Uexküll, il signore.
Cammina sotto la luna.

Le tenebre mormorano dietro di lui. 

*

Pianura 

Lago. 
Il lago. 
Sprofondate
le rive. Sotto la nube
la gru. Bianchi, lucenti
i millenari popoli
dei pastori. Con il vento

ho risalito il monte.
Qui voglio vivere. Io ero
un cacciatore, ma l’erba
mi ha catturato. 

Insegnami a parlare, erba,
insegnami a essere morto, ad ascoltare
a lungo e a parlare, pietra,
insegnami a restare, acqua,
e tu, vento, di me non chiedere. 

*

Sera estiva

Guarda, guarda oltre il rossore
oltre la foresta e la nera muraglia.
L’acqua brilla ancora ed è bianca. 
Il silenzio è vivo, lì, è segreto e buono.

E tu, dove vivi? La Terra non è
abbastanza per te, l’inesplicata?
Spazio in abbondanza offre, spazio
senza contegno, per gioire e morire. 

Guarda, sopra ogni cosa fluttuano le nubi
e si stagliano le stelle… Come posso ripeterlo?
Oh Terra, Terra, mai angusta, troppo
ricca per noi, troppo generosa. 


giovedì 9 ottobre 2025

#biblioteca / Franco Fortini - DIALOGHI COL TASSO - Bordeaux

 
Franco Fortini
DIALOGHI COL TASSO
a cura di Pier Vincenzo Menegaldo 
e Donatello Santarone
Bordeaux edizioni
collana Pixel
settembre 025
pp. 176, euro 16
ISBN 9791259647


Torquato Tasso ha sempre ispirato il lavoro critico e poetico di Franco Fortini, fin dagli anni fiorentini, quando il manierismo del Tasso sottrasse il giovane poeta al dannunzianesimo dominante. Dalla “voce” per un dizionario di lettere all’analisi del primo verso della Gerusalemme Liberata, dal capitolo per un manuale scolastico di letteratura italiana alla magistrale lettura del poema per Radio Tre in dialogo con Donatello Santarone, lo sguardo penetrante di Fortini su Tasso ci accompagna attraverso le ottave della Liberata e ne coglie l’inquieta e inappagata contraddizione: tra bene e male, tra doveri religiosi e desideri erotici, tra eresia e ortodossia, tra unità e dispersione, tra Cielo e Terra, tra dimensione mortuaria e vitalismo naturalistico, tra epica ed elegia. Nell’intenzione di offrire una lettura totale del poema, «l’interpretazione tassiana di Fortini – ha scritto Pier Vincenzo Mengaldo – è agita come da due opposti movimenti, l’attualizzazione ma insieme uno sguardo volto continuamente all’indietro».

Franco Fortini (1917-1994) è stato uno dei protagonisti della vicenda intellettuale italiana ed europea del secondo dopoguerra. Poeta, critico letterario, saggista, traduttore, giornalista, insegnante, militante politico marxista, ha scritto opere ancora oggi di insuperato acume letterario e civile. Una parte della sua produzione saggistica è raccolta nel Meridiano Mondadori Saggi ed epigrammi (2003), mentre l’opera poetica è apparsa in un Oscar Mondadori (2014).

mercoledì 8 ottobre 2025

#biblioteca / Joanna Gromek-Illg - WISŁAWA SZYMBORSKA. Un ritratto intimo - Elliot


Joanna Gromek-Illg
WISŁAWA SZYMBORSKA
Un ritratto intimo

traduzione di Giulia Olga Fasoli
Elliot edizioni
collana Antidoti
ottobre 2025
pp. 640, euro 25


Di fronte alle domande sulla sua sfera privata, Wisława Szymborska ripe­teva invariabilmente, schermendo­si: «Questo solo dopo la mia morte» (avvenuta nel 2012). L’autrice e studiosa Joanna Gromek-Illg ha preso molto sul serio que-sto precetto, e si è inoltrata nei territori che la poeta teneva così scrupolosamente nascosti. Per domandarsi, in sintesi: chi era davvero Wisława Szymborska? «A volte mi assomiglio, a volte no» amava ripetere la poeta. La sua personalità ha suscitato grandi emozioni, e anche chi non ha mai amato la poesia è riuscito a sentirla vicina. I lettori la consideravano un’amica, una vicina e una confidente, e questo può sembrare strano, soprattutto se si pensa a quanto poco amasse scrivere di sé. Szymborska è riuscita a conciliare tratti apparentemente distanti: la sensibilità e l’ironia, la durezza e la tenerezza, la maturità e un fascino infantile. Non a torto uno dei suoi amici le diceva: «Wisełka, sei molteplice!». Sulla base delle lettere e delle conversazioni con amici e conoscenti, e aiutata da un’im­ponente archivio di fotografie, illustra­zioni e collage, Joanna Gromek-Illg ha scritto il ritratto definitivo della poeta premio Nobel per la Letteratura.
 
Dal prologo
«Accingendomi a scrivere questo libro mi sono chiesta se fosse ancora necessaria un’altra biografia della premio Nobel. Poiché a interessarmi non era tanto la vita esteriore, quanto la sua psiche, le sue esperienze interiori, lo sviluppo e i cambiamenti della sua personalità, mi sono arrischiata ad affrontare questo tema. Difendeva con molto vigore l’accesso a questa sfera, e spesso alle domande rispondeva: “Questo solo dopo la mia morte”, cosa che metteva non poco in imbarazzo gli interlocutori. In effetti è accaduto che qualche tempo dopo la sua morte siano apparse un gran numero di lettere, cartoline e collage, conosciuti fino a quel momento solo dai loro destinatari. È proprio la corrispondenza, accanto alla produzione lettera­ria, che dà un accesso più completo alla sua vita interiore. Per il biografo è un materiale molto prezioso. Ho letto migliaia di lettere indirizzate a lei o scritte da lei stessa. Ritengo che la sua prosa epistolare si collochi ai massimi vertici di quest’arte, proprio nel momento della sua ormai quasi assoluta scomparsa. […] Szymborska aveva molti segreti e non voleva che cessassero di essere tali. Sono riuscita a portarne alla luce un certo numero, tuttavia credo che molti siano rimasti nascosti. Così come la sua poesia era semplice e facilmente compren­sibile solo in apparenza, così anche la vita di Szymborska era in verità intricata e niente affatto lineare»

Joanna Gromek-Illg, laureata in letteratura polacca e filosofia, ha lavorato come insegnante, sceneggiatrice e regista di documentari e di spettacoli televisivi e cabaret, redattrice, critica letteraria e ghost writer. Il rapporto di lavoro e amicizia di suo marito – editore della casa editrice di Szymborska – con la scrittrice, ha favorito la conoscenza e l’accesso diretto alle fonti necessarie per realizzare la biografia.

#biblioteca / Ana Blandiana - SI FA SILENZIO DENTRO DI ME - Elliot

Ana Blandiana
SI FA SILENZIO DENTRO DI ME
a cura di Bruno Mazzoni
Elliot edizioni
collana Poesia
ottobre 2025
pp. 160, € 18.00


Esponente di spicco della generazione di poeti degli anni Sessanta, Ana Blan­diana ha saputo recuperare la grande tradizione della lirica romena novecentesca (Tudor Arghezi, George Bacovia, Ion Barbu, Lucian Blaga), per la particolare consonan­za espressiva. Dopo la lunga letargia este­tica che ha segnato l’“ossessivo decennio” stalinista, la generazione neomodernista con Nichita Stănescu, Ana Blandiana, Ileana Mălancoiu e Marin Sorescu ha militato per la rifondazione del senso, ripristinando un fer­tile dialogo con i lettori di poesia autentica. L’ultimo volume di poesie di Blandiana, edi­to in Romania nel 2024, è in qualche misura la prosecuzione del precedente, Variazioni su un tema dato, pubblicato nel 2018 e scrit­to due anni dopo la scomparsa del marito, lo scrittore e compagno di una vita Romulus Rusan, un prosimetro che costituiva una sor­ta di lettera lirica a lui dedicata, in cui la mor­te veniva sconfitta dall’amore. Si fa silenzio dentro di me è ora una meditazione, in toni elegiaci, sulla condizione umana, un’accet­tazione punteggiata da domande senza risposta, un’attesa malinconica assediata dall’oblio.

Ana Blandiana, nata Otilia Valeria Coman a Timisoara, è una poetessa e scrittrice, attiva sostenitrice dei diritti civili in Romania. Tra le molte iniziative di cui è stata promotrice, nel 1990 ha rifondato il PEN Club romeno, ha dato vita al movimento “Alleanza Civica” e ha creato, insieme al marito Romulus Rusan, giornalista e scrittore, il “Memoriale delle vittime del Comunismo e della Resistenza”. È membro dell’Accademia Europea di Poesia, dell’Accademia di poesia “Stéphane Mallarmé” e dell’Accademia Mondiale della Poesia (Unesco). Tra i numerosi premi e onorificenze di cui è stata insignita, si è aggiudicata in Italia il Premio Acerbi e il Premio Camaiore e recentemente in Spagna il Premio Principessa delle Asturie per la Letteratura. Elliot ha pubblicato la raccolta di poesie dal titolo L’orologio senza ore (2018) e il romanzo Applausi nel cassetto (2021) finalista al Premio Strega Europeo e Falso trattato di manipolazione (2023).

#stranieri / STOJANOVIC Dejan (1959 - viv.)

 

Dejan Stojanović (Peć, 11 marzo 1959) è un poeta, scrittore, saggista, filosofo ed ex giornalista serbo. La sua poesia è caratterizzata da un sistema riconoscibile di pensiero e da artifici poetici, confinante con la filosofia, e, nel complesso, caratterizzata da un tono molto riflessivo. Secondo il critico Petar V. Arbutina, "Stojanović appartiene al piccolo cerchio dei poeti autoctoni che sono stati la principale forza creativa ed artistica della poesia serba degli ultimi decenni."
Circa due secoli fa, gli antenati della famiglia Stojanović si trasferirono da Čevo (vicino a Cettigne, Montenegro) a Orasi (Lješanska Nahija, Montenegro). Secondo la tradizione orale, discendevano da uno dei più famosi nobili serbi, Strahinjić Ban. Alcuni membri della famiglia di origine si trasferirono in Kosovo nei primi anni ‘30.
La nonna paterna di Stojanović, Anđa, proveniva da un'importante famiglia del Montenegro, la famiglia Lubarda, il cui membro più importante era Petar Lubarda, senza dubbio il migliore e più celebre pittore della ex Jugoslavia.
Stojanović nacque a Peć, in Kosovo (ex Jugoslavia), centro amministrativo e culturale della Metochia, dove si trova il Monastero patriarcale di Peć. Essendo cresciuto in un paese socialista e in una comunità multi-etnica del Kosovo, incontrò tutti i paradossi del comunismo nella ex Jugoslavia in età molto precoce.
Nel 1972 si trasferì con la famiglia a Sutomore (una piccola città sulla costa adriatica, nei pressi di Antivari, Montenegro), dove completò l'anno scolastico. Anche dopo il ritorno a Peć, ogni anno, trascorse lunghe vacanze estive con la sua famiglia nella loro casa estiva di Sutomore e visitò spesso le vicine città di Antivari, Castellastua, Santo Stefano, Budua, Cattaro, Teodo e Castelnuovo.
La presenza schiacciante di acqua e mare nella sua poesia, probabilmente possono essere spiegati dal fatto che egli viveva in prossimità del Mar Adriatico. Inoltre, quando si trasferì a Chicago, fu affascinato dal lago Michigan, che è oltre il doppio del Mare Adriatico. Inoltre, le montagne di Montenegro e Peć (Prokletije) influenzarono la sua poesia, come dimostra il fatto che divennero l'altro tema ricorrente nelle sue opere.
Le sue prime aspirazioni, che durarono per tutta la sua vita, furono verso la filosofia. Dall'età di 14 anni, si è interessato a recitazione e regia. Timido di natura, non disse mai a nessuno dei suoi interessi segreti, ma era sicuro che sarebbe stato in grado di dedicarvisi un giorno. Guardò almeno un film, e talvolta due o tre, ogni giorno.
Nel 1976 visitò Parigi e, durante tale visita, un emigrato politico serbo, Jovan Brkić, promise di organizzargli l'accesso alla Sorbona. Purtroppo, non sfruttò questa opportunità e in seguito si rammaricò di tale decisione.
Anche se Stojanović si interessò prevalentemente di arti e filosofia, studiò legge e ottenne una laurea presso l'Università di Priština in Kosovo. Decise di continuare gli altri suoi interessi in seguito.
I suoi primi impulsi verso la scrittura furono evidenti fin dall'età di 10 anni, ma iniziò a scrivere poesie all'età di 18 anni. Aveva sempre saputo che sarebbe diventato uno scrittore, anche se si aspettava sarebbe stato in campo filosofico, piuttosto che letterario, in quanto già molto presto nella sua vita aveva elaborato una serie di elaborate idee filosofiche.
Nei primi mesi del 1978, iniziò a scrivere poesie, e vi sono alcune prove che, molto probabilmente, era motivato dalla intensa infatuazione che ebbe verso una ragazza che abitava nella sua città. Si svegliò una mattina con una breve, ma completa, poesia in mente. La stessa cosa accadde alcuni giorni dopo, ed una terza volta dopo pochi altri giorni. Egli percepì questa esperienza come un preciso segno che avrebbe dovuto scrivere poesie, cosa che fece, sebbene nascose il suo lavoro per 3-4 anni.
Dopo questo periodo di segretezza, iniziò ad esprimere la sua poesia più apertamente, e pubblicò le sue poesie in alcune delle più importanti riviste letterarie dell'ex Jugoslavia, come Oko a Zagabria, Croazia, Jedinstvo e Stremljenja a Priština. Nel 1982 o 1983, divenne segretario di un Club Letterario (Karagač) nella sua città natale di Peć e, successivamente, ne divenne il presidente. Gli fu offerta l'opportunità di essere l'editore capo della stazione radio locale a Peć, ma egli rifiutò; tuttavia, condusse numerose interviste con alcuni artisti eminenti del Kosovo. Il suo primo libro di poesie, Cerchiatura (Krugovanje), era pronto per la pubblicazione nel 1983, ma non fu pubblicato fino al 1993. A quel punto, alcune delle poesie più vecchie erano state rimosse, mentre ne furono inserite alcune nuove, scritte tra il 1983 e il 1986, insieme con l'ultima poesia del libro, che è stata scritta a Chicago nel 1991. Nel 1986, in quanto giovane scrittore, è stato riconosciuto tra 200 scrittori al Festival Letterario di Bor (Serbia, ex Jugoslavia). Alla fine degli anni '80, divenne membro del Consiglio della Gioventù Letteraria della Serbia.
Nel 1990 fondò la sua azienda privata a Peć e decise, tra l'altro, di entrare nel mondo dell'editoria. Chiamò la sua società Metoh (terra della chiesa) e decise di pubblicare una rivista letteraria con lo stesso nome. Anche se stabilì di pubblicare la rivista in Kosovo, lo staff era composto da scrittori di Belgrado, tra i quali Alek Vukadinović, un famoso poeta serbo che è stato un sostenitore accanito dell'idea di Stojanović di pubblicare la rivista.
Nello stesso periodo, iniziò a scrivere per la prima rivista di opposizione della Serbia, Pogledi (Posizioni). Intervistò molti scrittori serbo di primo piano di Belgrado, e.g., Momo Kapor, Alek Vukadinović e Nikola Milošević. Durante la sua seconda visita a Parigi, nel maggio e giugno 1990, intervistò numerosi artisti di fama internazionale, come Ljuba Popović, Petar Omčikus e Miloš Šobajić, di origine serba, così come alcuni intellettuali francesi, e.g. Jacques Claude Villard.
Nel dicembre 1990, si recò negli Stati Uniti come corrispondente estero, progettando di restarci da sei mesi ad un anno. L'obiettivo era di realizzare interviste con alcune importanti figure della letteratura e quindi tornare alla Jugoslavia. Egli realizzò questo obiettivo, anche se non completamente, a causa della guerra iniziata nella ex Jugoslavia a metà del 1991.
Ha ricevuto il prestigioso premio Rastko Petrović dalla Società di Scrittori Serbi per il suo libro di interviste dal 1990 al 1992 in Europa e nelle Americhe, intitolata Conversazioni, che includeva interviste con alcuni grandi scrittori statunitensi, tra cui il premio Nobel Saul Bellow, Charles Simic, e Steve Tesich.
All'inizio della sua vita da adulto, Stojanović sviluppò un sistema filosofico di idee che si sono occupate soprattutto di questioni metafisiche e della struttura dell'Universo. Ha scritto centinaia e centinaia di pagine nei suoi taccuini approfondendo queste idee, insieme a saggi sulla lingua e la letteratura. Purtroppo, questi manoscritti, insieme con la sua biblioteca di oltre un migliaio di libri (scelti con cura per anni), sono stati persi a causa di un incendio provocato da militanti di etnia albanese subito dopo la fine della guerra in Kosovo (1999). I suoi libri, insieme con i suoi manoscritti, furono conservati temporaneamente nell'ufficio di suo fratello, nel centro della città di Peć.
Le raccolte di poesie di Stojanović sono caratterizzate da sequenze di poesie dense e sintetiche, semplici ma complesse con una struttura globale attentamente organizzata, ed ecco perché alcune appaiono visibilmente più lunghe di altre. Questa è una caratteristica soprattutto dei libri Il segno e i suoi bambini, La forma, e Il Creatore (Znak I njegova deca, Oblik, Tvoritelj), in cui Stojanović ha costruito la sua cosmogonia poetica con un numero relativamente piccolo di parole ripetute in contesti diversi. Per questo motivo, lo scrittore e critico David Kecman lo descrive come un cosmo-sofista.
Nelle sue poesie, tratta i più alti argomenti così come quelli meno importanti con uguale attenzione, spesso accostandoli in maniere assurde e paradossali, costruendo gradualmente nuove prospettive e significati che non sono solo poetiche in origine o nello scopo. Alcuni temi e ansie, siano essi singoli frammenti o mondi interi, sono presenti in tutti i suoi libri, e si può dire che i suoi libri di poesia sono di per sé lunghi poemi e che servano come ingredienti di un iper-libro di poesia ancora in divenire.
Ha usato molte forme poetiche mai utilizzate prima nella poesia serba e anche creato alcune nuove forme. "Se l'eleganza è rappresentata dalla semplicità, allora questi sono alcuni dei più elegante versi immaginabili," ha dichiarato Branko Mikasinovich.[
Negli ultimi anni, Stojanović ha iniziato a scrivere in inglese, e ha già scritto diversi libri, non ancora pubblicati, così come alcuni scritti puramente filosofici. Molte delle sue nuove poesie sono meno ellittiche e rigide tanto dal punto di vista linguistico quanto da quello poetico.
Raccolte di poesie
Krugovanje: 1978–1987 (Cerchiatura), (Narodna knjiga, Alfa, Belgrado, 1993)
Krugovanje: 1978–1987 (Cerchiatura), Seconda edizione, (Narodna knjiga, Alfa, Belgrado, 1998)
Sunce sebe gleda (Il sole si osserva), (Književna reč, Belgrado, 1999)
Znak i njegova deca (Il segno e i suoi bambini), (Prosveta, Belgrado, 2000)
Oblik (La forma), (Gramatik, Podgorica, 2000)
Tvoritelj (Il creatore), (Narodna knjiga, Alfa, Belgrado, 2000)
Krugovanje (Cerchiatura), Terza edizione, (Narodna knjiga, Alfa, Belgrado, 2000)
Ples vremena (La danza del tempo), (Konras, Belgrado, 2007)




lunedì 6 ottobre 2025

#stranieri / GIORNO John (1936 - 2019)

 

John Giorno (New York, 4 dicembre 1936 – New York, 11 ottobre 2019) è stato un poeta e performer statunitense tra i più noti nell'area sperimentale. Pubblicò numerosi libri di poesia. Di origini italiane, la sua famiglia materna, i Panvino, proveniva da Aliano e da Tursi, comuni in provincia di Matera. Il 9 ottobre 2013 il Consiglio comunale di Tursi gli conferì la cittadinanza onoraria. Nel 1968 fondò il Giorno Poetry System Institute, una struttura destinata a promuovere lo sviluppo della comunicazione tra poeti e pubblico. Nel 1969 avviò, presso il Museum of Modern Art di New York e in numerose altre sedi, un servizio denominato Dial-A-Poem, attraverso il quale, componendo alcuni numeri telefonici, era possibile ascoltare cinque minuti di poesia. Un'interessante iniziativa parallela a questa è stata Dial-A-Poem Poets, una vera e propria "rivista orale" costituita da una collana di dischi in vinile che presentava, tra l'altro, il meglio del panorama internazionale della poesia sonora. Dial a Poem conteneva poesie molto sensuali, con trame e immagini eterosessuali o preferibilmente gay, dato che l'autore era gay, come molti poeti della Beat Generation. Alcuni dei poeti e artisti che collaborarono con John Giorno a questi progetti furono William S. Burroughs, John Ashbery, Ted Berrigan, Patti Smith, Laurie Anderson, Philip Glass, Robert Rauschenberg e Robert Mapplethorpe. Realizzò programmi radiofonici, tra i quali "WPAX", trasmesso da Radio Hanoi durante la guerra del Vietnam. Pubblicò versi su scatole di fiammiferi, magliette, tendine da finestra, tavolette di cioccolata, e su altro ancora.
Performer di notevole impatto sul pubblico per la sua presenza scenica e le sue qualità vocali, svolse anche attività di attore. Nel 1963 lavorò nel film di Andy Warhol Sleep; nel 1971 diresse September on Jessore Road, al quale prese parte il poeta Allen Ginsberg, uno dei padri della Beat Generation. Nel 1982 apparve nel film di Ron Mann Poetry in motion. Nel 2007 fu il protagonista di Nine Poems in Basilicata, film cult di Antonello Faretta incentrato sulla sua performance e sulle sue poesie e girato nella sua regione di origine, la Basilicata.
In Italia, nel settembre del 1994 prese parte, assieme ad altri poeti e artisti, alla rassegna che la città di Cesena ha dedicato alla Beat Generation.


Dì solo
no ai Valori della Famiglia

Un giorno che
vai per strada
e vedi un carro funebre
con una bara,
seguita da un’auto piena di fiori
e da limousines;
sai che il giorno è favorevole
e che i tuoi piani avranno
successo;
ma il giorno che
vedi una sposa e lo sposo,
e una festa di nozze,
fa’ attenzione;
guardati bene,
può essere un cattivo segno.

Dì solo no
ai valori della famiglia,
e non lasciare
il lavoro quotidano.

Le droghe
sono sostanze
sacre,
e alcune droghe
sono sostanze molto
sacre
troppo
non è abbastanza
per favore lodale
come qualcosa che
ti libera la mente.

Tabacco
è una sostanza sacra
per qualcuno,
e per quanto tu abbia smesso
di fumare,
mostra un po’ di rispetto.

L’alcol è divinamente grande,
celebriamo
le qualità gloriose
dello spirito,
perchè io sono stato,
bene con te.

Fallo,
fallo,
non non farlo,
fallo.

I cattolici,
fondamentalisti
e i fondamentalisti
in generale,
sono virus,
che ci stanno distruggendo,
moltiplicandosi
e mutando,
ci stanno ammazzando;
ora, sai bene,
che devi usare
medicine forti

per i virus

Chi vuole comprare
buon acido,
sto volando,
scivolando,
scorrendo
sbavando
e sbattendo,
calando
e colando
spruzzandoti
dentro;
mai
avanzare veloce
un’immagine di sborra.
Latte, latte,
limonata,
all’angolo
dove fanno cioccolata;
amo guardarti
in faccia quando
soffri

Fallo
con chiunque
vuoi,
finché
vuoi,
in ogni momento,
in ogni luogo,
quando sia possibile,
e cerca di proteggerti,
in una situazione dove
devi abbandonarti
completamente,
al di là
di ogni concetto.

Fica della gola
e rugiada di sigarette,
quel pavimento
distruggerebbe
ogni scopa di spugna,
lei è la regina
della grande beatitudine,
un lume di carne,
che ti sorge nel cuore,
che scorre
nel canale di cristallo
dentro agli occhi,
e fuori agganciando
il mondo
con compassione.

Dì solo
no
ai valori
della famiglia.
Non abbiamo bisogno di dire no
ai valori della famiglia,
perché non ci pensiamo mai;

fallo,
fai
solo
l’amore
e pratica la compassione.

tratta da Per risplendere devi bruciare

sabato 4 ottobre 2025

#stranieri / CORBIERE Tristan (1845 - 1875)

 

Tristan Corbière, pseudonimo di Édouard-Joachim Corbière (Morlaix, 18 luglio 1845 – Morlaix, 1º marzo 1875), è stato un poeta francese.
Unico figlio nato dall'unione fra lo scrittore di feuilleton Edouard Corbière e Angélique Aspasie Puyo, di trentatré anni più giovane del marito (alla nascita di Tristan suo padre ha 52 anni e sua madre 19), Tristan Corbière vive un'infanzia infelice, nell'incomprensione del padre e nell'afasia della giovane madre. A quattordici anni, Tristan è mandato a convitto presso il Liceo Imperiale di Saint-Brieuc.
In questo periodo inizia a soffrire di reumatismo articolare, malattia che lo seguirà tragicamente lungo tutta la vita e che ne provocherà la morte prematura. Deve lasciare Saint-Brieuc quando il suo stato di salute si aggrava, e si trasferisce a Nantes, ospite di uno zio medico. Frequenta il liceo locale per due anni, finché la malattia non lo obbliga a lasciare gli studi. Tristan comincia allora una vita vagabonda, viaggiando nel sud della Francia e nutrendosi delle opere dei maestri del Decadentismo francese, quali Hugo, Baudelaire e Musset.
Si stabilisce a Roscoff, in una casa di proprietà dei suoi genitori. Gli abitanti del paese lo soprannominano l'"Ankou", cioè "lo spettro della morte", a causa della sua magrezza e della sua andatura dinoccolata. Il poeta, che sogna di essere marinaio, non può soddisfare il suo desiderio di imbarcarsi su una nave, ma ama il mare con passione. Si diletta a prendere il largo sulla sua barca, battezzata Le Négrier dal titolo del più famoso romanzo di suo padre.
Talvolta si abbandona ad eccentricità: un giorno si traveste da forzato, da donna o da mendicante, un altro si rade le sopracciglia, o ancora, nel corso di una visita a Roma, porta a passeggio al guinzaglio un maiale travestito da vescovo, durante i festeggiamenti del carnevale ai quali assiste il Papa. Passa così le sue giornate, fino all'incontro con la giovane attrice parigina Armida Josefina Cuchiani, che diviene la sua musa e che Corbière ribattezza "Marcelle".
Abbandonato il suo nome anagrafico, Edouard-Joachim, per quello più evocativo di Tristan, pubblica a sue spese, nel 1873, la sua unica raccolta di poesie, Les Amours jaunes, che passa inosservata. Corbière, che non conosce alcun successo nel corso della sua vita, è una scoperta postuma di Verlaine, che gli consacra un capitolo del suo saggio Les Poètes maudits (1883). Les Amours jaunes si trovano anche ben collocati nella raffinata biblioteca di Des Esseintes, il protagonista di À Rebours: la sua presenza nell'opera di Huysmans contribuirà a far conoscere Corbière da un più vasto pubblico.
Corbière muore a Morlaix il 1º marzo del 1875. Non ha ancora trent'anni, ed ha conosciuto una vita di solitudine, breve e miserevole, costantemente tormentato dalla malattia, sfortunato in amore, invischiato in una passione esclusiva e sordida. Senza dubbio, in senso figurato, il mare fu il suo vero compagno. Il tempo ha reso giustizia al poeta e ne ha riconosciuto il talento, sebbene molto tardivamente.
Un riconoscimento tardivo è stata anche la decisione di battezzare la vecchia biblioteca pubblica di Morlaix col nome degli Amours jaunes, l'unica raccolta poetica di Corbière. Anni più tardi, lo scrittore statunitense Lovecraft gli renderà un omaggio nella prefazione di uno dei suoi racconti più famosi, Il richiamo di Cthulhu.
Tristan Corbière ha largamente attinto alle leggende bretoni; ha tratto anche ispirazione dalla vita quotidiana, dipingendo ad esempio la folla che si accalca alle processioni di Sainte-Anne-la-Palud. Si è anche impegnato attivamente in difesa della Bretagna e dei suoi abitanti, puntando l'attenzione sulle condizioni di abbandono dei coscritti bretoni nel campo militare di Conlie (Sarthe), nel 1870.
Sarebbe tuttavia un errore considerare Corbière un poeta regionale o d'ispirazione regionalista; la sua opera e la sua tematica sono molto più varie e complesse. I temi della sua poesia sono infatti particolarmente eterocliti: Les Amours Jaunes evocano la grande città moderna e la campagna bretone, la febbre amorosa del poeta, la vita dei marinai, le antiche leggende e gli avvenimenti storici della sua epoca. Ma questa diversità "porta il sigillo della forza e di una potente originalità", come fu scritto in una delle rare recensioni de Les Amours Jaunes al tempo della loro pubblicazione.
Le fonti della poesia di Corbière sono anch'esse molteplici: fortemente segnata dal Romanticismo, la sua opera trae anche ispirazione, in modi diversi, dalla poesia del Villon fino a quella del Cinquecento e del Seicento. Corbière ha saputo convogliare tutte queste influenze in una poesia che rispecchia pienamente la modernità della sua epoca.

Opere
Les Amours jaunes (1873)

Edizioni italiane
Antologia di poesie varie: con testo a fronte. Milano, Dall'Oglio, 1955
Da Gli amori gialli; versione di Vittorio Pagano. Galatina, Pajano, 1958 (Quaderni del Critone; 1) [Ed. di 200 esempl. numerati]
Poesie di Tristan Corbiere a cura di Clemente Fusero. Milano, Dall'Oglio, stampa 1962 (I corvi)
Gli amori gialli; introduzione e versione di Franco Cavallo. Parma, Guanda, 1965 (Piccola fenice; 24) [Testo orig. a fronte]
Gli amori gialli: testo originale con traduzione a fronte [Trad. di R. Paris, E. Siciliano]. Roma, Addenda, 1969
Gli amori gialli; traduzioni di Renzo Paris e Enzo Siciliano. Roma, Addenda, c1972 [Testo orig. a fronte]
Il casino dei trapassati. [S. l.], Anteditore, a cura di Luigi Granetto stampa 1972 (Amalfi, Cartiere Amatruda) (Opera omnia; 2)
Tutte le poesie: Gli amori gialli; Poesie giovanili; Poesie varie; Prose complete, introduzione di Alfredo Giuliani; cura e traduzione di Claudio Rendina. Roma, Newton Compton, 1973 (Paperbacks poeti; 22)
Morticino per ridere e altre poesie da Gli amori gialli a cura di Pasquale Di Palmo. Pistoia, Via del Vento, 1999 (Acquamarina ; 7)
Gli amori gialli; a cura di Renzo Paris. Milano, Mondadori, 2004 (Oscar classici; 601) [Testo orig. a fronte]
Gli Amori gialli; cura e traduzione di Luca Salvatore, Tomo I. Sesto San Giovanni, edizioni del Foglio Clandestino, 2008 (La selce e il loto) [testo a fronte sull'originale del 1873]



Insonnia, impalpabile Bestia!
Hai l’amore solo nella testa?
Per correre a vedere sino a svenire,
sotto il tuo occhio perverso, l’uomo mordere
le sue lenzuola, e torcersi nella noia! …
Sotto il tuo sguardo di diamante nero.


Dimmi: perché, nella notte bianca,
piovosa come una domenica,
venire a leccarci come un cane:
Speranza o Rimpianto che veglia,
al nostro orecchio palpitante
bisbigliare … e non dire niente?

Perché, davanti alla nostra gola arida,
porger sempre la tua coppa vuota
e lasciarci con il collo stirato,
Tantali noi, assetati di chimera:
– filtro d’amore o amaro fiele,
fresca rugiada o piombo fuso! —

Insonnia, ma non sei bella?…
E perché, lubrica pulzella,
stringerci tra le tue ginocchia?
Perché rantolare sulla nostra bocca,
perché disfare il nostro letto,
e … non coricarti con noi?

Perché, Bella-di-notte impura,
quella maschera nera sul tuo viso? …
— per intrigare i sogni d’oro?…
Non sei l’amore nello spazio,
alito di Messalina stremata,
ma non ancora appagata!

Insonnia, sei tu l’Isterìa…
tu l’organetto di barberia
che macina l’Hosannah degli Eletti?…
— o non sei tu il plettro eterno,
sui nervi dei dannati alle lettere,
che strimpellano versi — che solo loro hanno letto.

Insonnia, sei l’asino in pena
di Buridano — o la falena
dell’inferno? — II tuo bacio di fuoco
lascia un gusto freddo di ferro infuocato …
oh! vieni a riposarti nella mia tana! …
dormiremo insieme un poco.

Da Amori gialli, 2004 (traduzione di Renzo Paris)


PICCOLO MORTO PER RIDERE

Va’ veloce, leggero pettinatore di comete!
Le erbe al vento saranno i tuoi capelli;
dal tuo occhio sgranato sprizzeranno i fuochi
fatui, prigionieri nelle povere teste…
Gli Amoretti, fiori di camposanto,
sbocceranno folti sul tuo sorriso terreo…
E le mistoidi, fiori di una prigione perpetua.
Non fare il difficile: le bare dei poeti
son dei puri trastulli per i becchini,
astucci da violino che danno un suono di niente…
i borghesi sono stupidi – Ti crederanno morto. –
Va’ veloce, leggero pettinatore di comete!

Traduzione di Franco Cavallo
da Gli amori gialli, Guanda, 1965

ROLLI Paolo Antonio (1687 - 1765)

  Paolo Antonio Rolli  (Roma, 13 giugno 1687 – Todi, 20 marzo 1765) è stato un poeta, librettista e letterato italiano. Nacque a Roma dall...